cuore marcio infettato da libidine del creato
ventre vuoto di fascio vertigine rimani più immobile
mentre snodi e disfi ciò che fai senza la minima soglia del dubbio celato
che cosa mi resta? che cosa resta?
e dopo che ci resta? del solito fiume di voracità
tresca.. tu la mia tresca..
di quelle avvinghiate mie stesse ossa
cuore randagio senza abitudine o affinitudini
ventre sazio di corallo e ambre giade zaffiri più soli
della nostra solitudine e delle nostre palpebre palpitanti di sgomenti
che cosa mi resta? che cosa resta?
e dopo che mi resta? del continuo lago di voglia
fresca.. tu la mia indecifrabile poesia mesta
messa in rima con ingordigia di queste mie ossa
di quella stessa voracità ...