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Racconti su avvenimenti e festività

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La festa

Due giorni dopo dalla laurea Emanuele e la madre erano diretti a casa di Giulia.
Entrati in casa, le due madri iniziarono a elogiare i propri figli per il grande risultato ottenuto mentre, Emanuele e Giulia si sistemarono in camera. La camera di Giulia si presentava molto accogliente seppur piccola, aveva una scrivania con il portatile, una serie di mensole sistemate in sequenza e lì dove una volta erano riposti i libri di chimica adesso trovavano posto una serie di foto e di targhette apposite per gli auguri di laurea. Difronte alla scrivania oltre al letto c'era una piccola cassettiera e sullo stesso un piccolo armadio angolare. Emanuele si sedette sul letto, mentre Giulia prese un enorme cuscino e si mise sul parquet.
"Beh, come si sta da laureato? " disse Giulia
"Uguale a come si stava da non laureato" rispose Emanuele
"Sei sempre cosi freddo, oppure, ti disegnano così? " disse lei sorridendo.
"A te, Jessica Rabbit che fine ha fatto Roger? "
"Ah, sarà con qualche gallina in un night. " rispose lei.
"Senti un po' ma è vera sta storia della festa il 19 luglio? " incalzò Emanuele.
"Se non trovo una soluzione, si. " disse lei intristendosi.
"Facciamo così: sentiti con Madlene, che Fabio ormai è in fissa per lei ed organizziamo la fe sta di laurea insieme, ok? "
"La chiamo subito. " disse prendendo il cordless.

Andrea, Fabio e Roberto, intanto, stavano girando per Corso Buenos Aires alla ricerca di un regalo per i loro amici.
Fabio più di tutti voleva regalare qualcosa di veramente bello per potersi avvicinare alla così distaccata Madlene, la ragazza di Lugano da tempo a Milano gli ricordava, evidentemente, il suo passato.
"Ragazzi cosa gli compriamo a quei due? " domandò Roberto.
"Quei tre vorresti dire. " lo corresse Fabio.
"Due, tre non fa differenza. Rimane comunque il problema. " rispose Roberto.
"Ci regaliamo una vacanza? " propose Andrea.
"Ma tu sei fuori come un melone, stai pensando ad una vacanza in un momento simile? "
"No, s

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   0 commenti     di: andrea basile


Era ancora notte

Mi svegliai di soprassalto, era ancora notte fuori dalla finestra. Nella stanza l'aria era pesante e tetra, buia e piena di insidie. Amavo il disordine, il mio disordine, d'altra parte ero e sono tuttora un ragazzo come tanti, uno di quei fuori sede che non ha voglia di sistemare due magliette e qualche libro. Era ancora notte fuori dalla finestra, ed era notte anche dentro la mia stanza. Il mio coinquilino ancora dormiva, ed io non avevo il coraggio di alzarmi dal letto e di guardare l'orologio. Non potevo guardare l'orario sull'orologio che avevo appeso al muro, come ho detto la stanza era buia, ma soprattutto detestavo il ticchettio delle lancette mentre studiavo, da cui la decisione di comprare un orologio per il solo fine estetico. Trovai allora la forza e la determinazione di arrivare fino alla scrivania per prendere il cellulare. Tanto vicina al letto, la scrivania, eppure tanto lontana da non essere raggiungibile stendendo la mano. Dovevo proprio alzarmi. Sul display l'orario dava l'impressione di essere insolito. Il mio sguardo non era abituato a metabolizzare quei numeri in quelle condizioni: erano le cinque meno un quarto. Ed era primavera, non avevo lezione, era un sabato di primavera, un caldo sabato di primavera, soleggiato e molto sereno. Eppure ero già sveglio. Sbrigate le prime faccende personali post-sveglia decisi di non perdermi d'animo e di iniziare la giornata con il sorriso e con belle intenzioni per il futuro. Un esame alla porte equivale ad una grande mole di studio; per cui mi rimboccai le maniche e mi misi a leggere qualche pagina del fantastico manuale di biologia che avevo in dotazione, sperando che il cervello fosse abbastanza risposato e pieno di buoni propositi per ricordare qualcosa di quello che stavo leggendo. È inutile dire che la mia iniziativa ebbe insuccesso. I pensieri continuavano a distogliere la mia attenzione dal fantastico mondo della cellula. Le paresti piene di poster, il silenzio, il disordine, tutto troppo perfetto

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   0 commenti     di: Emanuele


Il principe

Volo Air France 447, partito da Rio de Janeiro e diretto a Parigi. Decollato il 31 maggio del 2009 alle 19. 03 ora locale dall'aeroporto della metropoli brasiliana. Alle ore 02. 14 il velivolo precipita sull'Atlantico cancellando le vite di 228 persone. L'aereo non esplose in volo ma si schiantò sull'Oceano a una velocità di 293 kmh. Dei 228 corpi, 78 non furono mai recuperati. Ricordo che la notizia al tg mi turbò per parecchi giorni. Immaginai di essere a bordo, di rivivere quei lunghissimi quattro minuti, la certezza della fine, le urla, gli sguardi terrorizzati. Le luci di emergenza erano accese o il buio si era impossessato dell'abitacolo? Le uniche luci erano quelle dei cellulari? Quando si muore in queste circostanze, cosa rimane? Quale traccia invisibile?

L'altro ieri, per caso, andai a vedere su Wikipedia la scheda del disastro e sfogliando e leggendo ad un tratto vidi la sua foto, il suo bel volto altero, i suoi occhi espressivi sembravano chiedere: "Perché? Perché proprio a me?"
Il principe ventiseienne Pedro Luis d'Orleans-Braganza era andato in Brasile per rivedere i suoi familiari. Si era laureato in economia e adesso viveva in Lussemburgo, lavorava per una delle principali banche europee. Il suo corpo fu uno dei primi ad essere recuperato.

La sua immagine sembra fluttuare all'esterno del monitor, la guardo come ipnotizzato, credo voglia dire qualcosa, ma non so cosa. Forse sta chiedendo la mia amicizia, come si fa con facebook, e io la sto accettando. Ora sono tuo amico Pedro. Ora sono tuo amico...

   3 commenti     di: vincent corbo


Il primo sole

Il primo sole

Si sentiva un gran figo cinquantenne, con giubbottino di renna e jeans. Ha indugiato pigramente davanti ad un caffè, sdraiato in modo quasi indegno su di una sedia che non ha ceduto, graziandolo d'una figuraccia degna delle più gustose comiche alla Stanlio&Olio. il primo sole al tavolino in piazza del Ferrarese, pensava gli avesse fuso completamente il cervello, tanto da perdere quasi 10 minuti buoni alla cassa per capire dov'era il trucco, quando sullo scontrino ha letto la magia di "Euro 0, 50".
La discussione con la graziosa cassiera è stata fitta di reciproci dubbi, poichè la brunetta confessava la sua inesperienza in fatto di prezzi, il primo giorno di lavoro, il timore d'essere imbranata e forse anche quello di rimanere incinta. Ovviamente, nessuna responsabilità gli addebitava per quest'ultima circostanza, nonostante l'energia disumana dello sguardo di lui inondasse l'intero circondario, traboccando fin sulla viuzza attigua, per colpire in pieno un ragazzino con gli occhiali blu, che dalla bicicletta stramazzava al suono come un vecchio gabbiano a corto di fiato.

   3 commenti     di: Carlo Diana


Valentino Rossi. Finalmente una bella persona

Ciò che è successo a Valencia è qualcosa di più di un evento sportivo. Questo lo dichiaro puramente con l'animo di chi sa appassionarsi di fronte a un uomo di eccezionali capacità come Valentino Rossi. Alludo ovviamente alle sue prove sulla Ferrari.
Un campione che racchiude in sé il perfetto equilibrio tra talento e fortuna e che ne sa trarre il massimo giovamento senza imbarazzo.
Quest'uomo suscita in me una miscela di ammirazione e di invidia così benevola, che mi dico "ma guarda che bella persona!"
Sottolineo uomo perché è di questo che si tratta, nonostante il suo aspetto da eterno adolescente, con quelle sue adorabili sceneggiate che sono il sintomo non di un'apparente immaturità ma, al contrario, di un'enorme maturità. Questo è un uomo che sa giocare, con se stesso e con gli altri perché capisce l'essenza del gioco.
È il ragazzo che tutti noi avremmo voluto essere nel nostro intimo. Non è mai coivolto in quell'insulso gioco per stupidi annoiati che va sotto il nome di Gossip. Si esprime sempre con competenza e spontanea umiltà.
È probabilmente il più grande pilota che la storia ricorderà e lui, ad ogni sua impresa, si esprime come se avesse fatto un buon compito in classe.
In un periodo storico in cui domina la miseria culturale, catapultata nelle nostre menti dalla televisione, un uomo come Valentino alza la media generale di diversi punti percentuale.
Vederlo correre è un piacere sul piano stilistico. Ogni sua partenza è quasi un disastro anche quando parte in pol. Finisce risucchiato nel gruppo, talvolta perde sei o sette o più posizioni. poi comincia una caccia del gatto col topo per raggiungere il secondo posto incollato alla targa del primo. Normalmente impiega una decina di giri per fare questo. Poi il malcapitato di turno alla testa della corsa, tenta in tutti i modi di scrollarselo di dosso, inutilmente, fino a quando a pochi giri dalla fine Valentino innesta la sua marcia e va a vincere.
Questo esserte umano è fra n

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   1 commenti     di: Rudy Mentale


Tratto da una storia vera

Una donna musulmana, di cui non diremo il nome per motivi di privasi. Era giusto entrata nel età per trovare marito, la sua famiglia era una famiglia non troppo benestante ma avevano i loro lussi, li favoriva anche il fiorente periodo che stava vivendo la città dove vivevano. La ragazza non era la classica ragazza indiana, aveva un carnato bianco, labbra rosse, occhi enormi e di colore nero, i suoi capelli erano neri e arrivavano a poco sotto la spalla. Essa era innamorata di un ragazzo molto più ricco di lei ma che viveva la sua vita senza pensare al denaro : "vive la sua vita come la portava il vento" . se la ragazza avesse visto la sua vita dal esterno la avrebbe descritta con un film seppiato. La sua vita era stata piena gioia per tutta la sua vita, in matrimonio si preparo con i dovuti tempi, preparato in gran parti dalle rispettivi madri mentre i due piccioncini si crogiolavano in abbracci e baci, senza ragione d'esserci.
Il matrimonio si fece, essa non ricorda nemmeno dei dettagli particolari. Ricorda solo la navata vista dalle sue spalle mentre lei è al altare con il suo uomo. Il ricordo è sfocato ma percepisce delle potenti vibrazione di un infinita felicita e vede tanto bianco, sulla navata, i fiori che sono appesi alle banche hai lati della navata, tutto ciò che ricorda di quel giorno fu la felicita e il bianco.
Poi un buco, come se fossero passati messi cosi poco importanti da non essere nemmeno rimasti impressi nella sua memoria. Il momento che ricorda dopo il matrimonio è una sera, nella sua nuova casa, c'èra suo marito, sua suocera e un'altra donna (che non ricorda chi fosse, forse una lontana parente) . La suocera era una persona aperta ed dava sempre l'impressione di nutrire una grande gioia. Essa le aveva portato in donno un enorme pezzo di cartono dove erano attaccati orecchini e collane e avevano deciso di provarsele a vicenda, cosi lei decise di prendere anche le sue. Poco qualche risata sfrenata, c'era già un gran groviglio di col

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   0 commenti     di: Beatrice


In fuga

Roberta bevve avidamente una lunga sorsata d'acqua direttamente dalla bottiglia. Seduta sul bordo del letto sembrava indecisa sul da farsi. I piedi scalzi sul pavimento le procuravano una piacevole sensazione. Si ritrovò a fissare la sua immagine riflessa nello specchio che un po' beffardamente sembrava voler mettere in risalto qualche chilo di troppo.
Specchio, specchio delle... niente brame, lei non si era mai creata problemi e non aveva nessuna intenzione di cominciare adesso. Tra pochi giorni avrebbe compiuto quarant'anni ma non era cambiata granché, almeno non fisicamente. Si sentiva bene, piena di energia, aveva imparato a vivere senza pensare al futuro, non era stato facile ma era riuscita a vincere l'angoscia anche se ogni tanto riemergeva qualche pensiero negativo. Girò appena la testa per controllare che Mario dormisse ancora. Non riusciva ancora a credere di averlo incontrato, soprattutto di averlo seguito. Erano trascorsi dieci anni, un'eternità. Il tempo segue percorsi particolari quando lo passi a fuggire, a nasconderti. Ricordava ancora il primo sguardo, lui ammanettato in mezzo a due carabinieri, lei cronista alle prime armi. Un'espressione quasi sorpresa. I loro occhi si incrociarono, un sorriso appena accennato. L'intervista in carcere che le aveva permesso di scalare qualche posizione nella gerarchia del giornale. Aveva cercato di ottenere un permesso per rivederlo ma non se ne fece nulla. Gli fece avere il primo libro che riuscì a pubblicare. Per dedica una sola parola: grazie.

Risparmiati i commenti so benissimo che quel grazie é un'assurdità.

Una sera squillò il telefono. "Mi hanno rilasciato. Vorrei incontrarti"

Accettò senza pensarci, nessuna esitazione, nessuna paura. Il primo incontro in un bar del centro, una notte trascorsa tra silenzi, imbarazzi e sguardi che valevano più delle parole. Non ricordava di aver mai camminato tanto in vita sua. Non era la prima volta che viveva la città di notte ma questa volta le mostra

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   3 commenti     di: Ivan



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