Quando alla mattina il portone si apre,
il rumore annuncia il giorno che nasce,
alle pendici degli alti palazzi,
fra il disordinato marciare dei passi,
nello scorrere lento sull’asfalto rugoso.
Allora cerco un motivo
una ragione per spingermi avanti
fra il fitto incalzare dei clacson
e le nuvole di ossido azzurro.
Mi aggrappo alle antiche preghiere
e mi affanno a cercare un altare.
Giungo le mani e prego,
incerto nell’ossessivo rituale.
Il sole filtra fra i tetti,
i raggi mi piovono accanto,
forse qualcosa si muove,
oltre a tutto quel poco che vedo.