Scrivo perché non ho coraggio di parlare.
Il calore delle emozioni che mi tengo dentro reprime ogni forma di dialogo.
Per vent'anni ho assorbito, come una spugna, le cattiverie giornalmente dalla famiglia, dai cosiddetti "Amici al Bisogno".
Poi come un rospo il mio cuore è esploso, ho incontrato una persona che trovo fantastica e, lentamente, sta cercando di alleviare il dolore che porto nel cuore.
Vorrei che tutto finisse in un lampo, come una notizia che leggi e poi dimentichi; ma loro, i ricordi, ti prendono e non ti fanno vivere, ti senti un emarginato, come un rifiuto da buttare o addirittura da cancellare perché insignificante. La prigionia del mio dolore cerca di venir fuori, poter essere divisa e alleviata da qualcuno che apprezza e che mi apprezza per come sono fatto. Ed ecco sbucare, come dal nulla, come un raggio di sole, lei: una persona nuova, diversa da tutte le altre. Lei mi fa sentire a mio agio, esprime con tenerezza la sua voglia di aiutarmi ad uscire dalla prigione del mio dolore.
Poche parole per capirsi; tanto feeling; si instaura un rapporto che non avevo mai conosciuto, qualcosa decolla in me e, come per magia, le porte della prigione del mio cuore si aprono e assaporano qualcosa di nuovo, di unico.
Ritrovo la voglia di vivere, la felicità e penso che solo Dio potrà avere le chiavi per chiudere e fermare questo idillio.
E poi c'era un Dio buono che ci sgridava se non andavamo a messa o alla dottrina e che si trasformava in pane e non volevano che si buttasse via nemmeno una mollica... e tante formiche in fila indiana e la noia a volte nel paese... arrivava in lambretta e mentre era al bar a bere noi mettevamo in moto di nascosto il motore e fuggivamo che ci rincorreva... la gara a bocce nelle strade, la briscola e il tresentte, le bestemmie, la morra
La guerra neile fotografie la storia una poesia da mandare a memoria per Natale... le casse dell'uva per il presepe... il bianco che vestiva tutti gli anni il paese
Due nonne una romagnola e simpatica l'altra che pregava sempre... chissà se si saranno riviste in paradiso... c'era un pulsante che comandava le luci del paese e noi che facevamo i dispetti e lo spegnevamo l'elettricista che si arrabbiava e poi guidava il santo per le strade
Il carnevale i fuochi da lontano, la fonte dove si lavavano i panni, qualcuno la lavatrice forse l'aveva, i cani randagi e i gatti per le strade
I contadini la domenica alla messa le strade impolverate le maglie di lana grossa le bambole di cartone, i sassi come biglie
C'era chi andava a caccia... rinchiudevano i cani nel baule tornavano e li mettevano alla catena... e povere bestie insanguinate... l'ho sempre odiata ho sempre sofferto per gli animali maltrattati e abbandonati e quando uccidevano il coniglio o il pollo
La sarta con gli spilli e le lamette il postal market i vestiti di giornale... erano solo cartamodelli
Il gallo che cantava.. il rumore del trattore... le lenzuola di lino e di canapa... le persiane arrugginite
Una televisione che si accendeva solo di sera, ma non funzionava mai
Una vita che correva via e tanta tanta fantasia
e campi campi di fiordalisi
Un padre severo e una mamma alla finestra
Il mio nome e un'eco nella vallata
e poi c'era un cimitero alle porte del paese, poche anime non le conoscevo... foto in bianco e nero... ma mi colpivano gli angeli... tanti e piccol
Gli imbecilli che conoscevamo già da piccoli erano intanto diventati adulti e applicandosi duramente si erano formati alla scuola dei furbi, specializzandosi ed entrando, con tutti gli onori, nella più grande e potente corporazione italiana che si sia mai vista, ovvero quella dei cialtroni malandrini, dei ladri e degli opportunisti.
Le cricche dei tangentisti sarebbero venute molto più tardi a consolidare la tendenza degli italiani a consociarsi in circoli non del tutto inoffensivi e meno che mai dopolavoristici.
Per me avrebbe potuto apparire patetica e senza speranza la condotta di mio padre, che aveva fatto il suo dovere in pace e in guerra, che aveva servito uno Stato ingrato e avaro, che non aveva approfittato di nessuna situazione per tornaconto personale, che alla fine era morto povero come era nato, senza essere riuscito neppure a comprarsi una modesta casa.
Grazie a Dio non fu così.
Mio padre mi aveva iniettato il virus dell'onestà senza però avvertirmi delle controindicazioni ; non mi segnalò mai quanto fosse pericoloso essere onesti.
Non mi mise in guardia dalle complicazioni che potevano rendere fortemente possibile la contrazione un male grave, ovvero la povertà, che, opportunamente amministrata, poteva addirittura mutarsi in un male incurabile: la miseria.
Attualmente mi trovo nella prima fase ma ci sono serie prospettive che giunga felicemente all'ultimo stadio.
Io sono un perfezionista, sicuramente farò di tutto per raggiungere il traguardo.
Comunque, per il maresciallo, ne sono certo, questo sarebbe stato un dettaglio del tutto trascurabile.
Lui aveva il sonno pesante; dormiva scalzo e con la finestra chiusa...
A quei tempi non tutti potevano permettersi questo lusso, considerato il vezzo dei Carabinieri, soliti a visitare certa gente per bene nel bel mezzo della notte.
"Se Dio vuole e i Carabinieri lo permettono."
Così si salutavano la sera, quei leggendari, dandosi l'appuntamento all'indomani nella piazza dell
C’era una volta, in una bella giornata di Febbraio, un bellissimo Albero di nome Eederato che si trovava su di una splendida collina lungo una strada principale percorsa da tante persone.
Era un albero Spoglio, Robusto e Molto Felice.
Quel giorno stesso, presa dal suo fascino decisi di avvicinarmi e di chiedergli come si sentisse a vivere su una verde collina posta in alto alla strada, Spoglio di Foglie, MA Solido, Robusto e Vitale.
A tale curiosa domanda Ederato mi rispose: <<non lo nego, certe volte mi sento solo perché la gente che passa di qui posso solo osservarla durante il loro passaggio, ma... penso che lo sarei di più se non fosse qui con me Edera!
Come potrai vedere, io sono un albero diverso dagli altri proprio perché, soffrendo spesso la solitudine e il freddo di notte, mi sono scelto una compagna “speciale” con cui condividere le mie giornate nei giorni belli (caldi) e in quelli brutti (freddi)
In questo modo, Io, che la notte sono alla ricerca di un po’ di caldo non sento mai eccessivamente Freddo e lei che spesso ricerca il Sole (Caldo) ha la possibilità tramite me, di estendere il suo Manto Verde.
Quando penso a come sarebbe stata la Mia Vita senza di lei…non so se cel’avrei fatta…in fondo credo che anche lei lo pensi.
Ci siamo addomesticati a tal punto che ora l’Uno non può fare a meno dell’Altro.
E…anche se alcune volte non siamo coperti dalle intemperie, posso dire che quelle sono Utili a rendere il manto più pulito e luminoso per quando uscirà il Sole.
Dormiente. Pensando oggi alla mia vita passata questa è la prima parola che mi
viene in mente. Avete presente quando all’improvviso ci si accorge
che la vita così come è stata fino al giorno prima non è quella che si
aveva idealizzato, che le cose così come sono state fino a ieri, oggi ci
vanno strette e in più che la compagna che è stata al nostro fianco per
quasi metà della nostra esistenza è adesso lontana anni luce da noi e
non sta più viaggiano nello stesso nostro binario, prendendo tutt’altra
direzione. E noi forse per ostinazione, forse per pigrizia o forse
semplicemente perché siamo degli eterni ottimisti e speriamo che le
cose migliorino sempre, ci siamo arresi a voler seguire quel binario,
così lontano dal nostro percorso originale, nella speranza di ritrovare,
prima o poi, un percorso comune. Ci siamo messi li su quel binario,
abbiamo abbassato il fuoco del nostro treno, abbiamo rallentato la corsa,
siamo rimasti in attesa seguendo il percorso che avevamo davanti.
Poi nella vita succede che ci si sveglia dal torpore, che ci si guarda dentro
e che ci si chiede se quella è la vita che volevamo, se le cose possano
continuare così come le abbiamo vissute fino a quel momento, se ci
porteranno ad essere felici e a realizzare i nostri sogni. E così è successo.
Una mattina di un caldo giorno d’autunno ho capito che dovevo riprendere
in mano la mia vita, dovevo ridare fuoco ai carboni della locomotiva per
andare a riprendere quel binario che nel frattempo avevo abbandonato.
Come accade però quando stiamo dormendo profondamente, per svegliarci
serve un evento esterno imprevisto, una sveglia che suona, un rumore
improvviso, un telefono che squilla, qualcosa che non ci si aspetta e che ti
fa tirar su dal letto all’improvviso:
“Non so da dove cominciare, quindi parto dalla fine. TI AMO... ”
Questa è stata la mia sveglia, un SMS mandato una mattina, ad una donna
che fino al giorno pri
L'acqua scorreva placida trasportando sulla sua superficie un'infinità di semi lanuginosi che la primavera inoltrata liberava sulla città, ancora una volta, abbandonandoli al loro destino.
Lunghe lenze sprofondavano oltre la superficie, trattenute dai galleggianti che ti tanto in tanto liberavano dalla propria circonferenza piccoli anelli concentrici, piccoli fremiti scuotevano quei sugheri variopinti variandone l'angolo d'inclinazione.
Anziani pensionati reggevano quelle canne, perdendosi forse in quei rivoli concentrici che prendevano il largo traspostati dalla corrente, dolcemente, come i ricordi.
Ogni tanto il tram sferragliava alle loro spalle, la lenza allora poteva aspettare, e volgevano lo sguardo in direzione delle uscite del convoglio, nella speranza di scorgere qualche viso famigliare, qualche amico perditempo da invischiare in discussioni strampalate, poi stanchi dell'immobilità dell'esca recuperavano la lenza, lentamente e controllavano le condizioni del verme, ormai disperato per la prolungata apnea.
In lontananza, dove il sole sparisce tutte le sere, e i binari del tram fuggono lontano, una vecchia bicicletta trascinava sul marciapiede eroso dalla strada un omino buffo, tutto naso e smorfie, lo chiamavano "Garibaldi", perché si chiamasse così, noi ragazzi non lo sapevamo davvero, ma un nome altisonante per un personaggio così modesto, creava un divertente e forse un po' cinico contrasto.
Garibaldi e la sua bicicletta, inseparabili compagni di strada, forse dormivano insieme, spesso, quando il tasso alcolico nelle sue vene saliva alle stelle, l'amata ferraglia fungeva da sostegno semovente, quando aveva la percezione di non essere in condizioni idonee per montare in sella, si appoggiava ad essa e si lasciava condurre a casa.
Di sicuro per lui quella benedetta bicicletta, è proprio il caso di dirlo, rappresentava una specie d'ossessione che per poco non gli costò la scomunica.
La forma più smagliante la sfoggiava solitamente di mattino
Ho tante di quelle fissazioni che se dovessi aprire un'attività sarebbe di colla e chiodi...
Una la vedete voi tranquillamente da lì dietro uno schermo e un tasto che quando non ne potete più offfff e nessuno si offende e nessuno vi vede e quello che si vede, figuriamoci quello che ronza nella testa... qualche volta do i numeri, per esempio conto tutto quello che vedo, dalle righe delle mattonelle alla superficie quadrata di un pacco di pomodori che in fila per quattro con tre bottiglie per fila fanno dodici,
deformazione professionale! Santa Rosa, mi chiamo Laura! cara superficie, volavo via, ero sempre altrove, sicuramente non a misurare la terra, a contare i passi, quei passi verso l'altare, quegli scalini per salire chissà dove e da sempre quella di memorizzare le targhe delle automobili che mi precedono, che mi seguono, poi le cancello, le lascio andare, ma quelle importanti restano. La mia prima automobile 142863, centoventisei bianca usata e poi subito dopo rottamata perché ho sempre collaudato la mia corazza, qualche osso rotto, un dente e qualche cicatrice.
Ricordo solo quando andai a riconsegnare le targhe e quello che restava di lei, accartocciato sotto un fico come una foglia in autunno, venne portata in quei cimiteri di macchine, che tristezza... mi sembrano quasi delle persone, perché a persone sono appartenute, particolari che lasciano il segno.
Poi venne la mia prima macchina piccolina e bianca PS359420 ma mi ricordava lui e quando lo lasciai cambiai anche lei, con una punta di senso di colpa, cancellare un passato a qualunque costo, una Peugeot bianca PS 418488, la mia prima ribellione che mi fece sposare quell'uomo con quella audi 373891 che mi faceva battere forte il cuore. Quando mio padre seppe di questa mia propensione, chissà perché si preoccupò quando mi chiese la sua di targa e gliela riferii a memoria 307210 SEMPLICE! Come bere un bicchiere d'acqua e mio padre mangiò la foglia, per colpa di questa figlia magari cambiò strada.
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