Fà male
il gracidare avvelenato di questa vita
rintanato in un frammento di olezzante cartone
mentre il mondo si rincorre e si supera
tra sale e binari di una stritolante stazione.
Lo sguardo annebbiato dai fallimenti
percepisce appena in un orizzonte di rame
l'impronta rinfrescante di una croce
che conduce a soave profumo di minestra;
eccola,
la lacerante voce che mi bastona dentro
fin nei visceri più inesplorati dal respiro
entrare e accomodarsi
per raccontare alla vita la tua stessa vita
tra l'abbraccio alle labbra
di un piatto di pasta e un thè caldo;
è scoprire l'illusione inebriante
che esistere non è maledizione
che per qualche minuto allenta la morsa
questo mio vestito sgualcito e umido
in cui il mondo mi etichetta
clochard, sans papier o barbone;
a te frate dal bonario sorriso
posso offrire soltanto le mie lacrime
la giostra, fuori da questi cancelli
che profumano del Dio che accoglie
riprenderà a girare
vorticosa, incomprensibile
incomprimibile
tra una bottiglia di vino
che rantola sarcasmo e indifferenza
sui miei pensieri inebetiti.
Ma domani, ora lo so
la tua delicata fierezza di francescano
mi disegnerà ancora un posto
sul suo cuore e in quella grande sala
la minestra si aprirà a festa
come corolla luccicante di un fiore
e per pochi frammenti di minuti
mi riscorgerò uomo.