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Racconti fantastici

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Sono un cane

Sono un cane.
Spesso abbaio, però non mordo... quasi mai.
Il mio creatore è riuscito a farmi scrivere queste confessioni. Adesso sono contento.
Spesso noi cani non riusciamo a comunicare come vorremo con l'uomo. Una volta ricordo che volevo giocare con dei bambini però quelli credo si siano spaventati perché sono scappati di corsa e poi, a un certo punto, hanno cominciato a lanciarmi sassi.
Ahi!
Però ammetto che a volte la colpa è anche nostra. Dei cani. Si dice che fra cani non ci si morde, però non è vero. Ricordo quella volta che Rickie il cane grande bianco mi diede un morso forte sulla zampa.
Ahi!
Quindi capisco che la gente possa aver paura di noi perché anche i cani che abbaiano talvolta mordono.
Io non mordo però... quasi mai.
A volte piango. Guardando la luna. A volte gioco con i gatti. Loro però sono molto nervosi quando ci avviciniamo e allora ciò rende nervosi anche noi. Io però non mi innervosisco. Mi piacciono i gatti.
Buoni... per giocare.
Una volta mi sono innamorato di una cagna. A chi non è mai capitato? La cagna era molto bella, molto magra per la sua razza e molto seducente. Però la cagna non ne volle sapere e scappò con Louis il cane vagabondo, che invece di un occhio ha un X. Louis è un cane scuro grigio-nero, abbandonato da piccolo e cresciuto da gente violenta che lo maltrattava. Suona l'armonica Louis. La cagna se ne innamorò subito, mentre la luna cantava una dolce melodia e io lontano abbaiavo verso l'impossibile. La cagna però dopo un po' ebbe necessità di novità e quindi lascio anche Louis e la sua armonica dietro le note del jazz. Scappò allora con John che suona il sax, che è un grosso cane nero elegantemente trasandato. La storia durò poco perché la cagna fu catturata dall'accalappiacani. E allora non volli più innamorarmi.
Fino ad oggi...

   4 commenti     di: David Di Meo


Duleia

Decise che quel sapore acre che gli riempiva la bocca non lo soddisfaceva più. La luce si inarcava progressivamente, lasciandolo sempre più solo e dimenticato. Nonostante la presenza di altre persone attorno a lui, Samuel non riconosceva altro vivente che non fosse lui. Le luci del giorno morente riempivano di ricordi la mente, mentre i neon insistenti ferivano le pupille e trasmettevano al cervello vibrazioni sgradite. Se ne stava così, accoccolato, racchiuso in sé come un animale ferito che attende la sua rovina. Ed era proprio così. Controvoglia, a malincuore, Samuel stava morendo. Era come se tutte le voci che lo circondavano, insistenti e urlate, gli ripetessero una sola, unica frase: "Stai per morire, manca solo qualche ora..."
Non ricordava precisamente come avesse fatto ingresso in quel luogo asettico e bianco, forse non voleva ricordare semplicemente. Di fianco a lui una lunga lista di grigie parvenze umane, in attesa dell'indefinito. In fondo una lunga striscia nera che separava due ante bianche quasi invisibili. Oltre, solo l'oblio. No, forse si sbagliava, quelle persone non erano come lui. Le distingueva un'impassibile rassegnazione al destino, mentre lui ancora si dibatteva come una mosca in barattolo. Samuel era ancora vivo, anche se le sue cellule si stavano disintegrando a ritmo rapidissimo. Il suo cuore batteva più lento ogni ora, ma la rabbia lo accoglieva materna e gli consentiva di respirare un po' meglio, con meno fatica.
Chi si scopriva malato terminale doveva soccombere, a Duleia il corpo era il tempio dell'anima, nulla poteva offuscare la sua limpidezza. Chi si macchiava di questo crimine era gentilmente invitato a recarsi dove si trovava ora Samuel. Quello che accadeva poi era scontato, ma nascosto come un tabù ancestrale. Poche ore separavano i morti viventi dalla loro fine, nessuno poteva raccontare cosa sarebbe accaduto. I più trascorrevano i giorni antecedenti con angoscia, dimenticando di assaporare il gusto delicato della vita

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Storie vere in caramelle:la danza dei colori 3a parte

BIANCO
Bianco, anzi Madame Bianco, quando ricevette la lettera d'invito, rise dolcemente come era suo solito. Era delicata, non alzava mai la voce e si muoveva in casa come se danzasse.
Aveva appena ascoltato le "quattro stagioni di Vivaldi e le sembrava di aver vissuto per un anno intero lì fra tutte, ma quella che preferiva era l'inverno che, nel secondo movimento, rappresenta la caduta della pioggia sul terreno ghiacciato, la bellezza di una camminata in mezzo alla neve e al vento o del riposo davanti a un camino scoppiettante.
" È bella la neve" pensava Madame Bianco "Perché io le do tutta quella luce che fa apparire il bianco. Io sono il bianco! Io esprimo la speranza per il futuro, la fiducia nel prossimo e nel mondo in genere. Rappresento lo stato di purezza, la spiritualità, la divinità, i nobili sentimenti. Io dipingo il Paradiso, l'Eternità.
Molte volte sono stata costretta al silenzio e al freddo.
Con mio grande dispiacere, perché il silenzio lo puoi colorare come vuoi, non necessariamente di bianco.
Sono orgogliosa di colorare i sacerdoti nelle cerimonie religiose, di vestire di bianco le spose.
Da qualche centinaio di anni Newton ha scoperto il mio segreto: io sono la somma dei sette colori dell'iride. In quel lontano 1672 poteva tacere... stavo bene così com'ero, credevano fossi un colore vuoto, senza nulla... me ne stavo a poltrire senza disturbare nessuno.. dopo la scoperta tutti a chiedere dai dacci il giallo! dacci il viola! ed io così donavo, mi toglievo ogni giorno un pezzetto di pelle.
Chi mi conosce mi ama. mi percepisce come il colore più luminoso, il più limpido, il più chiaro.
È vero mi hanno insegnato fin dalla più tenera età a diffondere tutte le radiazioni della luce solare, sono onestissima, non ne ho mai assorbito una. Per questo qualcuno mi giudica ingenua e innocente allo stesso tempo. Io appartengo ad un'altra generazione, oggi purtroppo, in molti sono diventati, specie in politica, dei

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   1 commenti     di: antonina


Il Ritorno del Re

Pete Darner inserì la ID card nella stretta fessura dell'Access Checker ed attese che il vecchio processore di quella scatola di latta completasse i controlli di rito. Infischiandosene del cartello che proprio accanto a lui ammoniva di non fumare tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di Lucky Strike e s'accese una bionda, ispirando veleno con il tipico piacere masochistico del fumatore incallito.
- Sto fumando! - gridò, e la sua voce echeggiò nel vuoto atrio d'ingresso della Cryosleep - Arrestatemi, teste di cazzo!
Naturalmente nessuno l'udì; a quell'ora tutto il personale era a casa da un pezzo, e la Cryosleep aveva da parecchi anni sostituito i vigilanti umani con programmi di sorveglianza automatizzata molto meno dispendiosi e decisamente più efficienti, quindi Darner era solo là dentro. Certamente le macchine avevano già registrato l'infrazione ed un rapporto dettagliato su quella sua incursione notturna - assolutamente contraria ad ogni regolamento interno - sarebbe prontamente finito sulla scrivania del vicedirettore Grady, ma di questo non gli importava nulla poiché aveva già deciso di licenziarsi. Avrebbe messo su un locale assieme a suo fratello, di lì a poco, culi e tette di belle ragazze ubriache avrebbero sostituito il grigiore asettico di quel posto cui aveva regalato fin troppi anni di vita. Prima però doveva svegliare qualcuno, e doveva farlo quella notte.
- DARNER PETER. - gracchiò finalmente la voce asessuata dell'Access Checker - TECNICO DI CLASSE ALFA ADDETTO ALLA MANUTENZIONE DELLE CAPSULE. ACCESSO CONSENTITO.
Un'inferriata d'acciaio - elettrificata fino a pochi istanti prima - si spalancò per lasciarlo passare, Pete avanzò nello stretto corridoio illuminato da luci al neon rettangolari che conduceva all'Area Sette. Un'altra porta, in kevlar, gli si aprì di fronte al termine del tragitto, Darner questa volta l'attraversò un po' meno spavaldo di prima. Stava rischiando grosso, e lo sapeva bene.
L'enorme stanza

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Bravi, violenti ragazzi

I ragazzi erano riuniti nella sede del Grifone fans club da battaglia nel centro storico di Genova, in Via San Luca. Dovevano organizzare le coreografie e i combattimenti per la successiva domenica di campionato, quando il Genoa avrebbe giocato in casa della Lazio.
Quell'anno entrambe le squadre si erano dimostrate mediocri ed erano impelagate nella lotta per non retrocedere. Per fortuna ci pensavano gli ultras a tenere alto l'onore delle rispettive società. Nel campionato che li riguardava di persona, infatti, i fans club di Genoa e Lazio lottavano per lo scudetto parallelo, appaiati in terza posizione, staccati di quattro lunghezze dai guerrieri al vertice, i temibili e spietati Atalanta fauns, e di due dagli Inter constrictors.
I Grifoni, ultras del Genoa e campioni in carica, avevano testa, cuore e fegato a sufficienza per puntare di nuovo allo scudetto. Inoltre sapevano infierire su ogni avversario in difficoltà in maniera così crudele da rasentare addirittura l'arte con la A maiuscola. Le nullità che ogni domenica calcavano il "campo verde", cioè il tradizionale rettangolo di gioco in erba, e infangavano i colori del Genoa, moltiplicavano nei ragazzi le energie e la rabbia da scaricare sul loro terreno di gioco, il cosiddetto "campo grigio", le gradinate in cemento.
Il match di andata tra le due bande metropolitane organizzate era stato intenso, sofferto e combattuto, con oltre un terzo dei lottatori schierati costretti all'abbandono prima del termine. Alla fine era stato dichiarato il pareggio, l'unico subito dal Genoa nel corso del girone di andata, e adesso, dopo un'infinita serie di proclami, entrambe le formazioni attendevano con ansia il giorno della resa dei conti.
In quel momento i ragazzi stavano discutendo sulla tattica migliore da utilizzare in battaglia.
"Le Aquile Lazio attaccano sempre sulle linee centrali." - disse il biondo e robusto Gran Grifone Sergio Papa, il capo, anzi, il Papa, com'era ormai noto in tutta Italia i

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   9 commenti     di: Massimo Bianco


Il treno dei sogni

Uno strano treno è giunto stamane nella stazione di Roma S. Pietro, si, proprio strano, sopra non c'era nessuno, neanche sul locomotore, c'era nessuno... poi il Papa in persona si è affacciato da una finestra, ha impartito la sua benedizione ed il treno è ripartito, ha iniziato il suo viaggio verso nord, per essere strano era strano davvero, ogni tanto rallentava, si fermava, si aprivano le porte ed i finestrini ma nessuno saliva... almeno all'apparenza, si, perché la verità è che questo treno sapeva benissimo dove e quando fermarsi e qualcuno, anzi qualcosa, saliva ad ogni sua sosta, salivano i sogni, salivano i sogni delle persone che sognavano anche ad occhi aperti e questo treno lo sapeva e li raccoglieva tutti, gli faceva fare proprio un bel viaggio a questi sogni, tutto il lungomare dell'alto Lazio e poi quello Toscano, poi ancora più su la Liguria fino a Ventimiglia, lì raccolse tantissimi sogni, quelli di persone fuggite da fame e guerre e che non potevano andar via da lì perché la "politica"..."che parola strana, cosa c'entra con i sogni, i sogni sono liberi e non hanno confini, non li conoscono affatto!" Bene, lì entrarono talmente tanti sogni soprattutto quelli dei bambini erano così tanti, che si dovette aggiungere un altro locomotore ed altre vetture poi il treno ripartì passò sotto le Alpi le Fantastiche Dolomiti, poi giunse a Bolzano, qui si riempì ancora di tantissimi altri sogni, le nazioni, la politica... fermavano, ma i sogni partivano lo stesso e gioiosamente riempivano il treno, poi si sollevò di pochi centimetri e passò dentro la laguna veneta, passò sul canal grande, si fermò davanti Piazza S. Marco e li gli occhi dei sogni e le loro bocche rimasero affascinate ancor di più dall'ingegno umano e dalle sue capacità artistiche, poi riprese i binari e scese giù lungo tutto il mare adriatico, passò per L'Emilia le Marche, l'Abruzzo, fece un bel giro in Puglia ed i sogni si accumulavano, il treno diventava sempre più lungo, m

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   4 commenti     di: leopoldo


Il mare ritorna

Ho sognato di andare al mare ed appena arrivato, l'ho visto lentamente ritirarsi e lasciare solo sabbia al suo posto... poi una voce dal tono profondo all'improvviso dice: "basta, non meritate più il piacere delle mie onde, del dolce cullarvi con il mio movimento, immergervi per guardare le mie meraviglie sommerse, avete profanato ed inquinato troppo la mia esistenza, mi ritiro e vi lascio ciò che meritate:sabbia solo un'arida distesa di sabbia!" Incredulità, sgomento e per qualcuno paura sono i sentimenti che assalgono tutti i presenti all'evento, il silenzio viene rotto solo dal pianto di tutti i bambini presenti, allora grido dalla parte dove prima c'era il mare "cosa dobbiamo fare per farti tornare?"Nessuna risposta, solo vento e sabbia, mi avvicino dove prima arrivavano le onde e vedo un oggetto, lo raccolgo e lo mostro a tutti i presenti, è un palloncino colorato ed allora ho un'intuizione sul segnale che il mare ci ha lasciato, i palloncini li usano i bambini per giocare, qui tutti loro stanno piangendo se costruiamo delle mongolfiere dicendo loro che è un gioco e li convinciamo a salirvi sopra quando raggiungeranno la parte opposta potranno scendere e chiedere a mare di tornare! La maggioranza dei presenti mormora commenti negativi, qualcuno avvicina il dito indice alla tempia per farmi capire che sono matto, ma accade una cosa sensazionale, tutti i bambini, nessuno escluso mi circondano e mi chiedono urlando, saltando tirandomi per le braccia, come si costruisce una mongolfiera? Non lo so gli rispondo ma dobbiamo provare a farlo, a quel punto qualche genitore, fratelli e sorelle più grandi si avvicinano e cominciano a prendere sul serio l'idea. Siamo in tanti ognuno di noi può essere utile, cerchiamo e troviamo quello che serve per costruire più mongolfiere possibile e qualcuno che sa governarle per accompagnare i bambini, nel giro di pochi minuti la spiaggia si svuota e tutti partono alla ricerca del necessario per riavere il mare. Non so quanto tem

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   4 commenti     di: leopoldo



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