Ti desiderai, ti custodii
come un gladiolo argentato
scalpitante esito
del mio demiurgico afflato materno;
le tue prime dita appena sbocciate
fiorivano ballerine
sull'orgoglio del mio grembo
i tuoi piedini a rendermi le notti
dolcemente, teneramente insonni
eredità di amore incomprimibile;
scintillavano nei miei occhi
babbucce, omogeneizzati e pannolini
persino il girello sorrideva
impaziente di accoglierti;
i parenti già per te disegnarono
sullo spartito commosso del cielo
il loro concerto di baci, abbracci, carezze;
"diventerà dottore, no avvocato
diventerà architetto, no calciatore";
un solo silenzio non ascoltava
era il fantasma sanguinante e sciacallo
del verme che stava per divorare
ogni suo respiro sul domani;
non restano ora che vestitini smarriti
a gemere con te sulla poltrona
su cui mille volte ti coccolasti il ventre
guarda la stella in cui ora
tuo figlio dimora
senza mai esserti stato figlio
e saprai farlo ridiventare tuo
con altro volto e altre forme
ma sarà sempre lui
a far rifiorire il carro alato
di una gravidanza nuova
che ti inviti a leggere il suo sorriso
in chi sarà anche per lui.