C'era un paese di campagna, e c'era una banda di animali che vi abitava. Tre di questi non avevano un nome, e non facevano niente per gli altri. Dormivano, mangiavano, scherzavano tra di loro, ma non avevano nessuna occupazione. Erano felici, o almeno così sembrava.
Il più giovane dei tre era una creatura dalle orecchie affusolate; era basso e rotondello, con un muso simpatico e un paio di lunghe vibrisse biancastre. Il suo manto bianco a macchie scure splendeva sotto la luce del sole.
Costui aveva una sola certezza nella sua vita: la Divinità esisteva. Ne era sicuro, perchè lui poteva vederla e poteva parlarci! Al mattino, quando non si sentiva troppo pigro o troppo stanco, si alzava alle 4, prendeva la bicicletta e si dirigeva verso una vecchia fattoria diroccata. Lì, in una delle stanze abbandonate, trovava un arazzo polveroso appeso alla parete. L'arazzo rappresentava una bestia mitica, in posa trionfante, con spada e armatura. Sotto di essa era ricamata una scritta un po' sgualcita ma ancora ben leggibile: "La Divinità".
Fu così che un giorno il nostro amico andò all'arazzo e chiese aiuto alla mitica bestia.
<<Divinità, mostrati a me ti prego!>>
La figura prese vita, si scrollò di dosso la polvere e rivolse il suo sguardo regale verso la creaturina al suo cospetto.
<<Che cosa vuoi?>>
<<Ho bisogno di spiegazioni. Io faccio quello che mi pare in questa vita: mangio, dormo, scherzo coi miei amici! Non mi va di lavorare? Non lavoro! Non mi va di faticare? Non fatico! Passo le mie giornate a divertirmi.>>
<<Questo me lo ripeti sempre, e te ne vanti.>>
<<Infatti. Ma sento dentro me come una lotta, una battaglia, un diverbio che non mi permette di essere felice totalmente. I miei due amici non se ne sono accorti, ma io soffro molto a causa di questo. Divinità, ti prego, cosa devo fare per avere la felicità??>>
<<Questo te l'ho ripetuto sempre, e non mi ascolti!>>
<<Non capisco le tue parole...>>
<<... perchè dentro di te non vuoi capirle.>>
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Un giorno una farfalla bianca volava triste in cielo, era triste perchè lei nom era colorata come le altre farfalle e per questo la povera farfalla era triste, e sedendosi su dei fiori piangeva, e pianse così tanto che svegliò un bruco che gli chiese -perchè piangi farfallina?- disse il bruco - sono una bruttissima farfalla bianca e nessuna farfalla vuole passare del tempo con me!- disse in lacrime la farfalla, il bruco losò una grassoccia zampasulla spalla -anche a me insultano perchè sono grasso, e posso capirti perciò facciaarosì, uando sarai sola vieni da me ed io ci sarò-la farfalla decise di dargli ascolto così per tre mesi andò a trovarlo e per tre mesi tornò da lui, loro divennero dei grandi amici e un giorno quando la farfalla disse -quanto mi piacerebbe essere colorata come te- il bruco le rispose -non te ne sei ancora accorta tu sei colorata di mille colori!- e dicendo questo la fece specchiare e su una goccia d'acqua ed era proprio la farfalla era coloratissima lei tornò vide il suo amico bruco trasformato in una bellissima farfalla e così le due amiche volarono unite una all'altra nel limpido cielo d'agosto
Tutto accadde in una cittadina del Nord America, alla Vigilia di Natale. Scegliete voi un paese a caso, non fa differenza: c'è sempre una villetta, un viale, un box, un giardino, uno steccato. In questa cittadina come tante, una vigilia di un Natale come tanti, un bimbo di nome Peter, stava disteso sul parquet della sala, di fronte al suo mega-albero-superdecorato. L'atmosfera del quartiere e delle villette intorno era quieta, serena; natalizia appunto. La neve scendeva a fiocchi, lentissima, le luminarie intorno alle finestre tingevano di mille colori il candido manto fuori ed intorno le case, in lontananza si ascoltavano canti e musiche, cariche di campanelli e voci infantili. Nulla mancava al copione già letto e riletto del solito "felice e lieto Natale" tanto gradito al "nord del mondo". Peter era annoiato, infelice. Aveva appena litigato con il fratello maggiore e per di più la mamma aveva stabilito il castigo "zero TV", cioè divieto assoluto di visione cartoni animati o telefilm. La sopportazione di Peter era arrivata al minimo. L'istinto fu quello di scappare da casa, dimenticare tutte quelle brutte facce cattive e pensare solo a divertirsi e mangiare dolci e cioccolate. Purtroppo nulla di tutto questo. Aveva appena sparpagliato intorno a sé decine di animali di plastica e attorniato da questo zoo improvvisato stava cercando l'ispirazione per la letterina a Babbo Natale. «Vediamo;la bici no perché era l'anno scorso, la minimoto neanche perché zio Jessy me l'ha regalata al compleanno, la consolle dei giochi è nuova nuova. Uffa! È possibile che ogni Natale sia sempre la solita fatica» e gettò via un'altra pallina di carta. Prese un altro foglio. Peter non aveva pace: la scelta dei regali era troppo difficile. Ogni anno occorreva una dose enorme di fantasia. Assediato da noia e sconforto, Peter si distese a pelle d'orso sul pavimento e, preso con la mano un ippopotamo lo fissò negli occhi, in silenzio, quasi si attendesse dalla bestia una ris
[continua a leggere...]C'era una volta un grillo che nella lotta per le chiavi del granaio combatteva contro un nemico ed un avversario.
L'avversario vinse, ma la sua vittoria non fu completa e chiese dunque aiuto al grillo che rifiutò l'offerta, ma non contento del semplice diniego, in sovrappiù lo schernì con la seguente accusa:
"Ti sei compromesso con il nemico".
Tranquilla e non priva di qualche verità fu la risposta: "La miopia non è una colpa grave, l'oculista mi visitò male e l'ottico fece anche peggio".
"Se vedevi male da entrambi gli occhi e non focalizzavi bene da vicino e lontano, potevi usare le lenti bifocali nell'occhiale che portavi sopra il naso".
"Lo farò e se tu mi darai una mano diventerò saggio, lo sai, il granaio è vuoto ed ormai troppi tra noi sono già alla fame".
Il grillo, però, preferì combattere con ostinazione contro l'avversario ed usare contro il nemico solo una sterile lotta verbale.
L'avversario, suo malgrado, si alleò con il nemico per salvare ciò che restava del granaio, ma in breve tempo fu costretto alla resa. Questo fatto rientra nello stato delle cose. Un nemico che al momento giusto non si atterra, poi si riprende e resta sempre un pericolo mortale.
Un finale possibile
Nella nuova contesa per le chiavi del granaio vinse il nemico.
L'avversario fu battuto e deriso da chi l'aveva sostenuto perché deluso da quel suo patto astruso.
Il grillo, indebolito per non aver capito la regola del gioco, però, non fece ammenda scegliendo di lottare ancora, ma senza avere compagni di merenda.
La strategia miope ha un respiro corto e quella del nemico vince grazie a quella anche presbite dell'avversario. La strategia del grillo, di fare l'orbo, non porta mai a nulla, tanto meno a vincere le chiavi del granaio.
Altro finale plausibile
Nella nuova contesa per le chiavi del granaio vinse, infatti, il nemico, ma anche lui di poco e come l'avversario fu costretto a chiedere un aiuto.
Il grillo glielo concesse volentieri, perché
Una nuova Epifania
Giovanni e Lucia si sono sposati da pochi giorni.
Hanno preso una decisione importante per il loro futuro: fuggire dal caos della città.
- Sono veramente stanca di vivere in mezzo ai rumori, alla confusione, all'inquinamento.- si lamenta Lucia - Desidero costruire il nostro futuro in un luogo tranquillo, il più possibile in simbiosi con la natura.
- Sono d'accordo con te.- le risponde il marito - Perché non andiamo ad abitare in quel paese che abbiamo visto nel servizio televisivo? Quello in cui vivono tanti vecchi, dove non c'è più nessuna persona giovane che faccia loro compagnia? Lì ci sono tante case vuote. Sicuramente ne troveremo una che fa per noi!
- Sì, sono d'accordo con te. Voglio andare proprio lassù.
- Dobbiamo portare con noi gli animali che ci possono essere utili: una mucca per il latte e il bue per farle compagnia, due galline per le uova e il gallo perché, poverine, non soffrano la solitudine. Mangeremo la frutta e la verdura che coltiveremo nel nostro orto...
- Lo prepareremo davanti alla casa. La circonderemo con i fiori più belli e colorati, che cresceranno rigogliosi con l'acqua pura di montagna. Voglio iniziare la nostra avventura tra le cose semplici nell'ambiente dimenticato da tutti.
Dopo avere preparato i bagagli i due ragazzi lasciano la città, a bordo di un furgone, e poi, proseguendo a piedi, raggiungono il borgo isolato: un mondo nuovo per loro e un mondo impossibile di vita per altri.
Appena arrivati, scelgono, su suggerimento degli abitanti, di occupare una baita di legno, abbandonata da tempo, vicino al bosco di larici e abeti. Ognuno di loro si preoccupa di rimetterla a nuovo. Giovanni ripara e lucida i mobili di legno, mentre Lucia si diletta a cucire cuscini e coperte dai colori sgargianti e appende alle finestre le tendine ricamate che ha portato dalla città, lavorate con amore durante la sua adolescenza. In poco tempo la casa sembra quella delle bambole: vivace e ricca di
C'era una volta un antico specchio magico che si trovava in un grande castello dove arrivò, un giorno, una principessa che voleva uno sposo.
Lo specchio era fatto apposta per trovare gli sposi: era diviso in due parti, da un lato la persona si metteva davanti ed era riflessa, dall'altro lo specchio avrebbe dato l'immagine della persona giusta da sposare.
La principessa aveva già in mente qualcuno, un re che conosceva e che pensava fosse la persona giusta. Per sapere se fosse lui lo sposo, si mise davanti allo specchio.
Lo specchio era antico e non era utilizzato spesso, così ci volle molto a fare apparire l'immagine dell'uomo. Annoiata dall'attesa, la principessa andò via per tornare dopo.
Così, lasciato incustodito lo specchio mentre caricava l'immagine, una strega, che aveva visto entrare la principessa nel castello e che l'aveva seguita di nascosto, disegnò una X nella parte dello specchio che stava elaborando l'immagine in modo che la principessa non potesse sposare l'uomo che amava.
Quando la principessa arrivò davanti allo specchio, vide la X.
"Non c'è dunque nessuno per me!" esclamò la principessa che, delusa, si sdraiò sul letto lì vicino e svenne.
Al risveglio si mise a piangere per la delusione, e pianse, pianse per 7 o 10 giorni.
Poi le venne in mente dei passi che aveva sentito dietro di se quando era entrata, così si rese conto di ciò che era accaduto:
"È la strega. È la strega! È stata lei a mettere la X sullo specchio!"
La principessa si arrabbiò tanto, poi strappò la X dallo specchio, ci si mise davanti e attese pazientemente che lo specchio completasse il caricamento dell'immagine.
Vide così che il suo principe era quello atteso.
"Devo sposare lui. Lo sapevo esclamò la principessa." Uscendo dal castello e andando a cercare il re che già conosceva.
La strega assistette alla scena e, una volta uscita la principessa, si precipitò a maledire lo specchio
"Me la pagherai, che tu sia maledetto per sempre, gli disse!"
Le origini di Montepiano vengono sbrigativamente raccontate asserendo che trattasi di un antico centro lucano sorto in epoca normanna. Originariamente sotto la potente diocesi di Tricarico è passato di mano per diverse famiglie nobili eccetera eccetera. Ma alla scarna storia ufficiale vi è la leggenda che vuole sia stato creato da un umile scudiero di nome Fabriciano al servizio di un errante cavaliere normanno Guittone da Montcuiex.
Come tutte le leggende dovrei iniziare questo racconto con "c'era una volta", invece sono sicuro che la leggenda si fonda su fatti veri e perciò uso un taglio più diretto, quasi giornalistico.
Guittone, il cavaliere normanno, nasce ottavo figlio di un piccolo nobile della bassa Normandia che regna indiscusso su un piccolo villaggio di nome Montcuiex.
Come usanza dell'epoca il piccolo regno privato non viene smembrato tra i figli ma ereditato solo dal primogenito e tutti gli altri, maschi ovviamente, devono darsi da fare per crearsi la propria fortuna. Guittone, al compimento dei sedici anni, in compagnia dell'unica concessione paterna, un pressappoco coetaneo apprendista maniscalco di nome Fabriciano, armato di quel poco che possedeva, coraggio incluso, prende la via raminga.
Passano pochi giorni e incontra un lontano cugino, sesto figlio ecc. ecc., di nome Ottone da Cotentin, una contrada limitrofa a quella di Montcuiex, che in compagnia di scudiero e cinque fanti si sta avviando a percorrere tutte le strade d'Europa in direzione del tanto agognato paradiso terrestre creato da certi lontani parenti normanni originari della marca d'Auteville ed ora addirittura casa regnante di Altavilla nel sud Italia.
I nostri due avventurieri impiegano quasi due anni per raggiungere il regno normanno impiegando tutto il tempo a guerreggiare al servizio ora di uno ora di un altro temporaneo padrone per procacciarsi i mezzi di sostentamento.
Infine raggiungono Melfi, la capitale degli Altavilla. Qui Ottone, ventiseienne, si accasa impalmand
Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie
Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia