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Racconti di attualità

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È tutto nelle nostre mani

Aspettiamo tutti qualcosa, un momento, un incontro, la fine della giornata, alla cassa, in banca, aspettiamo perfino la paga. E restiamo passivi, magari con qualche pensiero, ma troppo poco, il cervello resta spento e non passiamo all'azione e ci riempiamo di sogni, progetti che non verranno mai applicati, e questo ci basta, finalmente viviamo, pensiamo, ci costruiamo un futuro, un piano che non si esaurisce all'istante ma ha un seguito, un dopo, una continuazione dopo l'inutile presente. E così è felice la gente, i piani la fanno sentire intraprendente, e così ringraziano i potenti, neutralizzando le volontà riescono a comandare più facilmente e si crea un lamento diffuso, questa città, questo mondo è troppo alienato e si stabilisce una dittatura dell'accontentarsi, discolpandosi, ripetendo che poteva andare peggio. Solo parole, pensieri, mai azione. Solo apparenze, illusioni, si tratta di persone morte. Per tornare in vita bisogna essere operativi, sempre in movimento, pensanti, essere dei giudici imparziali e parlare, ascoltare, dimostrare, fare, fermarsi a pensare, certo, ma poi applicare con un maggiore slancio vitale. La passività uccide, fermarsi è come morire, guardare il cielo è sognare, le stelle vanno catturate, i pensieri necessitano di diventare reali, con mano si devono toccare, e il mondo, popolato da tutte queste volontà personali, non potrà che cambiare.
È tutto nelle nostre mani.

   0 commenti     di: vasily biserov


Le piccole iniziative salveranno il mondo

Non può esistere una visione globale.
La cultura è il frutto dell'interazione dell'uomo con un luogo preciso della terra. La cultura non è unificabile e non è esportabile, altrimenti non sarebbe cultura.
Dopo seimila anni di storia dai faraoni ai giorni nostri dovremmo iniziare a capire che un ordine mondiale unico non è praticabile. Il rischio è che spesso accettiamo in modo acritico le regole dettate dai grandi poteri finanziari. Le economie emergenti (io le chiamerei emergenti schiavitù) fanno del male a tutti e al mondo. Sono le diversità che ci uniscono. Nell'attuale cultura occidentale dove il denaro è divenuto un despota assoluto, ogni cosa fatta anche con le migliori intenzioni viene inquinata. Mi è rimasta la fiducia nelle piccole iniziative e nella loro energia contagiosa.

   7 commenti     di: rea pasquale


Corsa senza fine(ennesimo caso di femminicidio)

Adoro correre. Mi dà la sensazione di volare. Approfitto della pausa
a metà giornata per farlo.
Cerco di non andare sola, c'è un collega che lo fa con me.
Oggi se n'è andato avanti, ha visto che arrancavo e non voleva perdere il ritmo.
Non lo vedo più , sarà dopo la curva.
Meglio che mi muova se voglio raggiungerlo.
Con questa luce e questo sole non corro pericolo, anche se gli alberi mi opprimono un po'.
C' è qualcuno lì , dietro la siepe, mi insegue e corre più forte di me.
È arrivato, mi sta strattonando, ma che vuole?
Ho frequentato il corso di autodifesa personale e voglio reagire.
Non me ne starò ferma e indifesa.
Ma cosa tiene in mano quello? Gli ho dato due cazzotti, ma non sono serviti a nulla. Mi ricordo il monito del maestro: "Se vieni aggredita, la prima cosa è fuggire." E invece io mi sono difesa... cos'è quella cosa che luccica tra le sue mani? Fa male, tanto male e non riesco più a muovermi, e' la fine della mia corsa.
Ora sono in un altro mondo, in un'altra dimensione e lo vedo, quello sprovveduto animale che mi ha colpito.
Perché, gli vorrei chiedere, perché non sono stata libera di fare quello che amavo di più?
Io volevo solo essere libera di correre.



Pensandoci meglio

Con la fronte sudata Gianni guardò l'orologio. Erano le 4, notte profonda, una notte che non voleva passare, per lui era una notte in preda agli incubi.
Era uno di quei sogni simili ai racconti swiftiani, ambientati in realtà diverse, lontane dalla sua, mondi che parevano inimmaginabili, impossibili, ma per nulla invidiabili. Non per uno come Gianni almeno. Sembrava gente felice, libera, contenta. Sì, perché basta poco per essere liberi, basta un lavoro. Proprio questo concetto ricordava un'insegna al centro di una grande piazza, probabilmente la principale. E di lavori ce n'erano veramente tanti, insegnanti, medici, giudici, agricoltori. Non c'erano politici, se non la figura del capo e qualche consigliere, ma al loro posto c'erano tanti impieghi utili per la società come il conta pietre, il ventilatore oppure il costruttore di castelli di sabbia. E tutti erano liberi, tranne gli anziani, i bambini, qualche malato e i detenuti. Veniva ripetuto: "Bisogna solo lavorare per essere liberi", ma loro facevano di testa loro, la sera qualche volta si mettevano a pensare. Ecco perché non erano più liberi!
Si chiamava Wonderland la città e gli abitanti avevano delle curiose abitudini. La mattina si alzavano presto per andare a lavorare e poi la sera si affrettavano a tornare a casa. Ogni giorno in televisione, oltre ai telegiornali, trasmettevano La Lotteria della Fortuna, un programma in cui venivano estratti due cittadini che vincevano una fetta di pane. Se venivi scelto dovevi considerarti fortunato, il governo si era ricordato di te, ti aveva finalmente premiato. E dovevi anche andare a ritirare il premio, per la non riconoscenza della gratitudine erano previsti due mesi di reclusione, uno per ogni fetta. E si diceva che se un giorno ti dimenticavi di vedere la trasmissione come per punizione veniva estratto il tuo nome. L'estrazione iniziava ad un orario variabile, spiegavano che la fortuna doveva essere sempre attesa. Solitamente la prima estrazione avveniv

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   1 commenti     di: vasily biserov


Settembre

SETTEMBRE
È un settembre decisamente caldo; ho puntato la sveglia alle 7. 30 in modo da svegliarmi per tempo, devo portare mia nipote a scuola, ma faccio fatica a svegliarmi, tengo gli occhi chiusi anche mentre sono già in piedi e mi dirigo verso il lavello, giusto per darmi una sciacquata alla faccia.
Sono già di pessimo umore, ma mi trattengo, il mio personalissimo fioretto laico è: non bestemmiare di primo mattino almeno per tre giorni.
Provo a farmi la barba, ci riesco, nonostante due taglietti sul mento che proprio non sono riuscito a risparmiarmi. Amen.
Rovisto nei cassetti: calze, biancheria pulita, pantaloni e una camicia di tintoria. Non mi sembra vero ma sto per rendermi presentabile agli occhi del mondo, sto per uscire di casa compunto, ad un orario decente, sto per mettermi in macchina come un qualunque lavoratore padre di famiglia che si reca a guadagnarsi la giornata. Per colazione ingollo una merendina confezionata, mi è più che sufficiente, e poi non voglio fare tardi.
Uno sguardo allo specchio: pallido, un poco smagrito, vestito meglio del solito ma sono io. Mi lego i capelli in un modesto codino con un sottile nastro nero ed esco. Ho lanciato uno sguardo malinconico all’appartamento traboccante di malinconia e disordine, ma al diavolo penso, non devo indugiare, devo far credere di essere un bravo zio.
Esco di casa ancora avvolto dagli effluvi di dopobarba e monto in macchina; la radio non mi piace, l’ho sempre detestata, preferisco un cd con la mia hit del momento. Perché la radio? Per sentire le canzoni che non mi piacciono? O qualche dj saccente che si crede un gradino sotto Dio e invece è solo un bischero? No no. Meglio un cd come si deve.
Mia sorella è una brava ragazza madre, più giovane di me di sette anni, un matrimonio fallito alle spalle, un ex marito violento e una figlia, Veronica, mia nipote. Oggi è il suo primo giorno alle superiori ma la madre non può accompagnarla, impegni di lavoro, o così mi sembra di aver i

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Autori si nasce

Mister Giorgi, mostro sacro della finanza mondiale, non sapeva vivere.
Rigido e severo anche con sé stesso, nulla concedeva alla piazza.
Mai uno slancio o una carezza, mai un interesse o un sorriso.
Mariella, la sua segretaria di fiducia, lo adorava e sognava.
Incrinare la corazza di quello scafandro... era follia pura.


"Signorina, è pronta la relazione sull'attività poetica dei siti letterari?"
"È stata completata, signore, possiamo, se lo desidera, anche esaminarla."
"Benissimo, e a che punto siamo con l'analisi della narrativa virtuale?"
"Signore, il lavoro è stato completato."
"Meraviglioso... convochi il Direttivo per le sedici e quaranta di oggi."
"Sarà fatto, signore."
"O. d. G: Vendita prodotti culturali della G. Editing alla New Bola di Pechino."
"Signore, mi permetta di dire che le sue intuizioni sono sempre geniali."
"Grazie, lei è troppo buona con me."
Un momento di magia che svanì, subito, nell'aria ovattata.

La "Giorgi Editing" aveva passato al setaccio tutta la produzione
culturale, che stazionava nei diversi Siti della letteratura virtuale.
Ne aveva estrapolato concetti, poesia, riflessioni e stati d'animo,
plasmandoli in mini slogans molto efficaci.
Un po' come i bigliettini dei baci perugina, la "Bola and Chips
di Pechino" intendeva utilizzarli, coniugandoli alle sue attività produttive.

Miliardi di confezioni di bibite frizzanti e patatine non erano uno scherzo.
E non era uno scherzo, nemmeno, il miliardo di dollari,
che la "Giorgi E. realizzava come profitto.
"Signore, nella sede di Milano, ci sono le Fiamme Gialle."
"Bene, ordino che venga data la massima collaborazione."
"Signore... rischiamo una multa di quaranta milioni di euro."
"Signorina, daremo disposizione alla Union Credit di pagare
la multa, non voglio contenziosi con gli Stati, figuriamoci
con quello italiano."
"Signore... è l'ora che volge al desio".
"Grazie per avermelo ricordato, andiamo ad intenerirci il cuore."

Mister Giorgi av

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   14 commenti     di: oissela


Free-lance

Lisa studiava con una lena sorprendente, voleva diventare giornalista, non sapeva ancora di preciso le sue notizie di cosa avrebbero trattato ma sapeva in quale mondo voleva entrare, non le interessavano i rotocalchi, le sembravano letture superficiali, lei voleva raccontare di fatti veri, di storie di tutti i giorni, si, sarebbe diventata cronista e intanto si preparava studiando a più non posso.
Finalmente la sua tesi era finita, tra meno di un mese avrebbe dato il suo esame, ormai mangiava studiando, sempre un libro in mano, si addormentava con la luce accesa e immancabilmente l'ennesimo libro le scivolava dalle mani.
E venne il giorno dell'esame, era emozionata, aveva paura ma doveva dare il meglio di se stessa, da quel giorno in poi sarebbe stata l'artefice concreta della sua vita. e si laureò con 108, quei due punti e la lode mancante la demoralizzarono un poco, ma poi pensò in fin dei conti era pur sempre una buona valutazione, doveva lasciare il giornalino dell'università, ora doveva fare le cose per bene, doveva incominciare ad essere e a ragionare da giornalista.
Fece vari colloqui, ma non conosceva nessuno, non poteva contare su nessuna raccomandazione, c'era sempre qualcuno più conosciuto di lei, una soluzione doveva trovare e così decise di fare la free-lance, avrebbe scritto un articolo e lo avrebbe venduto al miglior offerente. Pensava così di potersi fare un nome, poi di sicuro le testate giornalistiche avrebbero fatto a gare per averla tra i loro dipendenti, si, doveva farsi prima un nome, doveva farsi conoscere.
E quella sera, nella sua stanzetta pensava a quale tipo di articolo poteva scrivere, ci rifletteva su, Di droga? Di prostituzione? Di usura? Di camorra? Era tutto così maledettamente difficile. E poi decise
Avrebbe raccontato del caporalato, ne sapeva già qualcosa, un suo conoscente faceva di questi loschi affari, ma non poteva raccontare delle sue amicizie, si doveva inserire in quel mondo, pensò di sfruttare quel non

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   5 commenti     di: bruna lanza



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