Il sipario è incandescente,
si veste dei fasti seducenti della sera,
la sigla che introduce alla magia;
piccoli, grandi,
nonni, genitori, zii e bambini,
gustiamo ogni sorso,
di nettare spensierato e giocoso
di queste pubblicità abbracciate
a dilettevoli spettacoli;
guarda, mamma,
c'è l'ispettore che sbaglia sempre brillantina,
che buffo è,
l'uomo che imprecando avanti e indietro va,
sulla striscia della Lagostina;
erompe da un fascio di fotogrammi,
la sagoma dell'immortal pulcino nero,
tutti lo maltrattano, ma lui non cade mai,
è leggiadro e fiero, si chiama Calimero.
Ciao, sono Topo Gigio,
mi sentite, teneri piccolini,
siate dolci come me,
gustate la fragranza di questi Pavesini.
Galleggia sulle note imperiose,
del mattino di Grieg,
la fragranza dell'olio che ti tira su,
mentre Mimmo Craig
alla compiaciuta governante,
intonando il supremo tormentone
"la pancia non c'è più, la pancia non c'è più";
ride dal ventre del tubo catodico,
Paolo Ferrari, estasiato e ammaliato,
dal potere di annientare gli aloni,
del Dash concentrato.
Chiamatelo arte,
occasione avvolgente di evasione,
spazio per baciare la pelle della fantasia,
o pubblicità ammantata
di gemme di complice poesia;
certo, era e sempre sarà bello,
cullarsi tra i ricordi spensierati,
dell'adorato Carosello
dove il bimbo il senso apprendeva
di un genuino potersi divertire,
prima di concedersi all'abbraccio di stelle,
del suo dormire.
Ti saluto,
mio caro Carosello,
che per i miei primi sette anni mi accompagnasti,
e poi, morso da una lacerante modernità,
per sempre e in un lampo,
ti addormentasti.
Apri ancora nella memoria,
il tuo dolcissimo sipario,
qualche lacrima mi ricorderà,
di quanto eri scintillante e straordinario.