Il pomeriggio d'autunno mi imponeva di camminare a testa alta; lo sguardo spaziava tra gli alberi multicolori, mentre il vento strappava ai rami le stanche foglie gialle e rosse che, volteggiando come piccoli ballerini, andavano a depositarsi sull'asfalto grigiastro. Pensieri bambini affollavano la mente accavallandosi: se mai avessi dovuto rinunciare ad uno dei cinque sensi, di certo non avrei scelto la vista. I colori erano da sempre ciò che di più bello potevo immaginare e camminando con gli occhi che si beavano di quel vorticoso movimento rosso e giallo, nel cielo di nastri nuvolosi e azzurro intenso, mi chiedevo come un cieco li immaginasse. A intervalli regolari, me lo chiedevo da molto tempo, da molto prima che piccole rughe persistenti e odiose avessero segnato i confini del mio viso irregolare e tragico.
Nell'occhio entra la luce, l'immagine e il colore. E sarà il cervello, mi dicevo, che lo percepisce, probabilmente in una tonalità che varia da individuo a individuo, nel senso che io, M., vedo un rosso e un giallo che non è quello che vede C. guardando le stesse foglie. Ma un cieco dalla nascita, che conosce solo il nero, come farà a pensare un giallo e un rosso?
Avevo un senso di disagio crescente al protrarsi di queste riflessioni che continuavano anche se io non le tolleravo. Così, decisi di affrettare il passo, lungo quella strada conosciuta e sempre uguale, che ho visto mutare nel corso delle stagioni, un numero infinito e sempre finito di volte.
Ventuno minuti di percorso: il ritmo di una passeggiata, qualche volta ignara di lettura intensa. Non amavo l'auto pur considerandola una necessità, e non amavo le persone, perché pensavo fossero una minaccia per il mio già traballante equilibrio interiore. Perciò camminavo spesso a testa bassa o a testa alta, quando non leggevo. Dovevo avere un aspetto terribilmente inadeguato - me lo dicevo spesso - visto dall'esterno; ma la mia incolumità spirituale valeva l'atteggiamento estraneo
La guerra non era finita da molto, ma agli inizi del 1948, con l'unione dei socialisti dei Nenni e dei comunisti di Togliatti nel Fronte Popolare, si verificò in vista delle elezioni di aprile una tensione senza precedenti, tanto da far temere dei colpi di testa da parte dei due contendenti: il centro e la sinistra. In una situazione economica drammatica, con la povertà dilagante, l'Italia praticamente distrutta, si avviò una campagna elettorale senza esclusione di colpi.
Anche il paese, nel suo piccolo, fu teatro di dispute, di una propaganda astiosa, a ogni livello e in ogni luogo, anche in chiesa.
Il tutto iniziò una domenica mattina dei primi di gennaio, allorché don Zeffirino, durante la messa, parlando di un episodio del Vangelo, quello della Pesca Miracolosa, accennò vagamente al fatto che solo con l'ideale cristiano si sarebbe potuto ritornare a mangiare.
E, considerato che la portatrice politica di questo ideale era la Democrazia Cristiana, ai presenti non fu difficile comprendere il significato del messaggio.
Dell'evento fu subito informato il Guercio che, immediatamente, come locale segretario del partito comunista, fece ciclostilare un manifesto, di cui furono tappezzati tutti i muri della case del paese, frontale della chiesa compreso, e in cui si diceva semplicemente "Con le parole e con gli ideali cristiani non si mangia".
Già alla messa della sera, poi, i rintocchi delle campane furono sovrastati dall'inno dell'Internazionale, suonato a tutto volume.
Don Zeffirino, che prete sì era, ma che, nonostante l'età avanzata, era ancora ben lucido e che tutto avrebbe voluto, salvo che far sorgere un conflitto in paese, anche per il fatto che molti dei suoi fedeli erano dichiaratamente comunisti, decise di correre subito ai ripari e fece sapere al Guercio che desiderava parlargli.
L'incontro, di cui ebbero notizia solo i fedelissimi, si tenne in campo neutro e fu così che verso mezzanotte, in un freddo quasi glaciale, sul vecchio argine copert
Tra i " personaggi " caratteristici di Caltanissetta vi erano
due poveri che circolavano per la città dotati della capacità
di essere invisibili, una si chiamava Maddalena e l'altro era
un ex facchino che stazionava in Piazza Marconi davanti al
Bar Casciano nascosto dietro una pianta.
Maddalena aveva avuto una vita tormentata da varie contra-
rietà sino a quando vinta dalle stesse aveva cercato rifugio
nell'alcool. Girava per la città con un bastone a cui si appoggiava ed entrava nei vari uffici a chiedere l'elemosina, spesso era cacciata in malo modo ed il rifiuto era il suo pane
quotidiano.
Un giorno entrò nell'ufficio dove lavoravo e ricordo che le diedi qualcosa se ne andò molto contenta e dopo due giorni
si ripresentò a chiedere l'elemosina, qualcuno come al solito
cercò di respingerla ma lei con forza disse di essere venuta a
trovare suo padre additando me, le diedi nuovamente qualche
cosa e lei contenta di essere stata accolta mi chiese un bacio,
venne verso di me mi abbraccio ed io le diedi un bacio. Il suo
volto divenne radioso era contenta e se ne andò canticchiando.
Anche con l'ex facchino povero ed intirizzito ho avuto degli
incontri donandogli qualcosa, ogni qual volta ero costretto a parcheggiare nella piazzetta Marconi, e un inverno gli portai
un mio cappotto che lui subito indossò visto che faceva molto freddo ricordo anche che diceva sempre : " grazie cumpà ! "
La sua vita era passata in quella piazzetta in cui, in passato,
svolgeva il suo lavoro presso la stazione di autobus caricando
e scaricando le merci dagli autobus e la sera insieme ai propri compagni di lavoro si scaldavano le mani bruciando cartone
e legna tra le macerie di un edificio della stessa piazzetta.
Era legato al posto in cui aveva passato la sua dura esistenza
e poiché aveva sempre lavorato per vivere non aveva il coraggio di chiedere l'elemosina e stava lì in silenzio sperando che qualcuno si accorgesse di lui. A Firenze al tempo dei M
"Trenta - quaranta" Disse l'arbitro con voce estentorea sottolineando il fatto che poteva essere l'ultimo punto da giocare.
"Adriano... Adriano..." si era messo a gridare il catino intorno al campo in terra rossa per dare maggiore forza al servizio ed incitarlo alla resistenza.
Adriano sudava e si apprestava a servire con sofferenza. Non era più il suo mestiere, il tennis, non aveva l'atletismo dei tempi migliori. Durante le partite si trovava subito appiccicosamente sudato, con poche energie nelle gambe e quella terra rossa, che un tempo gli era alleata, ora gli si attaccava addosso rendendolo ancora più pesante.
Il servizio! Gli rimaneva quello di un certo pregio. Bello, elegante, dritto. Si appoggiava a lui per rimanere in partita. Solitamente seguiva la prima palla cercando di accorciare subito lo scambio perchè dopo due o tre colpi le gambe lo lasciavano al suo destino.
"Adriano... Adriano..."
Si preparava palleggiando qualche volta in più per mettere pressione all'avversario, lo guardava con l'aria di chi prende la mira, strizzava leggermente un occhio e scostava con un colpo del capo il ciuffo che gli cadeva sugli occhi.
Gamba sinistra che si tende e la destra che flette per far scattare il dardo sferico. Lancio alto e scatto verso la palla. Colpita con potenza la "pelosa" corse veloce all'incrocio delle righe mentre lui volava per inerzia verso la rete.
La respinta dell'avversario fu veloce, ma lui era lì pronto ad affondare il colpo in sicurezza.
L'avversario corse più di quando Adriano si aspettasse ma riuscì a colpire la palla effettuando solo un lento pallonetto.
Eccolo il suo momento! Si lasciò superare dalla palla e staccò come faceva Nureyev in un balletto, spalle alla rete intercettò la palla in alto sulla sua sinistra e con un colpo di polso, dopo la piroetta, la depose al di là della rete, con una traettoria incrociata, dove il suo avversario non provò neanche ad arrivare.
Il Foro Italico era in piedi, una standing ovation
Una dolce creatura ci propone la natura
bionda, rossa, ed anche bruna
ma che importa! Se ce lei, si sta sempre sulla luna.
Che odore la sua pelle, più delle farfalle sono belle,
i suoi occhi luminosi sono belli più delle stelle
ci sono di vari gusti, e son dolci più delle caramelle.
Fidanzata mamma nonna o zia
non importa di che parentela sia
nella donna si ricerca amore, sicurezza e fantasia.
Senza di lei che mondo è
se la donna più non c'è
la mia vita stessa, non diverrà mai quella di un re.
Una dedica per oggi, creatura che tu leggi,
ti propone il cuore mio, per rallegrar il cuore tuo
frutto della mia fantasia, ma che importa è un pensiero!
Accettalo piccolo comunque sia.
Quanto profondo é il tuo amore?
Devo veramente impararlo,
perché viviamo in un mondo di pazzi
che ci deprimono;
quando loro dovrebbero lasciarci stare,
noi apparteniamo a te e me
(r g)
Sto piangendo, quindi ho un attimo di difficoltà nello scrivere.
ADDIO? Significherebbe dimenticarti? Bruciare il tempo dedicato a te, prima allieva e
poi, si, anche qualcosa di più nel mio cuore?
Non sei la sola a fare “CAZZATE” piccolapulceCesca.
“TU QUOQUE FILI MI” mi direbbe l’Augusto, “SI DOMINE!” Sarebbe la mia risposta,
anche io ho fatto la “CAZZATA” mi sono innamorato di una delle mie Pulci, la più piccola,
la più tenera, la più triste, la più dolce, la più bella, la più TUTTO!!!!
Ho tradito almeno cento giuramenti di coerenza ed onestà e professionalità e civiltà ! Almeno cento volte mi sono imposto di non pensarti così e centouno volte mi sono tradito!
E cosa mi costi scriverti queste righe…. ma forse hai provato lo stesso dolore nello scrivermi le tue!
Allora c’è comunione di esperienze dolorose fra le nostre vite, c’è comunione di tormento,
di passione e di CORAGGIO, si Cesca, il tuo coraggio sarà anche il mio!
Va’, parti; allontanati dal dubbio, dal dolore, dall’incertezza dei sensi e della mente!
Va’, trova la ragione della tua vita, che sia valida ragione, che sia onesta ragione!
Va’, esprimi nell’arte che è in te, le tue passioni, le tue voglie, i tuoi sogni!
Ma, ma non dimenticare MAI, il tuo passato, l’orma dei tuoi passi sia eterna come i passi
del primo uomo sulla luna, ricorda di ricordare, ricorda di onorare col pensiero tutto quello che ti ha preceduto, compreso me, magari, se io sono servito, in un modo o nell’altro a farti trovare il CORAGGIO che anelavi!
Voglio ricantarti una poesia che per te ho composto :
Amarti perché sei bella, sarebbe banale,
amarti perché sei gentile e tenera
sarebbe già più naturale.
Amarti per quel modo che hai di camminare?
O p
Era il 21 luglio 1969, la notte dello sbarco del primo uomo sulla luna. Io ero incinta del mio secondo figlio. Il primo, che aveva due anni, dormiva beato. Mio marito e i miei genitori erano andati a dormire anche loro, snobbando l'evento.
Io m'incollai davanti al televisore per seguire tutte le fasi dell'operazione commentate e spiegate con chiarezza e competenza dallo scienziato Enrico Medi. Non ricordo esattamente quando Armstrong posò il suo piede, leggero come una farfalla, sul suolo lunare. Ma doveva essere l'alba.
Ero così eccitata e stupita e percorsa da mille pensieri che non andai a dormire. Tanto il sonno non sarebbe venuto.
Gironzolai un po' per casa, feci fare colazione al mio primogenito e quando aprirono i negozi andai a fare la spesa.
Mi sembrava che a sbarcare sulla luna fossi stata io, tanto ero stordita, confusa e barcollante. Mi sembrava di vagare nello
spazio.
Perché vi sto raccontando la mia notte della luna? Perché in questi lunghi anni il mio entusiasmo di quella notte si è
volatizzato e la mia mente si è affollata di mille perplessità e domande. Dante, in un Canto dell'"Inferno" fa dire a Ulisse: "Nati non foste a viver come bruti, ma per seguir virtude
e canoscenza". D'accordo, padre Dante, la conoscenza l'abbiamo acquisita, ma la virtude? Le mille perplessità e
domande in realtà si concentrano in una domanda per me fondamentale: le conquiste spaziali che fecero seguito a quel
primo passo leggero come farfalla, hanno portato vantaggi all'umanità? È legittimo chiederselo, sollecitati anche dalle
famose parole di Armstrong: "Questo è un piccolo passo per l'uomo ma un balzo gigantesco dell'umanità" I vantaggi indubbiamente ci sono. L'uso dei satelliti, per esempio, ci permette forme di comunicazione impensabili appena cinquanta anni fa. Le sonde spaziali esplorano pianeti lontanissimi da noi. Pare che su Marte ci siano segnali di possibili forme di vita. Correggetemi se sbaglio. Ma i vantaggi, tutti i vantagg
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