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Racconti di attualità

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Per qualche milione di euro in più

Il cellulare squillò e lo smilzo dopo aver letto l'autore della chiamata rispose: "Cosa c'è?"
- C'è un problema...
" Senti, Carolina, ti sembra questo il momento? Sto per ricevere un altro Premio. Cerca di non rovinarmi la
giornata. Che c'è?"
- Sai Teresa com'è: salta di qui, salta di là, ha saltato la virgola!
"Ma che cazzo stai dicendo? Vuoi essere licenziata, o essere confinata al Call Center?"
- No. Non sto scherzando. Teresa ha fatto un pasticcio. In questo momento ci sono migliaia di clienti con il conto in rosso che presto ci chiederanno danni da tutte le parti d'Italia.
Lo smilzo, detto Sorriso, famoso per i suoi sorrisi da Destra, quanto da Sinistra. Un sorriso camaleontico che gli aveva permesso di incrementare il suo buonumore e il volume del suo portafoglio.
"Umhh... qui ci vuole un'idea geniale. Dobbiamo inventarci qualcosa!"
- Dottore, potremmo dire che c'è stato un errore contabile. Chi ce lo potrà obiettare? Esiste un presuntuoso capace di affermare che l'uomo è una macchina incapace di sbagliare?
"No! Meglio dare la colpa all'avvicendamento tecnologico. Nessun errore umano. Ne usciremo alla grande senza tirare in ballo uffici, filiali, o divisioni. E soprattutto non faremo nomi."
- Diremo che c'è stato un abbassamento della linea sul nostro circuito, così non faremo il nome di Teresa!
"No, Carolina. Diremo una cosa che nessuno potrà capire e sulla quale non riceveremo domande. Diremo che il problema è stato causato da un alleggerimento della piattaforma."
- Ma che significa?
"Nulla! Ma nessun giornalista che ce lo chiederà, pur di non sembrare ignorante. Cerca di capire che non serve essere precisi nel raccontare i nostri errori. La realtà va plasmata secondo il nostro volere. Questa è l'unica, vera, "mission" che sta al di là e al di sopra di ogni nostro obiettivo."
- Ah! Dottore, devo comunicarle una buona notizia! I colleghi della sicurezza hanno identificato e acciuffato
con la Polizia Postale, i pirati che i

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   4 commenti     di: Fabio Mancini


Santa Claus

Babbo Natale, ovvero Santa Claus, ovvero San Nicola, è certamente il santo più amato e più atteso dai bambini di tutto il mondo. In questi giorni, anche se manca ancora un mese al suo fatidico giorno, la sua effige è dovunque, sui giornali alle tivù, nei manifesti, sui gadget, nelle icone di facebook, ecc. Per non parlare poi delle persone travestite da Babbo Natale, che già incontriamo per strada e nei negozi. Il Babbo Natale come lo vediamo noi, con l'aspetto da anziano signore bonario, sempre vestito in rosso e pericolosamente soprappeso, è una "ricostruzione" abbastanza recente e porta la data dell'inverno del 1931. Come l'attuale era un periodo di recessione e nell'America Settentrionale, per la precisione ad Atlanta, nella stanza dei bottoni di un palazzone di centoventi piani, lo stato maggiore della Coca-Cola s'interrogava su come rilanciare il consumo della mitica bevanda che anch'essa stava subendo gli effetti della recessione, per la prima volta dopo la sua nascita. La scelta su quello che noi oggi chiameremmo un creativo, cadde sul disegnatore americano Haddon Sundblom, di origini svedesi e noto come forte bevitore. A lui fu affidata la missione di creare una campagna pubblicitaria per rialzare le vendite che stavano cadendo in picchiata. Haddon Sundblom era un genio delle trovate pubblicitarie, e così si mise alla ricerca di un testimonial. La sua palese incoscienza, anche alcolica, lo portò ad una scelta quanto meno azzardata: niente meno che San Nicola, l'ex vescovo di Myra, vecchio di quasi mille anni che aveva la nomea di portar doni ai bambini. San Nicola era già stato messo in versi da Dante nel Purgatorio (XX 31-33) ed era noto agli storici perché le sue ossa furono trafugate dalla Turchia da un manipolo di marinai per poter offrire alla città di Bari un patrono che a lei mancava. La nomea di gran dispensatore di doni che l'accompagnava da sempre aveva anche colpito il Nord Europa ove il nostro San Nicola vestiva per l'occasione i pan

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La Stanza

La sua stanza è un piccolo mondo: asettica, chiara, logica. Non trapela il rigore dell'ambizione alla perfezione, ma non si avvicina nemmeno a ciò che è caos.
L'impressione più lampante e schiacciante che si prova ad entrarci, è quella di un ossessionato soggettivismo: ossessione che deriva da anni di incomunicabilità e di porte chiuse, di canali non ancora cosi radicati e immediati.
Adesso tutti possono entrare nella sua stanza, è possibile mostrarsi e va fatto tutto e subito; prova angoscia a pensare di passare un attimo in più senza manifestare quello che è al mondo.
La cosa che la fa soffrire di più è che gli altri possano vederla come una persona che non pensa, una persona che non ha interessi, che bada solo all'aspetto esteriore.
Così, per esorcizzare tutto questo, la stanza la espone totalmente: la descrive, svela ogni mistero. Ma essa è molto capiente e la gente non ha pazienza: da' uno sguardo, la curiosità dura un attimo. Così tutte le informazioni essenziali vanno compresse, vanno sintetizzate e rese accattivanti.
Ancora più importanti delle parole sono le immagini. A volte, a vedere fugacemente una persona, non è facile capire subito se è profonda, se è una con qualcosa da dire, se non è superficiale. La stanza ha anche questo compito: mostrare una serie di immagini che possano rendere giustizia ad un'anima così sofisticata. Sarebbe imperdonabile confonderla e catalogarla assieme a tutta la miriade di altre stanze -peraltro molto simili - che vogliono, a loro volta, mostrare agli altri l'intimità del proprio padrone: la sua è unica e irripetibile!
Infine, nell'insieme, è importante che la stanza faccia percepire una sensazione principale: quella che lei non è una persona che si concede facilmente. Non nel senso fisico - riguardo questo essa fornisce già svariate immagini e parole - quel che conta è la sua anima. Non vuole certo sembrare una che ha un concetto frivolo dell'amicizia e dei rapporti umani in genere. La s

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   7 commenti     di: Max Cherry


Venti Minuti Circa

Era un ricordo felice, quello che a volte affiorava nei pensieri di Lidia. Qualche albero a fare ombra sul prato mentre lei, assieme a suo fratello, alla madre ed ai nonni, usava fare scampagnate non molto distante da casa. Il cesto di vimini intrecciato era colmo di bevande fresche e pietanze. Avrebbe pensato, accendendosi l'ennesima sigaretta, seduta nella modesta cucina che dava di rimpetto la strada, che quelli erano altri tempi, un'Italia diversa, ma sebbene ciò fosse quasi scontato, oltre che un'evidente dato di fatto, il pensare, a poco a poco diventava sempre più pieno di rabbia, rancore ed odio, verso chi o cosa non le era chiaro, ma avvertiva il serpeggiare incombente di questi sentimenti e doveva ogni volta trovare la forza di disincantarsi trovando qualcosa di pratico da fare. Aldo sarebbe dovuto passare a prenderla di li ad una ventina di minuti. La casa era avvolta di una quiete, dovuta anche alle persiane chiuse per un assolato primo pomeriggio estivo, che non lasciava spazio ad altro in lei se non ad un resoconto finale, ad un domandarsi del perché, e voleva a tutti i costi sapere in che modo ne sarebbe venuta fuori questa volta. Mentre era concentrata a trovare una soluzione il caso non mancò di tratteggiare con linee del tutto inusuali, la china che si stava scrivendo. Infatti un'anta delle persiane della finestra del salotto, si aprì sotto la spinta del vento. Un vento di mare quello: salato, spumeggiante, che a volerlo catturare in un'orgia di vetro, avresti visto il mare stesso dimenarsi per uscirne, per essere di nuovo libero, senza spiagge a contenerlo, senza il fondo a sprofondarlo, un'anima furente e lucida pronta ad assalire tutto, sulla terra e nella mente. Si diresse verso la finestra, la aprì e ferma lì, rivolta verso la parte di mondo che le era possibile vedere e che le veniva concesso, si immobilizzò. Ora fra i tanti modi possibili per vedere un qualcosa o qualcuno, a lei inevitabilmente gli occhi scelsero voler fissare, quasi

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   0 commenti     di: Marco Di Meco


Il fascino della musica nell'evoluzione dell'uomo

bBorgo San Benedetto trovasi sulla cima di una collinetta, alla periferia di una grande città; una manciata di case basse; vicine una all’altra, erette su di un agevole pendio. la mia un po' discosta dalle altre.
A dire il vero non é una grande casa, ma per me e mia figlia Alina che l'abitiamo, è come fosse una reggia.
Essa é arredata con semplicità; la circonda un bel giardino con alberi da frutta e aiuole piene di fiori ed é qui che nelle calde serate estive usiamo riunirci con le amiche per fare quattro chiacchiere ed ascoltare musica.
Io ed Alina viviamo una vita semplice: ella é impiegata presso la succursale di una grande industria del nord Italia; esce di casa la mattina e rientra la sera ad ora di cena.
Io rimango sola tutto il giorno e non mi annoio affatto in quanto - oltre ad occuparmi del buon andamento della casa - mi prendo cura del giardino, vado al mercato a fare la spesa e, se il tempo me lo consente, mi dedico ai miei hobbies preferiti quali : la lettura, la pittura, i lavori con l'ago, ma, soprattutto ascolto musica : quella musica armoniosa che penetra nel cuore e che mi ha sempre fatto compagnia nei momenti più difficili o più lieti della vita.
Ma, purtroppo, un giorno, questo sereno scorrere della vita subisce un brusco cambiamento: Alina deve recarsi al più presto - per fare un corso di perfezionamento di tre mesi - presso la sede della società per la quale lavora e quindi ha solo il tempo per preparare le valigie.
A malincuore l'accompagno alla stazione il giorno dopo, seguo il treno con lo sguardo fino a quando rimpicciolito alla vista e lentamente mi avvio verso casa, amareggiata al solo pensare di dovere affrontare la prima notte di solitudine.
Sono cose da aspettarsi…mi chiedo!! Non devi cambiare le tue abitudini!!! , e, come tutte le sere, dopo aver preso uno dei miei libri preferiti ed inserito una cassetta di Beethoven nel mio mangianastri, mi adagio sul letto e mi addormento profondamente...
È l

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Facebook come Infinite Jest

Mentre tutti parlano di furto e abuso di dati e dei possibili attacchi alle nostre fragili e traballanti democrazie, credo in realtà che il vero pericolo rappresentato da fb sia che alla lunga possa diventare come Infinite Jest, il film annichilente e mortifero che semina piacere e nello stesso tempo terrore e vittime nel romanzo di D. H. Wallace.
Anche qui, la dipendenza è Il grande tema che percorre tutte le pagine del romanzo. Dalle droghe dichiarate a quelle occulte come l'intrattenimento di massa, nelle sue varie forme (mass-media, advertising e show-business).
Il film Infinite Jest, che dà il titolo al romanzo, ben sintetizza la propensione dell'americano medio e oggi - in questo mondo sempre più globalizzato - di tutti gli uomini, di massimizzare il piacere immediato e minimizzare la sofferenza, la tristezza, la disperazione, l'alienazione e la solitudine.
Insomma Infinite Jest rappresenta una sorta di intrattenimento perfetto e, insieme, di subdola consolazione letale.
Purtroppo D. H. Wallace ha deciso di lasciarci prima che il nuovo mostro prendesse forma. Forse non aveva fatto in tempo a prevedere il grande pericolo dei social. In ogni caso, è difficile non cogliere nel suo romanzo, soprattutto alla luce dei recenti avvenimenti, una forte relazione, più che con The Truman Show, come ho di recente scritto, con la ( per molti versi mostruosa ) creatura di Zuckerberg.
Tenetelo a mente, perché avremo presto modo di riparlarne.



Dona Flor e i suoi due mariti

Fortunata, donna Flores che, con i suoi due mariti, realizza l'amore perfetto.
Vadihno, dissoluto e passionale, crudele e tenero, traditore e fedele, giocatore d'azzardo che ama la vita e gioca con la morte, tiene Flores legata a sé oltre la vita: è la sua ossessione e il suo tormento. Soltanto il rito magico del condomblé può liberare Flores da Vadihno che si dissolve tra le lacrime come nebbia, consegnando Flores alla normalità di un marito fedele e protettivo, amante onesto senza tanti slanci passionali
Ma il turbine di passione lasciato in eredità da Vadihno lascia Flores finalmente appagata nel corpo e nello spirito tanto che può finalmente passeggiare per le vie della sua città con tutto il decoro economico e sociale della moglie del farmacista.
Tutto il romanzo è un fuoco d'artificio: feste, balli, tavoli da gioco dove si avvicendano giocatori ricchi e poveri. Riti magici, passione e tenerezza, crudeltà e
dolcezza, squallore e grandezza, meschinità ed "eroismo", la forza della vita, la tristezza della morte.
Con questo romanzo J. Amado ha dato, forse, la rappresentazione più vera
dell'"animus" dell'America Latina.




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