Il web pullula di siti, dove aspiranti scrittori si ritrovano per pubblicare poesie e racconti, discutere di ciò che è stato pubblicato, criticare e scambiarsi consigli. Dopo un po' di tempo su questi siti uno zoccolo duro prende forma, composto da utenti assidui che si coalizzano tra loro, trasformando il luogo virtuale in una cagnara ideale privata, dove la qualità dei rapporti è di tipo clientelare: io do a te e tu restituisci a me. In questo modo di porsi piano piano viene a formarsi una famiglia che ricorda i legami mafiosi, dove scrittoruncoli intessono la loro trama, col fine di avere successo e fama nel mondo editoriale. Chi entrasse nel sito, criticando la qualità degli scritti pubblicati, si troverebbe di fronte a una cagnara che non è interessata a ciò che si scrive, ma soltanto a fare e a ricevere applausi, e a organizzarsi per difendere i propri diritti e il proprio prestigio di scrittori che sono a un passo dal sul cesso.
C'è chi lo definisce eroe e c'è chi lo definisce cretino. Anatoly era il migliore degli italiani. Non un eroe, ma semplicemente un vero uomo la cui statura morale svetta sul tappeto di omertà, viltà e pochezza sul quale dormicchiano gli italiani e, nello specifico, i napoletani. Finché ci saranno italiani come Anatoly, ci sarà speranza per l'Italia. Se poi questi italiani avranno ancora la sventura di fermarsi nel napoletano, ci sarà speranza persino per una regione incancrenita e incarognita come la Campania.
" Cosa hai mangiato oggi? Perché stai piangendo? Ti ci mandano a scuola?"
Volevano sapere troppo quei vecchi, ma poi in giro se ne videro sempre di meno.
Non mi domandavo, mai, che fine avessero fatto.
Anche i nonni erano andati a farsi benedire e pace all'anima loro.
Ogni schiaffo ed ogni sopruso ricaricavano la batteria del rancore.
Calmo e tranquillo, osservavo, studiandolo, il tempo che passa.
L'infanzia e l'adolescenza, come il buon Dio volle, se ne andarono, impiegando un sacco di tempo.
Eccola la nuova ondata di vecchi, erano quelli che giuravano e sacramentavano sui sacrifici fatti, per regalarci un mondo migliore. Ne avremmo fatto volentieri a meno.
Il tempo, che è galantuomo, con una discreta sveltezza, ci liberò anche dalla loro presenza. Finalmente un mondo a misura d'uomo. In giro, solo ragazzi della nostra età.
Peccato che ci si ritrovi sull'ultimo sentiero degli elefanti.
Era una splendida giornata! La primavera aveva tinto la campagna piemontese di verde brillante e alberi in fiore. L'aria era leggera e profumata. Decisi di non prendere l'auto, pochi chilometri a piedi per godermi il paesaggio. Ma camminando sul bordo della strada, ebbi una spiacevole sorpresa; uno SPREGIO! Espresso in bottiglie di plastica, lattine, sacchetti, pannolini da neonato, scarpe, preservativi, siringhe, ecc.. ecc.. Ora, quella strada e' percorsa quotidianamente da "gente comune" ; lavoratori, operai e professionisti, casalinghe, famiglie. Si recano in fabbrica, in ufficio, al centro commerciale, al cinema, in pizzeria, in discoteca ecc.. ecc.. Mi chiedo: come possiamo sperare che il nostro paese, la nostra bella Italia, continui ad essere il giardino del mondo? Come possiamo dare senso al valore di questo giorno, primo maggio, in cui si commemora il sacrificio compiuto da uomini che hanno dato la vita per i diritti valsi a migliorare la condizione sociale dei lavoratori? Che se ne fa l'Italiano di tutto questo? Lo lancia dal finestrino.
( piccolo ritaglio dell'Italia e degli Italiani)
Con la fronte sudata Gianni guardò l'orologio. Erano le 4, notte profonda, una notte che non voleva passare, per lui era una notte in preda agli incubi.
Era uno di quei sogni simili ai racconti swiftiani, ambientati in realtà diverse, lontane dalla sua, mondi che parevano inimmaginabili, impossibili, ma per nulla invidiabili. Non per uno come Gianni almeno. Sembrava gente felice, libera, contenta. Sì, perché basta poco per essere liberi, basta un lavoro. Proprio questo concetto ricordava un'insegna al centro di una grande piazza, probabilmente la principale. E di lavori ce n'erano veramente tanti, insegnanti, medici, giudici, agricoltori. Non c'erano politici, se non la figura del capo e qualche consigliere, ma al loro posto c'erano tanti impieghi utili per la società come il conta pietre, il ventilatore oppure il costruttore di castelli di sabbia. E tutti erano liberi, tranne gli anziani, i bambini, qualche malato e i detenuti. Veniva ripetuto: "Bisogna solo lavorare per essere liberi", ma loro facevano di testa loro, la sera qualche volta si mettevano a pensare. Ecco perché non erano più liberi!
Si chiamava Wonderland la città e gli abitanti avevano delle curiose abitudini. La mattina si alzavano presto per andare a lavorare e poi la sera si affrettavano a tornare a casa. Ogni giorno in televisione, oltre ai telegiornali, trasmettevano La Lotteria della Fortuna, un programma in cui venivano estratti due cittadini che vincevano una fetta di pane. Se venivi scelto dovevi considerarti fortunato, il governo si era ricordato di te, ti aveva finalmente premiato. E dovevi anche andare a ritirare il premio, per la non riconoscenza della gratitudine erano previsti due mesi di reclusione, uno per ogni fetta. E si diceva che se un giorno ti dimenticavi di vedere la trasmissione come per punizione veniva estratto il tuo nome. L'estrazione iniziava ad un orario variabile, spiegavano che la fortuna doveva essere sempre attesa. Solitamente la prima estrazione avveniv
Non sono bianco, non sono nero, non ho i capelli biondi e non parlo il dialetto dei monti dell'Afghanistan.
Sono un uomo. Semplicemente un uomo.
Eppure questo mio stato d'essere viene messo in dubbio in più di un'occasione. Durante la firma di un contratto di lavoro. Prima dell'ultima partita del campionato. Dopo le elezioni per le regionali di turno. Vengo etichettato in vari modi, estremista, drogato, fascista, comunista, extracomunitario, idealista, patriottico, alieno, nero, bianco, nè caldo nè pesce, mammone, cattolico, ateo, musulmano, e fanculo all'antropologo di turno.
Sono un uomo. Potrei essere una donna, ma sono un uomo. Ho 23 anni. Studio, ogni tanto lavoro, gioco - a qualsiasi cosa - mi diverto, mi innamoro. Già. Mi innamoro. Sono un uomo.
Oltre ad essere un uomo sono un ragazzo. No, non è gerarchia. È dato di fatto. E osservo. Cazzo se osservo. Osservo e vedo.
Cosa vedo?
Guerre, battaglie, odio, indifferenza e tutto ciò che ne concerne. Ma non voglio sembrare il solito pessimista cronico con difetto genetico, no. Perchè io certe volte vedo l'amore. Io alcune volte vedo che le persone non cambiano. Semplicemente crescono.
Sono dell'idea che un uomo, una donna, cresca durante tutta la vita, senza mai cambiare veramente.
L'amore è una cosa strana. Ci hanno scritto milioni di poesie, racconti e canzoni. Ognuno di noi ha un proprio modo di definire l'amore.
L'amore è avere coraggio. L'amore è non scendere a compromessi, ma ammettere di avere torto e avere ragione. L'amore è essere egoisti, specchiando la propria vanità nell'altro. L'amore è darsi completamente all'altro. Paradosso? Sì. Ma per l'amore vale. L'amore è non rinnegare se stessi per inchinarsi all'altro. L'amore è rendersi conto di volere l'altro nonostante gli ostacoli. L'amore è avere il cuore in erezione. Oppure il cuore bagnato.
Mai rinunciarsi. Solo sacrificarsi, ma mai troppo.
È un maledetto e arrapante gioco di equilibrio.
Voglio f
Non ho mai visto un'arma che uccide senza un pazzo dietro a premere il grilletto, ho visto invece pazzi trasformare in armi anche gli oggetti più innocui. Il deficiente che ha uccisi i bambini nella scuola americana soffriva di "disordini della personalità". Andremo avanti così all'infinito?????
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