Nel 2002 a fine aprile ho navigato da Port Colon (Panama) fino alla Jamaica. Mi ha sempre affascinato il mondo dei pirati e cosi' decisi di fare rotta verso il mitico Morgan's Harbour in Jamaica. Purtroppo non fu una navigazione semplice, anche perche' avevo a bordo due israeliani privi di esperienza. Incontrai mare formato e onde incrociate per le prime 24 ore, dopo miglioro' di poco la situazione; stremato decisi di consegnare il timone a Davide. Non ricordo se furono 4 o 5 i giorni di navigazione, ma quando arrivammo nel lungo canale che ci portava al Morgan's Harbour l'unica cosa che desideravo era una coca-cola fresca (avevo vomitato per due giorni); la seconda che sbarcassero immediatamente i miei due ospiti, che sollievo un po' di pace in barca.
Nei giorni successivi consolidai l'amicizia con Carlos, che fortunatamente oltre a parlare quella lingua strana (patwah), parla anche spagnolo. Uscendo dal marina mi recai (era domenica)al villaggio vicino, sconsigliato da Carlos mi fermai in un bar gestito da due ragazze; immediatamente attirai l'attenzione di diverse persone, alcune delle quali si dimostrarono subito ostili nei miei confronti, ma le due ragazze del bar e un tipo che lavorava al marina presero subito le mie difese, dopodiche' Mary la più giovane delle propritarie mi fece conoscere un tipo dalla corporatura grossa, che inconfutabilmente doveva essere il boss del paesino, aho! Dal quel giorno che mi videro girare per il villaggio con lui mi rispettavano tutti. Cari amici miei a parte NAUSICA, dhai si scherza! Dicevo ue' la' la situazione non è tanto piacevole per noi "bianchi". Non si scherza la Jamaica e soprattutto Kingston sono pericolose.
FINE PRIMA PUNTATA
Seconda Puntata: Ricerca di un pezzo di ricambio nella capitale.
... continua SECONDA Puntata.
Brevemente vorrei ritornare a Colon, una cittadina squallida degradata e pericolosa, l'unica nota positiva era la presenza di svariate iguana sul prato del marina, la mia barca era ormeggiata
Un vento impetuoso schiaffeggiava la superficie dell'oceano aprendo in essa effimeri squarci e facendone sgorgare lacrime di candida schiuma. Un unico manto di nubi scure copriva il cielo fin dove vista umana potesse allungarsi, lugubre sudario che metteva fine al gioco di successione tra giorno e notte, risolvendolo in un'unica, eterna oscurità. Si sarebbe potuto dire che in quel luogo non v'era notte come nel deserto non attecchiva la vita, che fosse una condizione naturale ed immutabile. Appropriata, addirittura.
Sulla riva, lambito dalle dita più impavide che il mare protendeva, giaceva il corpo inanimato di un uomo vestito di stracci appesantiti dall'acqua e recante ferite ancora fresche sulle mani e sul viso. Un granchio stava per saggiare la sua consistenza con una chela quando un tremito lo scosse da capo a piedi e gli occhi gli si spalancarono. Privo di forze, il viso in parte affondato nel suolo molle, per lunghi momenti si contentò di scrutare la piccola fetta di mondo che gli era concesso di vedere.
Che si trovasse su una spiaggia era ovvio, e notò anche un piccolo molo di legno al quale erano attraccate diverse barche da pesca. Dove si trovasse quella spiaggia e a che città appartenesse quel modesto porto non riusciva proprio ad immaginarlo.
Con un sforzo immenso di volontà, pregando di non avere niente di rotto, incominciò a puntellarsi prima sulle spalle e le ginocchia, poi sui gomiti ed infine sulle mani, trovando che mettersi in piedi non fosse mai stato tanto difficile e che, a ben vedere, era un operazione abbastanza complessa da meritare qualche trattato ad essa dedicato. Barcollò e si tenne forte la testa perché temeva che potesse esplodergli, socchiuse gli occhi per ridurre il dondolio che minacciava di farlo vomitare. Quando finalmente trovò una sufficiente lucidità e riuscì a stare del tutto eretto, poté vedere qualcosa in più del luogo nel quale era naufragato.
<<Dove diavolo sono finito?>> chiese a nessuno o al ven
Ho letto da qualche parte che l’amore è un rapporto che non annulla ma rinforza le realtà individuali tra cui avviene; ricordo di aver pensato: fin che dura.
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Ti fai la barba, ti vesti, prepari il caffé, gesti abituali, meccanici, ripetuti fino alla noia, abitudini interrotte solo dagli imprevisti: il rasoio che ti sfugge, il nodo della cravatta, l’orologio fermo.
Gesti abituali, meccanici. Gesti senza importanza.
A volte, però, senza nessun preavviso capita di subire una sorta di sdoppiamento, una dimensione sospesa, il corpo continua le sue attività, la mente l'osserva senza partecipare, una sottile inquietudine si impadronisce di te, ti accompagna, vivi l’ansia, l’attesa di qualcosa che deve accadere, ma allo stesso tempo, tutto quello che fai ti sembra di averlo già fatto, momenti già vissuti. Ricordi sfumati, ombre che faticano a prendere forma, non riesci a fissarne i contorni eppure le potresti quasi toccare.
Un’inquietudine cresce.
La giornata trascorre lenta, routine, imprevisti, sorprese. Bestemmi: il volo diretto per Lamezia è al completo e sei obbligato a prenotare quel che c’è, un pensierino all’Alitalia, l’ultimo miracolo italiano, sei già oltre, un rompiballe in gessato blu, Rolex falso e mezzo chilo di gel, ti sta illustrando i vantaggi che avresti scegliendo un nuovo gestore telefonico, già ti vedi scorazzare per Roma seduto sul groppone di un elefante insieme alla tua nuova tribù ….
…. Roma, ciak si gira.
Roma e i suoi poteri magici, basta un pensiero e ti ritrovi a Piazza Venezia, rivedi quello sguardo, due occhi bellissimi, li avevi già notati, ma non c’eri mai arrivato così vicino, due chiacchiere (stenti a crederlo, ma devi cedere: è pure intelligente …), l’impegno di rivedersi, “Il mio numero di telefono ce l’hai”, sottolinea con un sorriso. I pensieri prendono forma … un momento che vorrest
L'uomo mi guardò e mi disse con voce soave:
- Stai bene mio giovane amico?
- Si, grazie per avermi salvato
- Rise - O non preoccuparti -
- Vorrei farle una domanda se mi permette
- Certo fai pure
- Lei è umano?
- rise di nuovo - Dubbio ragionevole dopo quello che hai visto amico mio - si fece serio - non sono più umano da tanto, tanto tempo
Rimasi stupito da quella sua affermazione e continuai a guardarlo, a guardare quegli occhi ipnotici, pieni di fascino e carisma. Lui iniziò a fissarmi e disse:
- Scusami, che scortese non mi sono presentato, il mio nome è Vernard le Trav e qual è il tuo nome?
- Io sono Carl Zero
- Ora ascoltami Carl, ti sto per offrire una scelta dalla quale dipenderà il resto della tua vita, ora ascolta quello che ti dirò e dopo dimmi la tua scelta - annuii - al mondo esistono creature mortali come animali e uomini con un'anima che dopo la morte sale al cielo, ma esistono anche creature immortali, anime rimaste sulla terra con sembianze umane ma con abilità straordinarie, questi esseri sono i vampiri, i loro poteri e la loro stessa vita hanno un prezzo, come del resto tutto ciò che c'è in questo mondo e quel prezzo è il sangue, io sono un vampiro e ora mio giovane amico ti offro una scelta: continuare la tua vita da mortale e essere soggetto a malattie oppure condurre una vita immortale senza malattie
- La mia gente è morta, i miei genitori sono morti e tutti quelli che conoscevo sono morti, questa vita non ha più alcun significato, scelgo la vita da immortale
- Così sia!
Vernard si avvicinò al mio corpo, scostò la mia chioma nera e mi morse il collo. L'umano divide le sue sensazioni in felicità, tristezza, dolore ma descrivere ciò che provai è impossibile, una definizione che si avvicina a ciò, può essere quella di un piacere verso cui si è restii, un piacere proibito; sentii il sangue scorrere via dalle mie vene, un sensazione di freddo mi stava avvolgendo; le palpebre divennero pesanti come enormi macigni
Che devasto. Eravamo in giro da tre giorni. Non ce la facevo piu'. Halloween l'avevo passato in Svizzera. Niente di che. Serata tranquilla, troppi pelati-lavoratori-soldatini. Si, un gran schifo per uno zozzo come me. Guardavo le sue gambe, erano divine. Non feci altro che toccarle tutta sera. Uno, un mezzo vecchietto che stava insieme ad una sua amica mi chiese pure se volevamo fare un 'orgia. Io risi. Ridevo di gusto, lo prendevo per il culo. Torniamo dalla Svizzera e andiamo a Varese, in un barettino pieno di perditempo, uno di quei bar che tiene aperto fino alle sei del mattino perche' ce' sempre qualcuno che consuma pesantemente. Entriamo e troviamo un po' di falliti conosciuti. Rubo una birra al loro tavolo, e uno di questi, uno stronzo da oscar mi dice: "Se ti fidi di noi... alcuni in questo tavolo hanno l'epatite...". Mi faccio un sorso lungo tenendo la bottiglia dal collo, la metto giu' di nuovo sul tavolo, guardo lo stronzo e inizio a ridere. Era proprio un pagliaccio. È ancora un pagliaccio. Qualche commento alle gambe della mia ragazza, quei tipi erano degli arrapati cronici. Il tutto continua con qualche spintone, qualche insulto, qualche bestemmia. Niente di particolare. Mi sarebbe bastata una sola mano per punire un tale scempio umano. Sono un'uomo devo difendere la mia donna. Torniamo a casa, mi faccio un bicchiere di vino prima di andare a letto. Lei vuoel fare, io no all'inizio. Qualche sua abilita' mi fa cambiare idea. Mentre lo facevamo mi risuonava nel cervello un'idea ossessiva: "... la mia ragazza ha proprio delle belle gambe...". Dormiamo, abbracciati.
Mi sveglio un paio di volte nella notte, ho sempre problemi nel dormire. Rimango sveglio a pensare un po'. Penso al litigio con mio padre. Lo stronzo non mi voleva più in casa... ma s'inseriva un 'altra domanda: "Io dove vado?". Mi saliva una rabbia a pensare allo scazzo con il mio vecchio. Meglio non pensare. Mi riaddormento. Mi sveglia lei, dandomi un bacio s
Se guardiamo attentamente dentro di noi, possiamo suddividere la nostra vita in tanti paragrafi, come nei racconti, basta far combaciare tutti i tasselli al posto giusto, come nei puzle.
Sin da piccolo ero attratto dalla donna, mi piaceva guardare le sue forme, le sue labbra, le sue cosce, spesso nell’uomo è sintomo di sguardi libidinosi, è delizioso vederla ancheggiare a destra e a sinistra, con fare disinvolto ed innocente, come gli sguardi sempre ingenui ma folgoranti, spingendo il più delle volte l’approccio, in un incontro casuale, (è sempre la donna a decidere chi deve corteggiarla).
L’uomo crea lo spunto iniziale per far si che la donna, si convinca a lanciare quei sguardi di cui parlavo prima.
Avevo accennato prima dei puzle, già, quando ero giovane cercavo avventure con donne più grandi di me, mi appagavano ma non completamente, dovevo spaziare in più parti per sentirmi soddisfatto.
Forse sarà stato il caldo del sud ad aver sviluppato in me questo istinto di conquista, fatto sta che ho sempre inseguito gonnelle, le mie avventure sessuali hanno riempito la mia giovinezza.
Giovinezza tanto per dire, ricordo per esempio l’inizio del nuovo secolo, avevo già superato i 45 anni, vita tranquilla da uomo sposato, qualche macchia, (c’è sempre negli uomini sposati), qualche avventura senza particolare significato, come per esempio quella mattina, ero andato al lavoro come al solito, mi occupo di costruzioni, ho una ditta ben avviata, una decina di operai che seguo tutti i giorni, poi nel pomeriggio vado nel mio ufficio per sbrigare la parte burocratica e contabile della ditta.
Quella mattina dicevo, all’entrata del cantiere, c’era un operaio in compagnia di una bella ragazza, (poteva avere vent’anni, pensavo fosse la fidanzata), mi chiedeva lavoro, erano dell’est, lui parlava poco Italiano, mentre lei era già un po’ di tempo che viveva in Italia, per cui era lei a parlare per lui, gli risposi che eravamo al completo ma aspettavo
La prima volta fu per caso, senza averci mai pensato prima. Una croce, su un quesito d'un test della visita di leva, alla caserma Martini. E quel che ne conseguì fa parte di un'altra storia, ormai. Anzi, di un'altra vita: la mia prima. La seconda volta non fu un caso e non fece parte né della prima ne della mia seconda vita, ma della terza. L'attuale. Solo di striscio riguardò, anzi, riprese un po' la prima. Nell'ispirazione. E qui devo fare un passo indietro.
Come nasce una passione? Da un'idea, in primis, una voglia o poco più. Che però, invece di andare e venire, resta e, un po' alla volta, diventa un'esigenza e poi un progetto. Di solito con me funziona così. Ed ha un inizio ed anche una fine, se è vero che una volta scrissi "passioni transitorie e intermittenti / non funzionali ai loro stessi fini" che, penso, mi definisca più di mille parole. Questa durò sei anni, mese più mese meno.
Eran passati vent'anni da quella prima croce che mi catapultò, nel lontano 77, alla Scuola Militare di Paracadutismo di Pisa prima e alla caserma Vannucci di Livorno dopo, e nel frattempo non c'era mai più stata nessuna attività specifica, nè alcun interessamento di qualsiasi genere. La naja fu un capitolo, chiuso col congedo e riposto in un angolo oscuro della mente, assieme a tutti gli altri ricordi della mia prima vita.
Fino a una telefonata ricevuta da un amico di lavoro, alpino paracadutista, che proponeva una rentreè. Andata e ritorno alla festa annuale della Folgore. A me e a mio cognato, carabiniere paracadutista anche lui. In un primo momento declinai, perché sono sempre stato immune alle rivisitazioni nostalgico-goliardiche. Per me quando una porta è chiusa è chiusa. Difficilmente la riapro per riguardare dentro. E quella tale era: chiusa ormai per sempre.
Invece ci andai, più che altro per non rovinar loro l'idea e fare il viaggio in tre invece che due. Anche perché loro, tra di loro, si conoscevano appena. Infine nessuno di noi era nè d
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