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Racconti amore

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Era magico

L: "Ryan."
R: "Si?"
L: "Dormi?"
R: "Quasi."
L: "E come fai?"
R: "In che senso?"
L: "Vorrei sapere a cosa pensi quando cerchi di dormire."
R: "Alle nuvole."
L: "Cioè?"
R: "Alle nuvole, penso alle nuvole. Sai quelle che stanno in cielo..."
L: "So cosa sono le nuvole, stupido. Intendo dire che pensiero è? È strano."
R: "Ma le nuvole sono strane."
L: "Le nuvole non sono strane, sono nuvole!"
R: "Lo sono eccome. Bianche, grandi... Sembrano immobili e invece non si fermano mai."
L: "È per questo che sono strane?"
R: "No, sono strane perchè sono lì. Davanti a tutti. Non hanno maschere. Eppure ognuno ci vede qualcosa di diverso."
L: "Ryan."
R: "Si?"
L: "Ti voglio bene."
R: "Anche io Lucy."
L: "E non è mai stato diverso."
R: "Lo so. Dormi ora, buonanotte Lucy."
L: "''Notte Ryan."



Ritratto di un Amore

Ha occhi grandi, verdi. Ha gli occhi di un bambino piccolo. Vede le cose in modo diverso rispetto agli altri, ha un'attenzione per le piccole cose fuori dal comune. Cammina sempre con la sua infaticabile fotocamera, per lui è tutto da fotografare, anche il camion che lo precede in autostrada, tutto ha una sua storia in mano sua, una sua ragion d'essere.
Ha un sorriso amabile, ha una risata trascinante, è sempre sorridente, solare, allegro, divertente. Ha una buona parola per tutti e quando non ne ha di buone ne ha di cattive ma con quel sorriso potrebbe dirti qualsiasi cosa... non te la prenderesti mai. È una persona disponibile, non dice mai di no a nessuno. La panettiera ha il terrore di vederlo entrare al panificio, teme ogni volta di doversi prendere l'aspettativa e dover chiudere il panificio causa "ingresso di cliente chiacchierone". Tutti lo amano, ognuno a suo modo. È piacevole averlo accanto, infonde dentro sempre un'allegria e una speranza che non credevi di avere, almeno fino a quel momento.
Dice cose assurde, a volte lo insulteresti ( e in effetti a volte lo fai!!). Poco tempo fa avevo la febbre, stavo malissimo ed ero insopportabilmente nervosa e non riuscivo a non essere antipatica perfino a me stessa. Ci siamo sentiti e lui, prima di chiudere, mi dice: "mi prometti che quando chiudiamo farai un sorrisino ogni tanto?" e io, tra l'incredula e la meravigliata gli dico: "certo, ora mi metto sotto le coperte e ogni tanto sorrido, così, come una scema, senza motivo, così se muoio almeno ho l'espressione felice!!!". Ma poi chiudo e sorrido. È fantastico, come ho fatto a trovarlo? Come fa ad essere mio?
Mi stupisce sempre. Si fa amare per le sue stranezze, per la sua voglia di vivere, per il suo eterno ottimismo. Non l'ho mai visto veramente arrabbiato, anche se ho provato a farlo arrabbiare veramente e a tutt'oggi non ci sono ancora riuscita.
Porta allegria dovunque vada e la gente lo adora. Io lo adoro. Mi regala mille sorrisi ogni giorno, mi f

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   2 commenti     di: ale ale


E la vita continua( continuazione e fine)

Doris, iniziò i soliti rituali: una doccetta rilassante poi andò a letto.
Il mattino seguente si svegliò con un'energia nuova, pronta ad affrontare il nuovo giorno. Si avviò verso lo studio notarile, in c. so Venezia, era la segretaria del notaio Ferri. Entrò nel suo ufficio per la pratica che doveva espletare acquisì nuovi dati, poi nel giro di varie telefonate il tempo passò velocemente.
Doris fece ritorno a casa, il portiere le andò incontro, consegnandole una corbeille di rose rosse, incuriosita pese il biglietto che l'accompagnava, lesse: "Alla rosa tra le rose" Daniele.
Con aria compiaciuta, prese il fascio di rose a sistemarlo nel vaso, accese la radio, poi come un gatto sornione, scivolò sulla poltrona, mentre la mente mulinava pensieri per Daniele che prepotentemente si insinuava nel suo tenero cuore.
Il trillo del telefono, la riportò alla realtà,"lupus in fabula"era proprio Daniele per confermare l'incontro per la serata, sarebbe arrivato intorno alle venti.
Doris, raccolse i capelli biondo cenere in uno scignon, indossò un tubino blu rischiarato da un filo di perle e il tocco finale due gocce di Chanel n. 5
Andarono in un localino fuori porta "Lunch Club"Daniele con voce flautata chiedeva informazioni della sua vita sentimentale, era meravigliato dal fatto che una donna affascinante come lei, non avesse avuto un legame sentimentale.
Doris, ammise di aver conosciuto qualcuno nel passato, ma nessuno era riuscito a fare breccia nel suo cuore.
Ora, per esempio era più che certa che provava un sentimento per lui, la sua vicinanza le procurava dolce languore, anche quando Daniele, al termine della cena la riaccompagnò a casa, con voce suadente le disse." Lasciami entrare, ti prego... lo sguardo perso nei suoi, non oppose resistenza, aprì furtivamente l'uscio, mentre Daniele cercava le sue tumide labbra, che chiudendosi raccoglievano il nettare dolce di miele. Frasi sussurrate erano una dolce melodia, in un crescendo di

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   5 commenti     di: Dora Forino


Un'indescrivibile autostrada

Ci sono storie, storie di uomini e donne, che possono essere definite in tanti modi. Sono storie oscure, storie noiose, comuni. Altre sono straordinarie, altre ancora inquientanti, altre credo che non possano essere definite. Immagino così anche la mia storia: è una storia che con nessuna ritrosione definisco semplicemente indefinibile.
credo che questo aggettivo l'abbia accompagnata fin dall'inizio, da quando avevo sei anni. Quando avevo sei anni incontrai la persona che più di tutte mi avrebbe sconvolto e cambiato la vita. Non lo dico tanto per dire, non è una frase fatta. In base ai suoi desideri, alle sue scelte, io ho impostato e regolato la mia vita. Ho sempre pensato di essere indipendente, ma a una analisi più nitida solo ora mi rendo conto che la mia indipendenza non era altro che un impressione. Tuttavia il solo fatto di voler dipendere così totalmente da una persona è qualcosa di così fermamente consapevole che non si può negare che in qualche modo io abbia comunque affermato la mia indipendenza.

A sei anni dicevo. Quando avevo sei anni una bambina dai capelli rossi, insieme a sua madre, che mia madre definiva con molta tranquillità "una che fotografava cazzi" si trasferirono nella villetta accanto a quella dove stavo io con la mia famiglia: io, i miei genitori e mio fratello Ewan. La madre in realtà non fotografava cazzi, o almeno non solo quelli: era una fotografa proffesionista che lavorava per vari giornali ma a volte faceva delle bellissime mostre fotografiche, in cui, lì sì, è vero, fotografava cazzi.
La prima volta che vedi la mia nuova vicina di casa me ne stavo al parchetto dell'isolato a giocare con la sabbia tutto solo perchè mio fratello era andato dal dentista. Ed ecco che mi si avvicina questa bambina con una coda di cavallo di un rosso quasi volgare e con dei grandi occhi verdi e mi chiede se si poteva mettere accanto a me a giocare con la sabbia. Mi chiese se si poteva mettere accanto a me a giocare con la sabbia

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   2 commenti     di: Valentina Orrù


Una lettera per te

Era una calda sera di maggio, l'unica luce presente nella mia stanza era l'illuminazione flebile dei lampioni sempre accesi sulla strada principale del paese e il chiarore della luna piena.
La sedia che scostai per sedermi comodamente vicino alla scrivania, fu l'unico rumore che echeggiò nell'ora tarda, mentre il resto della casa dormiva beatamente.
Aprii la finestra al mio fianco cercando le stelle offuscate dallo smog, per poi piegare la testa sulla lettera che non avrei mai spedito, iniziando a scrivere:

"È passata poco più di una settimana, da quando il nostro rapporto è degenerato.
Quando sei tornato ancora, siamo usciti nel solito locale, come nell'ultimo nostro periodo usavamo fare.
Tu hai preso la solita crépes alla nutella, dopo aver analizzato a lungo la lista, mentre io senza nemmeno aprirla, ho preso il mio classico calice di prosecco.
Quella sera sorridevo, voltavo lo sguardo distratta, finché terminate le nostre consumazioni, ho acceso una sigaretta che non volevi che fumassi.

Come ricatto, hai preso il mio telefono, contro il mio volere, guardando i miei messaggi.
Inizialmente ebbi la presunzione di non avere niente da nasconderti, ma in realtà già nascondevo qualcosa da tempo, qualcosa che non dovevi assolutamente sapere.
Sei il primo ragazzo di cui ho ammesso la mancanza e sai che sono sempre stata troppo orgogliosa anche solo per chiedere scusa e tornare da chi non c'era più, per quanto ci tenessi.
Con gli uomini sai bene da quando mi conosci, che non ho mai aspettato, e anzi ho sempre fatto aspettare, perché a volte sono fin troppo sicura di me.

Hai letto un messaggio dove parlavo di te, mentre ero arrabbiata e di conseguenza ti sei arrabbiato anche tu.
Non mi hai rivolto parola, hai premuto sull'accelleratore per portarmi a casa, ma non potevo lasciarti andare così.
Ho insistito per poterti parlare al parchetto dove ti ho baciato qualche mese prima, avevo dato la colpa al prosecco, ma era colpa mia.
Ho rifiutato i t

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   1 commenti     di: Ambra Valentina


Il legame

Un forte odore d’incenso impregnava l’aria e le cose.
Nella piccola stanza, dal braciere posto in un angolo si sollevavano sottili fili di fumo profumato che, fluttuando mollemente a mezz’aria, si dissolvevano disegnando ragnatele nella debole luce ambrata.
Penombra. Quella penombra che rende reali anche le cose meno materiali, così che tutto può apparire diverso da come realmente è; penombra che può diventare uno stato d’animo, tanto che allora anche gli odori possono prendere corpo e il toccarli sembra possibile.
La fragranza dell’incenso diventa una tenda che si scosta sull’immagine di altri e diversi odori: subito sotto, come un velo sottile, appare chiaro l’odore fresco della notte e delle sue brezze e, nel punto più profondo, si svela l’aroma degli olii profumati e delle essenze.
Piani diversi, diversi livelli. L’atmosfera appariva stratificata in un susseguirsi concentrico di odori, fino ad un nucleo centrale che dava valore agli altri e che sembrava esserne lo scopo.
Si riempiva le narici e il cervello degli odori che quella notte gli stava offrendo e senza volerlo li andava fermando dentro di sé. Non erano per lui odori nuovi, così come non erano nuovi ne’ la situazione, ne’ le carni che sotto di lui si agitavano.
Ogni volta che giaceva con quella donna veniva a tal punto preso dai sensi che si sentiva come estraniato dal proprio corpo; immerso com’era nella concentrazione di quegli attimi perdeva l’idea delle cose e si sentiva fluttuare, mosso dai venti irresistibili che agitavano a tempesta il suo intimo.
Ubriaco. Era come ubriaco di passione e, come gli ubriachi non sanno smettere di bere vino, lui non era capace di staccarsi dalla fonte del suo piacere e voleva berne avidamente, fino ad annegare.
Scivolava dentro di lei come in un fiume, ne riemergeva senza fiato, pronto a tuffarsi di nuovo per toccarne finalmente il fondo; ma per quanto in profondità si spingesse, il fondo appariva sempre un po’ oltre, di

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   5 commenti     di: enrico ziohenry


Quell' indimenticabile tramonto

Ricordo spesso quei momenti. Le lunghe passeggiate sul bagnasciuga, lei che mi stringeva forte la mano, come se la mia presenza accanto la rassicurasse, la proteggesse in qualche modo.
Ricordo che era un’estate torrida, i pochi momenti di frescura riguardavano soltanto i pomeriggi inoltrati. La spiaggia a quell’ora era meno gremita, la gente che solitamente affollava le mattinate se ne era andata, e persino la presenza dei bambini era diminuita.
Probabilmente i momenti migliori da trascorrere con maggior intimità con una persona cara al proprio fianco.
Ricordo le nostre chiacchierate, quando spesso lei accennava ad un litigio, causa l’incompatibilità di alcuni discorsi che facevamo. Ma questo succedeva di rado. In realtà io e Francesca eravamo due persone in perfetta sintonia. È bello chiacchierare con chi ti comprende, è stimolante: e su questo Francesca mostrava una sensibilità non indifferente, ma anche una forza d’animo eccezionale che compensava la sua apparente fragilità.
Oddio, come uno sciocco ne sto parlando al passato. È una cosa inconscia, non me ne accorgo neanche.
Ma dopo quello che ho visto ieri, è istintivo che io non ne parli in forma presente, che accumuli quei ricordi come se fossero legati ad un tempo così immensamente lontano, remoto.
Ieri mattina mi trovavo nei pressi dell’ufficio di Giovanni, il mio editore, a cui una settimana fa avevo consegnato il mio ultimo manoscritto: volevo sapere un suo commento al riguardo, così eravamo rimasti d’accordo. Il suo ufficio sta ad un palazzo al centro nei dintorni del Colosseo. Stavo quasi per citofonare quando d’ un tratto ho udito le grida assodanti di un gruppo di persone riunite all’ingresso di una Chiesa. Incuriosito mi sono avvicinato e ho notato alcuni ragazzi della mia età pressappoco che impugnavano grumoli di riso: gli sposi si preparavano ad uscire, ed infatti eccoli sorridenti e felici, immortalati da più di un flash, raggianti e fotogenici.
Lui mai vis

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