IL CONIGLIO ULTERIORE
In una splendida mattinata di giugno, nascevano, in una buca tra i campi, sei leprotti.
Uno di questi, però, era troppo piccolo ed inerme rispetto agli altri.
Fu messo subito in disparte ed abbandonato al suo tragico destino.
La natura vera è istintiva e spietata. Sempre. Ne va della sopravvivenza della specie.
Nel frattempo, poco lontano, in una tana scavata, venivano alla luce quattro coniglietti selvatici. Vispi e affamati.
Tanto affamati che la madre doveva continuamente cercare erba fresca da mangiare per essere in grado di nutrirli.
Durante una di queste uscite si imbattè nel leprotto lasciato solo e preda sicura di volpi e faine.
Lo prese con sè, in bocca, delicatamente, e lo portò nella sua tana.
Nessuno se ne accorse. Per tutti era solo un coniglietto: erano cinque, non quattro. E lo nutrì come gli altri.
Passarono i mesi e la cucciolata crebbe in salute e forza. Erano cinque magnifici conigli.
Uno, in particolare, era decisamente robusto e particolarmente atletico. Correva velocissimo e saltava come un campione.
Divenne ben presto un riferimento per tutti i conigli selvatici della zona.
Conseguentemente divenne un capo indiscusso e ammirato.
Era veramente fiero di se stesso, ma non quanto la sua madre adottiva, che, ora si sentiva più al sicuro e protetta da questo stupendo animale.
Un coniglio ulteriore che metteva ordine nelle liti e criterio nelle scelte di vita del gruppo.
Pensare a quale sarebbe stata la sua sorte se fosse rimasto con le lepri svela una parte di ciò che noi chiamiamo destino.
Finalmente libero!
Stentava a credere che fosse vero! Da quanto era lì? Quanto tempo era passato da quel giorno qualsiasi di chissà quanti anni fa trascorso come tutti gli altri a combattere il nemico di turno? Perché è proprio questo che lui era: un soldato, il migliore di tutti, una macchina da guerra perfetta! Non sapeva chi o che cosa avesse aperto la sua prigione di vetro ma adesso aveva altro a cui pensare. Nonostante i lunghi anni passati in prigione non aveva mai smesso di combattere con il pensiero inventando sempre nuovi colpi, raggiungendo la perfezione totale nell’arte del combattimento. Un lieve sorriso infranse il rigido sguardo dei suoi occhi allorché si sorprese esitante sulla direzione da prendere, perso com’era in quel mare infinito che sono i primi pensieri di un uomo quando riacquista la sua libertà. L’ambiente in cui si trovava lo lasciò disorientato. Malgrado un che di familiare i colori e le luci erano indubbiamente cambiati ed anche gli elementi del panorama apparivano trasformati. Il momento di rompere ogni indugio era, però, arrivato. Camminò per tutto il giorno e trascorse la notte senza riuscire a chiudere occhio, senza mai sdraiarsi quasi temesse di addormentarsi e svegliarsi capendo di avere solo sognato. Per sua fortuna non era affatto così e se ancora ce ne fosse stato bisogno fu il volto di lei a convincerlo che era tutto vero. Guardandolo pensò che la luna in persona avesse partorito la più sublime delle creature. Il candore della sua pelle era un albore che si stagliava irresistibile tra le pieghe più profonde della notte. Il guerriero si accorse subito dell’angoscia che le turbava il volto. La fanciulla avanzava barcollando voltandosi ripetutamente indietro quasi tentasse di allontanare con il solo sguardo un pericolo che appariva inevitabile. Chi era quella meravigliosa visione e da che cosa stava fuggendo? Le risposte non tardarono ad arrivare. Un gruppo di uomini armati fino ai denti le stava alle calcagna
Questa storia comincia in una cucina, dove tra i vari attrezzi e oggetti culinari, c' è un vecchio tegamino, che la fa da padrone.
Il cuoco vanitoso e fiero della propria arte culinaria, dei suoi prelibati piatti vantava spesso anche il tegamino. Certo è che quest'ultimo non figurava affatto tra le pentole ancora nuove e ben lucidate.
Comunque le tollerava, ci si era ormai abituato, pur se con un po' di stizza.
Così il tempo passava tranquillo tra piatti squisiti e buon vino rosso, ma eccoti di punto in bianco apparir un nuovo coso, che chi l'usa lo chiama mestolo, e si vantava di esser fatto di puro acciaio inossidabile.
Qui comincia un dibattito fra i due contendenti, che io ritengo alquanto interessante.
Tegamino:
- Chi sei? Che ci fai qua?
Mestolo:
- Non lo vedi scemo? Sono un mestolo e ben luccicante.
Tegamino:
- E a che servi? E di cosa sei fatto?
Mestolo:
- Sostituisco la vecchia e fu cucchiaia di legno che si è rotta. Sono fatto di puro, dico puro, acciaio inossidabile.
Tegamino:
- Inosso... che?
Mestolo:
- Inossidabile.
Tegamino:
- E che significa?
Mestolo:
- Significa che non arrugginisco mai, non arrugginendo sono sempre giovane ed eterno. E tu scemo prima o poi finirai, dai retta a me.
Tegamino:
- Stai attento a come parli, se no ti do una botta sulla testa.
Mestolo:
- Provaci!
Il tegamino aveva ben capito che non era certo il caso, visto che era fatto di terracotta, dove i cibi vengono più saporiti, questo è vero, ma con l'usura era destinato veramente a fare una brutta fine. Il poverino, tra l'altro, per quanto vecchio, da sentirsi il vero padrone della cucina, non sapeva la fine che avrebbe fatto, se per disgrazia cadeva dalla mensola o dalle mani del cuoco un poco brillo.
Ma l'odio che sentiva per questo nuovo intruso, lo portò a fare una mossa da trovarsi squilibrato. Il mestolo ne approfittò.
Mestolo:
- Allora cosa aspetti? Quanto sei brutto! Sei già tutto nero.
Il tegamino, che tutto nero era davvero,
Solo un sogno cullato saprà dipingere la grigia realtà;
Solo una realtà di colori, saprà ridarti la voglia di vivere;
Pertanto vivi sognando e sogna vivendo
è questo il segreto della vita.
Cerca il tuo sogno e tra le sue braccia la vita;
Chiama il tuo sogno nella sua luce il tuo stabile sorriso.
Vivi il tuo sogno tra i suoi sentieri alberati gli anni creduti persi:
Apri le ali dei tuoi sogni,
la realtà non conta il vero,
essa è ammantata dal grigiore voluto da chi ci vuole figli scaltri
e tu ne aggirerai l’inganno
immergendoti nel sogno di una vita;
Sogna quando l’anima ha sete di speranza;
Sogna e nel grigiore del vivere tu coglierai i colori;
Il sogno è quell’aquilone che non ha mai teso al cielo;
Il sogno è quel sorriso che non mai stretto al cuore;
Il sogno è quella stella non hai mai osato sfiorare:
Sogna e di quel sogno alimenterai la tua vita.
Lascerai che il suo scorrere come limpido ruscello ti trascini in un vortice di inusuali piaceri,
e quando cullata dal suo dondolare ti sentirai attraversare dal suo dolce canto,
ti concederai pienamente al suo vibrare,
ed in quel sentire tu ascolterai la tua più grande emozione.
Sogna e nel volo tu ritroverai il sentiero di luce che a te è riservato.
Sognerò!
Disse la sirena alla luna.
E di questo sogno che ora stringo al petto farò sentiero per i miei giorni avvenire.
Piccola sirena non conta cosa nei farai dei sogni, in essi c’è la preziosità dell’istante e di quell’istante dovrai cogliere l’essenza, al domani non rivolgere pensiero, perché al domani sempre e solo chiederai di offrirti altri sogni.
La sirena cullava il suo sogno e nei suoi occhi di luce si sentiva trasportare lontana in mondi incantati e pieni di stelle, unguento miracoloso per il suo cuore afflitto ed affamato di felicità.
Luna ma se il sogno non diverrà realtà, di cosa allora potrà avere certezza i
La nostra storia ha inizio in una tranquilla e prosperosa contea, un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, in cui vivevano un padre e la sua bella figlia ventenne, Giselle. Un giorno, però, la pace di quella regione venne improvvisamente interrotta dall'arrivo di una strega e del suo drago. La strega ridusse in schiavitù l'intera popolazione, e con lei anche Giselle e suo padre. Le giornate per quella gente erano lunghe e faticose, perché tutti erano tenuti a praticare la propria arte a beneficio della strega. Molti per lungo tempo tentarono di spodestarla, ma senza mai riuscirci. Una sera, in una piccola casupola, alcuni giovani, tra cui la stessa Giselle, decisero che era ora di annientare la strega e di riportare finalmente la pace nella contea. Fu così che la notte stessa quei giovani si diressero verso il castello dove la strega aveva stabilito la sua dimora. Entrati di soppiatto nel castello, e ignari di cosa li aspettasse, alcuni di loro iniziarono a dar fuoco alle cose, ma, scoperti, vennero uccisi dal drago. I restanti, terrorizzati per quel che era successo, batterono in ritirata e trovarono rifugio presso un paese vicino, dove furono benignamente accolti dal re. Dopo essere stati tranquillizzati da quest' ultimo, la tremante Giselle iniziò a raccontare al re la terribile situazione in cui versava la sua contea. Gli raccontò della malvagia strega e del suo drago, che agli occhi dei nostri amici sembrava essere invincibile. Il re, carezzandosi il mento, fece convocare il mago di corte, un uomo potentissimo ed esperto di draghi, al quale avrebbe potuto chiedere consiglio. Il mago, pregando Giselle di descrivergli il più accuratamente possibile il drago, consultò il suo libro degli incantesimi e subito pregò il re di procurargli degli ingredienti magici, che gli sarebbero serviti per ottenere un potentissimo infuso, con il quale i giovani avrebbero così potuto sconfiggere il drago. A questo punto il mago chiese d'esser lasciato solo e, dopo tre gio
[continua a leggere...]1 aprile 1999
Lo guardo sorridere mentre parla, è bello come gli attori nelle vecchie fotografie ancora in bianco e nero, lo stesso sguardo intenso, sognante che guarda lontano ma non nello spazio né nel tempo, il sorriso indefinito, più una smorfia, ma lieve.
Ripensavo a quando lo conobbi, due anni prima. Correva verso casa sua, sotto la pioggia senza ombrello, gli offrii un riparo sotto il mio, all'inizio era titubante, è sempre stato timido ho scoperto poi. In quei pochi minuti che trascorrevamo vicini, il suo volto mi si scolpiva in mente, si stampava ovunque nella mia memoria e occupava ogni mio pensiero, sentivo il desiderio di stringere la sua mano, di accarezzarne le dita.. quando si fermò. Eravamo ormai giunti nella via di casa sua, compresi avrei potuto non rivederlo mai più e mi era insopportabile l'idea di dovermi accontentare per sempre della sua immagine, anche se vivida e fresca, e l'idea che mai mi avrebbe baciato le labbra mi tormentava incessante. Al momento del saluto un'angoscia mi prese al collo, un nodo mi bloccava la gola, quasi non riuscii a parlare e salutarlo, così con timidezza travestita da coraggio lo baciai sulla guancia liscia, avrei voluto sentire il tocco morbido della sua pelle sulle labbra in eterno, ma mi scostai. Lui suonò il campanello, stavo per andarmene quando mi disse che non c'era nessuno e aveva scordato le chiavi. Fui pervaso da una gioia impetuosa che mi fece quasi esultare nel vedere il suo sguardo posato su di me come a chiedermi : "Dove andiamo ora? Dove vuoi trascorrere altro tempo con me?". Vicino alla casa c'era un un parco, da poco avevano sistemato le onde e costruito una fontana, all'ombra di un salice c'erano alcune panchine, su una di queste ci sedemmo a parlare. Mi perdevo in quegli occhi verdi e non sentii una parola di quello che disse seppure la sua voce mi appariva come una meravigliosa serie di suoni che scandivano al ritmo delle sue labbra il crescere imperioso della dolcissima passi
Sul tavolo da lavoro, della solita cucina, ci sono tutti gli ingredienti per una novità assoluta del nostro gran cuoco, così nominato, come ben sapete, dagli utensili culinari stessi.
Le principessine, Alice e Paoletta, i veri tesori, che al cuor infonde immensa gioia al nonnino premuroso e gaio, essendo ormai più grandicelle e responsabili, si rendono ancora più utili in quest'impresa.
I difetti, se tali si possono definire del gran cuoco e nonnino al tempo stesso, li conosciamo tutti e quindi sorpassiamo.
Il plotone degli ingredienti sull' attenti, attende ordini.
Il tegame, orgoglioso e fiero di contenere la bolognese alla nonnino, che già conosciamo, impaziente si fa avanti, quando ancora non è il suo turno. Da una pentola piangente saltellano qua e là dei rettangoli di pasta verde e gialla, già pronta per l' occasione. Ma dietro front devono fare perché ancora non è arrivata l' ora loro.
Già tagliate a fette ci sono le melanzane, una di loro facendo un passo avanti e portando la mano alla fronte, premurosamente chiede:
- Il nostro turno è adesso?
Il nonnino:
- Dal momento che c' è la farina, le uova sbattute nel sale, pepe e noce moscata ed a fianco il pan grattugiato, penso proprio che tocca a voi mie belle.
Alice una ad una le passa prima nella farina, poi nelle uova ed infine nel pan grattugiato. Il nonnino le prende poi e li mette nella friggitrice, appena prese quel bel colore dorato le tira fuori e Paoletta le depone in una zuppiera.
Paoletta:
- Come si chiama questo piatto che stiamo facendo?
Il nonnino:
- Parmasagna!
Alice:
- Sono proprio curiosa di assaggiarla.
Il nonnino:
- Dal momento che metà lavoro ce lo siamo già fatto ieri sera, non ci vorrà molto oggi a completarlo.
Sul tavolo da lavoro ci sono già le uova sode tagliate a fette, insieme alla mozzarella di bufala tagliata a pezzettini e al parmigiano grattugiato. Il nonnino aprendo il frigorifero, che gli è vicino, scorge della pa
Questa sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici
Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia