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Racconti fantastici

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Operazione smacchiamento

Anno 2064.
Sulla terra si era già dato il via all'operazione "smacchiamento", e potevate star sicuri che i pochi negri che rimanevano erano a "norma di legge", valeva dire morti. Uno pensa che con il passare degli anni, dei secoli, con l'evolversi della tecnologia, si evolvesse anche la società, macchè il razzismo era una di quelle cose che anziché andare a spegnersi si era quintuplicato, ora il razzismo era una disciplina.
"Non c'è peggior alieno di un negro a spasso nell'universo" diceva sempre suo padre, e come volete che crescesse il capitano Crook Benjamin, era diventato il walker texas ranger dell'universo, ma potevate star sicuri che al suo fianco non ci sarebbe stato quel simpatico negretto che aveva Chuck Norris.
A lui questa storia gli era proprio congeniale, prendi un negro lo ammazzi, ne prendi un altro gli fai fare una fine anche peggiore, e continui così finchè non ti danno la medaglia.
Il capitano Crook era un punto di riferimento, un baluardo per tutta l'operazione.
Si era cercato di eseguire l'operazione in sordina, per quanto possibile. Si era dato ordine a tutte le astronavi che avessero almeno un negro a bordo di tornare, ma quei porci col cavolo che l'avevano fatto.
Incredibile come circolassero velocemente le notizie nell'universo.
E quindi ora non restava altro che inviare gli smacchiatori in giro per l'universo a cercare le astronavi rimaste fuori.
Non che fosse un'operazione facile. Un'operazione facile c'era stata a dire il vero:

- Navetta Cpx42, navetta Cpx42 mi sentite? -
Nessuna risposta.
- Navetta Cpx42 mi sentite? Qui chiama la Frontiers51, mettetevi in contatto con noi, rispondete, rispondete -
Dentro la navetta.
- Che facciamo comandante? -
Nessuna risposta.
- Comandante? - Il comandante guardò il suo secondo, era sudato e parecchio agitato.
- Comand... ? - Ma il comandante non gli dava neanche più retta si girò a guardare il suo ufficiale delle comunicazioni, che era parecchio più alterato di lui, anc

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   3 commenti     di: Giorgio Davì


Un giorno qualsiasi

In un giorno qualsiasi, mi alzai al suono di una sveglia, un oggetto nato in un epoca già barbara, la vogliamo chiamare una delle prime protesi? Come e dove, e soprattutto a chi era venuta in mente un idea del genere?
No, niente barba, ormai da anni la mia pelle era liscia come la palla di un biliardo, ma le abluzioni si, a quelle non avrei mai rinunciato... fatte bene portano via tempo, l'acqua non serve solo per lavarsi, e poi le lozioni, o come le volete chiamare, un intruglio d'erbe annegate nell'olio, paura delle radiazioni? Forse... ma se ne era perso il senso della cosa, la notizia, forse addirittura la parola...
Il grande comunicatore dal P/C di casa non parlava ormai da anni di cose del genere... C'erano? E cos'erano? Qualcuno ne sussurrava urtandoti una spalla nella folla del metrò, bisognava esser prudenti, ogni incontro veniva ripreso da telecamere, gli assembramenti, vecchia paranoia del potere, erano temuti sommamente, sommamente... e per questo, oltre alle telecamere erano accesi microfoni, sempre, nelle pubbliche vie, nelle piazze, dappertutto... Ma nessuno osi dire che non c'era libertà, potevi andare, tornare, spendere, e poi ripartire... E siccome la libertà non si era mai potuta spiegare a parole, si era deciso in una grande assemblea di saggi che l'umanità aveva perso troppo tempo dietro quest' idea, così astratta... cos'era la libertà? Nata nella testa di chi aveva troppo tempo per pensare, frutto di una cattiva digestione di qualche filosofo?... Del resto erano spariti libri e documenti, testimonianze, ed anche le chiese erano musei... Ma non di opere d'arte ( finite chissà dove, qualcuno sussurrava, bruciate!)le chiese erano musei dello spazio, nude, con la loro architettura inesplicabile, non erano state abbattute, forse per ua forma di superstizione...
Ho divagato, scusate, stavo parlando delle radiazioni, e delle mie lozioni... Dunque, le radiazioni non si sa se c'erano... Del resto anche se c'erano la medicina avrebbe trovato u

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   5 commenti     di: ciro giordano


Non senso

Adesso penso che ho la testa pesante che pende da un lato e il capo e' appoggiato su una nuvola bassa cosi' riposo gli altri pensano credono che sto qui a scrivere ho pure fame cosi' tanta che voglio andare via verso la macchina, portarmi distante verso il mare annegare la testa in acqua cosi' per ascoltare melodie sconosciute e poi correre contro le derivate, gli integrali e tutta quella matematica a me ardua e dopo respirare il profumo di lei sconosciuta quella solitudine che ormai ho compreso non mi abbandonera' mai più e mai più ascoltero' quel pensiero meraviglioso e irreale che esiste solo nella mia mente ormai distorta da quel unico pensiero che mi ha travolto, delibero che niente più sia scritto da me stesso dopo queste parole. Ah! Uhm!

   0 commenti     di: Aurelio Greco


Il sole innamorato

"Il sole era curioso e apparve lungo le prime ore solo un po' timido di raggi ed era lì, tra nubi sbuffanti, e un pezzo di cielo pallido...
Il sole guardava giù per scorgere un fiore che amava e desiderava porgere la sua luce a far brillare i suoi petali, e, così poi al suo tepore, accarezzarlo d'amore...
Il sole dopo un po' divenne malinconico, poiché, coperto completamente da nubi nere, guardava il suo orizzonte senza poter più scrutare il prato dove sorrideva la sua amata e intristì di nostalgia.
Attese per vari giorni che il cielo tornasse limpido e poter quindi dichiarare la sua passione... ma quando ciò avvenne quel fiore non c'era più... Forse strappato dal vento, forse portato via per abbellire una stanza chiusa.. e poi desolatamente appassito.
La pioggia in un tramonto trovò, tra le sue impetuose gocce, le lacrime d'oro del sole ma ormai stanca d'aver tanto gocciato per giorni e giorni, le raccolse e le affidò alla rugiada che avrebbe per sempre imperlato di riflessi innamorati, la terra, ed ogni altro bocciolo, ad ogni sereno albeggio roseo."

   2 commenti     di: Marhiel Mellis


La breve storia del tempo e dello sconosciuto

Seduto all'ombra di un abete, un piccolo signore osservava il... nulla.
Un frettoloso signore si ritrovò a passare per quel luogo, di corsa, la mente imbottita di pensieri e gli occhi che guardavano il prezioso orologio che portava al polso.
Passò davanti al piccolo signore, e se questi non lo avesse chiamato
- ehi signore dov'è che corri?
non lo avrebbe nemmeno visto.

- non ho tempo!!!
rispose senza fermarsi e senza guardare chi gli aveva rivolto la domanda.

Il piccolo signore si alzò in piedi e sorridendo gli disse
- attento che te lo stanno rubando.

Il signore allora si fermò e osservando il piccoletto chiese
-cosa?

-ma il tuo tempo, non te ne stai accorgendo? Ogni volta che guardi l'orologio c'è un'altra persona che ti ruba il minuto che hai appena guardato... e la tua vita perde valore, il vero valore, pensaci quando avrai un attimo di <tempo>.

- guardi scusi, ma oggi proprio non ho tempo. Domani forse.

E se ne corse via. Ma il suo domani non ci fu, perché il suo tempo era finito: troppe volte aveva guardato l'orologio.

Un piccolo signore se ne stava seduto all'ombra di un cipresso, osservando il tutto del nulla, vide passare un veloce carro funebre che trasportava un ricco signore, con un bellissimo orologio, che non segnava più il tempo... sorrise,

- glielo avevo detto.
Lentamente sì incamminò osservando l'azzurro cielo, lui il tempo lo conosceva molto bene.

   5 commenti     di: cesare righi


Il contadino e la morte

Il corvo osservava il contadino ormai da ore, dall'alto di un ramo secco, sul vecchio ulivo. Da lassù, i raggi del sole parevano acquisire una tinta verdastra, e la valle assumeva un 'aria antica, immobile.
Mirava il paesaggio, mentre le nodose mani del fattore passavano instancabilmente da un frutto all'altro.
Li carezzava, li soppesava senza staccarli dal picciolo, ed infine li lasciava con aria delusa.
"Povero sciocco" gracchiò l'uccello "non troverà mai quel che sta cercando." Ridacchiò, si sistemò, comodo ed attese.
"La pazienza è la virtù dei morti" continuava a ripetere fra sè e sè il vecchio contadino, febbrilmente. "La morte mi sta osservando e devo fare in fretta!".
Cercava e cercando le sue mani si facevano sempre più rugose di pomo in pomo ed i suoi occhi parevano seccarsi ogni volta che riponeva un frutto.
"Non è nemmeno questo!! Maledizione!"
Si concesse un attimo di respiro.
Il vento passò fra i suoi capelli, come una carezza, una calda promessa, mentre il sole si allontanava sempre più, all'orizzonte...
"Prima che faccia buio" singhozzò.. ma le tenebre avanzavano.
Dieci, venti, cento frutti erano passati per le sue mani, ma ancora nn c'era segno che indicasse che presto avrebbe trovato quel che cercava.
Iltempo si stava esaurendo e la promessa che la Nera Signora gli aveva fatto la notte precedente diventava ad ogni respiro più concreta.
"Che si sia trattato solo di un sogno?"
Ma allora... cos'era quella morsa gelida? Quell'ineluttabile sensazione, anzi, quella certezza che ogni cosa intorno a lui si sarebbe potuta dissolvere da un momento all'altro.
La grande verità espressa dal corvo, macabramente appollaiato sull'ulivo, si manifestò in un susseguirsi di versi gracchianti, ma l'uomo non li comprese...
Nemmeno li ascoltò, preso com'era nella sua frenetica apnea.
"Stupido contadino" ridacchiò l'uccello "farsi influenzare così da un semplice sogno.."
Come aveva previsto, l'uomo si ac

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   6 commenti     di: Kable


Nightmare

Cielo di mille colori, trombe che annunciano un'altro nuovo livello di esistenza. Le nuvole soffiano insistentemente sul sole adirato dal frastuono provocato dai tuoni. Angeli si stringono le mani in una serie di movimenti rassomiglianti una danza mentre demoni assetati di sangue vendono caramelle ai bambini sul ciglio dell'ormai putrida strada. Enormi alberi spinati si fanno largo lì dove un tempo c'era la folta boscaglia e le piante si attorcigliano tra di loro formando un erbaceo muro vivente. Losche figure si aggirano indisturbate tra le strade piene di crepe, cartacce e lattine di coca accompagnati dall'inconfondibile e stonato verso di migliaia corvi che scrutano attentamente ogni singolo angolo della città. Antiche profezie escono dalla bocca di una piccola e dolorante vecchietta seduta su una panchina. Un terremoto scuote la terra, onde altissime invadono gli spazi, tornadi travolgono ogni cosa e una voce familiare si ode nel caos: "Claudio svegliati, è ora di andare a scuola"... che noia la realtà!




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