.. un mio problema è riuscire a passare gli ultimi giorni. perchè.. non so perchè.. è solo che quando strappo il foglio del calendario sono più contenta. per tutto il giorno.
io, non ci penso sempre a questa cosa, però quando si avvicina la fine mi prende come una smania.. a volte non ho resistito e ho strappato il foglio dieci giorni prima.. una volta quindici.. sì, è una cosa un po' stupida.
Eli dice che così faccio passsare più in fretta il tempo.. io, dico che Eli è più stupida di me. non sa niente di impulso interiore e di struttura del sè.. Eli non sa quasi niente, perciò mi piace.
Eli è una particella elementare, indivisibile, pura.. meravigliosa.
Sesto capitolo: purtroppo sta finendo
Anche se sono stanchissimo, e dovrò recuperare un’infinità di ore di sonno arretrate, mi dispiace che stia per finire quest’avventura.
Dei personaggi annunciati per ora ho stretto la mano a Gianfranco Carofiglio, all’ex giudice Gherardo Colombo e ad un altro bel po’ di gente del gotha editoriale, stasera a cena ospiti della Garzanti, ma prima, nel pomeriggio abbiamo cominciato le cerimonie degli addii, delle foto di gruppo, delle promesse (che difficilmente verranno mantenute) tipo: Quando vengo giù a Napoli prometto che vengo a trovarti in libreria, sicuro, lo prometto!
Me l’hanno detto almeno una decina di compagne e compagni di corso, e praticamente tutti gli Editori, i quali mi hanno rinnovato l’onere di porgere i loro ossequi al mio boss, il Doc Mario Guida.
Oggi siamo stati allietati dall’esibizione di un complesso d’archi e strumenti autoctoni nientepopodimeno che …della Mongolia! Con dei costumi incredibilmente belli, e delle musiche a volta tristi a volta dolcissime che mi hanno fatto nuovamente amare l’estremo oriente, e rivivere tutte le atmosfere dei film di Gong Li, e dei libri di Matsuoka e Mishima che ho visto, letto, sognato, sofferto, amato!
In buona sostanza un’esperienza unica per un occidentale!
Il fotografo della scuola, a giorni metterà sul sito parecchi scatti, come saranno pubblicate le foto, vi fornirò il link necessario, così potrò, visto che non mi sono voluto portare una mia macchina fotografica (sono una frana ad usarle, io sono rimasto a quelle a “lastre” e lampi di magnesio ) dimostrarvi “visivamente” il mio soggiorno; mi lavo, mi cambio e di corsa per…l’ultima cena !
Cena offerta dall’Editore Garzanti insieme a tutto lo staff della Prolibri allietata dalle esibizioni di un Prestidigitatore mostruosamente bravo, e dalla presenza di autori tipo Vitali e Agus e Bompiani e tanti altri ancora, si respira però, fra tutti i “ragazzi” il di
Non so da quando tempo una serie di parole apparentemente scoordinate rimbalzano nei miei pensieri come formiche spaventate senza senso d'orientamento.
Io ti penso spesso, molte volte ti immagino, ti cerco nei tratti somatici di mio figlio. Non ti vedo ma ti sento.
Sento la tua presenza quando me lo stringo, quando lui si aggrappa a me, quando sta male, quando si avventura in qualcosa di nuovo che lo entusiasma. Io vorrei conoscerti anzi avrei voluto conoscerti quando lui si aggrappava alle leggi naturali della vita, nel tuo ventre. Dio mio quanto mi sono persa in quei nove mesi! Avevi una creatura speciale, unica e non lo sapevi perchè il tuo timore ti faceva guardare altro. Avrei voluto conoscerti e partecipare alla tua gravidanza anche solo accarezzando la tua pancia o solo per sussurrargli "ti amo" piano, piano per non svegliarlo. Gli avremmo fatto risparmiare quei lunghi nove mesi nell'attesa che io arrivassi, per prenderlo in braccio, stringerlo, confortarlo quando aveva i suoi dolori. In fondo era questo che lui voleva essere ascoltato e creduto nel suo dolore fisico che era tanto. Ho cercato di giustificarti e non nascondo che dal tuo dolore è nata la mia felicità! Non mi sento in colpa per questo, perchè so che è stata una tua scelta, forse obbligata. Io ho imparato negli anni che le scelte personali non sono e non devono essere obbligate perchè chi ne soffre è solo la persona che le assume e nessuno ne alleggerisce il fardello neanche la persona per la quale hai fatto delle scelte obbligate. Avevi una creatura che lo sa solo Iddio quanto abbia portato felicità nella mia famiglia. La sua disabilità noi la vediamo ma non come una disgrazia, solo come il risultato di questa variopinta natura, noi gli insegnamo a vivere in questa vita. Ma non lo si fa con tutti i figli anche con quelli che sono "sani"? Quando lo stringo a volte col mio pensiero cerco di rincuorarti che lui sta bene, che io lo amo come fosse cresciuto nel mio di ventre. Quale s
"Briasco" - disse severo il capo Commissario - "voglio sperare che stasera alla serata di gala indossi il cravattino".
E senza darmi possibilità di replica si voltò e se ne andò-
Da parte mia devo dire che sono sempre stato un po' ribelle alle regole di bordo che, per noi orchestrali (sott'ufficiali non riconosciuti), erano abbastanza restrittive.
Finito il "servizio" si sarebbe dovuti rientrare nei propri alloggi per uscirne solo per brevi passeggiate dove non esista contatto coi passeggeri, specie se femminili.
Quello era una riserva di caccia riservato ai soli ufficiali, regola non scritta, ma risaputa da tutti e su tutte le navi da crociera.
Da quel momento il mio punto di ritrovo diventò il salone delle feste dove capeggiava la pedana dell'orchestra proprio di fronte al bar fornito di tutto punto e... ottima osservazione di caccia per le numerosissime giovani donne in attesa d'essere corteggiate.
La divisa per noi orchestrali consisteva in pantaloni grigi e giacca blu per le serate normali, mentre per le serate di gala era obbligo lo smoking grigio con cravattino (farfallina).
Quella sera, dopo essermi preparato di tutto punto salii verso il mio posto di "lavoro" con uno strano sorriso che presagiva nulla di buono.
Quando il capo Commissario fece il suo ingresso nella sala da ballo il suo primo sguardo fu naturalmente rivolto nella mia direzione e poco mancò che schiumò rabbia dalla bocca quando vide che sì che indossavo lo smoking, come da regolamento, ma il cravattino era sulla pelle nuda, senza cioè la camicia.
L'indomani, chiamato nell'ufficio dell'ufficiale per giustificarmi, feci leva sul fatto che come artista non sono tenuto alle strette regolamentazioni marinare se non contrarie al buon senso e alla buona creanza.
E dopo che fui allontanato dal mio capo-orchestra che continuò a difendere la mia posizione, ritornai raggiante dai miei colleghi ansiosi di sapere il risultato dell'incontro.
... per fare le frittelle di cozze è necessario che prima qualcuno si metta a prendere le cozze. perchè è importante che le cozze siano fresche, appena tolte dallo scoglio. fare le cozze non è difficile, ci vuole solo un po' di tempo e di pazienza, che non è altro che la temporanea e insensata voglia di stare a mollo per un po' e graffiarsi le mani..
a guardarsi intorno si trova sempre chi lo fa. chiunque fa le cozze ne fa sempre troppe, perciò non ha difficoltà a darmene, anzi è contento di farlo, e non è raro che me le pulisca pure. si chiama voglia di gratitudine camuffata da senso di solidarietà.
dopo che ho detto grazie, me le posso portare a casa tranquillamente come le avessi fatte io. quando arrivo a casa, dico a tutti che le ho fatte io. è più bello e più gratificante, e dò l'impressione che ho fatto qualcosa. di utile.
poi, me ne vado in cucina e riempio il lavello d'acqua. ce le butto dentro. le lavo. poi, riempio di nuovo il lavello d'acqua. ce le ributto dentro. faccio scorrere l'acqua finchè non cerca di travasare. tolgo le cozze, tolgo pure il tappo.
ora, metto un tegame sul fuoco. vuoto. appena è un po' caldo ci tuffo dentro le cozze. mentre aprono le loro valve lucide e nere, io preparo la pasta per le frittelle.
mentre sto cercando la farina e il lievito... un ineffabile aroma viene su dal tegame. odore di cozze di scoglio, fresche. odore della mia scaltrezza.
... le rimescolo un pò, per farle aprire tutte. un quarto dovrò mangiarle durante l'operazione di sgusciamento.
quando sono tutte aperte, spengo il fuoco. così si raffreddano e posso sgusciarle senza scottarmi le dita.
... adesso metto la farina... non so quanta.. vado a occhio. poi, un po' di sale, un po' di pepe e il lievito. come acqua metto quella delle cozze, ecco il segreto. però filtrata.
viene... deve venire... una cosa come la nutella.. però bianca e salata, invece che dolce.
io dico, la consistenza.. ladensità, ecco..
questa cosa, per essere eff
c'era una volta... ci sono giorni in cui mi piace ascoltare fiabe...
allora mi fermo ad ascoltare il cuore
oggi per esempio nel grigio di un cielo che mi guarda da lontano osservo le sue lacrime di pioggia scender piano
c'era una volta
bastava sedersi intorno al tavolo e cominciava da lì...
c'era una fata cattiva chiamata guerra evocata dall'odio arrivò e distrusse anche la pace... costò tante vite soldati uomini giovani militi ignoti al fronte e le donne e i bambini senza pane
solo un bambino che ricordava tanto... anche quello che avresti voluto dimenticare...
persone volti voci che tornano sempre da un passato... è la memoria la ricchezza più grande che dovrebbe aiutarci a prender le distanze dagli errori e a saper apprezzare ciò che si ha...
c'era una volta...
e quante altre ci sarà ancora... quella voce che torna come allora
quando dicevi un giorno apprezzerai... un giorno capirai... un giorno quando non ci sarò... eppure allora sembrava così lontano quel cielo così grande da sembrare una favola...
e scorrevano le immagini quasi a catturarle storie di vita una fiaba che sembrava infinita
forse questa la morale... non ci ho mai pensato non ci ho voluto credere mi fermavo al finale
e vissero felici e contenti
poi arriva sempre una fine... anche la felicità ha scorte limitate e le fiabe spesso son stregate
e quella felicità che tutti stanno cercando... spesso non ci accorgiamo... ma ci è seduta accanto
Credetemi, non vorrei disturbarvi, davvero. ho appena finito di combattere con la tentazione di lasciare questo foglio in bianco; la tentazione s'è dimostrata belluina abbastanza da piegarmi più volte ai suoi desideri, ma alla fine l'ho gabbata, come un bravo giocatore di braccio di ferro che quando credi d'averlo fiaccato e vedi il suo polso scivolare lento verso il basso, tutt'a un tratto riarma gagliardo e pugnace e ti stramazza.
ed ecco come è andata: oggi ero indecisa se scrivere o non scrivere, e a chi, e perchè; a chi è facile, si può sempre tirare a sorte; perchè, bè perchè non si sa, del resto non c'è da rammaricarsi, son ben pochi i perchè che si fregiano d'aver risposta certa a questo mondo; ma lauestione se scrivere o non scrivere era un vero rompicapo. c'era da andare a prendere il foglio, e poi la penna, sperando ve ne sia ancora qualcuna che scriva, che abbia un po' d'inchiostro nelle vene, cercare la sedia, accostarla al tavolino, nel frattempo potrebbe essere stata spostata, andare a guardare la data sul calendario, annotarla per non dimenticarla di nuovo dopo pochi passi, è cattiva educazione non segnare la data, e poi può sempre tornare utile.. insomma, tutte queste operazioni concatenate in un pomeriggio tranquillo di primo tepore, proprio non mi pareva d'uopo fare. e poi è venerdì, giorno di digiuno, digiuno e pigrizia vanno assai d'accordo. in un giorno così, al massimo si può pensare di fare qualcosa ma non certo farla, e poi ci si è messo anche il gatto, che quando vede carta e penna non sa resistere, salta su e osserva sonnacchioso l'andirivieni della Bic che ha su di lui un effetto ipnotico.
gli occhi del gatto, ambrati e opalescenti, stavano di fronte a me, con le pupille ridotte a due fessure.. fra poco s'addormenta, ho detto, ma io no, non mi addormento. come passerò il pomeriggio? è ancora presto, fa un po' caldo, ma scrivendo non si suda molto. scriverò, ho detto.
la vocina dell'ozio continuava si
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