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Racconti fantastici

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La sfera dorata

La voce... e la melodia... che accompagnava la ninna nanna... erano cosi` dolci... ma cosi` dolci... che i nostri protagonisti... non poterono resistere al pesante abbraccio di Sonno... e cosi` infatti... subito si addormentarono. Ma Sonno, che e` sempre coi` stanco... e privo di energia, come al solito, affida subito i suoi ospiti... a chi?
A Sogno, suo fratello! Lui si... che ha sempre tanta energia... e poi Sogno e`.. anche.. un provetto intrattenitore.
Infatti lui, che ama stupire, si mette subito all`opera ed immediatamente e magicamente, come solo lui sa` fare, trasporta i nostri cari amici nelle sue misteriose terre... e.. con i suoi poteri magici... fa` apparire persino dal nulla... una grande... sfera... di luce... dorata.
I nostri amici, che non sapevano... di essersi addormentati... e di essere finiti... nelle mani del mago per eccellenza... si cominciarono a domandare.. prima di tutto dove fossero finiti! Il panorama infatti... dopo tutto sembrava essere cambiato. Non c`era piu` la loro stanzetta verde smeraldo... dalle tendine rosa che piacevano tanto a Susanna... la sorellina mediana.. e poi... che facevano... in piedi... in un... non dove... invece di essere stesi nei loro lettini... E poi cos` era mai... quella strana.. . cosa.. luminosa... che si presentava ai loro occhi... e soprattutto da dove veniva... poiché mai avevano visto una cosa simile... ad occhi aperti. - che in realtà`erano chiusi -
La sfera luminosa... era cosi`bella... che i tre... non potevano fare altro... che guardarla e riguardarla... a bocca aperta... muti... sbalorditi... ammaliati... imbambolati.
Sogno sa` proprio come intrattenere i suoi ospiti... e non perde mai l`occasione per mettersi in bella mostra.. . specialmente... in quel modo.. intrigante... che.. . solo lui sa` sfoggiare.. . aiutando cosi`... anche.. . il fratello Sonno... che ahimè... sembra che non abbia molta fantasia... e quindi non si può` certo... non dire che... Sogno... pur essendo un po` tanto...

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   0 commenti     di: Tullio


Se salta fora la locandiera. (3 e ultima parte)

Secondo il testo della commedia, la locandiera appare durante il primo atto, alla scena quinta. Prima del suo ingresso si assiste ad un lungo dialogo tra i protagonisti maschili, tutti ospiti della locanda, i quali si intrattengono tra loro, scambiando opinioni in merito al mondo femminile, argomento certamente trattato con molta disinvoltura nel '700. Goldoni , insomma, ci fa capire con quale qualità di uomini (e con quali pregiudizi) Mirandolina avesse a che fare; e ciò pur essendo lei " donna pericolosa" - secondo la definizione che ne diede lo stesso Carlo - in quanto faceva innamorare di sé i più " orsi " e poi li faceva soffrire come " cani".

Da dietro le quinte assistevo attenta ai dialoghi del Cavaliere , del Marchese e del Conte.
Nel mentre mi preparavo all'ingresso, sentii bisbigliare l'assistente del regista, la quale si doleva che in platea non c'era il pienone tanto atteso. Purtroppo il pubblico, deluso dall'assenza della prima attrice, aveva in parte defezionato. Questa circostanza non mi fece affatto demordere. Sentii dentro di me Mirandolina prepararsi al debutto. Scalpitavo dentro alle mie piccole pianelle.
All'inizio della scena quinta entrai con il garbo richiesto dal commediografo e la mia prima battuta, rivolta ai gentiluomini, fu :
" M'inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda di lor signori? "
Mirandolina si trovò immediatamente a proprio agio . Io e lei ( che fosse , a questo punto non capivo più nulla) recitammo all'unisono. La grande stanza della locanda non pareva un artifizio di quinte teatrali , ma l'ambiente caldo ed accogliente di una autentica antica locanda. Mi sembrò persino di annusare odore di buon cibo messo a cuocere.
Mentre si scambiavano le battute tra gli attori, avvertivo che l'italiano goldoniano che mi usciva dalle labbra, per spirito della locandiera, era di timbro e di pronunzia assai diversi non solo dall'italia

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il bucvher

I fiochi raggi solari salirono ad investire il viso di Wiliam Rogers, questi con un gesto impaziente si girò dall'altra parte tirandosi fin sopra la testa le candide coperte di lino, e sporgendosi con il braccio sinistro e la gamba verso l’altra metà del letto matrimoniale:
-un momento- si disse – io non ho mai avuto un letto matrimoniale, né tanto meno coperte di lino!-
Come svegliato da una secchiata di acqua gelida fece per rizzarsi a sedere.
Stump colpì violentemente con la testa qualche cosa che sporgeva sopra di lui:
“ Ma porca puttana! “ esclamò mentre qualche cosa gli rotolava sopra il grembo.
Con gli occhi ancora offuscati dal sonno cerco coi propri sensi di orientarsi, nella soffusa luce che bieca entrava dalle imposte, poté solo farsi un idea di dove si trovasse, gli oggetti avvolti nel semi buio non gli erano di certo familiari, e non percepiva niente che gli ricordasse la sua dimora in Gilder Street a New York.
Con la testa ancora pulsante dal dolore, annaspò con la mano in cerca di un interruttore, o qualche cosa del genere, ma come era comparsa improvvisamente l’altra metà di letto, era scomparso inevitabilmente anche l’interruttore che si trovava sopra il suo letto, decise quindi di andare alla finestra, aprì le imposte e vide che si trovava in un ambiente totalmente conforme, le pareti erano tutte di metallo e i pochi mobili che si trovavano nel luogo sembravano compattarsi al meglio con la stanza.
Sempre massaggiandosi la testa Will spinse un bottone rosso simile a quelli anti incendio, ancora non era consapevole di ciò che gli stava succedendo e lui era in quella famosa fase di negazione che ogni essere umano assume quando non sa cosa gli stia accadendo.
Una lastra che comprendeva il muro di metallo scivolo elettronicamente alla sua destra aprendogli un varco simile ad una specie di porticina, Will imboccò la porticina e si ritrovò in uno stretto corridoio illuminato da luci al neon che scendeva inclinandosi come u

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I tre angeli custodi cap 3 Leira

Per quanto fosse di natura ribelle, Leira aveva un gran rispetto per sua “madre” e ne accettava gli ordini, anche se spesso le sembravano strani; ad esempio non capiva perché mai non andassero mai insieme nel villaggio vicino, ogni volta, Wanta, ci andava da sola, nonostante le accorate suppliche della piccola…

Comunque, aveva precocemente imparato a leggere e scrivere e far di conto…così, quando restava sola, tirava fuori i libri dalla cassapanca, e assieme anche i fogli e l’inchiostro e, affilata una penna, spesso scriveva …raccontando a se stessa le sue scoperte, i suoi giochi, le sue avventure nel bosco, i suoi sogni; ecco, i suoi sogni; spesso le capitava di sognare di trovarsi su in alto nel cielo, come se stesse volando, e da lì osservava le lucine della valle e le anse del fiume che l’attraversava…
Spesso sognava di essere sola nel bosco, inseguita da un “nemico sconosciuto” senza volto, senza forma, un “nemico” e basta; un “nemico” che voleva, lei ne era certa, farle del male, addirittura ucciderla…strillando di paura si svegliava di soprassalto e si lasciava cullare, dalle ruvide braccia di sua madre, prontamente accorsa.

Spesso sognava una voce, sì, una voce che dal nulla le diceva :- Leira, piccola regina, ascolta, devi essere paziente, devi accettare la disciplina di tua madre, devi eseguire i suoi ordini, poi, un giorno, quando il Gran Consiglio avrà deciso che sarà il momento giusto, tu diventerai…….-
E lì, il sogno, sistematicamente si interrompeva, mai, era riuscita, a sentire cosa sarebbe dovuta diventare, e quando ne parlava con Wanta, chiedendole se sapesse cosa fosse il Gran Consiglio, restava disillusa perché la madre faceva spallucce, guardandola come fosse una matta!

Comunque di una cosa era certa, sentiva di essere diversa, speciale, unica, perché avvertiva nello scorrere del suo sangue una forza particolare, avvertiva che tutti gli animali del bosco ai quali si avvicinava, la guardavan

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   5 commenti     di: luigi deluca


Alla fontana lattea

Anno 10. 000, dopo un estenuante battaglia i piloti del caccia g2m6t5, costretti a nascondere il segnale di comunicazione che li univa all'astronave madre per non essere intercettati, si trovano alla deriva nello spazio ed entrano nell'orbita di un pianeta dall'atmosfera compatibile alla loro respirazione; con le apparecchiature disattivate non riescono ad avere un idea degli anni luce che li separano dal loro pianeta natale, ma dovevano essere veramente tanti e uno dei due piloti approfittando della mancanza di un controllo elettronico scherzò(scherzare era vietato): "dovremmo essere ad un'eternità-luce da casa" ... l'altro che non si fidava dei processori microcontrol che c'erano sulla nave neanche se erano spenti non accennò neanche un sorriso... Comunque, nonostante la freddezza infilatagli nel DNA da generazioni, atterrando entrambi provarono la stessa sensazione di accoglienza e dimenticando superficialmente di effettuare le manovre di sicurezza da effettuare comunemente per evitare di entrare su pianeti ostili, si ritrovarono a camminare sulla superficie del mondo sconosciuto...
Già, camminare... un azione che veniva inserita nei cervelli alla nascita, ma che nessuno aveva mai fatto da almeno mille astroannispaziali, il movimento cinetico e ancor prima i piedi bionici rendevano superfluo sapere camminare.
La superficie che calpestarono appena usciti dall'astronave era ruvida, ma lineare e color rosa non più lunga di 10 mitrian e non più larga di 5 mitrian con alle estremità della lunghezza due pali ai quali era attaccato con un sistema rudimentale un piano rettangolare e un cerchio metallico con una rete bucata... i due si guardavano intorno, mai avute sensazioni simili dal solo osservare, e dopo un centinaio di passi arrivarono davanti ad un monoblocco di pietra dal quale sporgeva un piccolo tubo color orauser dal quale a sua volta usciva un liquido trasparente che pareva avesse una sua forza di gravità... era l'acqua; Spike cominciò a bere.

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Abrenet 2

Un uomo dal volto coperto si avvicinò cauto alla porta di una casupola, quasi un capanno, dall'aspetto cadente. Non aveva finestre e sembrava fosse disabitata da tempo. Il comignolo non fumava e le luci erano spente. L'uomo legò il cavallo ad un albero e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno lo avesse seguito. Dopo aver verificato che nessuno potesse spiarlo, portò le mani alle tempie chiudendo gli occhi e iniziò a declamare strane litanie, rotolandole tra i denti. D'improvviso il comignolo prese a fumare e una sottile luce ammiccò da sotto la porta. Era quello che si aspettava. L'uomo entrò con circospezione, tenendo gli occhi bassi. Appena all'interno, gli occhi incollati al pavimento, si mise in ginocchio, con un braccio sul petto e salutò
-" Sia lode a te, Maestro Abrenet. Ti rendo omaggio."
Nessuna risposta. La grande tenda nera che nascondeva la parete prospiciente l'ingresso ondeggiò leggermente come mossa da un refolo di vento.
L'uomo toccò l'amuleto che teneva al collo e riprese a parlare
-" Maestro, credo di aver trovato ciò che fa a caso vostro" deglutì e continuò
-" C'è un giovane non lontano da qui. Ha diciassette anni" attese qualche secondo come se si aspettasse una risposta poi riprese a parlare molto lentamente come se ogni sillaba gli pesasse
-"Si è fatto assoldare come sicario, l'unico lavoro che ha trovano per sfuggire alla fame, e ora si appresta a compiere il suo primo omicidio"
La tenda parve fremere di piacere.
-"Un omicidio compiuto da un innocente" continuò l'uomo inginocchiato quasi sillabando soffermando la voce su quell'ultima parola, innocente. Poi, mellifluo
-"Le darà forza. Si chiama Nafer, può trovarlo in una locanda a un chilometro da qui, prendendo il sentiero a Nord. Un omicidio compiuto da un innocente" ripetè, poi dopo un attimo di silenzio:
-" Si ricordi di me, Maestro".
Finito di parlare attese qualche minuto un cenno di risposta, titubante come se fosse incerto sul da farsi;

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   2 commenti     di: Ivano Boceda


Il pianeta della felicità

Non siamo soli in questa galassia... immersa nell’infinito spazio di stelle luccicanti, nell’immenso cielo scuro che come un mantello avvolge il mio terrazzo..
Volgo gli occhi in su e scruto le stelle sperando di vederne cadere una. Eccola! Come una delicata fiammella parte da non so dove, per finire dritta nel mio cuore affinché anch’io, finalmente, possa esprimere il mio desiderio nella notte di san Lorenzo!
Quale potrebbe essere l’oggetto del mio desiderio? Ci sono davvero oggetti e situazioni in grado di rendermi felice? Ma ecco con grande sorpresa che mi accorgo di non poter essere più felice di così,
perché amo tutto ciò che mi circonda, e il fatto stesso di aver visto quella minuscola stella mi ha
colmato il cuore! È con gioia immensa che mi tuffo nelle morbide e calde coperte pensando ancora a quell’attimo che, a mia insaputa, avrebbe cambiato la mia vita.
Avete presente il momento in cui siete tra sonno e veglia? È in quell’istante che un odore sconosciuto inonda la mia camera... vedo un fumo denso e verdastro che fuoriesce dalla presa elettrica facendo sciogliere il carica batterie del mio amato Mp3.
Non ho la minima idea di ciò che sta accadendo e come per pura magia il fumo si trasforma in tre piccoli esseri verdi dai volti buffi che con i loro occhietti spalancati mi osservano. Ci accomuna un’unica cosa: il terrore di avere di fronte un essere completamente sconosciuto. Loro hanno paura di me, io di loro!
Si sa l’ignoto gioca cattivi scherzi, ma non avrei mai pensato che nella mia cameretta si sarebbero materializzati degli extraterrestri, venuti sulla Terra da lontano su di una minuscola stella cadente... e che per giunta parlassero italiano!
“Quanto sei brutta! ” mi dicono disgustati ed inorriditi dalla mia figura. Io sono pietrificata come se la lava del Vesuvio mi fosse caduta addosso... vorrei dire loro di non aver mai visto in vita mia esseri più brutti, ma mi hanno insegnato una discreta educazione e non poss

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   1 commenti     di: Stella Spina



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