Soffitte abbandonate dalla memoria antica,
dove gechi, amici silenziosi sonnecchiano,
in una visione quasi incerta di sogni e realtà.
Dal balcone fiorito da gerani dai colori cremisi,
il mare protendersi allo sguardo
con le distese di sabbia portate via dal vento.
L'antico ciliegio legato alla terra da radici,
di foglie ingiallite dalle metamorfosi del tempo,
come custode perenne di cose mutabili e immutabili,
per questa vita e un'altra vita
dove il ricordo muore e rinasce
in un altro ricordo nuovo e già trascorso.
Lo spaventapasseri dal volto di paglia,
con il vestito sdrucito e la giacca unta,
rubata al contadino disattento,
ora si anima e vive di un sorriso attonito,
guardiano solitario di messi e raccolti,
ora che la pioggia e il vento gelido
ne scalfiscono i contorni informi.
Rosai di melograni sgranati,
deposti in ceste di saggina,
in un tempo piatto che non trascorre,
che nulla abbandona, nulla si riprende,
ora che silenzi interrompono altri silenzi
e ombre e luci si sovrappongono inutilmente.
Le voci confuse e contorte
che si perdono in lontananza,
come violini dalle corde spezzate,
la preghiera soffusa nella chiesetta immaginaria,
il conforto all'agonia senza sapore di morte,
l'abbandono verso l'ultimo rimorso,
per non dimenticare!