username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti d'avventura

Pagine: 1234... ultimatutte

Alla ricerca della tua isola

Nel 2002 a fine aprile ho navigato da Port Colon (Panama) fino alla Jamaica. Mi ha sempre affascinato il mondo dei pirati e cosi' decisi di fare rotta verso il mitico Morgan's Harbour in Jamaica. Purtroppo non fu una navigazione semplice, anche perche' avevo a bordo due israeliani privi di esperienza. Incontrai mare formato e onde incrociate per le prime 24 ore, dopo miglioro' di poco la situazione; stremato decisi di consegnare il timone a Davide. Non ricordo se furono 4 o 5 i giorni di navigazione, ma quando arrivammo nel lungo canale che ci portava al Morgan's Harbour l'unica cosa che desideravo era una coca-cola fresca (avevo vomitato per due giorni); la seconda che sbarcassero immediatamente i miei due ospiti, che sollievo un po' di pace in barca.
Nei giorni successivi consolidai l'amicizia con Carlos, che fortunatamente oltre a parlare quella lingua strana (patwah), parla anche spagnolo. Uscendo dal marina mi recai (era domenica)al villaggio vicino, sconsigliato da Carlos mi fermai in un bar gestito da due ragazze; immediatamente attirai l'attenzione di diverse persone, alcune delle quali si dimostrarono subito ostili nei miei confronti, ma le due ragazze del bar e un tipo che lavorava al marina presero subito le mie difese, dopodiche' Mary la più giovane delle propritarie mi fece conoscere un tipo dalla corporatura grossa, che inconfutabilmente doveva essere il boss del paesino, aho! Dal quel giorno che mi videro girare per il villaggio con lui mi rispettavano tutti. Cari amici miei a parte NAUSICA, dhai si scherza! Dicevo ue' la' la situazione non è tanto piacevole per noi "bianchi". Non si scherza la Jamaica e soprattutto Kingston sono pericolose.
FINE PRIMA PUNTATA

Seconda Puntata: Ricerca di un pezzo di ricambio nella capitale.
... continua SECONDA Puntata.
Brevemente vorrei ritornare a Colon, una cittadina squallida degradata e pericolosa, l'unica nota positiva era la presenza di svariate iguana sul prato del marina, la mia barca era ormeggiata

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Isaia Kwick


La luce a Matany

La sala macchine dell’Ospedale di Matany è il cuore energetico pulsante, indispensabile per la vita di tutto quel complesso costituito da reparti, laboratorio, radiologia, farmacia, sala operatoria, sterilizzatrice.
Senza energia elettrica un Ospedale africano passa di categoria e diventa soltanto dispensario.
Nella sala macchine funzionavano tre potenti generatori; il più piccolo era tenuto fermo, di riserva, mentre gli altri due si alternavano al lavoro.
Il più potente dei tre era impiegato la mattina per cinque ore, dalle 8 alle 13.
Durante queste ore si accumulava la maggior richiesta energetica per l’attività della radiologia, dell’officina meccanica dell’Ospedale, così pure della falegnameria, oltre al laboratorio e alla sterilizzatrice. I generatori venivano spenti alle 13 per essere riaccesi dalle 17 fino alle ore 21.
Poi a Matany piombavano il buio e il silenzio.
Nel tempo, grazie a donazioni e ad acquisti intelligenti, era stato man mano installato, all’interno dell’Ospedale, un sistema di illuminazione a 12 Volt, grazie a batterie caricate dal sistema foto-voltaico.
Diversi pannelli solari sui tetti, permettevano ai frigoriferi di funzionare e a numerose lampade al neon di illuminare in modo sufficiente i reparti.
Quando accadeva che il silenzio della notte fosse interrotto dal rombo lontano del motore diesel del generatore, e dalla contemporanea accensione di tutte le luci delle case e dell’Ospedale, non opportunamente spente, significava che la sala operatoria era stata aperta per qualche emergenza.
Mi svegliavo sempre a quel rombo lontano e allo scintillio dei neon che si accendevano in casa e riprendevo sonno soltanto quando era ritornato il silenzio che ovviamente segnava la fine dell’intervento.
Quando ero di guardia o reperibile per la sala operatoria, accendevo il generatore soltanto dopo aver organizzato per bene l’intervento chirurgico, con tutto il personale della sala operatoria pr

[continua a leggere...]

   1 commenti     di: Antonio Sattin


Sotto natale... Parte 2

Scendo di fretta le scale, proprio un fulmine. Lo vedo già bello carburato, il vecchio compare Omar, mi sa tanto che oltre la sera si è già fatto anche il pomeriggio, lo stronzo. Salgo in macchina perchè il freddo non lo sopporto proprio, neanche per i due secondi del tragitto.
"Ohhh finalmente si rivede... ehh?".
"Te lo detto che non tiravo buca, sono di parola". Rispondo io secco.
" Ehi calmino, dai, allora pronto per spaccarti la testa?".
"Si dai, ma proprio con quelli della piazzetta... ".
"Non ti preoccupare, ho già pensato a tutto io, loro sono diciamo i nostri babbi natale... hanno un bel po' di cose da regalarci". E quando dice regalarci, Omar diventa sempre un po' strano. Gli viene una faccia, una faccia da volpe. Ma è sempre stato così quando poteva guadagnare qualcosa sulla pelle degli altri. Sin da bambino. Sempre. Anche quando c'erano di mezzo quattro cazzate, tipo due figurine, una bottiglietta di cola. In tutto. Poi per un' attimo riprende il discorso:
"Comunque si va al Vortice, ci si fa un po' di birre li, i piazzettari ci offrono quello che ci devono offrire e poi teliamo, e poi su dai, vediamo come va la serata... e in qualsiasi caso ho sentito anche lo Smilzo e Crossi..."
Ottimo. Il ritrovo degli stronzi. No, diciamo, non proprio. Lo Smilzo e Crossi erano vecchie amicizie, diciamo, amici da campetto. Uscivamo assieme a loro quando eravamo proprio piccoli piccoli, quando ancora non si erano intromesse determinate questioni. Più o meno fino ai sedici anni. Ognuno aveva poi preso la sua strada e per una decina di anni c' eravamo persi di vista. Con loro. Omar, è sempre stato in mezzo ai coglioni... I due suddetti elementi li avevamo ripescati una sera che eravamo andati a ballare in un posto e da li avevamo riniziato a frequentarci ancora tutti, come i vecchi tempi quando eravamo pischelli. Smilzo era chiamato così non perchè era magro, ma perchè prima era un ciccione-obeso, ed era un modo "di classe " per prenderlo per il cul

[continua a leggere...]

   4 commenti     di: aleks nightmare


Il Nord!

Era una fredda notte d'inverno, la luna splendeva alta in cielo illuminando la fitta foresta.
Arther, era un giovane ragazzo, molto povero. Aveva solo 8 anni quando perse la sua famiglia, dopo che alcuni razziatori assalirono la carovana reale diretta alla città di Lohander. Durante il chiasso dei combattimenti, Il padre di Arther, lo portò in salvo in una casetta di legno abbandonata, gli disse di rimanere qui e che sarebbe tornato, ma lui non fece più ritorno. Arther, aspettò suo padre per giorni, finchè un contadino locale Jarek Steve, che era diretto con il suo carico di patate verso il villaggio di Buvah, lo vide per terra e lo portò in salvo.
Arther, fu cresciuto da Jarek e Isavella, una coppia che non poteva avere figli. Isavella aveva pregato giorno e notte gli Dei, chiedendo loro di avere un figlio. Ed essi credono che Arther fosse un dono inviato dagli Dei, dopo tante preghiere.
Arther, imparò come coltivare i campi, da Jarek, e molto spesso si dirigevano al villaggio di Buvah per vendere i prodotti al mercato.
Dopo la morte dei suoi genitori adottivi, Arther, si ritrovò solo, con una fattoria da mandare avanti. Cercò di guadagnare qualcosa commerciando quello che coltivava, ma i commercianti locali avevano formato una coalizione per tagliarlo fuori dagli affari, patendo la fame.
Arther, sapeva che il mercante Julius Fark, era l'artefice della sua rovina, perchè produceva le stesse cose che produceva Arther, e Julius non voleva concorrenza.
Quella notte Arther, si diresse alla fattoria del signor Julius, e sapeva bene che la fattoria era sorvegliata dai suoi scagnozzi. Aspettò pazientemente che le guardie si dessero il cambio ed entrò di soppiatto arrampicandosi sui balconi della casa.
Una volta dentro Arther, si accorse che qualcuno era sveglio, ma non sapeva chi fosse. Così decise di seguirlo. Era molto buio e non riusciva a vedere chi fosse, finchè quella figura non si avvicinò alla finestra. Era una giovane donna, molto bella, che

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: .:Spartacus:.


L'uomo del deserto.

Ero stanco di camminare. Mi ero svegliato quella mattina all’alba in un campo da me improvvisato la notte prima nel bel mezzo del deserto di Obart. Contavo di riuscire a calpestare di nuovo l’erba prima del calar delle tenebre e infatti dalla collinetta dove ora mi trovavo riuscivo a scorgere non lontano le verdi pianure a sud di Drath Meda, mentre il sole alla mia sinistra si accingeva a sfiorare l’orizzonte.
Legati in un piccolo fascio sopra il mio zaino portavo alcuni legnetti e piccoli tronchi. Li avevo comprati in città 2 giorni prima e il loro peso aveva aggravato non poco la fatica del viaggio.
Nel deserto è praticamente impossibile trovare la legna per accendere un seppur misero fuoco e oggi, come anche ieri, mi sarebbe stata molto utile perché non avrei mai fatto in tempo a cercarla prima della sera, anche ora che una rigogliosa natura si estendeva a perdita d’occhio a poche centinaia di metri da me.
Era ora di rimettersi in viaggio.
Raccolsi il mio zaino incrostato di polvere e sabbia e me lo misi in spalla. Mi riinfilai l’arco a tracolla, controllai che le pozioni di guarigione fossero ben fissate alla cintura e partii verso nord.
Quasi subito mi fermai.
Sebbene fossi molto stanco i miei sensi allenati avevano captato un movimento. Mi voltai verso ovest e guardai. Nella totale immobilità di quel paesaggio desertico una figura si muoveva rapidamente nella stessa direzione che volevo seguire io. Era un uomo. Anch’egli proveniva da sud come me, quindi doveva aver attraversato il deserto. Solo in pochi erano in grado di farlo da soli, senza una cavalcatura o dei compagni su cui fare affidamento, e quei pochi li conoscevo tutti. Dovevo scoprire chi fosse.
Scesi rapidamente dalla collina e mi misi a correre veloce come il vento del deserto verso nord, in modo da superarlo e potermi nascondere più avanti in un punto dove lui sarebbe passato.
L’uomo non sembrò accorgersi di me; io raggiunsi i primi arbusti dove la natura cominciav

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: Daniele P


Breve incanto

Nelle prime ore del mattino Grazia si trovava sul treno per Venezia, proveniente da Zurigo, non aveva riposato; il viaggio notturno era stato disturbato dall'andirivieni dei passeggeri e dal controllore che si era affacciato allo scompartimento qualche volta di troppo. L'aria era viziata; avrebbe voluto spalancare il finestrino per respirare la tiepida primavera ormai arrivata. La prostrava una stanchezza profonda, un indebolirsi delle energie, tanto che anche la voce le si era fatta fievole.

Si era appisolata quasi all'alba ed al risveglio si era accorta d'aver dormito durante l'aggancio della sua carrozza ad un altro convoglio diretto a Venezia.
Era stata ricoverata per mesi all'ospedale di oncologia della città svizzera, tra i più avanzati in Europa ed erano stati per lei mesi lunghi, di interminabile attesa dell'esito della terapia sperimentale alla quale si era sottoposta.

Aveva vissuto tutto quel tempo chiusa in sé stessa e senza poter avere il conforto dei suoi cari. Il padre trascorreva lunghi periodi in Costarica nella fabbrica che aveva fondato; la madre accudiva alla casa ed al fratello che lavorava nello stabilimento italiano del padre.

La speranza non l'aveva mai abbandonata; si era fidata ed aveva fatto bene perché ciò che le era stato promesso si era avverato: ora poteva stare tranquilla e sperare con serena certezza nella completa guarigione.

Per la cura aveva lasciato il suo lavoro, la sua città, tutte le persone che le popolavano la vita. Ora il rientro le suscitava allegrezza; finalmente avrebbe detto ai suoi cari che gli esami clinici avevano dato l'esito sperato, che il tumore si era praticamente dissolto sebbene sarebbero occorsi alcuni anni per la definitiva diagnosi di guarigione. Ma intanto già poteva godere di un benessere fisico e psicologico che, soltanto poco tempo addietro, non avrebbe potuto prevedere. Al ricovero era grave e la prognosi riservata.

Da casa nessuno era potuto andare a riprenderla: suo padre era

[continua a leggere...]

   6 commenti     di: Verbena


I Tagliatori

"L'avventura che sarebbe durata 53 anni o forse anche di più sarà raccontata da me grazie a una carta volata nel tempo che mi permette di conoscere la storia di coloro capaci di saltare..."

L'avventura che sarebbe durata 53 anni o forse anche di più vi sarà raccontata da me attraverso un foglio contenente una storia ricca di mistero e di paura.
Tutto iniziò nel 1999 quando in Scozia nacque Jonathan Long, egli faceva parte della stirpe dei Tagliatori, un'antica stirpe basata sui principi del combattimento, egli fu abbandonato a soli quattro anni dalla sua nascita da sua madre, una donna che aveva attraversato l'inferno per suo figlio, che lo lasciò ad un vecchio esperto, in campo di combattimento. Il vecchio aveva un nipote, che fu riconosciuto, da quel momento, fratello di Nathan.
I due ragazzi furono allenati sulla concentrazione, sulla velocità e furono istruiti come veri Tagliatori fino a che non diventarono Tagliatori completi.
Quando compirono diciotto anni dovettero partire facendosi una promessa, che un giorno si sarebbero rincontrati e, così fu.
Quando tornò Nathan disse a suo fratello, dopo essersi salutati "Cosa ci fai qui?" a quel punto il fratello rispose "Potrei farti la stessa domanda, lo sai Jonathan?" "Sì" In un istante il fratello sfoderò la spada e disse "Combatti Jonathan, o forse preferisci Nathan?" e lui rispose
"Ma di che diavolo stai parlando?"
"Lo sai benissimo di che sto parlando"
"No, non lo so"
"Ok, ora ti rinfresco la memoria, ti dice qualcosa vecchio, maestro e morte"
"Che cosa stai cercando di dirmi?"
"Che il nostro maestro è morto e che tu sei stato ad ucciderlo"
In quel momento sferrò la spada contro Nathan che la schivò e disse "Se vuoi un incontro va bene, andremo alla stazione abbandonata"
Il tragitto fu breve; quando arrivati alla stazione e saliti fino in cima Nathan esclamò "Con o senza armi fratellino?"
"Con armi, Jonathan"
Sfilarono le spade e iniziarono a battersi spiccando salti e facendo cap

[continua a leggere...]




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Avventura.