Da socchiuse
tapparelle filtra
lieve raggio di luna,
adagiate le stanche membra
sul divano,
cerco di togliermi
da dosso
polvere apatica,
quel senso del non nulla,
di vuoto interiore,
che mal si addice
alla mia natura.
Non sono rassegnata,
la rana
immersa nel limo stagnante,
odio la staticità,
il sentirmi
tubetto
schiacciato,
di dentifricio.
Vivo di emozioni,
come una notte d'estate
attendo fuochi d'artificio.
Separo l'anima
dal corpo
proiettandola nel cielo
infinito.
Adagiata sull'amaca
dei sogni,
avrò forza, domani,
di credere ancora,
di riscuotere
quel credito
che ancor mi
nega l'amore, la vita.