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Racconti su avvenimenti e festività

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La rapina

Mio figlio Paolo è tornato da Bologna con la notizia di una rapina straordinaria che,
tuttavia, non ha suscitato l'attenzione né della popolazione bolognese, né dei giornalisti
della certa stampata e delle televisioni, pubbliche e commerciali.

Mio figlio Paolo è tornato da Bologna con la notizia di una rapina straordinaria che, tuttavia, non ha suscitato l'attenzione né della popolazione bolognese, nè dei giornalisti della carta stampata e delle televisioni, pubbliche e commerciali.
È avvenuta in un discount aperto da poco nella periferia di Bologna e subito preso d'assalto da centinaia di bolognesi ed extracomunitari che entravano nel discount con i carrelli vuoti e ne uscivano con i carrelli traboccanti merci di ogni genere, ma soprattutto di alimentari. I carrelli svuotati venivano lasciati in mezzo a strade e vicoli e i dipendenti del discount dovevano andarli a cercare e recuperarli per riattrezzare la grande struttura rimasta a vuoto di carrelli.
"Sembrava - ha detto Paolo - di essere in tempo di guerra, alle prese con l'emergenza alimentare",
Proprio nel momento di massimo affollamento è avvenuta la rapina. Un uomo dall'aspetto tranquillo di un vecchietto (era certamente truccato) ha messo fulmineamente in atto il suo colpo. Ha preso da uno dei banchi scoperti un pezzetto di formaggio, forse un etto, e se l'è infilato rapidamente nella camicia. L'occhio vigile del sorvegliante ha visto tutto ed è piombato sull'uomo. Non era truccato: era un vecchietto vero, uno dei tanti da 300 Euro di pensione mensile.
Il sorvegliante ha preso la sua decisione: ha dato una banconota al "rapinatore" e gentilmente gli ha detto "Signore, si accomodi pure alla cassa. Quando le serve del buon formaggio o qualche salume, venga pure da me. L'aiuterò a scegliere i prodotti migliori".
Forse è stato un bene che la notizia non si sia diffusa. Poteva succedere che a qualcuno venisse in mente di impegnare le forze di polizia in accurate indagini che portasser

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Turista per caso

Il caso che mi ha reso turista per molti anni è la scuola. Prima di entrare nel favoloso (sembrava una favola interminabile ) di stato d'insegnante di ruolo, ho girato come una randagia per un bel pezzo d'Italia. La cosa non mi dispiaceva perché i viaggi sono una delle mie passioni. Ma come erano faticosi! Quando insegnavo a Latina, una sessantina di chilometri da Roma dove abitavo, mi alzavo alle 5, andavo alla stazione con la mia 500 e prendevo il treno delle 7. Dalla stazione di Latina al centro ci sono 8 chilometri e bisognava prendere la corriera. Poi occorrevano 10 minuti a piedi per raggiungere gli edifici scolastici. Un anno istituirono i doppi turni nei due Istituti dove insegnavo con un incarico triennale. Fui così fortunata da accaparrarmeli tutti e due. Risultato: sveglia alle 5 e ritorno a casa alle 20.
Il caso, sempre la scuola, mi ha permesso anche viaggi non faticosi e bellissimi. Come commissaria per gli esami di maturità e come frequentatrice di corsi di aggiornamento, ho visto una buona parte dell' Italia meridionale: Taranto, Bari, Bitonto, Trani, Brindisi, i Sassi di Matera... e Alberobello. Ve la immaginate una merenda in un freschissimo, bianco trullo, adagiato su un tappeto di terra rossa e circondato da ulivi secolari?
Prima di approdare a Latina, avevo insegnato due anni all'Aquila. Naturalmente non era possibile fare la pendolare. Andai ad abitare presso un'affittacamere che mi preparava anche i pasti. Dovevo fare una lotta continua per evitare di morire di esplosione gastrica. Mi riempiva i piatti. Io mi sforzavo di mangiare tutto per non offenderla ma lei interpretava il piatto vuoto come una richiesta di un bis e lo riempiva di nuovo. Dormivo in una stanzetta senza riscaldamento. La mattina i vetri della finestra erano ricoperti, all'interno, da una sottile lastra di ghiaccio. Insomma, dormivo in un frigorifero. Forse le mie ossa cominciarono a ribellarsi allora. Non so ora, ma a quei tempi L' Aquila era una città molto provin

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I vecchi Borghi

Recentemente ho comprato il libro di I. Insolera "L'Italia fascista nelle fotografie dell'Istituto Luce" Parla degli scempi architettonici fatti da Mussolini su alcune parti di Roma. Mi sono commossa e uno alla volta mi sono venuti in mente i racconti di mia nonna sulla bellezza dei Borghi dove lei abitava da giovane. Li ho raccolti in un racconto intitolato "Ivecchi Borghi".

Questo è l'inizio: Verso la fine degli anni trenta il piccone mussoliniano si abbatté sulla famosa spina che formava i due vecchi borghi. Borgo Nuovo ovo e Borgo Vecchio. Da Piazza Pia. la lunga sequenza di palazzi, alcuni dei quali veri capolavori architettonici, correva dritta verso Piazza S. Pietro formando le due vie che sboccavano nella bellissima Piazza Rusticucci contornata da vecchi palazzi color ocra e frequentata da turisti e soprattutto dai residenti, i "borghiciani". Piazza Rusticucci era un gioiello, splendido per l'armonia in cui si componeva la varietà di volumi, superfici e colori. Sempre molto animata era la degna anticamera di S. Pietro sulla quale direttamente si apriva. Vi sostavano in permanenza le carrozzelle a cavallo guidate da vetturini
dalla lingua svelta, bonaccioni e scanzonati. Il ristorante Europeo che godeva meritatamente la fama di garantire una cucina ricca e rigorosamente romanesca,
era il luogo dove i borghiciani festeggiavano con memorabili pranzi feste religiose
e avvenimenti privati. Caffè e negozi di articoli religiosi si affacciavano discretamente e gioiosamente sulla piazza.
Il "genio" di Mussolini, abbattendo la spina, non compì soltanto uno scempio architettonico e urbanistico, ma anche uno scempio umano, disperdendo una comunità civile complessa ma aggregata, portatrice di pregiudizi ma anche di valori, ricca di molte virtù e di qualche vizio. Una comunità, comunque, molto vitale. I borghiciani si conoscevano tutti, direttamente o indirettamente. Erano capaci di grandi gesti di solidarietà ma non erano esenti da invidie

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Subbuglio nel piccolo cimitero

Ripescando tra i ricordi dei primi anni ottanta.
Ogni santo giorno di ogni mese e di ogni anno il tortuoso percorso tra il cimitero e la periferia del paese, visto dall'alto, sembra un andirivieni di formiche da e per il formichiere. Invece si tratta del grottesco via vai delle nero vestite vedove inconsolabili che, con qualunque tempo, non rinunciano al quotidiano pellegrinaggio alla tomba dell'adorato (da morto) marito. Non importa quando sia avvenuto il trapasso, se poche settimane o sei lustri prima, la determinazione che li spinge a un simile andirivieni è immutabile nel tempo.
Se viene chiesto loro perché lo fanno la risposta, tra sospiri struggenti e quasi singhiozzanti, è sempre la medesima "vado a trovare il mio amato bene!" Altra risposta "senza di lui la vita non ha più senso!" oppure ancora "per non lasciarlo solo!", che poi è tutto da dimostrare.
Come da dimostrare è la vocazione delle vedove durante il tragitto, infatti di tutto parlano tranne del loro amato e inconsolabile bene. Passi fin quando gli argomenti di conversazione riguardano problemi casalinghi e sociali, come il caro vita o la pensione sempre più insufficiente al mantenimento loro e dei viziati nipoti che non possono comprarsi il nuovo SUV a km. 0 o, mal che vada, aziendale, ma diventano strabilianti quando a imperversare è il puro malevolo pettegolezzo.
Appena varcata la soglia del cimitero la foce del tortuoso fiume, come un delta, si espande nelle varie direzioni e, tempo pochi minuti, l'intera sacra area riecheggia di pianti disperati da prefiche consumate con tanto di mea culpa, di pacche più o meno sonore date sulle spalle se non addirittura sul volto, ma più verosimilmente di battimano, sconsigliato al casuale passaggio nelle vicinanze di moscerini e insetti vari.
Grida, urla, invocazioni sul "Perché mi hai lasciato? - cosa ne sarà della mia vita? - oh schianata me? (tradotto "me disgraziata"), eppure, a ben guardare, spesso si tratta di vedove di lungo

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Aisha 4 lettera di Cesca

Ed eccoci qui, stretti stretti, in un buffo divano letto in casa di Tonio, Jil sta dormendo, e come al solito russa!
Sembrerà strano, ma la cosa non mi disturba più di tanto, mi piace quando il suo russare mi sveglia, e mi da modo di guardarlo così, disarmato, abbandonato sul mio corpo, e allora lo accarezzo piano piano, per non svegliarlo, e mi godo questi momenti in cui, il mio uomo è veramente tutto mio, completamente affidato al mio controllo, alla mia protezione, al mio amore.
Sì credo che possa definirlo amore, se il pensare a lui quando non lo tengo vicino, mi fa stringere lo stomaco, e guardarlo, quando è al mio fianco, mi aumenta i battiti del cuore.
Ora che dorme fra le mie braccia, lo vedo per quello che è realmente, un bambino, sì un bambino nascosto nel corpo di un uomo grande (non posso dire vekkio altrimenti mi mette il muso per una settimana), un bambino che da sveglio misura ogni suo gesto, ogni sua parola, per non turbare gli equilibri della nostra vita; sta attento a quel che mi dice e talvolta mi parla come se io fossi ancora una sua alunna, una ragazzina del liceo, bramosa di vita ma spaventata dalla vita stessa.
Ed io rido, quando mi fa le coccole, e la gioia di averlo accanto mi commuove, e lo abbraccio, e lo stringo quasi a fargli male, perché Jil è mio, e lo sguardo da cerbiatto col quale mi osserva, ogni volta, mi convince della sua sincerità, della sua passione, del suo infinito amore; ed allora gli sto preparando un regalo, o meglio una sorpresa; ho smesso da più di tre mesi di prendere la pillola!
Una volta Jil mi scrisse ”succeda quel che deve succedere”. Ecco, io credo che sia ora che succeda qualcosa, che io celebri il mio, il nostro amore, con la sacralizzazione della maternità.
Ho tanti dubbi, è vero, però sono quasi convinta che regalare al mondo un figlio mio e di Jil, sia il modo migliore per esternare il mio amore per lui, il modo migliore per dare al mio uomo, al mio compagno, la conti

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   3 commenti     di: luigi deluca


adamo ed eva

Ma tu chi sei? Di che sogno fai parte, ti prego fa che sia il mio, ti sfioro ed un liquido tiepido mi esce dagli occhi, mi trema la bocca nel sussurrarti "ma sei dio"? Poi il miracolo delle tue parole mi arriva agli orecchi come l'urlo dell'aquila. Dio ti ha creata da me e sento che di me sei tornata a far parte, che misera vita prima di te, ora capisco l'angoscia dei giorni passati, mi tendi la mano ti sfioro le labbra diventi carne della mia carne e il mondo sembra finire... No non toccare il divieto di Dio, ti prego non farlo.. Dio è stato chiaro dobbiamo morire, poteva salvarmi ridarmi compagna ma non la gioia che tu mi hai insegnato e allora che morte sia anche per me, ma prima permettimi di tutto il creato tu sei la vita per eccellenza, vieni dunque invecchiamo insieme e che la morte ci trovi uniti in una sola carne.

   3 commenti     di: samuele ardigò


Aisha 3 l'idea

Ne ho discusso a lungo con Cesca, a letto, intrecciati come un cesto di vimini, il solo led della TV a dare luce alla stanza.

Con lei trovo la pace, con lei trovo la vita, con lei cerco di trovare anche la soluzione del problema di Tonio,
e la piccolina dopo un poco mi fa ”ma il tuo amico professore, cosa sa della vita privata di questa ragazza? C’è un’assistente sociale per il supporto psicologico nella sua scuola? Ha provato ad interessare anche non so, il preside, o qualche collega, al problema? O fa il Don Chisciotte tutto solo e disarmato come un certo PDL che tenero tenero, ha acceso un faro nella mia notte?

Francesca trova sempre il modo di farmi sciogliere il sangue nelle vene, che ancora oggi, mi stupisco come possa esistere per me, solo per me, una tale meraviglia.

Comunque, come al solito, è lei che ha avuto un’idea che suona plausibile, ci recheremo ospiti a casa di Tonio, e lui farà in modo di farla ”casualmente incontrare” con Aisha, e vediamo se l’intuito di Cesca potrà darci delle chiavi di lettura.

Un veloce giro di telefonate ed eccoci tutti a Lastra a Signa, nella villetta di Tonio, a cospirare come bolscevichi prima maniera.

Tonio ha idea di coinvolgere Helogher nell’organizzazione di questo”incontro”, e così, l’indomani, stessa stanza, stessi ”cospiratori” con in più la notevole presenza della ragazza di madre russa.

Il prodotto di questo conciliabolo è; Helogher organizzerà un raduno per alcune ragazze della classe, per festeggiare un qualcosa che si inventerà al momento, in un baretto fuori città, in zona Lastra a Signa appunto, e lì dopo un po’, per caso, ci recheremo Tonio Francesca ed io, poi, dopo la”sorpresa”di questo incontro fuori scuola, le dovute presentazioni, lasceremo tutto al caso ed all’improvvisazione di Cesca.

A guardare il luccichio negli occhi di Helogher e di Francesca, mi rendo ancora una volta conto, di quanto sia stato fortunato nel

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   4 commenti     di: luigi deluca



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