Sorridevo alle vette
obnubilate dalle nuvole
rosa; sbocconcellate da uccelli
rapaci, le aquile; maestose ed
ingorde. Fortunate, per quel loro
desiderio insanabile: libertà.
E tra i loro attimi vagavo, mentre
l'alba, sorgeva invisibile
al di là delle pendici
mendicanti di luce. Rimaneva
ogni notte in attesa, di
risorgere e tornare a morire.
E restammo a guardarci,
tristemente avvolti da giorni
rasi. E ci affidammo al sogno
allora; ed egli altro non fece che
lasciarci cadere: brancolando nell'unica certezza
epocale, varcammo il confine
tremante del reale. Grotta
umida, antro spettrale, fiorisci
eterna nell'eco di farneticanti
brividi. Cos'è, là fuori, che
risplende insaziabile negli nostri cuori?
Amami, come io amo la luce
cangiante di quella sfera dorata
che non smette mai di palpitare
il fiammeggiante amore mio:
aspettami, che arrivo col mio disio.