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Racconti fantastici

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La Leggenda del Cavaliere Nero - Parte II

"Vi era una caverna poco distante dal villaggio, una grotta molto poco frequentata. Fu deciso che la compagnia si sarebbe riunita ogni giorno al crepuscolo in quell'antro, che da allora prese il nome di Caverna del Crepuscolo. Io non ebbi mai modo di partecipare a nessuna delle sedute, poiché queste avvenivano in segreto e all'oscuro di tutti. In seguito dissero che ogni incontro veniva sempre aperto da Edheldur. La caverna era buia e il figlio di Anfindur accendeva una candela, attorno alla quale si riunivano tutti gli amici. Era un ben misera luce, a male pena in grado di rischiarare i volti dei presenti. Molte volte in seguito fu discusso su cosa avesse potuto spingere un gruppo così variegato di giovani a ritrovarsi in quel buio antro umido. La cosa sorprendente è che erano ben poche le cose che accomunavano la Compagnia del Crepuscolo. Dal principio in realtà non fu nemmeno ben chiaro quali erano i loro scopi. Gran parte di loro desiderava uno spazio - che non riuscivano a trovare all'interno della società degli Elfi Silvani - [...] Ben poco si sa di come veniva gestita la compagnia nei suoi primissimi tempi. Si suppone che le decisioni venissero prese per votazione. Ben presto tuttavia si rese necessaria la figura di un leader che prendesse in mano la situazione qualora non vi fosse il tempo per votare. Ciò che tutti sanno è che Edheldur emerse come leader ideale, ma ciò che non tutti sanno è che in realtà la votazione aveva dichiarato vincitrice la sorella Lorelin. Ma quando le fu chiesto di giurare il segreto perfino al cospetto del sovrano, la giovane Arhathel rifiutò. Una divergenza ideologica che costò cara a Lorelin, poiché dovette abbandonare la Compagnia. Forse se Lorelin fosse rimasta nel gruppo molto di ciò che avvenne in seguito sarebbe potuto essere evitato. Lorelin era una delle poche a cui Edhel prestava orecchio ma, cosa ben più importante, la giovane Arhathel era dotata di buon senso. Per molti giorni a venire la bella figlia di

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2012. Annus Mirabilis

La virtù non è di questo mondo.





A dispetto del loro aspetto, vagamente antropomorfo, non avevano né pensieri, né sentimenti. Almeno come li intendiamo noi. Non provavano emozioni. Né odio, né amore. Né coraggio, né paura. E solo a distanza di tempo si scoprì che erano pervasi da un'energia sconosciuta, che qualcuno definì: vis cosmica. L'assonanza non vi depisti, ho detto: c o S m i c a!

Ormai vivevano tra noi da alcuni anni. Gli Spaziali, così li avevamo chiamati perché, dopo attente ipotesi, studi, ricerche, sembra provenissero dall'interspazio e non da un solido pianeta, riflettevano e reagivano ad ogni atto minimamente minaccioso, violento o brusco, fuori dalla norma, che compivamo noi terrestri. Si trattasse di un intenzionale gesto d'offesa; un'inaspettata, inconsulta, rabbiosa reazione; o di un incontenibile sommovimento corporeo apparentemente ostile. Con una piccola differenza: lo moltiplicavano per dieci. Non uno di più. Non uno di meno.
Ieri, per esempio, un'automobilista aveva sclerato perché uno di loro inavvertitamente, per ignoranza, aveva attraversato col rosso. Senza pensarci su due volte, l'uomo era sceso e gli aveva mollato un ceffone. Lo Spaziale, con grande compostezza, gliene aveva restituiti dieci, uno sull'altro. In così rapida successione che il tapino non aveva nemmeno fatto in tempo a dire ba, che si era ritrovato la faccia gonfia come una Luna piena.

Pochi giorni prima, un ragazzotto della DHL, sapete uno di quelli esuberanti, tarantolati auanagana, aveva avuto l'avventura di trovarsi in ascensore con uno di questi esseri. Chissà, forse per un improvviso eccesso di esuberanza ormonale, o travolto dall'emozione, o forse solo per fare lo spiritoso, aveva sganciato una puzzetta. Arrivati al decimo piano, la porta si era aperta ed il povero era uscito vacillando, tutto cianotico in volto, lo sguardo perso, in totale stato di incoscienza. Ricoverato d'urgenza, pare che lo sventurato si trovi ancora s

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La casa dagli strani ospiti

Giornata ideale per inaugurare la nuova casa, arriviamo armati di tutto punto con spazzoloni, secchi, scope, strofinacci.. detersivi e tutto l'occorrente per fare il primo pranzo, in questo gioiello di architettura, incastonato tra le rocce a picco sul mare, con un panorama mozzafiato, i vecchi proprietari hanno portato via tutto il loro mobilio, ma a noi tocca dare una ripulita, più tardi arriveranno i nostri mobili, siamo in quattro io, mia moglie Caterina ed i nostri due figli Luca e Laura, entusiasti di questo acquisto iniziamo il nostro lavoro, cantiamo e scherziamo dopo un paio d'ore ci fermiamo per fare uno spuntino ci mettiamo seduti sulla veranda con vista ed iniziamo a progettare la disposizione dei mobili, riprendiamo il nostro lavoro, io e Luca scendiamo nel seminterrato per controllare che non abbiano lasciato nulla, c'è uno scaffale, che potrebbe tornarci utile, il locale è abbastanza luminoso ma accendo lo stesso la luce, notiamo che lo scaffale è leggermente scostato dal muro e cerchiamo di appoggiarlo alla parete, mentre lo facciamo sentiamo battere dall'altra parte, strano.. Caterina e Laura sono sopra, cosa potrà essere? Appoggiamo l'orecchio alla parete ma non si sente più nulla, riprendiamo a spostare lo scaffale, ed ecco che riprende il battito,"ma insomma!"Io e Luca ci guardiamo negli occhi, prendo un piccolo martello che avevo portato giù nella scatola degli attrezzi e comincio a battere sul muro ma sento che è tutto pieno poi ad un tratto verso il centro, sento che c'è del vuoto, all'improvviso sento che dall'altra parte riprende il battito ora un po' più forte, io e Luca facciamo un salto all'indietro perché ora si sentono anche delle voci!"Aprite! Aprite!"Ma.. chi diavolo c'è dall'altra parte? Ci riavviciniamo ma non si sente più niente dico a Luca di chiamare Caterina e Laura e di portare una torcia, mentre sono solo batto di nuovo con il martello e parlo verso il muro: "Ma chi c'è ?"Dopo qualche secondo anche se un po' soffo

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   4 commenti     di: leopoldo


La vera storia del Carnevale -soggetto per la drammaturgia di uno spettacolo teatrale per bambini

Ci sono milioni di persone nel mondo, ognuna con un diverso carattere, un diverso modo di vivere, una storia diversa da raccontare. Tanto tempo fa una di queste persone, forse la meno adatta a diventare protagonista di questo racconto, ci fece un fantastico regalo... Ma partiamo dal principio :una scrivania nella penombra, tante cartacce e... un uomo, il ricco e potente signor Tristobaldo Burbero.

   0 commenti     di: Simona Flamenca


Il vampiro Christopher Hancock, le origini - ultima parte

"Ottima scelta, ho creato uno splendido immortale".
Disse soddisfatta la donna dagli occhi di ghiaccio.
"Non avevi nessun diritto di farlo, dovevi lasciarmi crepare".
Mi resi conto di aver perso per sempre la possibilità di ricongiungermi ai miei familiari. La mia anima è stata dannata per sempre, rinnegato da Dio.
Sentii crescere in me rabbia e disperazione, ma più di tutto sentivo la sete infiammarmi la gola.
"Non essere in collera, quando ti ho visto ho subito capito che saresti stato perfetto... e poi mi ricordi tanto mio figlio, il mio povero Constant. Non potevo permettere che diventassi cibo per i vermi".
"Che diavolo vuoi da me? Nessuno ti ha chiesto di strapparmi alla morte, ho un tremendo bisogno di... non lo so cos'è... mi brucia la gola".
"Ti devi nutrire, andiamo".
Uscimmo, così facendo lasciai per sempre la casa in cui sono cresciuto e con essa lasciai anche la mia vita precedente, da allora non sono più voluto tornare a Eyam.

Quella notte aveva assunto un aspetto funebre, le stelle erano nascoste sotto un pesante cielo nero e uno strano odore di morte aleggiava nell'aria, inaspettatamente mi sentii parte di quella cupa atmosfera, ero perfettamente a mio agio e mi sentivo forte e indistruttibile.
Fu la notte del mio primo pasto, uccisi il mio primo essere umano guidato dall'istinto. Era una prostituta che si aggirava ubriaca in un sudicio vicolo. Conobbi per la prima volta l'eccitazione scatenata dall'odore del sangue caldo pulsare nelle vene. Non ricordo d'aver mai sentito un profumo tanto intenso e delizioso. Le fui addosso in un secondo, povera sciagurata, non ebbe nemmeno il tempo di reagire, ma se anche l'avesse avuto, niente avrebbe potuto contro la mia superiorità.
L'assalii alla giugulare, sentii il suo fluido vitale scivolarmi sinuosamente nella gola e riempirmi lo stomaco donandomi un sollievo indescrivibile.
Uccidere è semplice.
Scoprii che bere da un mortale è paragonabile al provare mille orgasmi contemporaneamen

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   9 commenti     di: Kartika Blue


Ricordi

Il cielo è di un blu incredibilmente bello, sfavillante cornice al disco solare, grande, tondo, caldo
Fiiiii!!!
L'arbitro fischia il fallo alzando la mano al cielo. Guardandolo sdraiato da terra la sua posa a un non so che di Biblico, mi ricorda tanto Mosè mentre sta per aprire le acque del mar Rosso con il suo bastone. Sollevo la testa, il campo mi si stende dinanzi in grigia terra battuta, sulla rete di recinzione ci sono poche persone, curiosi, discutono sul fallo appena fischiato dall'arbitro; mi alzo guardandoli mentre con le mani scuoto i pantaloncini carichi di polvere. La punizione sarà battuta dal limite dell'aria di rigore. Dietro la barriera di quattro uomini scorgo la figura di Mirko, lui sta lungo la linea della porta, nel suo sguardo brilla la luce della determinazione, non ha più nulla del burlesco degli allenamenti. Mi fissa con sguardo minaccioso, di sfida, come a dirmi: prova a segnarmi! Gli avversari dispongono le marcature sugli altri miei compagni, non conosco bene nessuno di loro, sono tutti volti sconosciuti sul campo, tra il vento e la polvere, loro però non fanno parte della nostra sfida. Walter mi si avvicina con la palla tra le mani, gli fa fare due giri, mi guarda dritto in faccia chiedendomi: vuoi batterla tu?
Si.
L'arbitro indica che la punizione deve essere battuta di prima, al suo fischio, controlla la distanza della barriera richiamando i giocatori che non rispettano il limite dei nove metri e quindici. Quando tutto gli sembra regolare finalmente si allontana e fischia la battuta; parto con la breve ricorsa e calcio cercando di dare alla palla il giusto effetto. Penso alle decine di volte in cui mi sono allenato nella battuta, cerco di colpire la palla dosando la forza in modo che si alzi e voli proprio dove voglio indirizzarla. L'impatto è violento, tante piccole zollette bianche partono per aria, altra polvere s'aggiunge alla polvere. La palla si alza, gira frenetica sopra le teste dei giocatori formanti la barriera, qu

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   3 commenti     di: Mauro Bianco


L'androide

All'esterno della porta blindata il sensore di movimento fece scattare la telecamera di sorveglianza.
Un pannello annegato nella parete dell'ingresso mostrava il corpo di una donna accasciato davanti alla porta. Era coperta di sudore ed era scalza.
Aumentò il guadagno del microfono e percepii un flebile "Aiutatemi... vi prego...", poi la vide perdere i sensi, o almeno così gli sembrò.
Azionò il menù di controllo e fece fare alla telecamera un'ampia panoramica di centottanta gradi. Apparentemente nessun pericolo, i lunghi corridoi che conducevano al suo appartamento sembravano sgombri, illuminati a giorno come al solito.
"Nessun pericolo" ripeté la sua mente.
Non era soddisfatto, lui i pericoli se li sentiva sulla pelle e in quel momento qualcosa di inesplicabile lo metteva in allarme.
Lei era immobile, decise di non ascoltare il suo istinto per una volta e fece scattare l'apertura della porta.
Dodici pistoni di acciaio rientrarono docilmente all'interno della porta e un servomotore la sospinse verso l'interno del suo appartamento. Lei crollò sul fianco, non sembrava davvero priva di sensi ma solo senza forze, senza difese.
Si fletté sulle gambe e senza sforzo la sollevò, le guardò il viso dolce e gli occhi grandi, si sentii per un attimo felice come un bambino con quell'angelo fra le braccia caduto dal cielo, anzi, salito al cielo del cinquantesimo piano.
La adagiò delicatamente sul divano, le mise un cuscino sotto la testa e con un tovagliolo di carta inumidito le rinfrescò la fronte e le guance. Non sembrava aver riportato contusioni né lacerazioni almeno sul volto, era solo inzuppata di sudore con gli abiti sporchi di chi era caduto diverse volte.
Lentamente lei riprese le forze, si portò una mano alla spalla destra e fece una smorfia di dolore, poi aprì gli occhi e lo vide.
Lui si era allontanato dal divano, le voltava le spalle, stava riflettendo su cosa fare mentre attendeva il suo risveglio.
Venne raggiunto da un "Grazie!" Per un

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   3 commenti     di: Marco Uberti



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