Nella nostra solita cucina, katjuscia, rimasta sola, osserva con molta attenzione tutto ciò che si trova sul tavolo di lavoro.
La salutano con molta riverenza, della frutta, degli ortaggi, del pane fresco e per finire del bel formaggio bianco.
L'arancia si fa avanti e dice:
- Katjuscia, si dico proprio a te, bambina mia!
Katjuscia:
- Che pertinente, io non sono la tua bambina!
L'arancia:
- Si fa per dire, scusami se ti ho offeso.
Katjuscia:
- Va bé, ma che vuoi da me?
L'arancia:
- Forse fra poco mi sbucci e mi mangi, o mangi la mia collega banana, o più semplicemente la mela rossa, già ben lavata, e non serve nemmeno sbucciarla, quattro morsi con quei tuoi bei dentini et voilà. Ma sai come siamo finiti qui?
Katjuscia:
- Il mio nonnino, cuoco di tutto rispetto, anche se brillo, vi ha comprato al mercato qui vicino.
L'arancia:
- Eh già! Siamo venuti dal nulla. Ma come siamo finiti al mercato lo sai tu?
Katjuscia:
- Ma sei proprio scocciante arancia bella! Ma che ne so io!
L'arancia:
- Te lo dico io! Mio padre è un bell'albero e si chiama Arancio, piantato a sua volta fu dalle mani esperti e sapienti di un contadino, e poi ancora piantina verde e carina, le mani callose ma sicure dello stesso contadino la innaffiava e la curava con amore fino a quanto crebbe e diventò un albero fiero e maestoso.
Un bel mattino questo buon uomo lo vide in fiore, di una bellezza tale, che al suo sudore si mischiarono lacrime di gioia e soddisfazione. Direi più che meritate. Questi fiori infine divennero frutti di colore arancione, come il tuo bel vestitino, e di forma ovale.
Katjuscia:
- E poi? Continua, continua.
L'arancia:
- Il buon contadino si inginocchiò e ringraziò il Signore, poi, chiedendo scusa ad ognuno di noi, ci colse ad uno ad uno e con molta delicatezza ci pose in una bella cesta e al mercato ci portò.
Katjuscia:
- Che bella storia! Suppongo che le tue colleghe hanno una storia simile.
C'era una volta una comunità di volpi che viveva in un bel bosco, verde e profumato.
Le volpi sono animali affettuosi ma astuti e vanitosi. Le femmine poi lo si sà per esperienza fanno sempre a gara a chi ha il pelo più lucido o la coda più lunga.
Un giorno una volpe giovane, molto bella, si aggirava nel branco con fare altezzoso, per far bella mostra di sé con le altre. Nessuno voleva girarsi a guardarla perchè era conosciuta come vanitosa e soprattutto cercava sempre di denigrare gli altri a vantaggio suo.
Molte volpi a causa sua avevano pianto lacrime amare, si sà gli anni passano per tutti e il pelo è ogni giorno più opaco e rado, i colori con l'andar del tempo perdono brillantezza, gli occhi si appannano leggermente. Diciamolo non è proprio una bella condizione la vecchiaia!!
Lo sapevano le volpi non più giovani, era un percorso che ognuno faceva senza troppo pensare.
Ma la volpe vanitosa sembrava fatta apposta per esaltare solo i difetti altrui. Amava compiacersi di lasciare le altre a bocca aperta, quando strusciava sotto i loro denti la coda fulva.
Altezzosa e sorniona ma infelice. Pur essendo pienamente convinta della sua bellezza, che portava in giro come un trofeo, non era felice. Evitava sempre di dar mostra delle proprie infelicità perchè non voleva dimostrare agli altri le sue debolezze.
Solo il bosco conosceva le sue lacrime. Sembrava che i fiori di un piccolo prato, dietro un filare di alberi, fossero innaffiati dal suo pianto.
Si era creata il personaggio della bella ed era terrorizzata di essere soppiantata un giorno da un'altra più giovane di lei.
Eh si lo sapeva che gli anni sarebbero trascorsi e anche il suo pelo si sarebbe fatto opaco e rado, la sua coda sciatta, per questo fuggiva nel bosco, per non far conoscere ad alcuno la sua paura di diventare brutta. Si.. brutta come le vecchie volpi che si aggirano per il villaggio trascinando le zampe stanche, con le loro code spelacchiate. Non si spiegava la giovane e be
La nostra storia ha inizio in una tranquilla e prosperosa contea, un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, in cui vivevano un padre e la sua bella figlia ventenne, Giselle. Un giorno, però, la pace di quella regione venne improvvisamente interrotta dall'arrivo di una strega e del suo drago. La strega ridusse in schiavitù l'intera popolazione, e con lei anche Giselle e suo padre. Le giornate per quella gente erano lunghe e faticose, perché tutti erano tenuti a praticare la propria arte a beneficio della strega. Molti per lungo tempo tentarono di spodestarla, ma senza mai riuscirci. Una sera, in una piccola casupola, alcuni giovani, tra cui la stessa Giselle, decisero che era ora di annientare la strega e di riportare finalmente la pace nella contea. Fu così che la notte stessa quei giovani si diressero verso il castello dove la strega aveva stabilito la sua dimora. Entrati di soppiatto nel castello, e ignari di cosa li aspettasse, alcuni di loro iniziarono a dar fuoco alle cose, ma, scoperti, vennero uccisi dal drago. I restanti, terrorizzati per quel che era successo, batterono in ritirata e trovarono rifugio presso un paese vicino, dove furono benignamente accolti dal re. Dopo essere stati tranquillizzati da quest' ultimo, la tremante Giselle iniziò a raccontare al re la terribile situazione in cui versava la sua contea. Gli raccontò della malvagia strega e del suo drago, che agli occhi dei nostri amici sembrava essere invincibile. Il re, carezzandosi il mento, fece convocare il mago di corte, un uomo potentissimo ed esperto di draghi, al quale avrebbe potuto chiedere consiglio. Il mago, pregando Giselle di descrivergli il più accuratamente possibile il drago, consultò il suo libro degli incantesimi e subito pregò il re di procurargli degli ingredienti magici, che gli sarebbero serviti per ottenere un potentissimo infuso, con il quale i giovani avrebbero così potuto sconfiggere il drago. A questo punto il mago chiese d'esser lasciato solo e, dopo tre gio
[continua a leggere...]Una volpe, non riuscendo ad afferrare dei grappoli d'uva pendenti da un pergolato, dopo vari tentativi, s'arrese all'evidenza della sua incapacità.
"Robaccia acerba", sogghignò fra sè e sè, per ingannare furbescamente la fame del suo stomaco, e saggiamente se n'andò in cerca d'altro cibo a lei più facile da trovare.
Così, anche fra gli uomini, mascherare nelle circostanze non favorevoli l'incapacità del loro intento, è cosa saggia ricorrere all'ironia
C'era una volta nel bosco di Lilybets, su un tappeto di papaveri e di girasoli, un albero alto e robusto che non perdeva mai le foglie e profumava di cannella e di miele.
Cresciuto magicamente in una sola notte da un seme trascinato lì da un vento misterioso, per la sua bellezza incantevole ormai vi si radunavano intorno tutti gli animali del luogo.
Nessuno conosceva a che famiglia appartenesse, nonostante i più famosi studiosi del bosco, i topi "Letteronzi", avessero sfogliato tutte le enciclopedie delle biblioteche vicine alla ricerca di informazioni. Le sue foglie, infatti, come grandi orecchi penzolanti, si spostavano lentamente ora verso il basso, ora verso l'alto, e sul suo tronco un grosso naso si arricciava quando l'albero, come spesso accadeva, scoppiava in una pazzerella risata.
Quel misterioso albero, infatti, apparteneva alla famiglia degli "Alberi delle bugie", alberi molto curiosi che ascoltano divertiti le conversazioni altrui e, producono, per ogni bugia ascoltata, un frutto simile ad una mela, ma con i colori dell'arcobaleno.
Gli animali del bosco erano davvero molto chiacchieroni ed inventavano mille storie condite di bugie pur di apparire più belli, più buoni e più bravi degli altri. La vanitosa volpe, Brigida, per esempio, si vantava di non avere mai curato il suo manto screziato d'argento, mentre non perdeva un appuntamento a settimana dalla parrucchiera del lago Blu. La pettegola, poi :- Il leone si, si - aggiungeva - ha fatto la piastra alla pelliccia ed ogni settimana fa la tinta color castagna!. Me l'ha detto un'amica parrucchiera - .
La gallina "Cettina" si vantava di volare più veloce del falco, ma solo di notte, quando tutti, guarda caso, stavano dormendo. Il golosissimo orso "Pepito", infine, organizzava dibattiti accusando le api di non rispettare i turni di lavoro e di non produrre più miele, mentre ogni notte, slurp, slurp, spazzolava ben benino tutti gli alveari del bosco fino a farli brillare.
Origlia di qui
Sette lunghe lune erano trascorse da quando Ram, maharaja di Benares nell'India del nord, aveva fatto uno strano sogno. Aveva visto cadere nel cuore della notte una grossa palla di fuoco che aveva illuminato così tanto la terra da far apparire le acque del fiume Gange dorate. Si era svegliato di soprassalto per l'immenso chiarore e, sudato per il calore di quell'evento, si era precipitato verso la finestra per la curiosità . La vista di una notte placidamente stellata invece, lo fece tornare sui propri passi fin sotto la calda coperta di pecora che scostò istintivamente. La luce abbagliante del sogno però, stentava a scomparire, così che il povero Ram si ritrovò ad affrontare il giorno con gli occhi e il corpo affaticati. Da sette mesi ormai gli capitava la stessa cosa ogni notte e per quanto egli fosse un saggio rinomato per lo studio della medicina e delle stelle, non servirono le sue conoscenze a rendere più serene le sue notti. Nell'ala ovest del gran palazzo del saggio Ram, viveva la serva Darika con il figlio Giosafat. Darika era responsabile delle cucine, mentre Giosafat aiutava il grande Ram nella selezione delle erbe per la preparazione di lozioni curative e nello studio degli astri. Negli ultimi mesi Giosafat si era accorto dell'affaticamento del suo padrone, quindi cercava di rendersi ancor più utile poiché gli era molto affezionato. Sapeva che il vecchio saggio aveva letto tra le stelle della venuta di Dio sulla terra ed era sicuro, per come lo vedeva inquieto, che ormai l'avvenimento fosse imminente, per cui comprendeva perfettamente lo stato d'animo del suo Maharaja. Dodici lune prima, Ram, aveva inviato due dei suoi messaggeri da Gaspare, mistico re dell'Armenia e Baldassarre re arabo del deserto, entrambi scrutatori del cielo e attenti studiosi di arti mediche, per confrontare i segni letti. Le risposte degli altri saggi d'oriente gli erano tornate chiare proprio quella mattina: il re del cielo e della terra stava per nascere ed u
[continua a leggere...]Nel bosco di Lilybets si estendeva, un tempo molto molto lontano, un territorio famoso perche' composto in profondita' da una roccia preziosa e molto dura. Le marmotte "scavatrici", che commerciavano da generazioni ogni tipo di pietra, marmo e granito in tutto il Regno del Nord avevano da decenni messo gli occhi su quel tesoro e tante volte si erano date da fare per lavorarlo. Pero', pur essendo tecnici molto preparati, erano sempre stati costrette ad arrendersi: pi volte al giorno, infatti, si udiva in ogni angolo del bosco "Strrrrrrrrrrrrrrrrrr... ROOOOOOOORRRRR... TACK " che indicava, in successione, la fase di primo stridolio dell'attrezzo sulla pietra, il tentativo di spezzarla ed, infine, il tonfo netto della punta che si spezzava improvvisamente.
Quella roccia pura ed inattaccabile, cosi', continuava a rimanere li' sola ed annoiata, finche', un giorno, una nuvola carica di pioggia prese ad osservarla incuriosita e decise di rimanervi sopra per un po'. La pioggia scendeva ora leggera, come una dolce fresca carezza, ora violenta e gelida e, con il tempo, Pietra di Luna e Nuvola strinsero un'incantevole amicizia. Nuvola raccontava all'amica di paesi lontani abitati da bimbi e dall'allegria che solo la loro innocenza sa donare, da amanti sinceri ed appassionati e da generosi anziani che coltivavano con amore la terra nonostante gli acciacchi dovuti all'eta'.
Pietra di Luna era sempre stata li', immobile nelle sue idee e attenta a proteggersi da chiunque volesse modificarla, ma la curiosita' e' un'arma pi forte di ogni arnese e, giorno dopo giorno, si fa breccia anche negli animi pi chiusi.
Accadde, cosi', che un contadino privo anche dei pi umili beni ed affascinato dalla bellezza di quel luogo, vi costrui' una casetta di legno e vi si stabili' per un inverno. In primavera coltivo' un lembo di terra, che la nuvola innaffiava periodicamente con amore, e vi nacquero in abbondanza frutti saporiti. Trascorso un anno il contadino, che si era innamorato
Questa sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici
Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia