Troverò un albero, un albero antico,
carico di anni e di frutti,
il mirto caro agli antichi romani,
il mirto dei cui rami si
adornavano le fanciulle
che andavan spose,
ed è lì che ti sposerò,
è lì che cingerò i tuoi capelli
con una corona di foglie e fiori;
lì prenderò le tue mani,
e ti chiederò di amarmi
come io ti amo.
Non ci saranno uomini e donne
a veder le nostre nozze,
non ci saranno fiori e doni
e pranzi senza fine,
ma forse gli uccelli colorati
e il sole caldo dell'estate,
e lassù molto in alto qualcuno
che benedirà il nostro amore,
quel Dio nostro, intimo e segreto
che ama chi si ama
e chi fa dell'amore e non dell'odio
la strada da seguire.
E mangeremo le bacche colorate
dal sapore asprigno e delicato
e berremo il nettare divino
dalle nostre mani protese verso il cielo,
e un bacio sarà il suggello
di un rito intimo, magico e augurale,
e canteremo canzoni sottovoce
per non rompere l'incanto del momento,
e guardandoti negli occhi ti dirò:
"Io prendo te come mia sposa,
non davanti agli uomini,
ma davanti a Dio e al suo creato,
perché tu sei la creatura più bella
che lui ha immaginato,
perché tu hai nel cuore
il caldo dell'estate
e il tepore dell'autunno,
il risveglio in primavera
e il freddo pungente dell'inverno;
tu sei gioia, colore, odore, sapore,
e tutto quello che di bello esiste in vita".
E non faremo l'amore,
non ci sarà una prima notte,
ma un solo lungo giorno
di sole, luce, pace e amore
che rischiarerà la nostra vita
fino al giorno del tramonto.