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Favole per bambini

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L'isola dei sentimenti

Il vulcano con il suo ruggito annunciò
che l'isola dei sentimenti stava per sprofondare nell'abisso.
Tristezza con le sue amiche:
Paturnia e Ansia, diedero l'allarme.
Gioia, Buonumore, bellezza e Sapere con tutti gli altri sentimenti
andarono alle loro imbarcazioni e partirono.
Tranne l'Amore volle aspettare fino all'ultimo, per amore dell'Isola:-)
Il vulcano fu brutale, fiume di fuoco, ed esplosione di rocce incandescenti.
Quando l'isola fu sul punto di esplorare, e la Speranza gli passò dinnanzi,
'Amore decise di chiedere aiuto.

La Vanità passò con il suo veliero luccicante
e vele di seta, vicino all'isola.
" mi puoi portare con te?" Disse 'Amore.
" mi dispiace tanto, ma tanto,
gli specchi debbono guardare solo me!" Disse Vanità.

Poi passò la ricchezza con la sua banca
super lussuosa, e 'Amore le disse;
" mi puoi portare con te dai?"
" non posso, c'è molto argento e
oro sulla barca non c'è posto per te!"

Vide 'Orgoglio, sguardo fiero e deciso
con la sua barca nell'equilibrio del giusto.
"Orgoglio! Aiuto portami con te?"
" non posso, mi squilibri la barca!"

Allora 'Amore chiese alla Tristezza che passò la vicino.
"Tristezza ti prego, tanto tanto portami via da qui?"
" peccato, sono così triste da voler star sola.."

Poi passò Passione, con la sua barca strapiena di naufraghi
dalle loro barche, tra spintoni e trambusto, s'avvicinò per farla salire.
'Amore contentissima.. (grandi amici).
Nello stesso istante passò Speranza, su di un centocinquanta cavalli compress,
ehm, seguì stretto Buonumore.
Passione non riuscì, l'onda fece immondo d'allontanare la barca,
e 'Amore non poté salire, Passione ignaro proseguì.

'Amore stava per morire..
Quando udì una voce;

"Vieni, vieni fai presto Amore ti prendo con me!"

Fu un vecchio, con lunghi capelli e barba bianca, con il suo sorriso lieve,
come sé sapesse tutto.
'Amore, si sentì così riconoscente da non saper cosa dire.
Il suo sorri

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   0 commenti     di: Clio


La pasqua di Pino

Era un pino solitario, se ne stava sulla collina dominando tutta la vallata.
Svettava poderoso, la sua immaginabile altezza sfiorava i 60mt. Una moltitudine di aghi raccolti a coppie di due disegnavano la chioma in una forma conica perfetta;
dal possente fusto, non temeva nulla. Non vi erano bufere o tormente che potessero piegarlo.
Ogni tanto qualche boscaiolo tentava di abbatterlo per farne legna da ardere, ma l'accetta, seppur usata con forza non scalfiva minimamente quella bruna corteccia.
Erano passati centinaia di anni e tante generazioni si erano tramandate la storia del magico pino, nessuno avrebbe pensato di riuscire ad abbattere quel magnifico esemplare. Fu così che si dimenticarono di lui.
Passarono ancora cento e cento anni, il pino divenne riparo per uccelli ed ogni forma di vita campestre.
Il tempo non lo segnava minimamente, poderoso era e poderoso restava.
Nelle fredde notti invernali, quando la neve lo ricopriva, si ritirava in se stesso chiedendosi quale fosse il suo destino, perché ne era certo, lui non era un albero come gli altri.
-Io sono nato per un motivo, la mia vita ha uno scopo.
Passarono le ere, guerre e devastazioni, la collina si impregnò del sangue degli uomini morti in battaglia.
Urla, grida e disperazione accompagnarono la sua esistenza, ma nessuno riuscì mai ad abbatterlo o a segnarlo minimamente.
Lo sconforto iniziò ad avere il sopravvento su di lui, non si capacitava di tutta quella malvagità che albergava sulla terra.
Era stanco, il suo amore per gli esseri umani iniziava a vacillare, ma era impotente, non sapeva che fare per poter aiutare quella terra devastata.
Una notte si accorse che in cielo non brillava nessuna stella, la luna era scomparsa, eppure doveva essere proprio lì, sopra alla sua immensa chioma. Non vi era nessuna nuvola, ma il firmamento era scomparso. Improvvisamente una luce lontana si evidenziò sempre più viva, non aumentava di circonferenza, ma solo di intensità.
Un lampo improvviso e

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   4 commenti     di: cesare righi


La lucciola che non brillava

C'era una volta una lucciola che non brillava.
Questo la rattristava perché voleva anche lei emettere la luce come le altre.

Un giorno, sul giornale però, lesse che esisteva una dottoressa che poteva curare gli animali che esistono in tutto il mondo.
Così la lucciola, andò subito da lei.
La dottoressa non riuscì a guarirla subito, ma le disse di prendere una medicina, anzi uno sciroppo e di berlo sempre.
La lucciola, uscendo dalla visita pensò:
"Domani dovrò andare dalla mia amica volpe, e non posso prendere la medicina!"
"Come faccio a berla, mi vergogno di portarmela dietro."
Quando andò dalla volpe, non riuscì, infatti, a berla e cominciare la terapia ma c'era ancora tempo. Lo disse allora alla volpe, che le rispose:
"Perché non me l'hai detto prima? Bisogna fare presto perché il tempo è quasi finito. "Allora andiamo con la mia macchina presto!"
Così, tornata rapidamente a casa, riuscì a bere la medicina ma non guarì e non riuscì a brillare.

Andò ancora dalla dottoressa che stavolta le disse:
"Ora ho scoperto la verità!"
"Tu non hai mai brillato in vita tua!"

Primo finale
"Ognuno è diverso, tu sei fatta così, sei una lucciola che non brilla."
E la lucciola imparò ad accettarsi senza luce, anche perché i suoi amici non ci facevano caso e le sue compagne apprezzarono, sempre di più, la sua caratteristica unica, che la rendeva diversa e le dava un fascino particolare.

Secondo finale
Allora la dottoressa le dette una nuova medicina, più adatta, e lei brillò per sempre.



La leggenda del pozzo senza fondo (terza parte)

Un giorno, dopo aver finito i vari lavori, si avviò verso il fiume. Decise di allontanarsi un po' per restare sola e capire, se era lei che sbagliava o lui. Doveva frenare quelle insignificanti emozioni d'invidia e rabbia che sentiva e far capire a lui che voleva avere più attenzione, anzi essere nel profondo del suo cuore. Camminando, si avvicinò a un salice piangente, molto vicino al fiume e sedendosi sul prato, abbracciò le gambe e abbassò la testa, chiudendosi in un mondo tutto suo per un attimo, nel buio infinito della fantasia.
Dai suoi occhi cadeva qualche lacrima, alzò lo sguardo e mentre osservava attentamente il fiume, dispersa nei pensieri, vide comparire all'improvviso qualcosa di strano. Era una ragazza giovane e trasparente anche se si notavano un semplice vestito e capelli lunghi. Camilla era un po'spaventata, ma la ragazza si mostrò subito gentile, così si tranquillizzò. Si presentò dicendo: "Ciao, io sono Flumen, posso aiutarti? Hai qualche problema?" Camilla dischiuse le labbra, ma poi non disse nulla, qualcosa la bloccava.
"Fidati di me, non voglio farti del male, il mio amico Salix mi ha chiamato vedendoti così triste. Tu mi vedi così trasparente perché sono l'anima del fiume, sono qui da tanti anni, la natura mi ha lasciato fluire insieme alle acque e non le ho mai lasciate. Salix è il salice che ti sta accanto, io posso parlare con lui e nonostante il suo nome sia salice piangente, è l'albero più allegro che conosco."
Camilla fu convinta, dalla sicurezza che mostrava e le racconto il suo problema. Flumen le consigliò subito la soluzione. "Che ne dici di diventare una bella gattina!"
Camilla rimase perplessa e aggiunse: "Ma come faccio?"
"Semplice, ti trasformo io."
"Ne saresti capace?"
"Sì, il fiume che non ho mai lasciato mi ha donato dei poteri, ma solo per aiutare qualcuno, non li posso usare per me."
"Poi rimarrò per sempre una gattina?"
"Dipende dai suoi sentimenti, se veramente ti ama, ritornerai la sua do

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   4 commenti     di: sara zucchetti


Il leone che non sapeva ruggire

Appena nato Leo emise un suono più simile ad un belato che ad un ruggito, sia pure flebile. La mamma non si preoccupò e pensò: "Crescerà e il suo ruggito farà tremare tutta la foresta". Leo cresceva ma la sua voce non cambiava.
La leonessa cominciò a preoccuparsi, ma non perse la speranza. Quando arrivò il tempo dello svezzamento, la mamma gli procurò teneri bocconi di gazzella che aveva appena cacciato. Con sua grande sorpresa, Leo le annusò e... belando, li rifiutò. " Strano che non gli piaccia la gazzella. - pensò la leonessa - Stanotte spero di riuscire ad uccidere un cerbiatto". Lo riattaccò alle mammelle dalle quali Leo succhiò avidamente il latte. Era evidente che era affamato. Il giorno seguente mise davanti a Leo teneri bocconi di cerbiatto ma Leo, con una espressione disgustata, si allontanò e, con grande sorpresa e disappunto della madre, andò a strappare ciuffi di un' erba che cresceva fuori dalla tana. Li mangiava lentamente, assaporandoli con gusto. La leonessa, questa volta, si preoccupò seriamente. "Un figlio vegetariano! - esclamò - Ma come è possibile?. Devo fare qualcosa". Andò a chiedere consiglio a un vecchio leone considerato il re della foresta. Questo ascoltò e rimase un po' in silenzio, perplesso. Poi disse: "Chiudi tuo figlio per un paio di giorni nella tana ben fornita di carne ed acqua. Tu allontanati. Potrebbe piangere e tu non resisteresti all'impulso di andare da lui. La leonessa seguì punto per punto i consigli del vecchio leone. Chiuse Leo nella tana e, per due giorni, si allontanò con una grande pena nel cuore.
Il terzo giorno aprì la tana. Leo aveva tentato di mangiare ma aveva provato tanto disgusto da sputare subito il boccone che giaceva a terra con le deboli impronte dei suoi dentini. Se ne stava accovacciato in un angolo, esausto. La leonessa si spaventò. Corse a strappare ciuffi dell'erba che Leo aveva già mangiato e glieli portò, accarezzandolo e leccandolo mentre Leo divorava l'erba.
"Ti

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Enrica la formica sciupona (seconda)

All’ingresso del formicaio venne fermata da una possente formica soldato. Svettava sulle enormi sei zampe ed aveva mandibole enormi. Con voce autoritaria le chiese:
- Dove vai piccolina, non sei in ritardo per l’uscita?-
Per nulla intimorita rispose:
-spostati immediatamente, sono in missione per la Regina!-
Questi la guardò stupefatto e incapace di replicare la lasciò uscire.
Uauuuu, Enrica rimase esterefatta, si trovava in un enorme prato verde, dove immensi alberi svettavano verso il cielo, azzurro intenso, quasi abbagliante.
Bellissimo pensò.
Si mise a bighellonare per ogni dove, incontrò un grillo che le chiese:
-Che fai formichina tutta sola soletta, non sei a raccogliere cibo con le tue compagne?-
-No, sono in missione segreta per la mia Regina- rispose Enrica aggiungendo – e tu chi sei?-
- Io sono il grillo. Il saggio grillo, mio compito è di saltare per i prati dispensando saggi consigli a tutti gli insetti che incontro. C’è chi mi ascolta, i più, e c’è chi ignora i miei consigli e…-
L’impaziente formica supponendo che questi l’avrebbe tirata ancora per le lunghe disse:
- Sì, sì, devo andare perché la Regina mi sta chiamando. Ciao eh- e se ne scappò veloce.
Uffa, pensò ella, che lagna, sono appena uscita e vogliono già farmi lavorare. Dopo, dopo.
Continuò il suo vagabondare, quando appesa ad un filo d’erba vide un essere strano:
un insetto bianco, minuscolo, fornito di piccole zampette, ricoperto da una sostanza cerosa. Si fermò ed incuriosita domandò:
- e tu chi sei?-
- Io sono una cocciniglia-
- e a che servi?-
-Curiosa eh, piccolina? Se mi porti una tenera fogliolina da mangiare ti faccio una bella sorpresa.-
Enrica andò in cerca della fogliolina e portatala alla cocciniglia le chiese:
-La sorpresa?-
-prima dammi la foglia- rispose sospettosa quella
- e no cara. Prima la sorpresa e poi la foglia-
-Va bene, vieni vicino e con le tue antenne sollecitami la copertura-
Non del tutto convinta Enric

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   5 commenti     di: cesare righi


Il buio che accese il Sole

Non creder che a un grande dolore corrisponda l'ira del cielo,
talvolta è il contrario,
si vogliono segnalare strade speciali a cuori meritevoli ma addormentati.

Quando un anima dorme,
a svegliarla non saranno i falsi credo del vivere,
che ne saprebbero solo prolungare il sonno all'infinito.

A risvegliare i cuori scende il semplice dolore.

Solo questo pungolo avvelenato,
risveglierà
il coraggioso condottiero addormentato nel tuo cuore.

Solo attraverso il suo risveglio saremo in grado di vivere davvero.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Prendi questa lampada.

Disse una vecchia donna, alla giovane Lima.

E sappi custodirne il tesoro, non esistono nel vivere preziosità uguali al suo inestimabile valore.

Lima raccolse la piccola lampada e ridendo disse:

Non sarà mica la lampada di Aladino, strofinandola viene fuori il genio?

La vecchia donna non ascoltò neppure la sua domanda, e dandole le spalle sparì come ingoiata dalla fitta nebbia del sottobosco, portando con se la vecchia lanterna che Lima portava con se.

Vecchina, vecchina, che fai, così mi lasci al buio?

Non vedo nulla, non puoi fare così, ti sei presa la mia lanterna accesa, per lasciarmi questa vecchia lampada spenta. Aspetta...

Disse urlando.

E la voce della vecchina ormai lontana sussurò:

Accendi la tua lampada.

Lima, cercò nelle tasche un cerino per accendere la sua lampada, il buio era talmente intenso da farle mancare il respiro, ma le sue tasche erano vuote ed un profondo sconforto la colse.
Immediatamente tre piccolissime lucine presero a girarle intorno, ed altrettante tante piccole voci incominciarono a parlarle:

Lima, ciao sono Sara.

Lima io sono Leda.

Ciao Lima, io mi chiamo Forny.

Erano talmente tante le voci che Lima invece di sentirsi rincuorata dalla compagnia e dalle lucine, prese a coprirsi le orecchie terrorizzata.

Vedi si è spaventata.

Disse Sara

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   0 commenti     di: Cleonice Parisi



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Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie

Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia