username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti autobiografici

Pagine: 1234... ultimatutte

Una prova d'amicizia

Nel corso della 2ª guerra mondiale fui appoggiato come sussistenza a un comando tedesco (Ortskommandantur) del presidio del ponte sul Dnjeper. In questo periodo avevo il compito di fermare quei soldati italiani che dal fronte marciavano in direzione ovest. I soldati erano completamente malridotti e provati. Io ero incaricato principalmente di accogliere i soldati che ripiegavano e di avviarli a un comando di raccolta italiano. Lì sarebbero stati identificati, rifocillati e assistiti nella maniera migliore. Spesso la popolazione della zona protestava presso il comando tedesco perché i soldati italiani provocavano dei danni strappando le recinzioni di legno delle isbe per cuocere i pasti oppure "visitando" qualche pollaio della zona per migliorare il rancio, come generalmente avveniva in simili circostanze. Il mio compito era anche quello di raccogliere le proteste e di intervenire. Quando la mattina arrivavo sul posto, il ponte era quasi deserto. Il fiume era gelato e nel suo biancore mi appariva immenso. Spesse volte vedevo dei carretti tirati da ucraini che lo attraversavano. Ciò mi dava un certo brivido, non avendo idea di uno spettacolo del genere. Il corso d'acqua si allargava nella parte orientale circondata dai palazzi della città di Dnjepropetrovsk. Gli edifici del lungo fiume, osservati da lontano, mi apparivano piccoli. 
Nel muto risveglio della giornata, quando il ponte si rianimava, quell'enorme distesa bianca di neve sembrava contenere una minaccia sconosciuta e mi dava una sensazione di paura e di imminente catastrofe. A mezzogiorno, mi dovevo trovare puntuale al comando tedesco dov'ero provvisoriamente in forza per prendere parte alla mensa insieme ad altri due ufficiali tedeschi, un capitano ed un tenente, entrambi anziani. La mensa era sistemata in un'ampia stanza vicino alla cucina ed era curata, se ben ricordo, da due donne ucraine. Quando noi ufficiali ci incontravamo là, non parlavamo del traffico del ponte e delle cose di servizio,

[continua a leggere...]



Fantasie biografiche (4a parte)

Proprio nell'RNA (A-adenina, C-itosina, G-uanina, U-racile) messaggero è trascritto il messaggio divino (A-more, C-oscienza, G-enoma, U-niversale) che io ho riciclato dal DNA spazzatura agli albori di questa nuova era spirituale, allorquando i neurotrasmettitori chimici (serotonina, noradrenalina, GABA) cederanno il passo ai mediatori sentimentali (pietà, carità, bontà) con l'altruismo dell'intelletto (dono spirituale) a sopravanzare l'egoismo della propria ragione (surrogato materiale) in modo che anche il nostro profondo io avrà finalmente pace:

IL CONFLITTO DELL'ANIMA

Che grande caos
in questa mia povera testa
quando mi ritrovo solo,
è un continuo vociferar
con vero botta e risposta
tra mente e coscienza,
prigioniere dell'anima nel mio profondo.
Se questo baccano succede di notte,
perché anche nel sonno
non mi dan pace,
mi costringono a buttarmi giù dal letto
per ascoltar le loro assurde ragioni:
smettetela una buona volta e
la notte almeno fatemi riposar.
Da una vita faccio il medico
solo per grande amore,
pensate un po' che cattiveria...
non sopportavo più mia madre
per troppi lamenti e di contro
mio padre, semplicemente con serenità
soffrendo, con la sua dipartita
mi pervase d'amor tutto il profondo...

Questa certezza l'ho acquisita dopo esser passato indenne dal buio dell'encefalopatia epatica materna con il suo gradiente di oscurità tra segni e segnali:

Stadio 1- giornata cupa - confusione (segno) - irritabilità (segnale)
Stadio 2- giornata plumbea - sonnolenza/torpore (segno) - flapping tremor (segnale)
Stadio 3- giornata buia - sonno/sopore (segno) - disorientamento temporo/spaziale (segnale)
Stadio 4- giornata nera - coma (segno) - mancata risposta a stimoli dolorosi (segnale)

alla lucidità mentale con il suo gradiente di luminosità (o scala dei fantasmi) sulla scala cognitiva:

Grado 1- grigiore del cogito (il corpo è il fantasma della materia)
Grado 2- splendore della ragione (lo spirito è il

[continua a leggere...]



La camicia di mia madre

Come un archeologo davanti alla scoperta della sua vita, sfilare dalla cruccia è un atto meticoloso. La seta è ancora morbidissima, scivola tra le dita e il vento dalla finestra la gonfia e la accarezza. Profuma dei suoi 30 anni, profuma di lavanda e naftalina. Il suo colore è perfetto, oggi. È il suo ricordo di oriente, è la sua passione per la comodità: ampia, leggera. Indossarla o non indossarla fa lo stesso, appena un velo sulla pelle, nulla più. Sciolgo i capelli, troppo corti per ricadere sul color salmone. Ripenso alle foto di mia madre, una è nel telefono di mio papà. Giovane e bella. E poi le trecce: che chioma! Che tutt'ora si compiace quando le dicono di avere i "capelli color del grano"! Non c'è vanto nel suo vestirsi, è sempre in secondo piano. C'è un sorriso, quello che ho ereditato. E c'è lo sguardo come in perenne ricerca, assorto. Tutto quello che vede, magari non le basta, non le è mai bastato. Saremmo, quindi, più simili di quanto io abbia mai pensato. Finora ho camminato cercando di discostarmi il più possibile dalla sua strada, fino quasi a rinnegarla, a chiedermi cosa c'entrassi io con questa donna così opaca, opalescente, troppo incisiva, poco espansiva. Non mi sono mai accostata a lei, temevo di essere rifiutata dalla sua intimità, dai suoi pensieri sempre così distanti dai miei.

Ricordo due momenti nei quali ho visto spezzarsi la sua interezza, la sua intransigenza. Il Natale dei miei 6 anni, dopo una spifferata di mio cugino, scoprii prima del tempo il regalo che mi avevano fatto: il mio primo computer. Entrai in camera dei miei raggiante e annunciai a entrambi la mia scoperta. Mia madre rimase seduta sul letto, ancora in camicia da notte. Non proferì parola. Mio padre mi disse: "brava!" ma con un distacco e una freddezza eccessivi. Tipico. Ma mia madre no, non aveva avuto una reazione tipica. Uscita di camera la sentii piangere. Non avevo dato loro il tempo di prepararmi la caccia al tesoro, li avevo bruciati sul tem

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: Silvia Zordan


Gigi a Venezia Convegno Scuola Librai cap 4

Quarto capitolo: compleanno di Papero

Papero è uno dei tanti nomignoli che ho affibbiato a mio figlio, oggi 23 è il suo compleanno, gli manderò un messaggino e poi lo chiamerò stasera, è la prima volta che sono lontano di casa proprio oggi, un giorno importante, e Papero lo sa, ti voglio bene, figlio mio! Ieri sera
siamo andato nella locanda “da Ignazio”, con dei motoscafi taxi, piccoli traballanti e secondo me oltremodo pericolosi, tant’è che al ritorno ho preferito farmela a piedi, il menù era splendido, al mio tavolo c’era il signor Ulrico Hoepli, la sua insostituibile vice presidente, due professori della Cà Foscarina, fra cui il prof Vescovi, al quale, per la sua innata e spontanea allegria, ironia, giocosità, ho detto: Prof, confessi lei ha sangue napoletano nelle vene, “peggio ancora” mi ha risposto ridendo, “ce l’ho calabrese!”, poi c’era l’amministratore delegato della Einaudi, il nostro “padrone di casa” per quella cena, insomma il gotha dell’editoria e della cultura italiana… e, cosa veramente sorprendente, e per me, assai gratificante, tutti loro adorano la mia città, tutti ci sono stati, e tutti conoscono il gruppo Guida nel quale lavoro da 30 anni; molti di loro hanno conosciuto il mio primo maestro “don Rafele Guida” e tutti conoscono l’attuale boss della famiglia “don Mario” e tutti, assolutamente tutti si sono raccomandati che portassi i loro saluti e la loro stima al mio capo!
Intorno alla mezzanotte, con un cielo finalmente stellato, ma con un freddo polare, ce la siamo fatta a piedi, un gruppetto di una ventina di veterani del libro, chiacchierando, scherzando, ammirando quei palazzi incantevoli, ci siamo fermati ai cancelli della restaurata università, deliziosamente ed elegantemente illuminata anche a notte fonda, ci siamo fermati intimiditi, dinanzi la casa di Goldoni, abbiamo guardato e ammirato i tetti di molte case con le terrazze “prendisole” rigorosamente in legno antico.

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: luigi deluca


2 dicembre

.. ci si abitua a tutto. e l'abitudine precede l'assuefazione. l'assuefazione precede la dipendenza.
la dipendenza precede l'obbedienza. l'obbedienza il rispetto. il rispetto la devozione. la devozione l'attaccamento.
l'attaccamento precede la venerazione. la venerazione l'ammirazione.
l'ammirazione precede l'incanto. l'incanto il fervore. il fervore precede la passione. la passione precede l'amore.
.. lo ammetto. credo di amarla. la pioggia. ipotassi totale alla sua volontà...



Dal sogno del 2000 all'agosto 2005

Sono nato il 18 ottobre 1951 ed alla data del sogno fatto la notte del 14 novembre 2000 avevo 49 anni; sogni ne ho fatto a migliaia, stando almeno a quelli che ho avuto modo di ricordarmi; perché pare che la maggior parte restino immersi nel buio della stessa notte.
Non avevo mai avuto modo di percepire trasformazioni a causa di un sogno e soprattutto, devo dire che non credevo in simili derivazioni. Non ho mai sentito testimonianze dirette in merito a queste problematiche e se mi fosse capitato avrei sicuramente contrastato tali argomentazioni, proprio perché non credevo in simili ambiti. All'età di quarantanove anni credo la stragrande maggioranza degli esseri umani abbia già avuto modo di capire profondamente la vita o perlomeno esserne in grado di discernere il normale dall'anomalo.
Sono quindi confuso e incredulo e mi domando: come può un sogno cambiare radicalmente la vita di una persona? Cosa si nasconde all'interno della manifestazione sognante di tanto importante per imporsi in modo così perentorio e diretto sull'individuo che lo effettua?
La nuova condizione mi impone perciò di dover comunicare all'esterno la particolare manifestazione e lo devo raccontare in considerazione dello "sconvolgente?!" imporsi derivato appunto dal sogno.
Il fatto che l'argomento del sogno fosse direttamente collegato con lo spazio, la luce e la mia persona, anche gli argomenti sui quali si concentrarono le attenzioni nella ricerca per la comprensione dello stesso hanno quindi inizialmente interessato la scienza in generale tipo: astronomia, fisica, chimica, meteorologia e scienze della terra.
Dall'indomani ho infatti cominciato a leggere scorrevolmente una infinità di dati contenuti nei dodici, quindici testi mensili, rispetto ai soli tre o quattro annuali letti precedentemente, e non a tema scientifico.
La condizione era agevolata dal tipo di impiego che occupo dall'inizio dell'anno duemila il quale mi permetteva, e permette, di poter restare da solo

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Antonio Balia


Ho imparato

Ero...
Anzi!
Ancora non "ero", se "essere" significa vivere dei propri mezzi.
In ogni caso... "ero" soltanto da qualche giorno. E già avevo imparato.
Avevo "dovuto" imparare!
Poco, ma quel poco era già di vitale importanza per la mia esistenza futura: avevo imparato a nuotare nel liquido amniotico della pancia di mamma. E lì dentro ero protetto. Da tutto. Da tutti.
Mi godevo quell'ondeggiare nel "mio" mare, sereno ed in pace con il mondo.
Che poi, il "mio" Mondo era tutto lì! Era veramente piccolo... diciamo... "30 cm. quadrati?" Fantastico! Un Mondo di 30 cm quadrati e tutto MIO! Per me il mondo era quello. Era naturale che pensassi, quindi, di conoscere "il mondo". Era ancora naturale che io pensassi che quello sarebbe stato il mondo che mi avrebbe accompagnato per sempre.
Era trascorso solo poco tempo quando mi accorsi che il mio mondo stava rimpicciolendo, stava cambiando qualcosa, non capivo cosa, ma c'erano di certo dei cambiamenti intorno a me, la mia gamba, che giorni prima riuscivo a distendere completamente, ora sbatteva contro un morbido muro. Le mie braccia, che prima riuscivo a muovere agevolmente a mio piacere, ora rimanevano bloccate e non riuscivo a ruotarle. È così che "ho imparato", senza capirne il motivo, che le cose, con il tempo, cambiano. Ciò che pensi sia per sempre, in poco tempo... Puf! ... non c'è più.
In quei giorni, ricordo, sono stato disturbato da un rumore stranissimo, ripetitivo e penetrante, e mentre venivo torturato da questo rumore, là fuori, appena fuori del mio mondo, delle voci lontane, un po' ovattate, parlavano di battiti, cuoricino, settimane... ecco! Settimane... capii che quel tempo che io non sapevo distinguere, là fuori, lo chiamavano settimane. E mi fidai di queste parole, perché una di queste voci la sentivo molto spesso, e molto spesso parlava di me insieme ad un'altra voce più profonda, e ridevano, scherzavano, li sentivo felici e mi facevano felice.
Ed ecco, quindi, che, trascorse altre

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: mario rossi



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Autobiografico.