La signora Dielma aveva seguito, incantata la musica di Prokofiev, aveva ascoltato la voce narrante e la sua attenzione era tesa ad ascoltare la conclusione della storia.
Aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva sentito che il lupo non era stato ucciso.
Lo avevano portato allo zoo con una marcia trionfale guidata dal nonno di Pierino.
La mente di Dielma ebbe un guizzo: "Andrò a trovarlo allo zoo" - si disse. Dovete sapere che la signora Dielma amava i lupi che aveva incontrato tante volte nei boschi dove faceva lunghe passeggiate. Tra lei e i lupi si era stabilita una bella amicizia dal giorno in cui aveva offerto ad un lupo che le si era avvicinato due belle fette di prosciutto del panino che si era portato per la merenda. Il lupo l' aveva ringraziata con un elegante scodinzolamento della bella coda e Dielma gli aveva fatto una carezza sulla testa.
Dunque Dielma andò allo zoo e si fermò davanti ad una gabbia dove era rinchiuso un lupo dagli occhi tristissimi. Anche gli occhi di Dielma si rabbuiarono. "Ora provo a parlargli"- si disse.
"Lupo - sussurrò - come ti chiami?" Non ci crederete, ma il lupo rispose, con una voce fioca e dolente. "Non abbiamo un nome noi lupi. Ci chiamiamo e ci rispondiamo mutando il tono della nostra voce. "E come fai a parlare la mia lingua?" - chiese Dielma. "Me l' hanno insegnata la disperazione, la vergogna e la rabbia. Riesci ad immaginare che cosa ho provato ad essere legato per le zampe ad un palo, a testa in giù e trascinato in questa prigione? Io ho una compagna e due cuccioli bellissimi. Ora sono soli e non so come se la caveranno. Moriranno? Saranno catturati e finiranno anche loro in questa prigione?" Dielma restò turbata. Chiese al lupo: "Ma tu volevi mangiare Pierino?" "No. Volevo soltanto giocare. Pensavo che gli facesse piacere. Anche lui è un cucciolo" "Devo crederti?" - chiese Dielma. "Fai come ti pare" - rispose il lupo. Si distese a terra e non parlò più. Dielma pensò un po' e disse: "E se io ti
Parlarono un po' e poi girarono per la grotta, Daya le mostrò ogni segreto della natura e Catherine provò delle stupende emozioni vivendo nelle sue sembianze. Ogni tanto si bagnava come lei, poi camminava tranquillamente e insieme passarono una splendida giornata.
Ormai stava per tramontare il sole e Catherine aveva già ripreso le sue sembianze, anche se rimaneva accanto a Daya e si facevano compagnia. Non aspettava che l'apertura di quelle acque per essere libera e andare dal suo amato. La luce si fece più intensa e lei capì che era arrivato il riflesso della luna, andò a prendere la piantina, che non aveva nessun odore, cercando di staccarla delicatamente e prendendola bene per la radice. Guardò la sua amica e la ringraziò per la compagnia, ma lei le fece capire che era stato un piacere. Gli dispiaceva lasciarla, ma sapeva che era felice lì, così la salutò affettuosamente e un attimo dopo, alzando gli occhi vide riaprirsi le acque.
Uscì dalla grotta e fuori trovò i suoi amici folletti con Nett, sorrise e fece vedere loro che aveva trovato la piantina. Nett la incoraggiò a raggiungere subito il castello, così montò su Oscar e con la piantina in mano, cavalcando un po' più velocemente del solito, arrivò al castello.
Daniel era a letto a dormire, visto che era il profondo della notte, nessuno la vide ed entrando in camera senza far rumore, portò la piantina vicino al suo naso. Daniel cominciò a muovere un po' le palpebre e il corpo, ciò significava che sentiva qualcosa, all'improvviso aprì gli occhi e sentì il fresco e floreale profumo dell'eroma, ma non disse nulla era come incantato. Catherine allontanò la piantina e l'appoggiò sul letto, lui vedendola le sorrise dolcemente e la salutò con un profondo bacio. Lei si appoggiò delicatamente al suo petto e con i cuori uniti si riaddormentarono. Lui si risvegliò, anche se era ancora notte, notò che lei si era messa nel suo posto e dormiva tranquilla, le fece una delicata carezza su
Si avvicinava il Natale. Le vetrine dei negozi mostravano, sotto luci abbaglianti, alcune vestiti eleganti, altre cibi ricercati ed altre ancora giocattoli di tutti i tipi, da quelli elettronici a quelli di legno dipinto, come il bel cavallino a dondolo.
Roberto era fermo con la mamma davanti ad una vetrina dove troneggiava una grande macchina da corsa dotata di telecomando. Roberto guardò la mamma e le chiese: "Che dici? Se chiedo a Gesù Bambino di portarmi quella macchina, mi accontenterà?" La mamma sorrise e rispose: "Tu provaci. Poi vedremo!". Roberto sperava, sperava. La notte sognava la grande macchina rossa e la mattina, quando si svegliava, pregava Gesù Bambino. I giorni passavano e le strade diventavano sempre più affollate e luminose perché c'erano appese, da un capo all'altro, lampadine di tutti i colori che formavano abeti, stelle e ghirlande.
Intanto Roberto aveva allestito, con l'aiuto del papà, un grande albero di Natale molto originale. Era stato realizzato con tanti rami di quercia che il papà aveva uniti, con molta bravura, a forma di abete. Con i grandi pupazzi che risalivano addirittura ai bisnonni di Roberto avevano fatto, tutta la famiglia insieme, anche un Presepe., Ai piedi dell'albero, dopo qualche giorno, comparvero i doni tra i quali uno scatolone con dei buchi su tutti i lati.
Quando venne il momento di aprire i pacchi, il papà trovò uno strumento per lavorare il legno, la sorellina di Roberto una bella bambola di pezza con i capelli di lana, biondi e la mamma una collana di conchiglie marine. Roberto aveva aspettato ad aprire il suo pacco per prolungare la gioiosa attesa. Era sicuro di trovare la macchina. Alla fine lo aprì. La macchina non c'era! In fondo allo scatolone c'era un cagnolino che dormiva tranquillo. Aveva un collare nel quale era infilata una busta. Roberto, deluso, aprì la busta e, nel foglio che conteneva, lesse: " Caro Roberto, la macchina era troppo costosa ed io dovevo comprare tanto cibo per molti,
Uno scoiattolo, un verme e un uccellino facevano tutti insieme una passeggiata al fresco della piccola foresta vicino al mare.
A un tratto videro un cartello con una freccia, dove c'era scritto: L'albero dei desideri.
Lo scoiattolo corse subito a vederlo, era un grosso pino, tutto storto dal forte vento di libeccio che batteva in quella zona. Arrivato prima degli altri, chiese subito all'albero:
"Voglio una ghianda gigantesca per quando avrò fame".
L'albero scosse la sua chioma spelacchiata e, quando l'ultimo ago cadde a terra, esaudì il suo desiderio.
Appena avuta la ghianda, tutto contento, ne cominciò a mangiare un pezzetto dopo l'altro.
L'uccellino, vedendo il gusto che lo scoiattolo provava nel mangiare il suo desiderio, preso dal suo istinto e vedendo il verme lì vicino disse:
"Voglio avere il verme in pancia!"
Lo scoiattolo, sorpreso, smise di mangiare. L'albero restò fermo, titubante sul da farsi, ma poi si apprestò a esaudire il desiderio iniziando a muovere la rada chioma.
Il verme, stupito anche lui, approfittò della sorpresa dell'albero per esprimere il suo desiderio e, prima che l'ultimo ago finisse in terra, disse:
"Voglio uscire dalla sua pancia ancor prima di entrarci!"
L'albero fu ben felice e sollevato di poter esaudire il suo desiderio, perché, senza fare niente, era riuscito a liberarsi di due desideri in un colpo solo.
Alla fine di quell'avventura i tre amici, che erano arrivati insieme, se ne andarono ognuno per conto proprio. Il verme arrabbiato perché l'uccellino avrebbe voluto mangiarlo, quest'ultimo perché il suo desiderio non era stato esaudito, e lo scoiattolo perché era rimasto da solo.
Lo scoiattolo, allora, durante la notte, tornò sul posto e tolse il cartello che indicava l'albero, per evitare che degli animali fossero messi in pericolo dagli istinti di altri.
E che alcuni perdessero i loro amici, com'era capitato a lui.
C'era una volta una grande giraffa che una sera andò a dormire.
Mentre dormiva, arrivò una piccola fatina che voleva avvicinarsi per fare amicizia. La fatina però era così piccola che la giraffa, quando russava, la faceva volare via impedendole di arrivare fino a lei.
La fatina provò più volte ad avvicinarsi, e alla fine, pensando che la giraffa lo facesse apposta, si arrabbiò, e le lanciò un incantesimo.
La mattina seguente la giraffa si svegliò piccola.
"E ora come faccio!" Disse la giraffa."Essere piccoli sembra portare solo guai. Uffa!"
Andò quindi a cercare l'orso saggio che le disse:
"Sarà stata di certo la fatina che si sarà arrabbiata perché lei è brava, ma è permalosa e non capisce noi animali, ti avrà lanciato un incantesimo!"
"L'unica cosa che devi fare - le consigliò l'orso- è restare sveglia tutta la notte e se arriva parlarle."
La giraffa restò con gli occhi aperti tutta la notte, ma quella volta la fatina non poté venire.
Quando la giraffa lo capì, era distrutta dal sonno, ma si era fatto già mattina e quindi si svegliò.
Dal tanto sonno, mentre mangiava, a un tratto cascò nel piatto.
La notte seguente, finalmente, la giraffa riuscì a parlare con la fatina, che la fece tornare normale.
Come ogni sera mi ritrovo sul letto del mio bambino pronta a raccontare una storia per farlo meglio addormentare.
C'era una volta, così ogni favola deve iniziare, un grande bosco di querce, ben curato dal contadino, che spesso, proteggeva i piccoli germogli appena nati dalle ghiande cadute durante l'autunno, spostandoli in piccoli vasi per farle crescere più forti e per poterle così ripiantare nell'estate successiva. Le sceglieva con cura e tutte le sue piccole ghiande, erano poi diventate grandi alberi sotto i quali spesso si fermava per sognare e fantasticare.
Un autunno però ne dimenticò una, era molto piccolo il suo germoglio e nascosto sotto una ricca coltre di foglie secche.
-Che paura, come faccio, non mi ha visto!- pensava la piccola ghianda - Non posso resistere tutto l'inverno, di certo il gelo mi farà morire. Grande mamma Quercia ti prego dimmi cosa devo fare, per poterlo richiamare, per essere anch'io custodita al calduccio e andare a fare compagnia alle mie sorelle la prossima estate -.
La grande mamma Quercia cercò di tranquillizzarla - Mia dolce e piccola creatura, non devi avere paura della natura. Noi tutte siamo nate qui sotto il gelo, tra i caldi estivi, guardaci siamo grandi, forti, imponenti. Sai cosa ti dico, è una fortuna che ti abbia dimenticato, non sempre essere protetti dal tutto è il modo migliore per crescere -.
Così la piccola ghianda si fece coraggio e stringendosi per come poteva alla sua imponente mamma, cresceva. Scoprì allora il fresco odore dell'autunno, tutte quelle foglie dei colori così diversi, vide altre ghiande come lei iniziare a crescere, sentì la pioggia scorrere sulle sue piccole ramificazioni, ma soprattutto conobbe la neve, il freddo e il gelo. Tutto riuscì a vincere, ma vi era una sola cosa che non sopportava ed era il vento.
Il vento la spaventava, temeva la potesse sradicare. Lui riusciva a intromettersi in tutti gli angoli scoperti. La sbatteva di qua e di là, le faceva il solletico, la spin
Mamma Canguro aveva già versato fiumi di lacrime per la prematura scomparsa della sua creatura : un piccolo canguro di pochi giorni.
La sua caratteristica borsa addominale era rimasta vuota ma lei sentiva ancora il forte impulso di nutrire un cucciolo.
Tanto era forte il desiderio che la sorte arrivò in suo aiuto.
Stava percorrendo mestamente, a piccoli salti, la prateria australiana, quando la sua attenzione fu attratta dai lamenti disperati di un piccolo essere sporco ed affamato.
Si trattava di un Koala che la madre, morta mentre lo dava alla luce, aveva lasciato tutto solo.
Mamma canguro gli si avvicinò tutta emozionata e mentre lo prendeva delicatamente in braccio si accorse che alcuni metri più in là, ai bordi della strada un altro koala, di dimensioni poco più grandi anche lui abbandonato giaceva a terra.
Quello che la mosse a compassione, fu il silenzio di questo secondo cucciolo, così disperato per la sua infelice situazione da non riuscire ad emettere nemmeno un piccolo verso.
Mentre pensava: “Anche loro sono dei marsupiali come me, e hanno bisogno d'aiuto, di coccole, di cibo per poter sopravvivere”, li raccolse entrambi e li mise dentro la sua sacca per riscaldarli e per nutrirli con il suo latte.
Il tempo trascorreva e la balia si prodigava in tutti modi verso i cuccioli adottivi, cercando di non far loro mancare nulla.
Li leccava spesso in tutti i versi per tenerli puliti e stringeva a sé la pelle della sacca per meglio riscaldarli.
Ogni tanto per far credere ai piccoli di essere la loro vera madre emetteva anche degli strani suoni che aveva udito fare dai suoi amici koala.
Osservandoli bene mamma canguro si era accorta che, giorno dopo giorno, i due cuccioli si sviluppavano in modo diverso: uno di loro, il più debole e denutrito, era cresciuto a vista d'occhio, mentre l'altro, che all'inizio sembrava quello più forte, era rimasto del tutto inalterato nel suo aspetto.
Questa situazione, unita al fatto che
Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie
Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia