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Racconti amore

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L'amore mio per te

Entri nell’auto e già il tuo profumo si espande, riempie le fessure, si appiccica ai vetri. Prima fuori, adesso mi è dentro. E quando parli con me sembro assente, pare che non ascolti. Ma l’assenza e la parvenza son dovute all’incanto che la tua voce partorisce. Lo stesso incanto che i tuoi occhi assicurano ad ogni sguardo, ad ogni sbirciata. Eccezionalmente dolce e commestibile mentre giochi coi gatti, che sembrano fiutare la tua perfezione: ti seguono golosi.
I mille passi sono una marcia veloce, il cielo piove commosso e invidioso della verde terra che può sostenerti. Raggiunto il nostro nido d’amore, leggéra ti adagi sulla branda, candida e felice di poterti toccare. Perché gli oggetti si sforzano di vivere, se ti avvicini: più forte della loro natura è la tua bellezza.
Io ti sono accanto, ed incredibilmente tu non vorresti altri che me. A questo amore ricambio col mio, alla tua vicinanza accosto la mia. Ora so cosa nasconde la tua maglietta, ora conosco il sapore della tua pelle. E che sorprese regala la vita quando pensiamo di averle viste tutte! E mentre la tivù parla, noi consumiamo il silenzio, in silenzio. Poi sorridi, parli, ridi. Bella e felice, ma soprattutto mia. E come prima il cielo, anch’io mi abbandono alle lacrime: è inspiegabile questa mia fortuna.
Amami ed io ti amerò. Stringimi e non ti lascerò. Baciami ed io ricambierò. E non svegliarmi da questo dolce sogno, lasciami dormire con questo sorriso e questi occhi non più tristi. Perché da quando ti ho trovata ho smesso di cercare. E mentre penso a tutto questo, di nuovo respiro il tuo profumo. Di nuovo mi accorgo dell’amore mio per te.

   2 commenti     di: Giacomo Donelli


E la vita continua( continuazione e fine)

Doris, iniziò i soliti rituali: una doccetta rilassante poi andò a letto.
Il mattino seguente si svegliò con un'energia nuova, pronta ad affrontare il nuovo giorno. Si avviò verso lo studio notarile, in c. so Venezia, era la segretaria del notaio Ferri. Entrò nel suo ufficio per la pratica che doveva espletare acquisì nuovi dati, poi nel giro di varie telefonate il tempo passò velocemente.
Doris fece ritorno a casa, il portiere le andò incontro, consegnandole una corbeille di rose rosse, incuriosita pese il biglietto che l'accompagnava, lesse: "Alla rosa tra le rose" Daniele.
Con aria compiaciuta, prese il fascio di rose a sistemarlo nel vaso, accese la radio, poi come un gatto sornione, scivolò sulla poltrona, mentre la mente mulinava pensieri per Daniele che prepotentemente si insinuava nel suo tenero cuore.
Il trillo del telefono, la riportò alla realtà,"lupus in fabula"era proprio Daniele per confermare l'incontro per la serata, sarebbe arrivato intorno alle venti.
Doris, raccolse i capelli biondo cenere in uno scignon, indossò un tubino blu rischiarato da un filo di perle e il tocco finale due gocce di Chanel n. 5
Andarono in un localino fuori porta "Lunch Club"Daniele con voce flautata chiedeva informazioni della sua vita sentimentale, era meravigliato dal fatto che una donna affascinante come lei, non avesse avuto un legame sentimentale.
Doris, ammise di aver conosciuto qualcuno nel passato, ma nessuno era riuscito a fare breccia nel suo cuore.
Ora, per esempio era più che certa che provava un sentimento per lui, la sua vicinanza le procurava dolce languore, anche quando Daniele, al termine della cena la riaccompagnò a casa, con voce suadente le disse." Lasciami entrare, ti prego... lo sguardo perso nei suoi, non oppose resistenza, aprì furtivamente l'uscio, mentre Daniele cercava le sue tumide labbra, che chiudendosi raccoglievano il nettare dolce di miele. Frasi sussurrate erano una dolce melodia, in un crescendo di

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   5 commenti     di: Dora Forino


L'Amore Universale

Noi esseri umani siamo abituati ad amare una persona alla volta, non ci è stato insegnato da bambini che ogni persona al di là del suo aspetto, o il colore della pelle, o se ha credi o culture diversi dalla nostra, in realtà è più vicina a noi di quanto pensiamo. L'amore che intendiamo è un sentimento più legato al singolare che al plurale, è questo fa si che i rapporti personali e impersonali siano differenziati in sentimenti ambivalenti che sono una conseguenza di come ogni neonato viene educato all'interno della famiglia in cui nasce. I genitori non insegnano ai propri figli ad amare il vicino di casa, l'amore che il neonato andrà a conoscere sarà un amore ristretto alla cerchia di persone che formano il nucleo famigliare. Siamo perciò abituati ad amare le persone vicine a noi per parentela o per amicizia o se siamo fortunati quando incontriamo una persona che ci fa perdere la testa, solo allora proviamo un sentimento più forte di tutti gli altri che noi abbiamo chiamato AMORE. Si ama quindi una persona alla volta, perché crediamo o sentiamo che quella persona ci comprenda ci legge dentro e noi vogliamo fonderci con quella persona in tutti i sensi sessualmente e mentalmente se abbiamo la fortuna di trovare la persona giusta per noi. Non c'è dunque in noi il desiderio di andare oltre l'amore a due, abituati come siamo a diffidare del prossimo vicino o lontano, perciò il nostro amore è vincolato a ciò che ci interessa individualmente per noi stessi il resto non ci interessa.
Il vero amore è libertà, comunione, non può essere scambiato per solo piacere o passione, c’è quindi qualcosa di più profondo nell’Amore, che va al di là del piacere sessuale di fondersi con un altro corpo. L’amore non può essere individualità, attaccamento per una sola persona. L’Amore è simmetria totale, è spazio

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   4 commenti     di: bruno franchi


Le vecchie storie

Una vecchia signora sta seduta dietro la finestra di casa, per ricamare. Sta seduta lì tutti i giorni e nei pomeriggi di sole, quando i vetri della finestra sono aperti, io mi fermo per chiacchierare.
L'ho conosciuta per caso, un giorno che sono passato sul marciapiede. Abbiamo fatto amicizia e da allora tutte le volte che passo mi fermo per salutarla e ascoltare le sue storie.
La signora si chiama Olga, ha 87 anni, e un po' alla volta mi sta raccontando tutta la storia della sua vita. È una storia lunga e complessa, più avvincente di un romanzo a puntate, più attraente di un film, poiché questa è una storia vera.
Suo padre ferroviere era sto trasferito in un altro paese, come sostituto. Nella trattoria di quel paese, tutte le sere arrivava una ragazza a portare il latte. La ragazza proveniva da una famiglia con 11 figli ed era poverissima. Sei mesi dopo i due si sposarono; nacque una bambina (Olga, la vecchia signora) e dopo otto anni si trasferirono qui. I primi ricordi di scuola, la casa nuova, la vita del paese
A 16 anni Olga conobbe un giovanotto che andava a trovarla in segreto. Gli incontri romantici col fidanzato avvenivano sulla soglia di casa, mentre i genitori erano a letto a dormire. Nelle gelide notti invernali, i due innamorati stavano sulla soglia mentre nella via c'era solo neve e chiaro di luna. Questo è il ricordo più bello della sua vita.
I genitori morirono, lei si sposò e dopo alcuni anni rimase vedova. Ebbe problemi di salute, disgrazie, lutti in famiglia.
Tanti problemi, vicissitudini, cambiamenti. Terribili cambiamenti: le case vecchie venivano abbattute, altre sorgevano; alcune famiglie sparivano, altre si formavano. Il paese lentamente si trasformava mentre lei rimaneva sempre al suo posto, nella sua casa, dietro alla sua finestra, per ricamare.
Un pomeriggio di ottobre con il sole fioco, la signora Olga continua il suo racconto: "All'età di 50 anni ho sognato un essere luminoso, bellissimo, forse uno Spirito Guida.

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   0 commenti     di: sergio bissoli


Il sogno di Susan

L’arma è immobile sul tavolo di mogano, calda e invitante come una femme fatale. L'appartamento è piccolo, con il tetto irregolare e una grande finestra.
Fuori le stelle hanno lasciato posto alle invadenti luci al neon dei lampioni, e suoni di clacson e voci entrano nella stanza semibuia.
Il tempo scorre feroce e insensibile, Johnny indeciso sul da farsi suda e si torce le mani. Si alza, si passa una mano nei folti capelli neri, fa un giro intorno al tavolo e si risiede più nervoso di prima.
Karl da dietro il suo sigaro puzzolente lo fissa con occhi piccoli e una smorfia sul viso.

Karl era giunto a Southempton, anni fa. Aveva lasciato la sua amata Germania alle SS e alle assurdità per aprire un tipico pub bavarese non lontano dalle rovine del castello. Voleva rifarsi una vita, partire da zero e proprio da lì, da Southempton, cercando di non affondare come il Titanic. Lottare con la vita per restare a galla mentre gli anni diventavano massi che ti spingevano giù.
Johnny si recava ogni sera all’erste Lieber pub, per dimenticare qualcosa o, forse, qualcuno.
Susan serviva birra di frumento e brezel salati a camionisti di passaggio e a ubriaconi del luogo, tutte le sere.
Al loro terzo incrocio di sguardi, s’innamorarono.
Aveva occhi candidi e trasparenti, Susan. Capelli lunghi raccolti da un sottile filo di seta e abiti larghi e scollati. Johnny la osservava con i suoi occhi neri appesantiti da folte sopracciglia che davano allo sguardo un tocco romantico, quasi perdente. La osservava muoversi tra i tavoli con disinvoltura, e ogni volta che qualcuno allungava le mani verso di lei, Johnny induriva i suoi bicipidi e lo scaraventava fuori dal locale.
Johnny per tutta la sua vita non aveva mai realizzato un sogno, o forse, non ne aveva mai avuto uno; allora decise di voler realizzare quello di Susan: scappare da quel posto, e andare a vivere in una casetta vicino al mare sulle bianche scogliere di Dover, e passare le giornate a rotolarsi nella s

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   0 commenti     di: luigi pagano


Ciò che non avrei mai creduto

<Forza pelandroni, la colazione è in tavola!> la voce di mia madre echeggiò tra le pareti di casa, aprii gli occhi lentamente e mi accorsi che si era fatto tardi. Mi sollevai dal materasso, stiracchiai i muscoli per qualche secondo e cominciai a spostarmi verso il bordo del letto. Notai che Josh ancora dormiva, non si accorse del richiamo di mia madre e nemmeno dell’ora che si fece.
<Josh svegliati, dobbiamo fare colazione è tardi. Perderai il treno.> misi i piedi a terra e mi sollevai, corsi in bagno in tutta fretta, mi lavai e mi vestii con i primi abiti che mi capitarono tra le mani. Volsi un ultimo sguardo verso il letto dove dormiva e lo vidi in piedi e vestito. In pochissimo tempo, ci precipitammo in cucina, dove il dolce aroma della torta ai lamponi, la mia preferita, inebriò l’intera stanza. Posai il cellulare in un angolo del tavolo, ma sempre a portata di mano, afferrai la forchetta e iniziai a degustare quell’infinità bontà, mi sentii come in paradiso.
Lo controllai un’ultima volta finita la colazione, prima di tornare in camera ed aiutare Josh a sistemare le ultime cose nella valigia. Fu Matt a scrivermi, chiedendomi per l’ennesima volta di dargli una possibilità ed uscire con lui almeno una volta. Lo conobbi tramite una chat qualche mese prima, aveva 27 anni ed anche lui abitava nella mia città. Diverso tempo prima mi scrisse chiedendomi di uscire, a me però le sue parole importavano ben poco, da quando vidi la sua fotografia mi prese un senso di ripudio nei suoi confronti, Madre Natura non fu molto gentile con lui. Fui sempre costretta ad inventarmi delle scuse e quando andai in vacanza al lago con la mia migliore amica, mi sentii sollevata dal fatto che in quel determinato luogo il cellulare non avesse campo. Si poteva finalmente godere la tanto agognata vacanza senza distrazioni d’alcun tipo. Proprio quella mattina dovetti ricorrere alla solita scusa, anche se poco credibile, facendo in modo di tenerlo buono per qualche ora.

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   1 commenti     di: Vale B


Immutevole

La donna camminava sulla spiaggia deserta, nell'ultima sbiadita luna del mattino. Lo scialle di garza, la gonna leggera, arrivò alla riva e si fermò guardando le dita dei piedi nudi, risvegliarsi allo sfrigolìo della spuma.
Cominciò a spogliarsi adagiando ogni indumento con un gesto lieve sull'acqua, lasciando alla risacca il compito di riportare al mare ogni parvenza del suo passato, ed ogni abito, nell'andare da lei, s'avvolgeva sempre più nelle piccole onde, ripiegandosi e dispiegandosi, mutando in alga, manta, spugna.
Rimasta nuda, la donna sciolse i capelli, grossi, ricci, bianchi, lasciando che per un attimo ancora sorridessero al vento, poi proseguì verso il primo diamante che il sole accendeva all'orizzonte.
Quando l'acqua fu ai suoi fianchi l'accarezzò con le vecchie mani sussurrando " eccomi " e si tuffò. Una... due... tre volte ricomparvero, alternandosi, i piedi e la testa, sempre più scura, alla quarta, una lunga maestosa coda magenta, oro e smeraldo, salutò con un ultimo guizzo la riva, e scomparve.
Così tornò a casa la regina del mare, dopo aver a lungo vissuto tra gli uomini. Per uno di costoro aveva rinunciato alle sue squame, l'aveva amato, ad ogni passo al suo fianco, fino alla morte. Senza rimpianto allora come adesso, perché, ogni vita vissuta fino in fondo non ne lascia alcuno.
Nuotò a lungo a ritrovare ogni luogo, sapendo senza sorpresa, che tutto sarebbe stato diverso, perché il mare come la terra è mutevole. Fu così che scoprì un nuovo atollo gremito di infinite, eleganti creature e per questo solcato da molte vele di pescatori.
" Bene" pensò " ecco un luogo dove ho terra e mare, qui mi fermerò per un po'", e cominciò a cantare per le creature della terra e del mare.
Era, il suo, un canto d'amore e di passione, perché di questo lei era ricca. Raccontava la sua vita vissuta, la bellezza del dono che aveva ricevuto e i delfini si fermavano, perché nei suoi canti c'era la gioia dei loro salti, le balene si fer

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