Era un pino solitario, se ne stava sulla collina dominando tutta la vallata.
Svettava poderoso, la sua immaginabile altezza sfiorava i 60mt. Una moltitudine di aghi raccolti a coppie di due disegnavano la chioma in una forma conica perfetta;
dal possente fusto, non temeva nulla. Non vi erano bufere o tormente che potessero piegarlo.
Ogni tanto qualche boscaiolo tentava di abbatterlo per farne legna da ardere, ma l'accetta, seppur usata con forza non scalfiva minimamente quella bruna corteccia.
Erano passati centinaia di anni e tante generazioni si erano tramandate la storia del magico pino, nessuno avrebbe pensato di riuscire ad abbattere quel magnifico esemplare. Fu così che si dimenticarono di lui.
Passarono ancora cento e cento anni, il pino divenne riparo per uccelli ed ogni forma di vita campestre.
Il tempo non lo segnava minimamente, poderoso era e poderoso restava.
Nelle fredde notti invernali, quando la neve lo ricopriva, si ritirava in se stesso chiedendosi quale fosse il suo destino, perché ne era certo, lui non era un albero come gli altri.
-Io sono nato per un motivo, la mia vita ha uno scopo.
Passarono le ere, guerre e devastazioni, la collina si impregnò del sangue degli uomini morti in battaglia.
Urla, grida e disperazione accompagnarono la sua esistenza, ma nessuno riuscì mai ad abbatterlo o a segnarlo minimamente.
Lo sconforto iniziò ad avere il sopravvento su di lui, non si capacitava di tutta quella malvagità che albergava sulla terra.
Era stanco, il suo amore per gli esseri umani iniziava a vacillare, ma era impotente, non sapeva che fare per poter aiutare quella terra devastata.
Una notte si accorse che in cielo non brillava nessuna stella, la luna era scomparsa, eppure doveva essere proprio lì, sopra alla sua immensa chioma. Non vi era nessuna nuvola, ma il firmamento era scomparso. Improvvisamente una luce lontana si evidenziò sempre più viva, non aumentava di circonferenza, ma solo di intensità.
Un lampo improvviso e
Per giorni soffiò un forte vento su Nuovo Sole, E quando il nostro discolo amico non né poté più;uscì dal pollaio di soppiatto, sfuggendo all'occhio attento di Cocca D'Oro. Quindi anche al fattore Elise, che si prendeva cura delle sue bestiole. Le piume di Pio Pio erano gonfie, e lui rabbrividiva, mentre con ostinata prepotenza compiva la sua fuga.
Camminava lungo la staccionata, con il suo andare assai goffo, era davvero buffo! Quando rotolava come una pallina gialla e morbida trasportato dal vento. A tratti si riprendeva testardo e ardito e continuava ad andare,"mai!" si disse,"avrebbe rinunciato a quell'implesa da esplolatore coraggioslo!" Ecco Che vide una soluzione a quello che sarebbe potuto diventare un problema se si fosse preso un malanno. Pensava tra se e se con gli occhi imploranti verso il cielo nuvolo..(Già si immaginava per giorni a letto con il raffreddore, termometro e le sgridate di mamma! No.. proprio non voleva che le venisse il mal di gola, o addirittura la febbre. Perciò vide qualcosa nei paraggi che le piacque subito, poteva fare a caso suo... Disse in quel linguaggio buffo: "Pelò, che foltuna!!" a lui parve immediatamente uno straccio. Essendo esageratamente vanitoso ed originalissimo nelle sue idee, le parve che poteva metterlo al collo. In più aveva freddino, e poiché il freddo aumentava, lo mise al collo. "Aah.. ora si che andava molto meglio!"
Il monello riuscì a raggiungere il Porticato che Eliseo costruito proprio per il loro riparo. La avrebbe potuto stare protetto dal vento. Disse Sorridendo a se stesso: "Andlò a vedele se c'è qualcosa di intelessante!"
D'improvviso viene raggiunto dal suo amico Rocco l'anatroccolo, al quale non sfuggi il particolare: "Caspita Pio Pio come sei bello! Ma dove hai trovato quel fazzoletto? Il pulcino non voleva dare troppa soddisfazione al compagno di giochi, certo non poteva dirle che l'aveva trovato, ne tantomeno che aveva freddo;
l'avrebbe certamente preso in giro! E poi se avesse sa
Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
Un uomo grande, che possedeva grosse scarpe, camminava incurante nel giardino di Dio. Le piccole creature, che vi abitavano tremavano di paura al solo veder la sua ombra apparire. Ma il grande uomo, che aveva occhi per vedere e orecchie per ascoltare, pur vedendo ed ascoltando non si era mai mosso a pietà per nessuno, aveva continuato a schiacciare innocenti creature, ree solo d'aver incrociato il suo cammino.
Un giorno come tanti nel suo lungo andare, incrociò nel passo una piccola volpe albina, l'uomo alzò la sua grande scarpa con l'intento di schiacciarla.
Gigante!
Urlò la piccola e candida volpe.
Non mi hai neppure osservata, guarda il mio candido manto, e la luce dei miei occhi io sono la vita, schiacciandomi fai del male a te stesso.
Ahahahahahahah, stupida volpe.
Prese a ridere il gigante.
Come potrei fare del male a me stesso, schiacciandoti con la mia scarpa. A farti male saresti solo tu.
Ma allora tu non conosci la Sacra Legge?
Disse la volpina con voce tendente al gravoso.
Si è l'unica spiegazione, tu non conosci la Sacra Legge.
Aggiunse.
La Sacra Legge?
Disse con voce roboante il gigante, riprendendo a ridere.
Volpina, è risaputa l'astuzia di voi altre volpi, ma tu davvero sfiori l'improponibile.
Mi spiace gigante, ma stavolta sei in errore, la sacra legge è nota a tutti gli abitanti di questo posto, come puoi averla ignorata per tanto tempo, essa è continuamente sussurrata da ogni elemento del vivere, ed è impossibile che non ti sia giunta all'orecchio.
E cosa direbbe questa Sacra Legge.
Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
Smettila questa è la legge dei vili. Chi non fa del male solo per paura di subir lui stesso la stessa sorte, come me lo chiami se non vile.
La piccola volpe comprese che il gigante aveva si orecchie ed occhi ma non per ascoltare e vedere la vita.
Un giorno, dopo aver finito i vari lavori, si avviò verso il fiume. Decise di allontanarsi un po' per restare sola e capire, se era lei che sbagliava o lui. Doveva frenare quelle insignificanti emozioni d'invidia e rabbia che sentiva e far capire a lui che voleva avere più attenzione, anzi essere nel profondo del suo cuore. Camminando, si avvicinò a un salice piangente, molto vicino al fiume e sedendosi sul prato, abbracciò le gambe e abbassò la testa, chiudendosi in un mondo tutto suo per un attimo, nel buio infinito della fantasia.
Dai suoi occhi cadeva qualche lacrima, alzò lo sguardo e mentre osservava attentamente il fiume, dispersa nei pensieri, vide comparire all'improvviso qualcosa di strano. Era una ragazza giovane e trasparente anche se si notavano un semplice vestito e capelli lunghi. Camilla era un po'spaventata, ma la ragazza si mostrò subito gentile, così si tranquillizzò. Si presentò dicendo: "Ciao, io sono Flumen, posso aiutarti? Hai qualche problema?" Camilla dischiuse le labbra, ma poi non disse nulla, qualcosa la bloccava.
"Fidati di me, non voglio farti del male, il mio amico Salix mi ha chiamato vedendoti così triste. Tu mi vedi così trasparente perché sono l'anima del fiume, sono qui da tanti anni, la natura mi ha lasciato fluire insieme alle acque e non le ho mai lasciate. Salix è il salice che ti sta accanto, io posso parlare con lui e nonostante il suo nome sia salice piangente, è l'albero più allegro che conosco."
Camilla fu convinta, dalla sicurezza che mostrava e le racconto il suo problema. Flumen le consigliò subito la soluzione. "Che ne dici di diventare una bella gattina!"
Camilla rimase perplessa e aggiunse: "Ma come faccio?"
"Semplice, ti trasformo io."
"Ne saresti capace?"
"Sì, il fiume che non ho mai lasciato mi ha donato dei poteri, ma solo per aiutare qualcuno, non li posso usare per me."
"Poi rimarrò per sempre una gattina?"
"Dipende dai suoi sentimenti, se veramente ti ama, ritornerai la sua do
...
- Dici a me? – rispose prontamente l’astuta formica
- a chi se no? Ci sei solo tu qui come agente segreto-
-io non ho mai detto che sono un agente segreto. Ho solo detto che sono in missione per la Regina-
La Regina assistendo divertita chiese:
-Ah sì, e che missione ti avrei affidato?-
-Sua maestà, non mi ha incaricato di andare a procurarmi del cibo?-
-Sì certo-
-E non è una missione questa?-
-Sì certo-
-io ho sempre affermato questo. Il saggio Grillo può confermare che non ho mai detto che sono un agente segreto-
- Hummm-un po’ spazientita la Regina congedò il grillo e rivolgendosi ad Enrica:
-Bene Enrica, dove è il cibo?-
-Ah, è successo che mentre ne andavo alla ricerca, ho incontrato un insetto che mi ha chiesto di aiutarlo. Un certo cocciniglia, mi ha detto che noi formichine li nutriamo perché loro ci regalano poi il nettare che piace tanto alle Regine. Io pensando di farle piacere, sono corsa a cercare una bella fogliolina da dare a cocciniglia, e lei mi ha dato tanto nettare…-
-Ma che brava sei stata e tutto questo nettare dov’è?- chiese la regina guardandosi intorno
Fingendosi disperata la scaltra formica aggiunse:
-L’avevo accumulato tutto nel mio sacco di trasporto, poi tornando verso il nido mi sono stancata e ne ho bevuto un pochino. Giuro solo un goccio per rimettermi in forza, ma quando sono arrivata qui non ce ne era più. Non riesco ad immaginare cosa possa essere successo. Prima c’era ed ora non c’è più. Una magia, forse.-
La Regina non sapeva se castigare Enrica o premiarla per la fervida fantasia. Decise di punirla solamente per quella sera. L’avrebbe mandata a dormire senza mangiare nulla.
-Enrica, lo sai che il nettare prodotto dalle cocciniglie serve a noi formiche per l’inverno? Lo immagazziniamo ed è il nostro nutrimento durante il grande freddo, quando il cibo scarseggia, il nutrimento del nettare ci permette di arrivare alla nuova primavera senza soffrire e specialmente senza farci
Era un caldo strano, il sole era nervoso, scaldava ad intervalli, si lasciava imprigionare dalle nuvole in movimento, sembrava volesse rinunciare al suo dovere di astro. Ad un tratto un fulmine, rumoroso e luminoso come non mai, squarcia l'aria, dal nulla in mezzo alla piazza un omone grande come una casa comincia a cantare, una vocina fine dolce sottile, un po stridula, si ode come d'incanto. è il gigante buono che trasmette le sue doti vocali. dal vicolo a sinistra piano piano esce una donzella affascinante, avvolta in un mantello rosso sotto un abito bianchissimo, con delle scarpette gialle, sembra voglia rispondere alla vocina dolce stridula e lo fa con un vocione da orco inferocito. lo sgomento colpisce tutti i presenti i quali spaventati si riuniscono tutti in fondo alla piazza aspettando forse qualcosa di brutto. il miracolo si manifesta quando l'omone si inginocchia ai piedi della fanciulla e con voce normale da uomo le dichiara il suo amore, la fanciulla lo accarezza con delicata maniera e con la vocina stridula lo riassicura ammettendo anche il suo amore.
Una notte, all'apparenza come tutte le altre, era la notte di Halloween.
Nella foresta l'orso si era travestito da scheletro e il lupo da mummia.
Durante quella notte un cinghiale, che era nella sua casa, aveva così tanta paura che quando suonarono alla sua porta pensava che ci fosse uno Zombie.
Pensava che intorno alla casa ci fossero delle mummie.
Al cimitero, però, c'erano degli Zombie veri. Uno di essi s'incamminò verso la casa del cinghiale e bussò alla porta.
Il cinghiale disse: "Smettila scimmia!"
Ma in realtà non era la sua amica scimmia e lo capì quando la porta si aprì.
"Se tu non sei la mia amica scimmia, allora chi sei?" Disse il cinghiale.
Lo Zombie rispose: "Mi chiamano tutti zombie."
Il cinghiale, dallo spavento, scappò via per sempre e lo Zombie capì che quella era una bella casa quindi poté stare li per sempre.
Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie
Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia