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Racconti d'avventura

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Gli Ultimi Cavalieri - Nungesser

Il treno arrivò. Tanto era l’entusiasmo per il suo carico lungamente atteso. Charles era lì in prima fila. Osservava gli addetti intenti a scaricare le nuove cavalcature come un bambino la mattina di Natale. Non riuscì ad aspettare ancora. Pregò un tecnico di montare subito il nuovo Nieuport, fece velocemente qualche controllo e decollò dall’ampio piazzale della stazione sotto lo sguardo attonito dei presenti. Le sue urla di felicità si potevano udire nitidamente da terra. Fece un paio di evoluzioni, poi diresse il muso verso il campo, situato a pochi chilometri di distanza. Passò a volo radente sopra le tende, e poi quasi a sfiorare il circolo ufficiali. Ancora qualche acrobazia sotto lo sguardo ammirato dei propri commilitoni. Quando toccò terra, scese spavaldo dalla sua cavalcatura, e non finiva più di raccontare le incredibili potenzialità del nuovo mezzo. Si fece avanti uno degli ufficiali con aria seccata e lo rimproverò duramente. "Tenete Nungesser, se vuol fare il cretino vada a farlo sul campo tedesco". Un lampo balenò nei suoi occhi. Si congedò dai compagni, chiese ai meccanici di rifornire di carburante il Nieuport e di metterlo in moto. Decollò deciso e fece rotta verso il fronte. Avvistato il campo tedesco scese in picchiata e incominciò il suo spettacolo fatto di passaggi radenti, giri della morte ed evoluzioni da vero acrobata. I tedeschi costernati non se la sentirono di sparare contro quel folle. Anzi, molti applausi si alzarono dai suoi avversari. Rientrato alla base, si accorse che l’eco della sua impresa lo aveva preceduto. Trovò il capitano ad aspettarlo. Era completamente furioso. “Tenente, dove crede di essere?”. “Signor capitano, io ho solo eseguito gli ordini.”

   3 commenti     di: Andrea Oldani


Il monte Moroto

Ogni mattina, appena alzato dal letto, aprivo le tende delle due finestre della camera. La prima finestra, rivolta esattamente ad est, aveva un panorama davvero suggestivo e perciò era sempre la prima che andavo a spalancare perché la vista sulla sconfinata savana africana, senza nessun edificio che ne limitasse la visuale e con il maestoso massiccio del monte Moroto all’orizzonte, era di una bellezza straordinaria. L’altra finestra, invece, rivolta a sud, era assolutamente anonima, si apriva soltanto sul nostro piccolo orto, chiuso da un'alta siepe che separava la nostra casa dal giardino dell'ospedale, sempre molto affollato di pazienti e dei loro parenti.
La vista della montagna di Moroto, oltre che affascinante, mi destava sempre un immenso desiderio di scalarla, di esplorarla. Appariva così vicina, soltanto 40 chilometri, così bella e imponente che mi sembrava impossibile, per più di due anni nella mia precedente missione a Matany, non aver avuto modo di organizzarvi una sola escursione. L'altezza non era proprio proibitiva, solo 3100 metri, la cima più alta, e l'aspetto non era certo quello di una montagna impegnativa. Il Moroto era abitato da una popolazione, i Tepes, presente anche negli altri due massicci principali del Karamoja, il Kadam e il Napak, ed erano loro, probabilmente, i più antichi abitanti di quella remota regione dell’Uganda, emigrati sulle montagne per sopravvivere all’arrivo dei Karimojong, pastori nomadi, forti guerrieri, insediatisi in quel territorio qualche secolo fa.
Ad un occhio inesperto, come era il mio, non c'era una grande differenza tra questa popolazione delle montagne e quella dei Karimojong. La semplicità e la povertà del loro modo di vestire e di vivere era assai simile. Qualche differenza si poteva più facilmente osservare sugli ornamenti delle donne, in modo particolare sul numero di collane attorno al collo, molto più numerose nelle donne Tepes. La povertà di questa popolazione era anch

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   1 commenti     di: Antonio Sattin


Il gatto (da :Vacanze in tenda)

È successo un fatto nuovo nel campeggio, un fatto che ha creato tanta ilarità e su cui ognuno ha ironizzato pesantemente per giorni. In vacanza con il nostro gruppo veniva anche zio Bantoni, un uomo corpulento, molto alto, obeso e con un grosso pancione cascante. Pesava sicuramente più di 120kg. Mangiava come un disperato, perciò nessuno lo invitava a pranzo. Naturalmente con lui vi era anche la moglie, signora Bonaria, e cinque dei suoi figli. Quest' ultimi si erano portati appresso un gattino di circa un mese di vita, perché il poverino non sarebbe stato in grado di procacciarsi il cibo da solo, come facevano gli altri gatti che scappavano dal cortile e s'intrufolavano dentro le case. Zio Bantoni era un uomo molto simpatico ed aveva l'abitudine di dormire nel capanno in riva al mare subito dopo pranzo e lì, dopo pochi secondi, su un asciugamano e con un cuscinetto sotto il capo, cadeva in deliquio e non s'accorgeva più di nulla; il sonno era rumoroso con quel russare ritmico scandito dai toni alti e bassi. Il gatto lo seguiva come un'ombra, gli si accovacciava vicino e finivano col ronfare insieme. Si sapeva che l'uomo, data la mole, non riusciva a trovare abiti confezionati, né pantaloncini che corrispondessero alla sua taglia. La moglie, infatti, s'era improvvisata sarta e gli aveva cucito due teli che s'ancoravano sulla pancia, ma rimanevano larghissimi sulle cosce. Considerando che si campeggiava al mare, questi pantaloncini venivano usati anche come costume da bagno e per questo egli non s'infilava neppure le mutande. Un giorno, durante il pisolino pomeridiano, assunse un atteggiamento scorretto delle gambe e dal pertugio di quei pantaloncini s'affacciò impertinente uno dei così detti attributi : uno scroto. Il prezioso pezzo anatomico fuoriusciva completamente e liberamente trascinandosi appresso tutto il suo contenuto. Il gatto che era ancora sveglio, accortosi di questo ammasso tondeggiante, intraprese una dura lotta di spostamento credendolo u

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   4 commenti     di: antonina


Virtuosismi sulle note degli iron butterfly

Scendi le scale, lasciati andare, senti la pelle che frigge sotto le mie mani, il suono stridulo di questa chitarra, viene da qui sotto, sotto dove sono i nostri amici che ancora ballano. Che ora è? Il tempo si è dilatato e ha preso la forma di un bicchiere, quello pieno ancora di birra, mi piace la birra, gonfia ma ne berrei a litri, cade giù ghiacciata lungo la gola e la musica si prende gioco delle bollicine e chiudo gli occhi, perché mi piace esserci senza che la vista mi ottunda il pensiero. Parole, parole che scorrono come il liquido gelato, si adagiano sui suoni primordiali di una batteria, entrano nel circuito viola della nostra essenza quella buia del nulla. Ci sono, vi ho chiamato più volte, eravamo tutti giù, dentro la buca del suono e aspettavamo la vostra chiamata per risalire alla luce, la luce lattea dell'alba, quando ancora il freddo buca il viso.
Il lago questa notte è nero, camminiamo avanti e indietro, sono ore che camminiamo, la testa sembra esserci ma è solo un'immagine virtuale. Siamo persi, uno nella testa sua e camminiamo lungo questo bosco illuminato da lucciole, punti bianchi fosforescenti, gli stessi che ora il buon Andrea prende a prestito al cosmo per i suoi quadri non quadri, finestre, lenzuoli di colori e di dissolte emozioni.
Il tempo è andato, quel lago è stato circondato, chi può essere più libero di assaporare il gusto della terra, di vivere su una spiaggia in una grande comune di gente che vuole giocare, si giocare in questa eterna infanzia, che non vogliamo abbandonare, perché non è esistito nulla che non sia stato già scritto o detto, dipinto o suonato.
Adagiamoci su questo prato di stoffa, afferrami la bocca e rotoliamoci fino a perdere i sensi, nel deliquio dell'amore, solo quello è l'antidoto per non impazzire.
Gli anni aumentano l'ingordigia e ti afferro per rapirti in quell'inferno di sensi, nel quale mi hai plasmato, nel quale sono cresciuta e di cui ci gustiamo golosi il maturo frutto.

   7 commenti     di: silvia leuzzi


Io e le nazionali semplici.

In fin dei conti loro volevano il mio sangue, ma per questa volta queste zanzare hanno deviato verso i miei amici in particolare su Natale (si, si chiama Natale come la festa) era talmente pieno di punture che sembrava avere la varicella ed il morbillo insieme gli era venuto pure la febbre una cosa mai vista incrediiiibiiile e come si lamentava i suoi haaaaaiiii, mi prudeeee…. aiutooo…. facevano ridere anche l’aria dove noi passavamo, (poverino però)….. poi lui era anche buffo bastava solo guardarlo la natura l’ha fatto così.
Comunque ormai è andata così, ragazzi vado al tabacchino ho finito le mie nazionali senza filtro, e qui Angelo incomincia a tirarmi dietro quello che trova davanti (odia i fumatori), ma io non so stare senza fumare, fumo talmente tanto che anche quando dormo e per sbaglio apro un occhio ecco devo accendere una sigaretta ed aspirarne un po’ ahhhhh che delizia un’aspirata di vita che meraviglia, quando aspiro le mie nazionali mi sento rinascere, un giorno per esempio avevamo deciso di fare pesca subacquea andiamo al porto dove erano ormeggiate tutte le barche di Favignana e ne prendiamo una a noleggio, carichiamo bombole, pinne, fucili, maschere e tutto l’occorrente e ci avviamo all’avventura.
Che bello il mare, quando sei lì non pensi ad altro, accendi una nazionale e voli con l’immaginazione dondolato dalle onde, no, no per me non era così il problema era Angelo, quello lì appena mi vedeva la sigaretta in mano mi faceva atterrire, lui era un bestione io mingherlino e così seduto in prua girato verso il mare di nascosto mi fumavo la mia bella nazionale e con un occhio sempre rivolto ad Angelo (quello mi buttava in mare se mi vedeva fumare e mi lasciava a nuoto in centro mare), così tra una tirata di sigaretta ed una cullata di mare mi distraggo e senza rendermi conto vado a finire in acqua, minkia Angelo m’ha visto e mi ha buttato in mare hei aspettate, ma era meglio nuotare che quello era testa dura, così mi so

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Viaggio per la Karamoja

L'Uganda è chiamata la perla d'Africa.
Si trova proprio al centro dell'Africa, bagnata a sud, come se fosse un mare, dal lago Vittoria, il più vasto lago d'Africa e la vera sorgente del fiume Nilo.
Questa verde e fertile terra fu conosciuta ed esplorata dagli europei ben dopo la metà dell’800 ed ha rappresentato per tanti secoli quel mitico e ignoto territorio, sogno di tutti gli esploratori, dal tempo dei Romani, dove cercare le famose sorgenti del Nilo.
Tanti furono gli esploratori, nei secoli, che si avventurarono lungo le acque del Nilo sperando di raggiungere le sorgenti, ma vi trovarono solo la morte e in luoghi ancora molto lontani dalla meta.
La scoperta delle sorgenti del Nilo si deve agli esploratori inglesi che le cercarono partendo da sud, vale a dire dalla Tanzania, invece che da nord, cioè risalendo il Nilo, come avevano fatto tutti i loro predecessori. Per primi questi esploratori, in canoa, attraversarono, con molte difficoltà, il grande lago ed incontrarono la popolazione Baganda da cui il nome, in seguito, dello stato dell’Uganda.
L'Uganda è stata così isolata, per secoli, che quegli esploratori inglesi furono i primi uomini bianchi mai incontrati prima dalle popolazioni locali.
Scoperta la via d'accesso a questo verdissimo angolo ancora nascosto nel mondo, gli inglesi ne fecero presto, approfittando della buona accoglienza dei Baganda, un Protettorato, e già alla fine dell’800 fu costruita la lunghissima linea ferroviaria che dal Kenya arriva fino a Kampala, sede antica del re Baganda, che da villaggio divenne città ed infine capitale dell’Uganda.
L'aspetto dell’Uganda, per chi arriva in aereo, è davvero rigoglioso e le isole del lago Vittoria vicino alla costa, la rendono molto simile ad un paesaggio esotico caraibico.
Ogni volta che arrivavo all'aeroporto di Entebbe, a 30 chilometri dalla capitale, rimanevo colpito dai colori, così vivi che proprio m’incantavano, come pure dalle

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   0 commenti     di: Antonio Sattin


Fuoco e polvere

Febbraio quest'anno pare essere un commilitone del generale inverno russo. È una settimana che la temperatura si avvicina sempre allo zero, le nostre montagne sono completamente avvolte da un candido manto bianco, era da venticinque anni che non succedeva così.
Nella mia cittadina si stanno montando enormi cataste di legno, e sono tutte ricoperte di una polvere gialla, fortemente acre e pungente, lo zolfo.
Anche nei portici del centro storico c'è fermento, le torce vengono apposte una ad una, aspettando questa frenetica notte di festa in onore del santo patrono. La polizia e i carabinieri si aggirano per le cantine in cerca di polvere da sparo, si sa questa festa non è autorizzata, ma dopo quattrocento anni che senso ha vietarla.
Anche la conformazione di Taggia, i suoi vicoli labirintici, le continue salite e discese, le piazzette, i portoni in legno danno un senso di magia e un ritorno al passato in epoche oscure ed affascinanti. Il nostro San Benedetto è unico al mondo, non si festeggia a marzo, viene definito il santo incendiario per la famosa notte di fuoco, per le cascate altissime dei fragorosi "furgari" che di tanto in tanto esplodono.
Mi viene alla mente la canzone di Vecchioni "bruciano nel fuoco le divise la sera, brucia nella gola vino a sazietà, musica di tamburelli fino all'aurora", ed in effetti vedere giovanotti in tute mimetiche, cantine festose col vino, e danze scatenate, richiama indubbiamente il fascino di altri luoghi, di una festa tipicamente mediterranea, pirotecnica e sfrenata. In questa notte è quasi obbligatorio andare oltre, sfidare le autorità, come un carnevale dell'antica Roma.
Chi ha la fortuna di avere degli amici viene ospitato a mangiare ottimi biscotti, i canestrelli, mentre solerti soccorritori vigilano sull'incolumità degli spettatori.
Anche a casa di Giobatta ci si prepara per la festa, i figli si aggiustano i larghi faldoni dei cappelli e si assicurano che i guanti siano resistenti al fuoco.
La moglie continua

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   2 commenti     di: loris



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