Al Conzo, nel marcato belante
stava la casetta antica
le mura di pietra
arrampicata sulla viva roccia.
L'interno era scuro
le travi del tetto, nere
che sembravano di pece,
sul fuoco una quadara sempre a bollire.
La porta era fuori dai cardini
la toppa non serviva
l'entrata era sommersa
da rovi secchi da bruciare.
La notte esprimeva forti odori
lo sterco dei cavalli, il piscio
La mia casa appesa ad un crocifisso,
per pavimenti distese di grano maturo,
mari d'inverno alle finestre
e distese di neve per estati lontane,
muri appesi ai papaveri,
metropolitane e periferie nei miei giardini,
ebrei senza luce tra le mie braccia,
angeli senza cielo nei miei pensieri...
é la mia casa
é la mia casa!
È dolce l'incanto
di questo mare e
il cielo, sopra
è meraviglia.
La transumanza dei nembi
disegna carezze
sui tetti di Rio Marina.
Si allietano i miei passi
Rinfrancati da morbide zolle
Un'accogliente silenzio
Mi lenisce il cuore
L'aria mi sfiora giocosa
Poi si nasconde
Tra il verde arboreo
Gioioso e' svolazzare
Di melodici spartiti
Immersa in quest'immoto infinito
Sono terra
Neve sciolta
Lacrime di resina
Ma, da lontano
L'affannoso scorrere d'automobili
Riprende a scandire il tempo...
Com'è presago il mare nei suoi colori.
Egli sa che verrà tempesta e si prepara,
non come il cielo idiota
che si crogiola nei pochi spazi vuoti,
dove s'incastra il sole, e sogna
di rimanere azzurro anche se
nuvole sbuffanti lo marcano stretto.
Il mare sa, non si fa fregare,
si prepara alla battaglia notturna:
muta l'azzurro in verde, livido di rabbia,
caracollano le onde, che schiuman
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