Del passero uccellin di bosco
simbolo d'eterna libertà
caro a Venere ed alla notte
narra leggenda antica
che avesse in un tempo
assai remoto
un bel colorato piumaggio
ed un canto soave come l'usignolo.
In un gelido inverno
cadde neve in abbondanza
il bosco, i campi intorno
sommersi furon
da spesso biancore
più i passeri poteron trovare
cibo, rischiarono la morte.
Pensarono d'emigrare
per fuggir la triste sorte
verso i paesi dall'uomo abitati.
Alcuni fra loro, i più audaci
partiron verso i villaggi
con la speranza d'esser sfamati.
Amara fu la sorpresa
che li attese:
causa il piumaggio variopinto
ed il soave canto,
l'uomini s'invaghirono di essi,
parte furon catturati
in gabbia imprigionati
altri barbaramente uccisi.
Solo uno si salvò
ed al bosco ritornò
per portar agli altri
cruda testimonianza
della ferocia umana
che li uccideva senza offrir semenza.
Per la loro sopravvivenza
convocato il gran consiglio,
saggia decisione presero:
se volevano il prelibato miglio
dovevan rinunziare
al canto ed ai colori variopinti
solo grigie piume indossare.
Presero anche un becco tozzo
di mangiator di cibi duri,
miseri tornaron da gli uomini,
come il mendico
che rasenta i muri.
Commossi dal loro umile verso
solo cip sapevano intonare,
l'uomo iniziò essi ad amare
in spirito di pietà
donò il miglio in carità.
Fu così che i passerini,
vivono nelle città,
amici dell'uomo,
amici dei bambini.