Sola nella mia stanza,
siedo al buio accanto alla finestra e guardo il cielo.
L'aria è quieta
benchè un presagio di tempesta aleggi minaccioso.
Una luce accecante irrompe e squarcia il silenzio.
L'urlo s'ingola e quasi mi soffoca.
... È già passato, ma si appresta a ritornare.
Eccolo che arriva... di nuovo.
Dopo il fragore crepitante e assordante
che simile ad una scarica di fucile
si affievolisce e si esaurisce in un'eco lontana,
aspetto.
Non è il tempo che mi manca! Ma non lo controllo.
Potrei anche morire nell'attesa
ma non mollo la postazione.
Non c'è tregua, si ripete con costanza
ad un ritmo incessante e cadenzato.
La paura, fedele e muta compagna,
non mi abbandona mai in simili momenti!
È una paura atavica e irrazionale,
ma reale, tangibile e presente.
Per una volta resisto alla tentazione
di fuggire a nascondermi,
di chiudere gli occhi per non vedere.
Adesso che la decisione è presa,
la calma sopraggiunge allo scoramento,
la tensione dei pugni serrati si allenta,
la mascella d'improvviso si rilassa,
le rughe intorno agli occhi chiusi,
strizzati per effetto dell'onda di ritorno,
si appianano e le guance,
che il defluire del sangue ha reso pallide,
ritrovano l'abituale colorito.
La vita riprende a pulsare
insieme al ritmo del cuore che ora è regolare
e non martella più così forte nel petto.
Accade tutto in pochi istanti ma sembrano un'eternità...
Eccolo, è qui ma non mi fa più così paura.
Lo accolgo come si fa con un amico
di cui si eran perdute le tracce ma non il ricordo.
Come una lama affilata e indolore
il suo bagliore accecante e improvviso
trapassa gli occhi ma senza ferirli.
Così attendo senza timore
il prossimo guizzo con tranquilla speranza.