Pensavo cchiu lungo putesse essere
o viaggio de chista vita
la morte
livella ricamata da Totò
in versi di poesia
troppo presto mi chiamò
sulla sua carrozza di fuliggine;
per sottrarmi all'abbraccio
di famiglia e pellicole;
nuovi copioni mi dormivano accanto
più non mi videro
quando dovetti diventare angelo
e lasciarli film
di ribollente solitudine
e incompiuta recita.
Ma io vissi per sorridere
e per ricamare sorrisi
mai vorrò udire
le vostre labbra ebbre di gemito
esclamare "Non ci resta che piangere"
come in atto di privazione.
Amatemi nelle pose dell'attore
che desiderai inventarmi per voi
nel fruscio di magia vesuviana
del mio vernacolo partenopeo,
pensavo quel giorno
che la vita fosse ancora amore
ma si tolse la maschera
e si rivelò calesse cieco
che firmò con le sue ruote di ghiaccio
la mia improvvisa dipartita terrena.
Ora mi coccolo
il mio cuscino zuccherato di stelle
ricomincio da tre
i film che vi ho lasciato
il vostro applaudirmi sincero
e ciò che siete stati e sarete per me;
Napule mia
me raccomanno
alta può volare la tua rondine
non perdere mai il sogno
di rivestirti di quella rilucente regalità
che Dio ti diede per pelle.
Sarò sempre il tuo postino di Neruda
che saprà scavarti nel cuore
per recapitarti
lettere di speranza
e di capacità di viverti
attraverso ciò che girai;
ora lo so, cuore
che quel giorno cessasti di battere
perchè sapevi
che dopo avresti battuto più forte,
oltre il mio corpo
dove la memoria
è stalagmite inscalfibile della storia.