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Racconti sull'amicizia

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Nun fa' tardi, pe' piacere

Mi sono svegliato presto stamattina. Alle undici appena, solo per te, che ami dormire. Oggi è il tuo compleanno. Doccia, jeans, camicia bianca, sono pronto. Il regalo l'ho preso l'altro ieri, è un libro. Lo vidi per caso, nella vetrina di una libreria del centro. Si chiama "Il Postino di Neruda", l'ha scritto un certo Antonio Skàrmeta. Non so chi sia, nè immaginavo di cosa parlasse il libro prima di comprarlo. Ho letto che è la storia di un postino, della sua amicizia con il poeta Pablo Neruda. Ho pensato un po' a noi due: io postino, tu poeta. Poeta che oggi compie ben cinquantanove anni.
Azz, te staje facenn' viecchio! Penso alla tua faccia mentre ti dico questa frase e mi viene da ridere. Prendo il libro e mi incammino verso casa tua. Mi vengono in mente tutti i tuoi film, nel tragitto che mi sta portando da te. Il primo, quello in cui avevi fatto solo "tre ccose bbone", oppure quello in cui con Benigni correvi all'indietro nel tempo. Mi hai fatto ridere tanto, mi hai regalato momenti unici, fatti di buon umore, di riflessione, di nostalgia, di malinconia.
Una volta, in un tuo film, non ricordo quale in questo momento, c'era un tuo primo piano: eri terribile. I tuoi occhi penetravano la telecamera, bucavano lo schermo ed entravano nel cuore di chi ti guardava. Eri disarmante.
Che fortuna essere tuo amico!
Guardo il libro, chissà se ti piacerà. Già so che anche se non dovesse piacerti non me lo dirai mai. Lo accetterai con un sorriso, ringrazierai, con la tua solita eleganza. Come quando ritiri un premio e ti limiti a dire un laconico "Grazie", senza troppi giri di parole. Non ti è mai piaciuto parlare tanto. Non ne hai bisogno.
Non ho mai sentito nessuno parlare così tanto stando in silenzio. I tuoi silenzi sono lunghi monologhi, logorroici discorsi che toccano l'anima. Mi piace stare immobile ad ascoltarti, a guardarti.
Eccomi arrivato. Sono sotto al tuo palazzo. Busso, ma tu non rispondi. Non mi dire che staje ancora durmenn'! È mez

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Serata

È da circa due ore che sto passeggiando insieme ai miei due amici Marco e Filiberto, sono stanco morto ma loro non hanno la minima intenzione di fermarsi. È sera, c'è un po' di venticello ma non fa freddo, c'è un bel clima. Stiamo camminando sul lungomare e senz'altro la vista di quelle piccole onde mi fanno sentire di meno il dolore dei piedi. Comunque c'è molta gente: vecchiette che si mangiano un gelato, comitive di ragazzi che ridono per ogni minima cosa, stranieri che cercano di vendere rose e altri in bicicletta che fanno continuamente slalom per non investire nessuno.
Marco come al solito si sta lamentando dell'Italia, non gli va mai bene niente, fa sempre discorsi di politica che fingo di ascoltare per non offenderlo. Vuole far vedere che odia l'Italia ma secondo me in realtà non ne può fare a meno.
Filiberto si sta fumando una marea di sigarette, e sinceramente mi chiedo come faccia a essere ancora vivo... si fuma minimo quattro pacchetti al giorno, per lui il tabacco è come respirare l'aria, è incredibile, deve odiare davvero parecchio i suoi polmoni.
-Oh, ci andiamo a mangiare una pizza?- propone Marco.
E meno male che odiava l'Italia, alla pizza però non rinuncia! Eheh...
Senza manco rispondere ci avviciniamo alla prima pizzeria nei dintorni. Non vedo l'ora di sedermi, rifocillarmi e riposarmi dopo questa lunga camminata. Eccoci arrivati, i miei due amici ordinano due diavole, io che non posso mangiare il piccante preferisco prendere una margherita.
Per fortuna oggi la pizzeria non è molto affollata e si percepisce molta tranquillità. Filiberto tra una sigaretta e un'altra attacca discorso: -Mia sorella fra un mese si sposa con il suo ragazzo, si trasferirà a Milano, farà dei figli, e io diventerò zio. Avrà una famiglia tutta sua mentre noi tre siamo ancora scapoli, quando ci daremo una mossa?-.
Marco risponde -E grazie che siamo scapoli! In questo paese il lavoro non c'è, come cavolo pretendi di farti una famiglia?-
A riecco c

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   5 commenti     di: Luigi Greco


L'altalena

Strano a dirsi, ma è passato in fretta. Sembra ieri infatti il farsi portare a allenamento dalla mamma, riportare la borsa ed accorgersi che ti manca ancora una volta un calzino, parlare di videogiochi allacciandosi le scarpe negli spogliatoi.
Andare al parco, e dondolarsi sull'altalena, pensando a come chiedere a Stefania di andare a prendere un gelato insieme.
Su e giù, con il cigolio delle catene a tenerti con i piedi per terra, perché l'altalena si può rompere.
Un giorno eravamo all'asilo. Il mio amico Paolo voleva salire sull'altalena, ma c'era sopra Marco Pozzi. Paolo era lì con sua mamma. Sua mamma stava parlando con la mia, ma era lì.
Marco Pozzi era forse il bambino più stronzo delle elementari del paese. Era abituato così, a non parlare con nessuno. Si faceva i fatti suoi, non comunicava. Nonostante fosse scorbutico, Paolo pensava che gli avrebbe fatto fare due minuti di altalena, prima di andare via. Era venuta sua mamma a prenderlo... A Marco non lo venivano a prendere mai. Restava lì dalle suore fino alle 7, e poi tornava a casa a piedi. Era sempre l'ultimo ad andare via, ma non voleva lo stesso lasciare l'altalena agli altri bambini. Sembrava odiarli perché agli altri li venivano a prendere. Si dondolava sempre su quella vicina alla fontana. E se scendeva per un attimo a bere, e tu facevi per salirci sopra, ti pizzicava finché non te ne andavi a fare la coda per salire sull'altra, dall'altra parte del cortile.
Nessuno poteva farci niente. Neanche le suore, ascoltava. Non gli importava di prenderle, solo non dovevi entrare nel suo spazio.
Quel giorno Paolo gli chiese di lasciargli fare due minuti di altalena, prima di andare via. Paolo e la sua famiglia avevano una pizza alle sette e mezza, ed erano già venti alle sette. Sua mamma stava parlando con la mia, ed io ero lì ad ascoltare il "gnic gnic" delle catene contro le giunture di ferro. Paolo ha chiamato Marco, e quello nemmeno si è girato. La mamma: "dai che a

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   0 commenti     di: Luca Grazioli


I love you

"Ti amo!"
"Non è vero!"
"Come scusa?"
"Tu non mi ami, io sono solo il tuo migliore amico... Tu ami Federico, non me!"
"No... Ce... Alex, io ti amo... Punto!"
"Io no Ele..." Alex la stringeva forte fra le braccia... Non la lasciava andare. "Ti voglio troppo bene per amarti... Sei il mio angioletto, la mia giuda, la mia migliore amica..."
Bacio...
Erano riusciti ad evitarlo fino ad ora, ma, a quel punto era inevitabile...
Quel bacio, iniziato piano piano, molto timidamente, si trasformò pian piano in un bacio sempre più grande, passionale, ma amichevole...
E poi si ritrovarono così, coricati l'uno di fianco all'altra su una spiaggia deserta...
Ele, occhi chiusi e mani incrociate al petto, pensava... Che cosa aveva fatto?! Non ci poteva credere... Non ci voleva credere...
Alex occhi spalancati, aveva paura che la cosa potesse degenerare e sfuggirgli di mano...
Il sole nel frattempo si immergeva all'orizzonte, in quello specchio chiamato mare... Chiamato "Marina Piccola"...
Parlavano...
Non si guardavano negli occhi e nessuno dei due aveva il coraggio di accennare a quello che era appena successo fra loro... I due quindicenni non volevano credere a quello che tra loro stava succedendo...
Dopo un po', Alex, abbracciò Ele e le sussurrò un -ti voglio bene. All'orecchio.
Lei iniziò a piangere...
"Alex, ti prego, quello che è successo oggi deve restare tra noi! Fede non deve saperne niente!"
"Come vuoi tu Ele... Però, ti prego, abbracciami..." Si abbracciarono e coccolarono un po'...
Finché quel tramonto non finì...
A quel punto andarono alla fermata del pullman, erano ormai le 8 di sera e al capolinea del QS erano soli!
Dopo mezz'oretta scesero dal pullman...
"Ciao Alex, mi son divertita oggi!"
"Anche io Ele..."
Bacetto timido sulla guancia...

   10 commenti     di: F S


Una gelida notte

Ero appoggiato a un albero. Accesi un'altra sigaretta e la portai alla bocca. Il vento gelido della campagna notturna mi circondava, sfiorava le mie guance delicate. Poi passava al collo, e da lì sotto la maglietta. Abbottonai il cardigan: cominciava davvero a farmi freddo. Ero al buio e da solo. Le uniche cose che emanavano luce erano la Luna e quei tanti puntini luminosi sulle altre montagne.
Mi chiedevo se lui sarebbe arrivato. Se avrei rivisto il suo sorriso e sfiorato per l'ennesima volta il suo volto. Certo, se non si fosse presentato, avrebbe fatto la figura del gran bastardo.
Da appoggiato che ero, mi accasciai pian piano, e spensi il mozzicone sul terreno. Cacciai dalla tasca un'altra sigaretta. Azionai l'accendino e la fissai indeciso.
Un fruscio. Un passo sull'erba. Scattai in piedi e vidi nell'oscurità due piccole luci, che nell'avvicinarsi diventavano sempre più chiare, fino ad arrivare a una dolce tonalità del grigio. Lui mi fissava ed io ero senza parole. Non immaginavo sarebbe venuto, in verità. E ora che questa mia supposizione si rivelava vana, la mia mente era vuota. Non sapevo che dire.
<<Ehm.. ciao...>> dissi timidamente.
<<Ciao>> mi rispose con la sua voce tagliente e intimidatoria.
<<Allora, parti?>>
<<Si.>>
<<Bhe...>> perchè non riuscivo a dire niente? Il desiderio di parlargli mi aveva consumato fino a cinque minuti prima, e ora niente.
<<Ho da fare, lo sai. Ci si vede...>> disse voltandosi e incamminandosi.
"No! Aspetta!" volevo urlare. Ma niente da fare. Non una vera parola. E lui ormai era lontano.
Era finito tutto. Non lo avrei mai più rivisto...

   0 commenti     di: Roxy xD


Alessandra

Esistono ancora animi nobilii, anime pure.



Alessandra è una giovane ragazza. È arrivata solo da pochi giorni a quella magnifica tappa che segna anagraficamente il confine tra la giovinezza e la maturità: Alessandra è diventata maggiorenne!
Ma se la conosceste almeno per quel poco che ho imparato a conoscerla io, direste che Alessandra quel confine l'ha superato da un pezzo.
Capelli biondi, lunghi a contorniare il viso. Occhi azzurri, naturalmente, lucenti ed un sorriso sempre presente a completare quella luce.

Alessandra è un'amica di mia figlia.

Si sono conosciute a scuola. Una conoscenza che agli albori non prometteva nulla di buono: da come raccontano loro, adesso con sorriso e incredulità, si odiavano, si sopportavano e si " usavano". Si! Un'amicizia nata da esigenze opportuniste.
Che a rifletterci sopra e valutando il loro essere non ci si crederebbe.
Ho imparato a conoscere Alessandra non solo di riflesso dai racconti di mia figlia. Ci siamo ritrovate molte volte, anche tutte e tre insieme, a discorrere di ogni sorta di argomenti: di quelli che possono portarti al confronto generazionale o semplicemente di quelli che portano a conoscerti più a fondo, quasi nell'intimo. Di quelli che, a quasi cinquant'anni, riesco pure a trarne consiglio.
E che Alessandra non rispecchiasse appieno la sua età anagrafica lo avevo intuito da subito. Certo, è fortunatamente consapevole che molte " pratiche " adolescenziali sarebbe un peccato perdersele: E lei se le vive: nella libera spensieratezza o spensierata libertà, che dir si voglia.

Alessandra è una ragazza che vive di cuore. È cuore.
Alessandra ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno.

Con mio stupore ma al contempo commozione mi ha voluta, tra le persone a lei care, a quella festa. Non potevo mancare: e non perchè era mio dovere ma perchè quell'invito lo aveva dettato il suo cuore. Non è la prima volta che Alessandra riesce a comm

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   7 commenti     di: patrizia melito


Con un'ala sola

Con un'ala sola.
"Mase?"
L'esclamazione di un ragazzino di sette anni echeggiò per il cortiletto. Oliver si mise a quattro zampe sul tappato d'erba e sbirciò sotto una delle panchine affiancate al muro di casa. Ignorò gli schiamazzi degli altri bambini che giocavano appena oltre il muretto di cinta.
"Mase?" ripeté, tornando ad alzarsi in piedi e spolverandosi i jeans all'altezza delle ginocchia: il bambino di nome Mase non rispose nemmeno a quel secondo richiamo. Oliver aveva attraversato il cortile dei Lockwood in lungo e in largo alla ricerca del suo migliore amico: con pazienza e accuratezza aveva scandagliato ogni angolo, dai nascondigli più azzardati fino a ai più banali, come i sedili posteriori della jeep del padre. Tuttavia, non vi era traccia dell'altro ragazzino. Non era preoccupato - lo trovava sempre, alla fine - ma stava incominciando ad esaurire le idee per i nascondigli. Infine, ebbe un'illuminazione. Attraversò il praticello di corsa, restituì a Ricki e Jeff il pallone finito a pochi metri di distanza da lui e sbucò nel giardino sul fronte della tenuta. Individuò in fretta il gigantesco tappeto di plastica a forma di scacchiera che ricopriva un generoso quadrato d'erba; lo raggiunse di corsa. Lì, sdraiato a pancia in giù, e circondato da una decina di pedine grandi quanto nani da giardino, un ragazzino stava sfogliando un libro. Solo quando Oliver si sedette di fianco a Mase, si accorse dell'espressione triste dell'amico. Spostò ancora una volta lo sguardo in direzione del libro e si accorse che la copertina era interamente fradicia, così come gran parte delle pagine.
"Chi è stato?" domandò, assumendo un'espressione preoccupata. Mason si strinse nelle spalle e non disse nulla, facendo bene attenzione a non ricambiare lo sguardo dell'altro bambino. Infine, tirò su col naso, e prese a stuzzicarsi una crosticina sul ginocchio.
"C-co-come va c-con l'aaereo che stai, stai costruendo?" balbettò infine, continuando a mantenere lo

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   0 commenti     di: Laura



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