Rantoli, cuore incatenato
tra trappole di avido inchiostro
stese su rotative inacidite;
lo so
stai cercando la nuvola
dal cui grembo promanai
perchè la forza donarmi sappia
di non maledire il mio nome
ostaggio di giornali infuocati;
colpevole,
anima inghiottita
dal furoreggiare di una stampa
ingioiellata di luoghi comuni
che assonnati dimoravano
in penne assassine
che mai si destarono realmente
per viversi
cronaca di rinfrescante verità;
udire non so
il palpitare nervoso
dell'aula giudiziaria
su cui il destino scriverà
il mio ritrovarmi
innocente o colpevole
l'udito altro non è ora
che uno stridulo sciabordare
di fruscii di insulse veline
che hanno pagato le mie speranze
per indurle a tradirmi;
sono voce svergognata
da mille altre voci
film di fotogrammi asimmetrici
su cui il popolo si addestrerà a sputare,
con unghie ben laccate
di agnostica censura;
già,
non sapere eppure condannare,
non saper dare un volto al mio delitto
eppure comprimermi i visceri;
e ora
che tra le mie dita stringere oso
il foglio scivoloso ma fieri
del verdetto di assoluzione
che il fazzoletto
che il mio avvocato mi porse
per detergermi le lacrime
di un'esistenza annegata
nella fuliggine del pregiudizio,
vedo la carrozza dei miei anni
dileguarsi in una lingua di tempo,
e un quotidiano
calpestato da mille ignoti passi
ridersela inebetito e compiaciuto
delle umiliazioni a me inflitte.
E il mio respiro
si prepara a cenare
con un'inestirpabile commedia dell'orrore.