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Favole per bambini

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La fede dell'ombrello

La vera fede non è un ombrello che vi ripara quando piove, la vera fede è un arcobaleno di colori, che nasce spontaneo dai cuori e il suo viver non teme le stagioni.
Il buio più intenso alberga nei vostri cuori, e non nel cuore del mondo, e poi cos'altro è il cuore del mondo se non la proiezione del vostro cuore…

Tintinnavano le campane della chiesa al soffiare del vento, mille pecorelle pascolavano belanti nei pressi della sacra dimora, nessuna di essa aveva mai osato varcare la soglia che conduceva al altare di Dio. Tutte ne avevano un grande rispetto ed un ancor più grande timore.
Un giorno comune a tanti altri una strana pioggia incominciò a scendere dal cielo, era una pioggia acida che a lungo andare avrebbe sterminato l'intero gregge.
Le pecore ne riconobbero il pericolo ed impaurite cercarono un posto dove ripararsi. Il pascolo non aveva alberi e neppure caverne nelle quali ripararsi, e pertanto disperate rivolsero il loro sguardo alla sacra dimora, unica possibilità di scampo alla morte.
Con passo veloce si diressero verso la grande porta, che era ben chiusa, e presero a belare implorando aiuto, la porta si aprì lentamente lasciandole entrare tutte e alle loro spalle si richiuse.
La grande chiesa era buia, illuminata da migliaia e migliaia di piccolissime luci, e nell'entrare in quella tetra stanza, le pecorelle si sentirono ancor più spaventate.
Con passo incerto presero a camminare verso una grande luce che s'intravedeva alle spalle del altare, e mentre si addentravano sempre più, una voce disse:

Fermatevi nel passo, e non andate oltre!

Le pecore tremanti si fermarono una vicina all'altra, ammucchiandosi per la paura, e col capo chino per il terrore presero a piangere. La stessa voce aggiunse:

Perché piangete, cosa vi spaventa in questo luogo?

Ed in coro risposero:

Il buio.

Va bene, disse la voce, ora potete procedere.

Perché di quella domanda?

Chiese una delle pecor

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   2 commenti     di: Cleonice Parisi


Il desiderio più grande

Amore mio stavo camminando in riva al mare quando dalla sabbia ho visto venir fuori una di quelle lampade che si usavano una volta. Incuriosito mi sono chinato a raccoglierla e con mio grande stupore ecco che da essa è venuto fuori un genio che mi ha detto che avrebbe esaudito tre miei desideri... per prima cosa ho chiesto tanta ricchezza da poter vivere serenamente il resto dei miei giorni... poi ho aggiunto anche una grande villa in riva al mare e poi mi sono fermato a pensare... lui mi ha chiesto giustamente quale fosse il mio ultimo desiderio ed io senza esitare ho preteso che tornasse tutto come adesso perchè ora ho una donna stupenda che mi ama e grazie a lei ho conosciuto il vero sapore della felicità... con lei vicino non ho bisogno di niente per essere felice... il genio mi ha guardato e con un tenero sorriso di compiacimento è sparito nella sua lampada...

   9 commenti     di: Vincenzo Renda


Le cinque Cause

Padrino e figlioccio.

C'era una volta un padre con dodici figli e questi volevano sempre mangiare. Quando nella pentola restava poca polenta, le cucchiaiate sulle mani erano tante. Quando non mangiavano, per ingannare tempo e stomaco, stavano sempre a litigare. Stava arrivando il Santo Natale e per le vie del paese si sentivano gli odori saporiti. In qualche famiglia si preparavano le pizze fritte e in altre biscotti e panettoni. Solo nella casa dei dodici figli c'era ben poco da sgranocchiare. La Vigilia di Natale, quel padre, che aveva un rapporto privilegiato con la fame e con la miseria, chiamò il più piccolo dei dodici figli e gli ordinò di andare a fare gli auguri al ricco Padrino. "Mi raccomando, devi dirgli buon Natale e tanti auguri e speriamo che ti dia qualcosa."
Il bambino, sballottato dal gelido e freddo vento cattivo, arrivò alla casa del Padrino. "Cosa sei venuto a fare, figlioccio bello?" "Il mio babbo mi manda a dirti, tanti auguri, buon Natale e speriamo che tu ci dia qualcosa". "Figlioccio mio, buon Natale e tanti auguri a te e famiglia, ma adesso torna a casa, perché fa freddo e ti sei bagnato" Il bimbo si mise a piangere e allora il padrino gli regalò un piccolo porcellino, che stava morendo e che la madre non voleva più allattare.
Come fu o come non fu, questo non si sa, ma quel porcellino non morì. Non solo non morì, ma pascolando l'erba buona e mangiando ghiande, un anno dopo, il porcellino diventò una magnifica bestia di due quintali e quattro dita di lardo. La vigilia di Natale fu trasformato in salsicce, bistecche, cotechini e tante cose buone e saporite. Il padre di famiglia chiamò il suo bambino, gli diede un pacchetto di carne e gli disse di andare dal padrino, fargli gli auguri e dargli il regalo. Fu così che il bambino, andò di nuovo alla casa del padrino, portandogli gli auguri e la carne. Il tempo era bello e il sole riscaldava le piante e gli animali. "Cosa vuoi?" "Caro padrino, il babbo ti manda questa carn

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   1 commenti     di: oissela


LE LACRIME DEL LUPO

premessa
sono andato al circo diverse volte e allo zoo raramente. Non ho mai visto un lupo sia perché dalle parti dove vivo si sono estinti nei primi del '900, sia perché non ho mai fatto un viaggio nei pochissimi luoghi dove, i pochi rimasti, vivono ancora come una volta. D'altra parte mi rattristerebbe vederne uno in gabbia allo zoo o in un parco nazionale.
Parecchi anni or sono, al circo un elefante mi venne tanto vicino da permettermi di vedere i suoi occhi lacrimare. Mia nonna mi spiegò che gli animali piangevano anche, ma non allo stesso modo degli uomini. Non aggiunse altro, neanche dove stava la differenza. Probabilmente anche a lei, da piccola le fu data la medesima e sibillina risposta cosi, da allora, presa da ben altri problemi non se lo chiese mai più.
La ferocia, l'ingordigia, il coraggio, la dannazione, l'amore, l'orgoglio Esiste qualche altro animale a cui l'uomo ha attribuito tutto ciò come ha fatto con il lupo? Perché ha scelto proprio lui
come ingrediente essenziale di fiabe, di leggende e di proverbi? Forse perché non avrebbe suonato bene vedere Cappuccetto Rosso insidiato da un cammello o che si dicesse " Quel tipo ha una fame da allodola! " Oppure che il terribile licantropo si chiamasse conigliantropo e, infine che Romolo e Remo fossero stati allevati da una simpatica marmotta. Ciò è comprensibile, ma siccome le fiabe e i miti non devono esserlo altrimenti non potrebbero essere tali io, da sempre affascinato da questa creatura, ho dato la mia piccola spiegazione e, con la penna guidata dalla mia fantasia mi è piaciuto scriverla sia per i bambini sia per quella parte sana, pulita e dolcemente ingenua che di essi rimane negli adulti ma soprattutto, per l'altra che il più delle volte prevale.




Dovete sapere che un tempo tutti gli esseri viventi della terra se ne stavano li tranquilli: né in pace e neanche in guerra: questa ancora non era stata inventata e, siccome ogni cosa ha il suo opposto, la pace e la guerra non

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Lo Splendido

C'era una volta un cigno, chiamato "lo Splendido"; un po' perchè era uno degli esemplari più belli, effettivamente, della zona ed un po' per ironia perchè poi, via, negli atteggiamenti e nei modi... se la tirava!
I cigni erano i volatili più belli ed imponenti di quella zona del Necktar, il fiume che bagna la città di Tubinga, e lui, pertanto, sentendosi il più bello tra i cigni aveva facilmente fatto le somme!
Il migliore dei migliori.
Si sentiva il re indiscusso di quella parte di fiume, di tutto il tratto che tagliava in due l'amena cittadina.

C'è un vantaggio, certo, ad essere cigni, ma non bisogna approfittarne perchè gli svantaggi sono in agguato. Ed il nemico era... un ponte.
Tutti i cigni ci passavano sotto; era il modo più semplice per passare da una parte all'altra del fiume, che il ponte divideva. Scavalcarlo era faticoso e passarci attraverso pericoloso.
Non era un ponte piccolo, nel suo interno ci passava l'arteria principale del traffico urbano nonché due ampi marciapiedi dove passavano, specie nel pomeriggio, molte persone.
Ma lui era "lo Splendido" e la saggezza non faceva parte delle sue qualità.
Così azzardò l'impresa che lo avrebbe reso ancora più orgoglioso di se stesso, ed avrebbe messo a tacere anche le battutine ironiche che si facevano sul suo conto: grande, grosso e...
E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo, per certe battute che venivano fatte tra i cigni e tra gli altri uccelli del Neckar, decise che era il giorno giusto.
Bhe, insomma, la rabbia lo accecò non poco nel decidere che sarebbe passato attraverso il ponte e che avrebbe anche attraversato la strada per poi planare dall'altra parte.
Lo disse prima di allonanarsi dalla mezza dozzina di cigni che sostavano, stanchi ed indolenti, sotto il ponte, godendone la frescura.
Un breve volo risalendo il fiume per prendere lo slancio, e via.
Il ponte si avvicinava rapidamente, occorreva essere accorti, rallentare mettendo le ali pi?

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La tartaruga ballerina.

Giannina era una bambina di otto anni che amava molto gli animali e soprattutto le tartarughe. Quando le chiedevano perché proprio le tartarughe lei rispondeva, decisa: "Perché hanno una casa dove si possono rifugiare subito se c'è un pericolo, senza bisogno di correre. E poi perché camminano lentamente e si possono prendere in braccio facilmente. Anche le lumache camminano lentamente ma la loro casa è troppo fragile mentre le tartarughe hanno una casa durissima che non si rompe nemmeno se un bambino ci sale sopra".
Convinti da questo ragionamento i genitori, per il suo compleanno le regalarono una giovane tartaruga. Giannina fu felicissima e la prese subito fra le sue mani, accostando il suo viso al musetto della tartaruga che lo ritrasse subito dentro la sua casa. "Hai paura, eh! - disse Giannina - Ma vedrai che diventeremo amiche ed io riuscirò a baciare il tuo simpatico musetto".
La mamma sorrise e chiese a Giannina: "Le vogliamo dare un nome?" "Certo, la chiamerò Uga". La tartaruga mise fuori il musetto come se si fosse sentita chiamare. "Hai visto, mamma? - disse Giannina - Il nome le è piaciuto!".
La casa di Giannina aveva un grande giardino con molte piante. C'erano molte rose, un gelsomino rampicante, due grandi acacie, un abete, due pini e un glicine che, quando fioriva, raggiungeva il balcone del primo piano. In un angolo del giardino il padre di Giannina aveva attrezzato un piccolo orto con molti tipi di verdure, pomodori, fagiolini e melanzane.
Uga era libera di passeggiare nel giardino ed anche nell'orto dove entrava infilandosi sotto una maglia più larga della rete di recinzione. La mamma di Giannina la lasciava fare. "Quanta insalata potrà mangiare?" - pensava.
Insomma Uga viveva in un piccolo paradiso. Scoprì che le piacevano anche altre verdure, oltre la solita lattuga. Trovava la ruta molto saporita ed i fiori d'acacia caduti a terra maturi erano perfetti come dessert. Ma Giannina la strappava spesso al suo paradiso. La portav

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Enrica la formica sciupona (seconda)

All’ingresso del formicaio venne fermata da una possente formica soldato. Svettava sulle enormi sei zampe ed aveva mandibole enormi. Con voce autoritaria le chiese:
- Dove vai piccolina, non sei in ritardo per l’uscita?-
Per nulla intimorita rispose:
-spostati immediatamente, sono in missione per la Regina!-
Questi la guardò stupefatto e incapace di replicare la lasciò uscire.
Uauuuu, Enrica rimase esterefatta, si trovava in un enorme prato verde, dove immensi alberi svettavano verso il cielo, azzurro intenso, quasi abbagliante.
Bellissimo pensò.
Si mise a bighellonare per ogni dove, incontrò un grillo che le chiese:
-Che fai formichina tutta sola soletta, non sei a raccogliere cibo con le tue compagne?-
-No, sono in missione segreta per la mia Regina- rispose Enrica aggiungendo – e tu chi sei?-
- Io sono il grillo. Il saggio grillo, mio compito è di saltare per i prati dispensando saggi consigli a tutti gli insetti che incontro. C’è chi mi ascolta, i più, e c’è chi ignora i miei consigli e…-
L’impaziente formica supponendo che questi l’avrebbe tirata ancora per le lunghe disse:
- Sì, sì, devo andare perché la Regina mi sta chiamando. Ciao eh- e se ne scappò veloce.
Uffa, pensò ella, che lagna, sono appena uscita e vogliono già farmi lavorare. Dopo, dopo.
Continuò il suo vagabondare, quando appesa ad un filo d’erba vide un essere strano:
un insetto bianco, minuscolo, fornito di piccole zampette, ricoperto da una sostanza cerosa. Si fermò ed incuriosita domandò:
- e tu chi sei?-
- Io sono una cocciniglia-
- e a che servi?-
-Curiosa eh, piccolina? Se mi porti una tenera fogliolina da mangiare ti faccio una bella sorpresa.-
Enrica andò in cerca della fogliolina e portatala alla cocciniglia le chiese:
-La sorpresa?-
-prima dammi la foglia- rispose sospettosa quella
- e no cara. Prima la sorpresa e poi la foglia-
-Va bene, vieni vicino e con le tue antenne sollecitami la copertura-
Non del tutto convinta Enric

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   5 commenti     di: cesare righi



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Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie

Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia