username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti fantastici

Pagine: 1234... ultimatutte

Il Signore mi salverà

un giorno, un uomo si imbarcò su una nave per raggiungere terre lontane dove, sperava, la ruota della fortuna avesse preso a girar nel suo verso..
e la ruota girò, talmente tanto che la nave affondò, e il nostro uomo naufragò. rimase solo in mezzo al mare, aggrappato a una mezza scialuppa sfasciata.
l'uomo aveva una gran fede e, a dispetto delle onde che lo sommergevano fino a togliergli il respiro, ripeteva tra sè: il Signore mi salverà!
pian piano riuscì a salire a bordo della mezza scialuppa, si sistemò alla meglio e aspettò. il Signore mi salverà, ripeteva.
dopo un giorno arrivò una barca di pescatori che gli si avvicinò offrendogli soccorso.
ma lui, ringraziò e rispose:no, il Signore mi salverà!
il tempo passava, sentiva freddo, fame e sete, tanta sete.. dopo un altro giorno arrivò una seconda barca che gli si avvicinò per portarlo in salvo, ma lui ringraziò e rispose: il Signore mi salverà!
passò ancora tempo, tremava, faceva buio, la gola arsa, le forze ormai allo stremo... quand'ecco un'altra barca si avvicinò per portarlo a terra, ma lui, nella sua fede incrollabile rispose con un fil di voce: no, il Signore mi salverà!
il quarto giorno quell'uomo morì. quando fu al cospetto di Dio, con gli occhi fuori dalle orbite disse: Signore, ma perchè non mi hai salvato?
e il Signore: guarda, che io ti ho mandato tre barche!



Lux Aeterna - parte 1: la prigionia

Per Laila l'unico contatto con il mondo esterno era rappresentato da una minuscola grata attraverso la quale filtrava la tenue luce di una perenne luna piena. In qualche remota parte dei suoi ricordi sapeva dell'esistenza del sole; per quanto si sforzasse non le era possibile visualizzarlo nei pensieri.
Nel suo presente non vi era altro che un'infinita lugubre notte, soffocante come la solitudine che le toglieva il respiro.
La sua stanza era enorme; al centro un letto a baldacchino con lenzuola di seta nera, tutta la parete sul lato destro era occupata da numerosi scaffali colmi di libri di stregoneria e magia nera, tutti molto antichi e alcuni scritti in una lingua sconosciuta.
Laila s'impose di evitare di rivolgere lo sguardo verso il soffitto, era troppo inquietante l'immagine dipinta: un mostro grigio senza occhi, ricurvo su di se, con una falce stretta fra le mani.
Aveva appena deciso di coricarsi a dormire per mettere a tacere il suo dolore quando sentì scattare il lucchetto della porta intarsiata della sua stanza da letto.
Apparve, come una visione spettrale, la donna che diceva di essere sua madre; Laila soffriva fino sentirsi l'anima dilaniata, non riusciva ad amarla come una figlia è normale che faccia, questo la faceva sentire profondamente in colpa, non riusciva a perdonarselo.
Erano così diverse: Laila possedeva una carnagione color bronzo, labbra carnose, grandi occhi nocciola e una folta chioma di ricci rosso rame; la madre, invece, era di un colorito grigiastro, gli occhi due fessure così piccole da non riuscire ad individuarne la tonalità, il naso appuntito come una lama e con la sua sottile e violacea bocca sentenziò:
"Fra otto ore, sulla montagna degli spiriti maledetti verrai iniziata; purezza, innocenza e luce ti abbandoneranno. Quando il rituale avrà fine, la tua anima diverrà nera e pronta a unirsi in matrimonio con Druxen".
Laila sgranò i suoi grandi occhi terrorizzata e implorò singhiozzando:
"Noo, madre ti prego, ho paura

[continua a leggere...]

   10 commenti     di: Kartika Blue


Itakende, a casa, a Itaca

Prologo o … invocazione alla Musa
(Si apre il sipario, musica, la scena sullo sfondo, è l'esterno del Palazzo della Civiltà del lavoro a Roma, in cui la Narratrice invita ad entrare per assistere alla rappresentazione).

Narratrice - Signore e signori, madames et messieurs,
State per entrare nel vivo della storia, immaginate che, dentro allo spazio di questa struttura, sia racchiusa la vita, dieci vite, cento vite!
Vedrete relitti combusti, appena usciti dal cratere di un vulcano, da un esplosione nucleare, da una pioggia acida.
Pezzi, rottami, anneriti dal fumo di chissà quale ancestrale morte e chissà quale ancestrale nascita.
Meccanismi, marchingegni, tubi sfaldati, bulloni, viti arrugginite…
Ma ad uno sguardo più attento, coglierete materiali affascinanti come la creta, ossidi iridescenti, fili di rame e smalti con bellissime sfumature.
Cosa balenava nella testa dell'autore della storia? schizofrenia? Incubi, che urlano per uscire ed essere così esorcizzati? attrazione per la civiltà tecnologica e i suoi prodotti? o forse brandelli di visioni di mondi sconosciuti o troppo noti?
Musa, aiutami a condurre questo pubblico alle origini della coscienza collettiva, quando i desideri dell'uomo non inseguivano ancora la tecnologia! … Qualcuno di voi è in ansia perché il suo cellulare è spento? Chi potrebbe chiamarvi a quest'ora, mentre siete qui? Ha, ha, ha, chi di voi invece ha il “silenzioso”? Può sostituire forse il battito del cuore? Lasciate questi relitti alla deriva del sistema solare, allontanatevi da queste forme di prigionia incapaci a dare carne ai desideri dell'Uomo! … perché una catastrofe tecnologica sta distruggendo il pianeta. L'autore, ha creato me, per raccontarvela!
(Buio. Quando la luce si riaccende, la Narratrice è uscita e Nausica e Ulisse in veste di crono-astronauti sono in scena)

Scena 1 "Spazio"
Voce lontana della Narratrice
Nello spazio siderale, gli abitanti superstiti del pianeta Itaca, fugg

[continua a leggere...]



La fogna della citta'

Presi il treno per arrivare a Sollotek. Volevo proprio divertirmi. La serata era partita abbastanza bene grazie alle solite cose che si fanno per poter stare un po' su di giri. Sapete alla fine quei tre o quattro litri di Ronterm giusto per ciondolare un po' la testa. Il gruppo era al massimo. Si proprio al massimo. C'erano tutti: Ron, Noise, Dean, Jones... la cosa più particolare fu vedere Jones. Aveva uno strano taglio di capelli, infatti erano tutti sparati di colore blu-viola. Sembrava un pazzo psicopatico.
Sul treno, obbligatoriamente senza biglietto, ce la spassavamo a prendere per il culo la gente che passava... Una vecchia di merda tra un po' ci infilava l'ombrello nel culo. Si poi abbiamo visto in rassegna i soliti casi umani-ferroviari tipo la coppietta innamorata, il matto, il tossico sdentato. Noi avevamo il ruolo della brutta gente. Arrivati in citta' corriamo nella tube per andare nel posto. I colori di Sollotek di notte sono incredibili. Noi vedavamo tutto incandescente, ci sembrava di camminare in una strada di lava. Arriviamo al posto. Bella musica, bella gente tranne qualche scassacazzo. Ci buttammo subito in pista a ballare. La musica faceva rintronare ogni singola parte del nostro corpo, era incredibile. Sicuramente l'effetto non era dovuto solo ed esclusivamente alla musica, ma è qui che si nascondono i misteri. Personalmente quella sera io dovevo fottere. Ma non fottere, FOTTERE, tutto in maiuscolo. Mi avvicino alla prima ragazza... La chiedo se voleva da bere, e lei mi risponde di si. Prendo due Bronnikor ed iniziamo a ballare un po'. Dopo qualche minuto ci appartiamo, anche perche' comunicare non era molto facile a causa del volume. Lei era stupenda. Alta, occhi azzurri, capelli neri corti, fisico incredibile, in più aveva delle mani fantastiche, piccole e affusolate. Parliamo un po', ci conosciamo un po' e poi ci dirigiamo verso il bagno. Una scopata eccezionale, avevo quasi paura che i gemiti si sentissero dentro il

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: aleks nightmare


Elucubrazioni di uno scarafaggio

Vi vedo luride puttane che mi ballate davanti, mostrando il vostro ignobile e tondo culo, vi vedo, mi mandate al manicomio. Non vi so prendere, vi giro intorno, vi annuso. Non riesco a raggiungervi, correte su quei tacchi, che mi mettono un senso di vertigine addosso.
Cammino rasente i muri logori e maleodoranti di rancida urina, qui in mezzo a queste lordure si pasce l'animo mio, solo e perennemente sbattuto.
Mi tormentate. Il mio bisogno di godervi addosso mi rende pazzo e vi odio, per quanto paradossalmente vi amo.
Non mi resta che la serratura come arma di godimento. L'occhio vorace scava nel nero delle pareti metalliche alla ricerca quasi ossessiva di quella carne.
La troia si spoglia e io da qui posso vedere come i vestiti cadano ai suoi piedi.
Balla voluttuosa nella solitudine della sua stanza, non posso sentire la musica, ha le cuffiette, la smorfiosa.
Madonna quanto è bella! Un'acquolina selvaggia quasi mi affoga. Avanza il mio sguardo goloso; avanza lui ed io mi assottiglio per raggiungere quello che agogno.
Terrore! Il terrore mi serpeggia lungo le zampe ma il mio sesso rivendica un tributo, un bisogno non riesco a soddisfare.
Avanzo in questa serratura e il mio corpo si adatta agli spazi. È come nascere di nuovo, come ritrovarsi nelle cavità buie dell'utero, quando preme per espellerti. Mai avrei neppure immaginato quanto un giorno, in quello stesso antro oscuro, avrei trovato il massimo del piacere.
La devo raggiungere, ormai si è tolta quasi tutto. Fa molto caldo questa sera, molto caldo ed è rimasta con le mutandine succinte e tutte pizzi, la cui vista mi produce uno strano solletico al naso, al pensiero di ficcarlo tra tutte quelle pieghe e piegoline voluttuose.
Non mi vede, sono incredibilmente piccolo. Finalmente trasformato, posso essere quel che mai sarei nella mia veste d'uomo, con la dignità dello studioso, che mi pesa addosso come un vecchio e logoro cappotto. Quella stessa dignità che mi afferra l'ucce

[continua a leggere...]

   4 commenti     di: silvia leuzzi


Tre lacrime sotto la croce

Erano passate ormai otto albe da quando il piccolo Morin giunse in quel regno, ma quella nuova condizione d'essere, non era ancora riuscito ad accettarla. Giocare con gli amici; ascoltare le storie che raccontava il suo maestro; andare per le campagne con suo padre a raccogliere la legna; oppure fare qualche piccolo dispetto al vecchio Horly: momenti quotidiani diventati soltanto un ricordo. Erano le piume che accarezzavano la sua schiena... quelle piume speciali perché appartenevano alle ali di un piccolo angelo, gli ricordavano in ogni momento, quello che era stato sulla vita terrena e quello che ora si ritrovava ad essere.
Quel giorno Morin si sentì turbato, avvertiva dentro di sé una certa tristezza, ma non riusciva a capire il perché. Decise di confidarsi con due angeli, probabilmente avrebbero potuto aiutarlo e consigliarlo, così come avevano fatto tante altre volte.
<< Perché i Cherubini non cantano più? >> chiese il piccolo angelo ancor prima di arrivare dai suoi amici. Una delle due creature celesti si chinò davanti a lui e posò le mani sulle sue spalle in segno di affetto. Sorrise.
<< Piccolo Morin... >>
<< Questo non è un sorriso di felicità. Nessuno più sorride qui, perché siete tutti così tristi? >> continuò a chiedere il piccolo. L'angelo di fronte a lui "sospirò profondamente" ed attese un po' prima di rispondere.
<< Il tuo Maestro... nostro Signore Gesù, è stato crocifisso dagli uomini e adesso sta morendo... >>
<< NON È VERO! >> esclamò Morin allontanandosi da lui.
<< Mi dispiace, ma è la volontà del Padre Altissimo... vieni, unisciti a noi in preghiera. >> lo invitò l'angelo porgendogli la mano. Morin indietreggiò ancora un po' scuotendo la testa per negare a se stesso quanto gli era stato riferito. Aveva tanto bisogno di piangere ma non riusciva a farlo perché in quel regno, la tristezza era stata da sempre una sensazione sconosciuta, fino a quel momento.
<< Perché nessuno di voi è sceso sulla terra per salvar

[continua a leggere...]

   8 commenti     di: Carmelo Trianni


Dall'altra parte

Piove. Accidenti, non di nuovo.

La valle era immersa nel grigiore di una nebbia che pian piano svaniva, lasciando posto agli ultimi deboli raggi del sole, ormai quasi completamente oscurato da nubi cariche di pioggia, e di sventura.
Il paesaggio mutò sotto l'assalto di innumerevoli goccioline d'acqua: graffiarono il cielo abbandonando fitti tratti obliqui come artisti muniti di penna, si adagiarono sulle fronde di secolari querce impassibili e nel contempo riconoscenti, mischiarono la loro essenza con il suolo polveroso riducendo il terreno ad una poltiglia fangosa e malsana.
La pioggia, infine, raggiunse anche l'ultima resistenza, l'estremo baluardo animato dai residui di una speranza ormai vacillante. Le corazze e le spade, le une ammaccate, le altre senza più filo, acquisirono nuova lucentezza; gli spiriti, abbattuti e che inutilmente il comandante cercava di risollevare, traevano forza dalla disperazione, spinti a sostenere la battaglia finale più dalla vendetta per i compagni caduti che dal desiderio d'incolumità della propria gente.

Quanto detesto quest'acqua, penetra fin dentro le mie ossa. Una gelida sensazione, come se la morte si stia divertendo a dare un primo assaggio di un'inevitabile fine. Gloria? Non c'è alcuna gloria nel lasciare il mondo dei vivi in questo modo. Gli ideali di libertà, pace ed armonia dei custodi del popolo, frantumati. Dagli invasori.
Sì, loro. Comparvero per la prima volta ai margini del bosco di Rhundwyr, erano pochi, sembravano inoffensivi. Quanto ci sbagliavamo. In poco meno di due lune la loro furia travolse l'intera regione e noi, adesso, siamo l'ultimo chiarore di una candela senza aria, asfissiati dall'inesauribile sete di conquista de...

Un acuto suono di corno echeggiò attraverso la valle tinta di colori autunnali dove il verde cedeva lentamente il passo ad un giallo troppo cupo. Il rombo secco di un tuono spezzò la monotona cantilena d'allarme: anche la natura, accortasi dell'imminente ev

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: Primo Wong



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

Racconti fantasticiQuesta sezione contiene racconti di fantascienza, storie fantasy, racconti fantastici