Da quel giorno la mia vita subì un totale cambiamento.
Impiegai del tempo per capire i meccanismi del dono, ma alla fine codificai metodo e strategia per utilizzarlo al meglio, ignorando al momento il prezzo che comunque avrei dovuto pagare.
A furia di congetture e intuizioni, scoprii che tutto derivava da qualche sostanza contenuta nei mie effluvi seminali. Era l'unica spiegazione possibile. Una specie di filtro d'amore. Lo so che può sembrare assurdo, ma com'ebbi modo di sperimentare, bastava una piccola dose del mio liquido seminale assunto per via orale da una donna perché questa morisse dalla voglia di fare sesso con me.
Che quella fosse la causa lo intuii leggendo un fatto di cronaca realmente accaduto nella movida milanese. Un articolo, indirizzato sopratutto alle donne, consigliava di far particolare attenzione a non lasciare incustodite le proprie bevande nel frequentare le discoteche. Risultava, infatti, che alcune ragazze erano state per cosi dire "incentivate" a fare sesso con degli sconosciuti sotto l'effetto di droghe sintetiche aggiunte a loro insaputa nelle bevande.
L'articolo faceva riferimento all'uso dell'Acido Gamma Idrossi Butirrico (GHB), detto anche ecstasy liquida, conosciuto nell'ambiente come "droga dello stupro" perché capace di stordire le vittime di violenze sessuali. Sciolto in una bevanda il GHB era assolutamente inodore e insapore, ma una volta mandato giù, rendeva la vittima, da prima euforica, poi totalmente incapace di reagire e, successivamente, incapace di ricordare l'accaduto.
C'erano in quei fatti delle similitudini con quanto accaduto con Gina ma, ci tengo a precisare, anche molte differenze.
Il GHB, infatti, non è un afrodisiaco. A parte i notevoli danni che provoca all'organismo, se da una parte provoca effetti disinibenti, di contro, ha forti effetti sedativi. Effetti che possono fare brutti scherzi agli uomini e per le donne stimolano più il sonno che l'azione!
Gina invece era molto sveglia qua
Erano passati molti anni dallo sterminio dei cavalieri fatei, e adesso il mondo di Anec era molto cambiato: non c'erano più tanti staterelli disuniti e a volte in contrasto tra loro ma un unico e immenso impero che riuniva i vari popoli sotto le medesime istituzioni e una unica bandiera. Una situazione che sembrava positiva, ma non lo era perchè i popoli erano governati con leggi maligne e il pugno di ferro e la bandiera che seguivano era quella della schiavitù.
Adesso tutti erano costretti a sottostare ai decreti infami dell'imperatore Parsek il più potente maestro oscuro mai esistito, più potente del suo maestro Plesius perchè riusciva a fare cose che nessun cavaliere oscuro aveva mai fatto: poteva scatenare tempeste e cataclismi naturali, diffondere malattie e uccidere chiunque a distanza di chilometri con la sola forza del pensiero. Inoltre disponeva di una banda di cavalieri oscuri e di un esercito di soldati ben equipaggiato. La sua residenza era nel palazzo che prima era stato sede del consiglio fateo e da lì Parsek governava da signore incontrastato come aveva sempre sognato. Nessuno sognava di ribellarsi a lui, e chi ci provava di solito faceva un brutta fine che scoraggiava altri oppositori.
Un giorno l'imperatore ricevette una visita graditissima: i suoi figli Quasar e Melinda adesso diciottenni erano venuti a stare con lui. Con slancio e commozione li strinse a se suscitando stupore nei suoi discepoli che si meravigliarono di come un uomo tanto crudele potesse avere simili sentimenti, ma il loro signore era felicissimo e non si curava di nessuna etichetta.
Parsek dispose che sua figlia Melinda venisse educata nelle lettere, nella filosofia, negli affari di governo e nell'erboristeria come conveniva ad una futura imperatrice; mentre di sua mano iniziò Quasar alle arti della cavalleria oscura per farne un cavaliere simka e completò il suo addestramento nel giro di cinque anni, i più felici della sua vita. Per associare a se i figli nel gov
Bianco ovunque. Bianchi cieli. Bianca la terra. Bianco il nulla che mi circonda. Solo un orizzonte bianco ed io che mi interrogo. Ero nel mio studio, credo un paio di giorni fa, anche se qui il tempo non ha un vero significato fisico, almeno non lo ha come lo intendiamo noi. Stavo esaminando un manoscritto indiano del primo secolo a. c., un testo che non avrebbe dovuto neanche esistere. Conteneva infatti strani disegni raffiguranti circuiti elettrici, motori a scoppio, bobine e quello che a prima vista sembrava un modem. Non si trattava di uno scherzo di qualche collega del dipartimento di Storia dell'Arte. Avevo effettuato io stesso le analisi al carbonio. La datazione era esatta. Non era espressamente spiegato a cosa servissero tutti quei macchinari ma qualcosa avevo intuito.
In lontananza scorgo una figura: finalmente qualcuno. Mi affanno per raggiungere lo sconosciuto, ma nuovamente appena lo guardo in volto, la delusione mi assale: non è altro che un riflesso di me stesso. Devo essere passato già di qua. Il tempo qui nelle regioni del bianco, non scorre come da noi. Ormai l'ho capito. È infatti possibile, e probabile, se come me non si ha una guida del posto, imbattersi in riflessi, poco meno che fantasmi, del passato. Da quando sono qui mi sono incontrato almeno dieci volte.
Tornando al manoscritto, non posso spiegare la mia emozione nel constatare che si trattava del progetto di un macchinario unico e fantascientifico. Ero alle stelle. Completamente ubriaco per le possibilità che mi si aprivano. La macchina avrebbe completato il mio percorso e mi avrebbe consentito di abbattere il muro di vecchiume e preconcetti che alberga nella comunità scientifica universitaria. Tutti pronti a gridare al miracolo e nessuno che si voglia sporcare le mani. Avrei oltrepassato i limiti del pensiero per giungere lì dove è nata l'idea stessa di universo. È inutile aggiungere che fui preso per pazzo. Un ciarlatano. Buono per una favola o per la puntata di lancio di
Tu che leggi non senti questa musica... che sembra proprio provenire... -- Non so`... con certezza... caro lettore.. se io... le faccia giustizia... usando quel verbo... "provenire"... per descrivere appunto... una musica... che e` appunto... un tutt`uno con l`aria che si respira.. ma comunque - proprio questa musica... dal suono cosi`delicato... ma maestoso... e cosi`elevante... cattura i nostri tre protagonisti... Tommaso, Susanna e Giovanni.. e li avvolge con un senso... di tale leggerezza... che sembra loro di essere... cosi` leggeri... ma cosi` leggeri... tanto d` avere la sensazione di spostarsi nell`aria.. un fluttuare... piuttosto che un camminare normale...- intendo toccando terra insomma...-
Un sentiero... tutto d`oro zecchino... come per magia.. era apparso dal nulla... come un pentagramma... per quella musica... se il nulla esiste... e si era venuto a consolidare.. pur non essendo solido... sotto i loro piedi... che su di lui si muovevano.. avanzando.. come mani leggere sulla tastiera di un pianoforte.
Una strada di pura luce... magicamente... si era... pitturata... dal nulla... sotto... appunto... ai loro piedi... ed un pennello, invisibile... sembrava continuare il suo operato... pitturando ancora.. ed ancora... una specie di strada-arcobaleno - diciamo - che proprio come un arcobaleno... sembrava esserci... ma che... in realtà` non c`e`. Infatti... i piedi stessi... dei tre nostri amici, nel tentare l`approccio per percorrerla.. essi stessi... esprimevano incertezza... stupore... insicuri... su quella strada... o strana cosa... cosi` soffice... come ovatta.. luminosa... e tiepidamente rilassante... ora avanzando... ora indietreggiando... o girandosi su se stessi... confusi.
Infatti Tommaso, Susanna e Giovanni guardandosi... smarriti... ma incantati... e fissandosi l`un con l`altro... il più` delle volte... ammutoliti.. a volte avanzavano... a volte si giravano... o titubanti... a volte persino indietreggiavano... per condividere... incantati...
Anno 10. 000, dopo un estenuante battaglia i piloti del caccia g2m6t5, costretti a nascondere il segnale di comunicazione che li univa all'astronave madre per non essere intercettati, si trovano alla deriva nello spazio ed entrano nell'orbita di un pianeta dall'atmosfera compatibile alla loro respirazione; con le apparecchiature disattivate non riescono ad avere un idea degli anni luce che li separano dal loro pianeta natale, ma dovevano essere veramente tanti e uno dei due piloti approfittando della mancanza di un controllo elettronico scherzò(scherzare era vietato): "dovremmo essere ad un'eternità-luce da casa" ... l'altro che non si fidava dei processori microcontrol che c'erano sulla nave neanche se erano spenti non accennò neanche un sorriso... Comunque, nonostante la freddezza infilatagli nel DNA da generazioni, atterrando entrambi provarono la stessa sensazione di accoglienza e dimenticando superficialmente di effettuare le manovre di sicurezza da effettuare comunemente per evitare di entrare su pianeti ostili, si ritrovarono a camminare sulla superficie del mondo sconosciuto...
Già, camminare... un azione che veniva inserita nei cervelli alla nascita, ma che nessuno aveva mai fatto da almeno mille astroannispaziali, il movimento cinetico e ancor prima i piedi bionici rendevano superfluo sapere camminare.
La superficie che calpestarono appena usciti dall'astronave era ruvida, ma lineare e color rosa non più lunga di 10 mitrian e non più larga di 5 mitrian con alle estremità della lunghezza due pali ai quali era attaccato con un sistema rudimentale un piano rettangolare e un cerchio metallico con una rete bucata... i due si guardavano intorno, mai avute sensazioni simili dal solo osservare, e dopo un centinaio di passi arrivarono davanti ad un monoblocco di pietra dal quale sporgeva un piccolo tubo color orauser dal quale a sua volta usciva un liquido trasparente che pareva avesse una sua forza di gravità... era l'acqua; Spike cominciò a bere.
Vidi il mare... davanti a me. erano passati secoli da quando avevo abbandonato tutto per sopravvivere
Come gli altri. secoli. un tempo il mare era ancora blu, azzurro;ora invece era di un nero oscuro
E spaventoso. strane creature si erano evolute dentro quelle torbide acque, ora che eravamo tornati potevamo studiare e catalogarle. la spiaggia era bianca, le radiazioni l avevano resa di un bianco innaturale. davanti a me si stagliava questo contrasto di nero e bianco, magnifico, facendo del male eravamo riusciti a fare del bene. un rombo assordante e davanti a me apparve la navicella, il portello si aprii e vidi jane-entra ci hanno dato una casa più in la, sulla costa.-entrai, pensando a come secoli prima fummo costretti a lasciare la terra da noi infettata e corrotta per aspettare che ritornasse popolabile, come una madre che accoglieva i propri figli disobbedienti, anche lei ci accolse, sperando probabilmente che non gli avremmo più disobbidito!
"La vera storia del Carnevale" racconta le vicende del signor Tristobaldo Burbero, uomo ricco e potente, ma sempre triste e solo, sempre pronto a rispondere in malo modo e a trattare tutti con cattiveria.
La sua vita, però, è destinata a cambiare quando riceve nel suo ufficio la visità di cinque personaggi:l'Allegria, i Colori, il Divertimento, la Festa e la Musica.
Grazie a questi personaggi scoprirà che la felicità aiuta a vivere meglio ed è contagiosa, e che il buon comportamento ti avvicina agli altri e ti fa amare da tutti.
Decide, quindi, di regalare agli abitanti del suo paese una giornata all'insegna dell'allegria, dei colori, del divertimento, della festa e della musica! Nasce, così, il Carnevale, la festa più divertente dell'anno!
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