Il corvo osservava il contadino ormai da ore, dall'alto di un ramo secco, sul vecchio ulivo. Da lassù, i raggi del sole parevano acquisire una tinta verdastra, e la valle assumeva un 'aria antica, immobile.
Mirava il paesaggio, mentre le nodose mani del fattore passavano instancabilmente da un frutto all'altro.
Li carezzava, li soppesava senza staccarli dal picciolo, ed infine li lasciava con aria delusa.
"Povero sciocco" gracchiò l'uccello "non troverà mai quel che sta cercando." Ridacchiò, si sistemò, comodo ed attese.
"La pazienza è la virtù dei morti" continuava a ripetere fra sè e sè il vecchio contadino, febbrilmente. "La morte mi sta osservando e devo fare in fretta!".
Cercava e cercando le sue mani si facevano sempre più rugose di pomo in pomo ed i suoi occhi parevano seccarsi ogni volta che riponeva un frutto.
"Non è nemmeno questo!! Maledizione!"
Si concesse un attimo di respiro.
Il vento passò fra i suoi capelli, come una carezza, una calda promessa, mentre il sole si allontanava sempre più, all'orizzonte...
"Prima che faccia buio" singhozzò.. ma le tenebre avanzavano.
Dieci, venti, cento frutti erano passati per le sue mani, ma ancora nn c'era segno che indicasse che presto avrebbe trovato quel che cercava.
Iltempo si stava esaurendo e la promessa che la Nera Signora gli aveva fatto la notte precedente diventava ad ogni respiro più concreta.
"Che si sia trattato solo di un sogno?"
Ma allora... cos'era quella morsa gelida? Quell'ineluttabile sensazione, anzi, quella certezza che ogni cosa intorno a lui si sarebbe potuta dissolvere da un momento all'altro.
La grande verità espressa dal corvo, macabramente appollaiato sull'ulivo, si manifestò in un susseguirsi di versi gracchianti, ma l'uomo non li comprese...
Nemmeno li ascoltò, preso com'era nella sua frenetica apnea.
"Stupido contadino" ridacchiò l'uccello "farsi influenzare così da un semplice sogno.."
Come aveva previsto, l'uomo si ac
La proposta -
Entriamo nel bar e ci sediamo nella sala the.
Incominciamo a discutere un po' di tutto, tralasciamo accuratamente e volutamente di parlare di me, lui è una persona molto sensibile, è cresciuto senza madre, è mancata all'improvviso, quando era un bambino, il padre fa il muratore, lavora sempre nei cantieri e non ha mai avuto il tempo da dedicargli; per fortuna siamo amici ed i miei genitori lo hanno trattato come se fosse un altro figlio regalandogli un po' d'affetto, prendendosi cura di lui, non è stata una bella giovinezza, è cresciuto in fretta, presto è diventato un uomo. Ha iniziato a lavorare a quindici anni presso un negozio di fiori, faceva il garzone consegnando i pacchi a domicilio, in breve tempo imparò tutto nel settore della floricoltura, un giorno insieme ad altri due amici hanno deciso di andare a fare fortuna in Francia, Gerard è un bel ragazzo, alto un metro e settantacinque, occhi verdi e capelli castani, un ragazzo dalle idee chiare, ha subito saputo cosa chiedere alla vita, un tipo spregiudicato soprattutto con le donne. In poco tempo la fortuna si accorge di Gerard e con sapienza si costruisce un'ottima posizione sociale.
Dopo circa mezz'ora che siamo nel bar, decidiamo di andare a casa, voleva vedere il mio alloggio, saliti in auto andiamo e dopo cinque minuti siamo giunti sotto il mio portone.
"Ecco gli dico: siamo arrivati parcheggia".
"Bene scendi pure".
Entriamo in casa, (una stanza abbastanza ampia con angolo cottura ed un bagnetto mal ridotto) Gerard si rende subito conto di come vivo, è molto esperto e con garbo dice:
"La vita ci mette sempre alla prova, capisco le tue amarezze, penso a tutte quelle persone che vivono così da sempre, per loro il buio diventa avvolgente".
"È vero, vivere la vita in questo modo è demoralizzante".
"La differenza tra te e loro, sta nel fatto che vivono da sempre questa vita, non conoscono il vizio ed il lusso, non soffrono molto la diversità rispe
- Forza, portatelo al patibolo! Sbrigatevi!! Cosa aspettate? Che muoia di vecchiaia?-
-non potrebbe mai succedere capo... -
-si, lo so. Ma sbrigatevi!-
Un'anima.
Era l'ultimo. L'ultimo di quella razza che aveva rovinato il mondo fino a portarlo alla distruzione. La situazione era gravemente peggiorata dopo la creazione dei primi computer: tutto era progredito troppo in fretta e l'apice confluiva in questo tragico momento.
Erano stati loro a ridurre la terra in quello stato pietoso. Arida. Nuda. Morta. Eppure gli era stata donata, avrebbero almeno potuto portarle un po' di rispetto.
L'hanno sfruttata, bruciata, maltrattata, violentata, uccisa.
Ora non avranno più occhi per piangere perché noi riusciremo a riportare l'ordine attraverso l'eliminazione di quell'ultimo essere appartenente a quella razza indegna.
Il condannato fu posto davanti un muro.
La procedura per eliminarlo era piuttosto semplice anche se avevano impiegato un po' di tempo per capire come disattivare quella creatura.
Per capire come rimediare agli errori compiuti.
Anzi era addirittura troppo semplice.
All'inizio avevano creduto che fossero immortali, invincibili, senza accorgersi di quanto in realtà fossero fragili.
La creatura procedette lentamente zoppicando ed emettendo un suono metallico ad ogni passo. Le catene o forse altro. Sangue ferreo gli scorreva nelle vene. E adorava sentirne il sapore. Che strana creatura era stata creata.
Prepararono le armi.
Un colpo di fucile. Il lontano eco di tanti altri. Sempre lo stesso rumore. Da millenni: tutto ciò era così patetico e miserevole.
Il giustiziato accusò il colpo piegandosi su se stesso mentre la sua faccia si deformava nel dolore. Poi si accasciò al suolo emettendo un solo esile lamento.
Esalò l'ultimo respiro e disse addio alla sua creatura che ora lo uccideva. Disse addio a quel mondo che lui stesso aveva creato.
E così morì l'ultimo uomo.
Era una calda sera d’estate e al “Boccale d’oro” c’era un gran trambusto, all’epoca il locale era conosciuto per l’ottima birra di malto(riconosciuto perché l’unico) ma soprattutto per la sua sporcizia e per il suo cibo scadente. Non voglio accanirmi particolarmente, sicuramente le osterie del tempo non profumavano di rose, ma questa…
Perché così tragico mi dite?
Bè immaginatevi un maestoso lampadario al centro della sala, a dir poco sporco, tanto che le candele che vi erano sopra non si vedevano nemmeno per la strato di polvere. Per non parlare poi del pianoforte abbandonato nell’angolo più remoto dell’osteria che nessuno non usava ormai da anni, ornato da cocci di vetro e ragnatele. Il pavimento brulicava di ratti e ragni disgustosi ormai abituati alla clientela altrettanto disgustosa. E infine a capo di tutto Baldino, un omone fatto di muscoli, un grosso naso rosso (coltivato accuratamente negli anni con ottime annate) e tanta bontà, intento a spiegare a nuovi clienti le sue avventure ormai lontane, con orchi e mostri. Vi state immaginando la scena? Bene, ora inserite tra un tavolo e un altro, fra una rissa e l’altra, un ragazzo, Fedor. Il viso imberbe e il corpo esile lo facevano apparire un ragazzino da scuola (questo perché solo i fanciulli andavano alla scuola dell’obbligo), ma la parte interiore era totalmente differente: la serietà che aveva sul lavoro, la galanteria che poneva verso le signore e la maturità che rivolgeva alla gente lo contraddistinguevano.
Fedor era un ragazzo nato e vissuto da sempre in paese con suo zio Oliof, un grazioso vecchietto che adorava. Ciò che più mi preme dire di lui, è che lavorava nella locanda da parecchio tempo, il locandiere e Fedor erano diventati amici e il giovine si confidava spesso con il conoscente. La serata era al termine, quasi alla fine, quando ebbe un attimo di pausa andò dall’amico
-“buona serata questa, vero Baldino?”- incalzò Fedor
-“buona sì”- disse
Notte, di nuovo la notte.. presto torneranno i miei sogni ma, anche gli incubi, che mi accompagnano da quel giorno;certo, era iniziato bene, una splendida giornata di sole, ed una passeggiata in montagna, aria pura e panorami da incorniciare, eppure me lo ero imposto"mai da solo in montagna!"che sarà mai! Ho sempre incontrato gente e faccio sentieri battuti, vado! Lascio l'auto ad appena 200metri dall'inizio del sentiero ed inizio la mia escursione, la pioggia del giorno prima ha smosso qualche pietra ma il sentiero è agibile, l'odore ancora persistente che lascia la pioggia sul terreno è particolare su queste radici e sul muschio, respiro a pieni polmoni e salgo;Dopo appena 10 minuti sento in lontananza ma riconoscibile un lamento umano! Mi affretto per quanto possibile, vista la difficoltà di quel punto del sentiero e mi avvicino sempre di più alla fonte d'origine del lamento;comincio a scorgere una sagoma tra gli alberi, devo scendere molto attentamente, ci sono pietre smosse da poco e, fango che rende il percorso scivoloso, mi avvicino sempre di più e do una voce al malcapitato: "sto arrivando! Coraggio!"Faccio altri due passi e.. si apre il vuoto, precipito e la caduta sembra non fermarsi mai, è buio ed è il vuoto! Non ci sono pareti, niente solo il vuoto, respiro a fatica, luce, vedo luce sotto di me, la caduta rallenta, sento aria calda che arriva da sotto, sono quasi fermo, no non può essere è un incubo! Tocco dolcemente il suolo, mi guardo intorno, c'è gente che cammina frettolosamente e non si cura di me, non si accorge neanche da dove sono arrivato, guardo in alto e vedo che si tratta di un foro di aereazione.. sono in una stazione della metropolitana! Vicino a me c'è una scala mobile che scende, sono in un lungo corridoio, ad un tratto in mezzo a tanta gente scorgo un volto familiare, conosciuto, è Anna sta scendendo la scala mobile la chiamo ma non mi sente, scendo anch'io ed arrivato alla banchina la scorgo tra la folla e le do un'altra vo
[continua a leggere...]• Brownie Chasma
• Kachina Chasma
• Kewpie Chasma
• Korrigan Chasma
• Kra Chasma
• Pixie Chasma
• Sylph Chasma
La famiglia Chasma
Questa è la storia della (unica) famiglia tutt’ora vivente su Ariel, poderoso satellite di Urano.
Mi è stata raccontata da ET di ritorno da uno dei suoi viaggi.
Dunque un tempo, molto tempo fa, nonno Brownie e nonna Kachina, pionieri e fondatori della famiglia, approfittando di una concessione governativa presero possesso di un appezzamento su Ariel, e, armati di ostinazione, buona volontà, creatività e ancora ostinazione, riuscirono a costruire una fattoria (ovviamente sotterranea, considerando il clima del luogo!)
I primi tempi furono duri e soprattutto freddi, tanto che per molti anni i due non ebbero neppure il tempo o l’opportunità per generare dei discendenti.
Finalmente, terminata la costruzione dei laboratori idroponici e cominciata la produzione regolare di cibo ed energia, poterono rilassarsi un po' e dedicarsi alla funzione primaria della coppia!
Nacquero quindi Kewpie e subito dopo Korrigan poi Kra ed infine Pixie, due splendidi maschi e due eccellenti femmine. I quattro ragazzi furono l’orgoglio della famiglia Chasma, e, mentre i genitori
cominciavano la lenta decadenza della vecchiaia i quattro furfantelli sempre più solidi e determinati e curiosi e avventurosi, fecero progredire la fattoria in modo a dir poco sbalorditivo.
C’era però un problema, lo stesso che si sarebbe posto anche sul pianeta terra dopo qualche milione d’anni,è etico che per popolare un pianeta, e garantire la sopravvivenza dei suoi abitanti si ricorra all’incesto? I signori di Roma lo ammettono liberamente nel loro “libro”ma i quattro ragazzi Chasma si posero il problema per molto tempo, vero è che non erano influenzati da nessun credo di qualsiasi genere vero è che l’esigenza sessuale si faceva sempre più pressante, vero è che certi
Era estate e papà mi aveva chiesto di andare con lui a curare il giardino della famiglia più antipatica del paese. Nessuno di quella famiglia si faceva vedere in città , se non il proprietario. Tutti i componenti dei mitici Falciatori vivevano reclusi dietro quel grande muro e non uscivano mai di casa. Io non ne avevo proprio voglia ma adoravo mio padre e non potevo deluderlo con un rifiuto.
Mi assopii solo a tarda notte. Non ero per niente felice di andare nella casa del mistero ma quello che non mi faceva dormire era il sospetto che qualcosa di diabolico si nascondesse dietro quel muro.
Al mattino presto mio padre mi intimò di alzarmi in fretta:
-Ci aspetta un lavoro molto lungo e delicato. Il signor Falciatori è molto esigente.
Dopo queste parole la mia fifa aumentò. Papà era un uomo robusto, non temeva niente e nessuno e di sicuro, in caso di pericolo, mi avrebbe difeso. Dovevo solo restargli accanto. Purtroppo non fu così.
Il cancello d'entrata della villa era costituito da una grossa lastra di ferro bucherellata al centro da un disegno a forma di falce.
- È l'emblema del casato- disse mio padre, mentre l'ammasso di ruggine stridente si apriva a stento.
Il viale era cosparso di pietruzze disposte in cumuli informi. L’ erba sembrava la testa di capelli arruffati di una persona che per anni non ha visto né pettine né shampoo. La casa non si vedeva in lontananza: l'aiuola antistante la copriva del tutto. Era una catasta di erbe putride e maleodoranti sviluppate in senso verticale. Girandole attorno, scorsi i muri di quella che un tempo doveva essere una dimora decorosa. La colazione sembrò rotearmi nello stomaco come una trottola e la testa iniziò a correre in una giostra nauseante.
Il respiro si bloccò.
Davanti al portone un uomo dalle dimensioni gigantesche ci stava osservando.
Teneva le braccia conserte e lo sguardo da falco in cerca di prede.
Non osai guardarlo in faccia quando disse:
- E con questa pulce cosa inten
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