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Racconti amore

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C'est l'amour

Jade si sfilò le mutandine, si aggrappò al palo e, ruotando, e allargò le gambe perché tutti vedessero la sua splendida fighetta, perfettamente rasata con tanto di striscetta bionda, labbra minuscole e rosa a nascondere una clitoride perfettamente proporzionata.
La figa era il suo asset principale e le permetteva di mantenersi comodamente da alcuni anni. Era anche riuscita a mettere via un bel gruzzoletto perché, al contrario delle sue colleghe, stava ben lontata dalla polvere e dalla roccia bianca.
Adorava la sua micetta; se avesse potuto avrebbe passato tutto il giorno ad accarezzarsela e a leccarsela. Invece non poteva e doveva farsela leccare da altri, preferibilmente da altre donne che erano più delicate, precise e sapevano esattamente dove mettere la lingua e come usare le labbra.
Le sue tette invece non erano particolarmente grosse. Erano piccole e sode ma non ci pensava nemmeno a farsi mettere il silicone perché adorava il suo corpo così com’era e quei poveracci dei clienti dello strip club in cui lavorava dovevano farselo andare bene così. Infatti nessuno si lamentava, anzi, in tutto il locale era la spogliarellista più gettonata per lap dance e show nel priveè.
Ogni tanto faceva anche sesso con alcuni clienti ma solo quelli che sceglieva lei e per cifre molto, molto importanti. Farsi penetrare da cazzi troppo grossi non faceva per lei; non voleva che la sua bella patatina si slargasse e si consumasse ma per fortuna i clienti del locale non erano generalmente particolarmente dotati.
Quella sera sul palco del Tigress con lei c’era una ragazza nuova, molto carina, che si chiamava Angela. Si complementavano perfettamente: Jade era bionda, liscia, con gli occhi verde chiaro mentre Angela aveva i capelli ondulati castani e gli occhi dello stesso colore. Jade aveva la pelle rosa mentre Angela era più abbronzata e scura di carnagione. Anche Angela, però, aveva una fighetta bellissima, curata e piccola come la sua, solo che la strisc

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   2 commenti     di: davide sher


L'Amore Universale

Noi esseri umani siamo abituati ad amare una persona alla volta, non ci è stato insegnato da bambini che ogni persona al di là del suo aspetto, o il colore della pelle, o se ha credi o culture diversi dalla nostra, in realtà è più vicina a noi di quanto pensiamo. L'amore che intendiamo è un sentimento più legato al singolare che al plurale, è questo fa si che i rapporti personali e impersonali siano differenziati in sentimenti ambivalenti che sono una conseguenza di come ogni neonato viene educato all'interno della famiglia in cui nasce. I genitori non insegnano ai propri figli ad amare il vicino di casa, l'amore che il neonato andrà a conoscere sarà un amore ristretto alla cerchia di persone che formano il nucleo famigliare. Siamo perciò abituati ad amare le persone vicine a noi per parentela o per amicizia o se siamo fortunati quando incontriamo una persona che ci fa perdere la testa, solo allora proviamo un sentimento più forte di tutti gli altri che noi abbiamo chiamato AMORE. Si ama quindi una persona alla volta, perché crediamo o sentiamo che quella persona ci comprenda ci legge dentro e noi vogliamo fonderci con quella persona in tutti i sensi sessualmente e mentalmente se abbiamo la fortuna di trovare la persona giusta per noi. Non c'è dunque in noi il desiderio di andare oltre l'amore a due, abituati come siamo a diffidare del prossimo vicino o lontano, perciò il nostro amore è vincolato a ciò che ci interessa individualmente per noi stessi il resto non ci interessa.
Il vero amore è libertà, comunione, non può essere scambiato per solo piacere o passione, c’è quindi qualcosa di più profondo nell’Amore, che va al di là del piacere sessuale di fondersi con un altro corpo. L’amore non può essere individualità, attaccamento per una sola persona. L’Amore è simmetria totale, è spazio

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   4 commenti     di: bruno franchi


La scelta di Lindsay

Lindsay Rice era pronta ad entrare nella stanza d'ospedale di fronte a lei; la porta era chiusa e, come tutti i giorni da più di un anno a quella parte si ritrovò a fissarla quasi intimorita. Per qualunque essere umano non poteva che trattarsi di un insignificante rettangolo di legno dipinto di bianco e con uno spessore che si aggirava attorno ai tre centimetri.
Ma non per lei. Per quella giovane donna di ventinove anni era molto di più.
Tutta colpa di quel terribile, spaventoso incidente d'auto che aveva visto coinvolto Jeff, suo marito. Lindsay gli era seduta accanto quel maledetto giorno di un anno e due mesi prima, e l'immagine del suo corpo che veniva scagliato fuori dall'abitacolo nel momento dell'impatto l'accompagnava ancora e l'avrebbe accompagnata per il resto dei suoi giorni.
Lei invece era uscita dall'auto completamente illesa.
Appoggiò la mano sulla maniglia e la abbassò lentamente, quasi stesse compiendo uno sforzo immane.
Entrò con passo tremante.
Doveva abituarsi a quel calvario (se lo ripeteva sempre) anzi, forse avrebbe già dovuto essere abituata da tempo dato che quella era la quattrocentesima visita a suo marito in altrettanti giorni; purtroppo però non ci riusciva. Il dolore che l'assaliva ogni singola volta la quale metteva piede in quella camera era troppo forte, troppo profondo per riuscire a farci l'abitudine.
In principio aveva sperato che il tempo l'aiutasse a lenire le sue sofferenze, ma si era sbagliata. Ogni giorno, settimana o mese la situazione sembrava peggiorare.
E vedere Jeff in coma, disteso immobile sul letto d'ospedale e circondato da un numero imprecisato di macchinari la faceva piombare nella più cupa, assoluta disperazione.
Quella mattina però vide qualcos'altro, qualcosa che le fece dimenticare per un attimo tutte quelle sensazioni.
Ciò che si potrebbe definire un semplice "imprevisto", ma che la sua mente addolorata registrò come un piccolo stimolo positivo.
Accanto al letto di Jeff infatti c'era qu

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Ti penso.

Ti penso e vorrei che tu fossi mia. Lo sò è forse peccato desiderare la donna d'altri, ma non posso farne a meno. Ti vedo e immagino la mia vita con te, tu soffri spesso, doni il tuo amore ad un uomo che non è in grado di ricambiarlo. Un uomo che non riesce a guardarti negli occhi, stringerti tra le sue braccia, e sussurrarti ti amo. Allora penso: è peccato amare, o desiderare una donna che ama un altro uomo? È peccato sperare che questa vostra storia, (o tua) finisca con la speranza che tu possa accorgerti di me? Di quel forte sentimento che provo al solo incrocio di sguardi?.
A volte desidererei abbracciarti, sfiorare solo per un istante quelle tue dolci labbra, accarezzare i tuoi capelli appena asciugati, sapere che il tuo cuore possa battere per me, che riuscirei a ricambiare quel battito e riuscirei a farti sentire una vera principessina. (dedicata a Manuela).



Cuore di pietra

Jane era sola, abbandonata, stesa sul letto ma consapevole dell'errore commesso da suo marito John: lui l'aveva lasciata solo per il semplice motivo di averla vista in compagnia di un suo amico intimo.
La sorte volle che lui passasse di lì in quello stesso istante e li vedesse stare insieme e parlare.
Il giorno dopo, il 13 Febbraio, John entrò in casa con area funerea : Jane gli chiese "Che hai tesoro?" e lui gli rispose: "Ti ho vista ieri sera con il tuo "amico" e senza neanche il tempo di dare spiegazioni John se ne andò di casa.
Era passato solo un giorno da quando Jane era stata lasciata ma per lei parvero secoli.
Il dolore che lei provava non era niente in confronto a quello che provava lui: era come una lama che trapassa il cuore a metà.
Dopo tanti mesi di sofferenza e rassegnazione le arrivò una telefonata e lei sperando fosse John, alzò la cornetta, ma la voce era della sua amica Rose che le disse "John mi ha appena detto di darti tanti baci e che fra pochi giorni forse tornerà".
Jane non riusciva a credere alle sue orecchie: tanti mesi di solitudine e dolore ed ora eccolo là che stava tornando.
Jane si vestì in fretta e andò al supermarket per fare la spesa per il giorno dopo: ma qui incontrò un ragazzo: era alto, bello, e sopratutto simpatico.
In un momento di distrazione gli caddero le arance dalle mani e il ragazzo disse "mi scusi signorina, posso aiutarla in qualche modo?" lei lo guardò e disse "si mi può aiutare a posare le arance?".
Passarono i giorni e Jane aspettò con ansia il ritorno del marito: passa il primo giorno, il secondo, il terzo, il quarto, ma ancora niente.
Jane decise di telefonare a Rose per avere notizie di John: prese la cornetta, compose il numero e aspettò.. ma il telefono era muto.
Poco dopo squillò il telefono e Jane rispose: dal telefono provenivano rumori da ospedale e la voce disse: "pronto? parlo
con la signora Jane Hall? chiamo dall' ospedale Memorial e le devo dare una triste no

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Come trovare l'anima gemella

Anzitutto è un problema di linguaggio. Capire cosa sia "anima" e cosa sia "gemella" probabilmente potrebbe aiutavi molto. Anche se "molto" non è esattamente l'obiettivo che vi siete prefissati o prefissi. E poi che ve ne fate di un'anima gemella? Anima gemella è un termine fuorviante, cioè, chi lo sa se l'anima si è incarnata in una persona del sesso opposto? E se si fosse incarnata in un rospo o in una zanzara? Ciò indubbiamente creerebbe ulteriori problemi. Oppure immaginate, l'anima gemella si è incarnata in più persone. Potrebbe essere anche un vantaggio, soprattutto per le donne, magari in sette donne, così per ogni giorno ne avreste una diversa. Non ci credete, è un'illusione, anche se molto probabilmente dipende dalle possibilità finanziarie piuttosto che da quelle fisiche. Una donna ha molta più resistenza a letto invece che gli uomini. Ma voi la state cercando, ciò è fuori di dubbio. Questo è già un buon punto di partenza. Non cercarla vi mette nella disposizione d'animo errata, anche se gli imprevisti possono sempre capitare. Diffidate anzitutto di voi stessi, così se cercate l'anima gemella probabilmente state cercando qualcos'altro. Molto dipende invece dalle vostre esperienze personali. Ad esempio, se cambiate spesso casa, abitazione, città, Stato, le probabilità di incontrarla si abbassano notevolmente. Oppure potrebbe essere vero anche il contrario. Così è la vita, è meglio capirlo subito. La verità è che non sappiamo dove abita la nostra anima gemella. Magari è nata cinquemila anni fa, e la potreste cercare invano per i prossimi cinquemila anni. Quindi di cosa veramente si ha bisogno? Questo solamente voi lo potete capire, ma il non capirlo vi metterà in una situazione d'animo molto più semplice affinché la possiate trovare. Sembra paradossale, ma è così. Ho letto un sacco di libri e questa cosa non è mai stata scritta. Quindi con molta probabilità dev’essere un'informazione altamente segreta e perci

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   6 commenti     di: Emiliano Rizzo


L'ho lasciata

L’ho lasciata perché pretendeva che le sgusciassi i semi di zucca.
L’ho lasciata perché non mi aveva detto che era incinta.
Quando ci incontrammo fu bello. Quando la lasciai pure. Mi piacciono gli addii.
Se non avesse detto, quella sera, abbracciati sul divano, quella parola, sinergia, adesso staremmo ancora assieme.
L’ho lasciata perché aveva l’abitudine di russare da sveglia.
Proprio non sopporto chi ha i piedi freddi. Certo, non è colpa del possessore dei piedi, ci mancherebbe, adesso non voglio dire che incolpo volontariamente chi ha i piedi freddi, manco fosse una scelta razionale, ma insomma, ecco, io, appena coricato, sentire quelle due lastre di gelo… insopportabile. Ora che non stiamo più insieme, mi addormento senza fastidi.
Le avevo chiesto, le avevo implorato, ti prego, per favore, amore, solo una cosa ti chiedo, solo una cosa voglio da te, ascoltami solo in questo. Non farlo. L’ha fatto. Era quindi inevitabile finirla.
L’ho lasciata perchè si vestiva così male, ma così male che le dissi “vai in giro nuda, è meglio”. Ma quando lo fece, fui troppo geloso.
Sarà anche futile il motivo, ma come potevo continuare con una che scambiava Rinascimento con Risorgimento e viceversa?
L’ho lasciata perché aveva un brutto male.
L’ho lasciata perché avevo un brutto male.
L’ho lasciata perché stavamo troppo bene assieme.
L’ho lasciata per via del suo ex: non l’ho mai perdonato di averla lasciata.
Anche se ci fosse l’eternità, son sicuro che lei continuerebbe a domandarmi di continuo “mi ami?” ed io proprio non ce la facevo a rispondere dopo dieci anni.
Cosa le racconterò per giustificarlo? Basterà dirle “pensavo dimagrissi”?
Sì, ora sono soddisfatto. Non che non lo fossi insieme a lei. Ma senza la sento ancora più vicina.
L’ho lasciata perché in fondo le volevo bene come ad una sorella. Ed è difficile metterlo in culo ad una sorella.
L’ho lasciata per acchi

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   5 commenti     di: vito ferro



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