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Racconti amore

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Amor di chat

Roberto uomo piuttosto alto, di corporatura media, dai capelli e gli occhi scuri, con uno sguardo molto intenso, poteva senza dubbio definirsi bello. Aveva da poco compiuto 42 anni, di carattere piuttosto timido e introverso.
Aveva da poco chiuso la sua storia d'amore con una ragazza. Cercava di vivere bene, ma a volte il senso di solitudine e la nostalgia lo assalivano. La sera quando rincasava dopo il lavoro per svagarsi un poco accendeva il computer e si collegava in internet ad una "chat" dove si era costituito un gruppetto di amici simpatici e dove per ore riusciva a distrarsi scambiando con loro battute, commenti, pareri.
Jimmy era il suo nick - name, quello che utilizzava durante le conversazioni. Nelle ultime settimane, e specialmente da quando in chat era apparsa Lady, si chiedeva spesso come in passato la gente abbia potuto vivere senza computer e senza i collegamenti in rete. Si rendeva conto con sottile amarezza e con un po' di delusione che adesso i suoi amici erano soprattutto quelli incontrati navigando nel web... Gli amici virtuali, gli unici a ricordarsi di lui: gli inviavano saluti, si interessavano alle sua vicende... Quelli veri erano spariti, si erano dimenticati e sembravano indifferenti a tutto ciò che riguardava la sua vita.
Anche quella sera Roberto non senza trepidazione, accese il computer pensando che di lì a poco avrebbe salutato Lady.
Le emozioni che provava ad ogni incontro virtuale con Lady erano forti e dolci insieme, indescrivibili a dispetto della fredda tastiera sulla quale si componevano le loro parole.
Il fatto di non poter vedere Lady né udire la sua voce o toccarla conferiva al tutto un senso di magia, mistero accrescendo in lui il desiderio di incontrarla ancora e poi ancora.
In poco tempo Roberto (Jmmi) si rese conto di essersi innamorato della sua Lady e si sentì molto confuso. Egli stesso pensava di ingannarsi. Com'era possibile fosse amore attraverso l'etere? Non riusciva pi

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   11 commenti     di: lidia filippi


La via della Luce (Via Crucis)

La via della Luce (Via Crucis)

Venerdì Santo... il sacrificio della croce sublima il dolore con l'Amore (Figlio) per donarci la Luce (Spirito Santo) della Verità (Padre)

L'eco(grafia) dell'anima

Con lo spirito nasce il pensiero
con la coscienza sboccia l'amore
e con l'anima spunta quel fiore
che ti regala la vita nei suoi colori
e te la profuma dei suoi valori...
e te la sublima con il dolore

La scala della luce

1-Il corpo è il fantasma della materia (Il grigiore del cogito, esistenza passiva!)
2-Lo spirito è il fantasma del corpo (Lo splendore della ragione)
3-L'anima è il fantasma dello spirito (Il bagliore dell'intelletto)
4-La luce è il fantasma dell'anima (Il fulgore della sapienza)
5-La verità è il fantasma della luce (L'immacolato candore della contemplazione)

La scala della luce conduce alla verità assoluta della divina Triade immanente (coscienza), trascendente (pensiero) e vincente (amore) con la sua indissolubilità e indivisibilità per l'intercambiabilità dei suoi Tre Fattori...

La Verità è la Luce dell'Amore
La Verità è l'Amore della Luce
L'Amore è la Luce della Verità
L'Amore è la Verità della Luce
La Luce è l'Amore della Verità
La Luce è la Verità dell'Amore
Nel nome del Padre (Verità), del Figlio (Amore) e dello Spirito Santo (Luce)



Consapevolezza

... scendo le scale lentamente, lei mi precede, ho i battiti accelerati, il respiro è sempre più frenetico, le gambe stanche, eppure sono solo due piccole rampe prima di arrivare al portone perennemente aperto con il vetro rotto nella parte inferiore, cosi come era quasi sei anni fa quando salii per la prima vota a casa sua...
Appena fuori scruto il suo profilo, il naso un po' arricciato, le labbra che si aprono e chiudono quasi in maniera impercettibile ma ritmica. Lo sguardo punta dritto al palazzo di fronte ma so che sta guardando oltre. Oltre quello che c'è dietro l'edificio, oltre quello che io posso immaginare. Deglutisce vistosamente forse per placare momentaneamente il pianto che di lì a poco sgorgherà dai suoi occhi, o forse lo fa solo per un riflesso nervoso. Vedo il movimento della sua gola che si contrae al passaggio della saliva. Si dirige verso la mia auto, quell'auto che ha prepotentemente preso il posto di quella che lei amava, quella con la quale l'ho conosciuta, quella che lei chiamava Kit, quella che ha custodito i nostri baci nascosti,, le nostre fughe d'amore i nostri piaceri più intimi.
Sarà passato poco più di un minuto da quando, ancora a casa sua, le ho chiesto cosa avesse, mi ha preso per mano e mi ha detto: "Vieni andiamo a farci un giro...".
Adesso sto per mettere la chiave nella toppa dell'auto e tutto diventa pesante, faticoso come se fossi immerso in un liquido vischioso, più vischioso dell'olio, quasi solido come la pece. Avverto l'odore dei pini, non avevo mai fatto caso che fosse cosi forte, la luce proveniente dal suo balcone si riflette sui finestrini della mia auto, se ci fosse qualcuno affacciato riuscirei a distinguerne la sagoma...
Giro la chiave, il rumore indica che tutte e quattro le porte sono aperte, lei senza guardarmi entra si siede e fissando il cruscotto chiude la porta, io lo faccio in maniera più lenta, intorpidita, lo abbiamo fatto centinaia di volte questo movimento ma oggi ha un sapore del tutto di

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il cuore in un cassetto

“Il cuore in un cassetto”

Probabilmente non camminava ancora perché era nelle sue braccia. Faceva freddo, ma il calore della mamma in quel pomeriggio d’inverno la rendeva felice. Guardando la foto, Laura ormai ventenne quel contatto lo cercava ancora.
Era anoressica ormai da oltre un anno. Nella sua angoscia si era inventata un personaggio su misura e lo difendeva strenuamente.
Nei primi anni novanta in pochi conoscevano bene questo tipo di malattia, ancora meno in quella piccola frazione di poche anime, sperduta nella Pianura Padana, come Corvione di Gambara. Per questo si teneva tutta per sé quella sofferenza inaudita, senza consegnarla a nessuno. Passava da anoressia a bulimia come cambiare un vestito. Ingurgitava quantità enormi di cibo per vomitarle subito dopo, oppure divideva una mela in quattro parti e la centellinava per l’intera giornata. Aveva chiuso il cuore in un cassetto e non era intenzionata ad indossarlo di nuovo.
La sua mamma stentava a capire il perché di quello strano comportamento, lei che era cresciuta in campagna a polenta e salame.
Laura nei pochi momenti di lucidità si ripeteva che “da domani”non l’avrebbe più fatto. Non capiva che questo profondo disagio non era una questione di volontà, ma la conseguenza di un susseguirsi d’incomprensioni accumulate e radicate sin dall’infanzia.
Anoressia - era un termine ambiguo per una ragazza affamata d’amore e d’aiuto.
Daniel, il suo ragazzo, aveva intuito qualcosa. Da un po’ di tempo non era più la stessa, dimagriva a vista d’occhio e non le interessava niente al di fuori di rinchiudersi in bagno.
Quale viatico migliore del proprio corpo per gridare aiuto al mondo intero? Stava diventando invisibile ma forse Laura inconsciamente non cercava altro. Mettersi da parte sarebbe stata sicuramente la strada migliore. Non avrebbe ostacolato il lavoro della mamma, che in certi periodi dell’anno la portava v

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   0 commenti     di: manuel carvaio


Ho voglia di un amore vero... senza te

La luce rossa del semaforo mi esplode davanti alla faccia costringendomi a fare una brusca frenata. Impreco silenziosamente. Perchè non capisce che ho fretta? Non sa quanto sia importante per me arrivare subito a destinazione. Egoisticamente si prende tutto il tempo che vuole, lasciando passare allegramente una corriera, un paio di scooter e una serie infinita di macchine. Stringo la sciarpa intorno al collo e allungo le maniche delle felpa sulle mani violacee nel vano tentativo di riscaldarmi. Dai verde, sbrigati ad arrivare! La troppa fretta mi distoglie persino dal vero motivo per cui mi trovo sulla sella di questo motorino, alle dieci di sera di un martedì di dicembre. Non riesco a piangere, non riesco a pensare, devo arrivare a destinazione. Il verde arriva baldanzoso dopo quelli che mi sono sembrati secoli. Do una brusca sgassata. Le ruote cominciano a correre libere sull'asfalto. Devo arrivare presto, devo farcela...

Forse è meglio raccontare tutta la storia dall'inizio e spiegare perchè mi trovo in questa situazione.
Avevo un ragazzo, Alberto. Ma non un ragazzo come tanti, un ragazzo bellissmo. Bello come un angelo, con gli occhi pieni di pagliuzze dorate, scuri e profondi; con i capelli caramellati e le punte schiarite dal sole. Alto e muscoloso, ma slanciato. Qualcosa di molto simile a una divinità greca. Mi sembrava talmente strano che avesse scelto me, una normalissima diciassettenne dal carattere ribelle e impertinente, nonostante l'ampia gamma di bellissime gatte morte pronte a cadere ai suoi piedi. Era il ragazzo perfetto; premuroso, attento, dolce... beh, per lo meno così mi sembrava. Anche se fra noi ci corrono solo cinque anni, la differenza di età era evidente. Voleva qualcosa da me. Qualcosa che io non ero ancora in grado di dargli. Mi piaceva stare con lui, passeggiare per mano, approfittare di ogni angolino per baciarci... non sentivo il bisogno di fare di più. Sarebbe stato un passo troppo importante e volevo fosse qualcosa di

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Un dannato meraviglioso sogno

Oggi ho sognato di fare l'amore con te.
Ho sognato di donarti la mia verginità e con lei i miei respiri.
Ho sognato il tuo corpo risplendere tra la luce dei miei pensieri e le dita che si rispecchiavano sulle proprie ombre.
Le ho strette al cuscino immaginando il tuo corpo sul mio.
Voglio gridare in questo momento, scappare lontano verso un mondo non più mio.
Vorrei sentire le tue braccia stringermi e assaporare ogni mio angolo di carne.
Ho sognato i tuoi respiri mentre ansimavi accarezzandomi i seni.
Ho solo sognato, e forse è un verbo ripetitivo?
Ma è vero che è stato solo un dannato meraviglioso sogno.

Ho ansimato nel buio mentre serpi di desideri incorniciavano e soffocavano il mio corpo ingoiato dalla notte e dalle ombre invidiose.
Ho sorriso nella solitudine della stanza mentre mani di spettri toccavano la mia pelle e la loro lingua, sensibile ai capezzoli, inghiottiva le mie preoccupazioni.
Ho pianto e aperto gli occhi quando mi sono accorta che il tuo corpo nulla era tranne che un fantasma.

Domani ti vedrò sull'autobus. Domani ti incontrerò come sempre: un sorriso e un ciao per educazione.
Due perfetti sconosciuti siamo agli occhi del sole.
Ma nella mia solitudine di un buio mai illuminato tranne che da parole che cadono dal cielo come note che suono ogni sera sul pianoforte, io ti sogno mio e mi invento vite che non esistono, invento una me stessa non più anonima.
Dipingo i muri della mia camera con paglia colorata, mi stendo sul pavimento e bacio il vetro della mia finestra per vedere quella macchia opaca fatta dalle mie labbra.

Domani ti vedrò alla fermata fredda dell'inverno che arriverà.
Domani saliremo sull'autobus verso destinazioni differenti.
Ti spierò di nascosto per rubare il ricordo delle tue smorfie e dei tuoi sorrisi.
Arrossirò con la speranza fasulla che tu mi abbia guardato incrociandoti con gli occhi miei.
Sentirò brividi lungo la schiena vedendoti vicino e poi... poi farò "no" con la testa.
Ingoierò

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   7 commenti     di: Giorgia Spurio


Chissà

Chissà dove sei adesso, amore mio adolescente. Chissà dove. E come sei. Sei morto forse, sepolto sotto uno strato freddo di terra, dentro un loculo stretto incasellato in una alveare di morti. O forse sei lontana, hai viaggiato, ti sei spostata dalla tua città d’origine, hai incontrato volti e voci nuovi, hai imparato un mestiere, diverso da ciò che studiavi, e ora lavori, determinata, a realizzare un tuo sogno privato. Forse sei ancora single, ma è difficile. Amavi la compagnia e non volevi mai stare sola. Ti sei sposata, allora? Hai un marito che ti vuol bene e che, rientrando a casa, ti chiama, e nei fine settimana ti porta in giro, con la vostra macchina o con il camper a vedere posti e a mangiare in ristoranti strani. Hai figli, forse. Bambini che sono diventati ormai ragazzi, adolescenti più grandi di te quando io ti conobbi. Hai dato loro nomi inconsueti, e forse sono due, due maschi, oppure due femmine, o, chissà, un maschio e una femmina. Forse non ne hai più di due. Sei diventata madre, allora, chissà. Hai partorito e lasciato il lavoro, forse per un po’, il tempo di crescerli. E se invece, per qualche triste motivo, non avessi potuto avere figli, cosa hai fatto? Starai ancora viaggiando, magari con un uomo che non è tuo marito, ma solo un compagno, vi scambiate impressioni e progettate imprese per mantenervi, aprite un locale dopo l’altro in posti sempre diversi e lontani tra loro, e accumulate soldi e ricordi, e forse senti già una stanchezza dentro di te, che ti chiede, ti implora, di fermarti. E, chissà, se ti sei fermata, dove ti sei fermata? Avrai scelto un posto caldo, lontano da qui, da dove ti conobbi io, un posto dove la tristezza è preclusa dall’ambiente stesso, dove l’ombra quando scende non mette inquietudine, e non esistono i brividi. Amerai ancora gli animali? Credo di sì, sono cose che non cambiano queste, chissà, forse addirittura stai facendo qualcosa per loro, adesso, sei nel loro mondo, aiutandoli come hai sempr

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   0 commenti     di: vito ferro



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