Sei una dama
da incarcerare per sempre
fra le traiettorie di uno sguardo
assetato di arte e sonorità,
maestosa, inossidabile lanterna,
che si issa sul cuore scalpitante,
di Genova mia madre e figlia;
dire non saprei,
quale fu quell'onda,
che chiese al cielo una matita d'oro,
per disegnare un respiro di pianoforte,
sul porticciolo tremante del mio esistere;
grazie, note docili e comprensive,
perchè mi foste mantello inscalfibile,
a difesa di quell'amare,
che mi fu impedito di chiamare amore;
voi foste daga di fiero velluto
che di squarciare il velo infuocato
di convenzionalismi assassini
mi permise;
brilla in un cono di luce diamante,
il diadema del Nostro concerto,
sonorità che scelse di baciarmi,
mentre il mare
abbassava la sua carezzevole voce
e a riposare se ne andava,
sotto le coperte della luna.
Io, Umberto Bindi,
amai e sempiternamente amerò,
tutte le scie delle mie canzoni,
perchè in esse possiate scorgere,
il seducente lungomare della vita,
e non semplice sentiero di illusioni;
ancora questo concedimi,
tenera nuvola che mi ha accolto,
salutare il mondo che cantai e mi cantò
in un eterno, commosso
Arrivederci.