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Fiabe

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Kapustnica

Questa volta sarà per voi una vera novità, pensate, che pur trovandosi nella solita cucina, appaiono sul solito tavolo, degli ingrediente stranieri quasi. In un bel sacchetto e ben sigillato si pavoneggiano i signori crauti, vicino a loro con un po' di timidezza giace il cumino, poi alcune foglie di alloro impertinenti, sale pepe e peperoncino, arroganti, nei loro bei contenitori son presenti e non si spostano neanche un poco, ma peggio di loro appaiono delle salsicce affumicate ed un po' di funghi porcini essiccati.
Il piatto, che il cuoco, anche se un poco brillo, ma esperto nella sua arte culinaria, vuol presentarci è la Kapustnica, in italiano zuppa di crauti. Una specialità austro-ungarica, ancora in voga da queste parti.
Il tegamino, un poco stanco, poverino, lo lasciamo riposare. Mentre la pentola veterana e la sua figlia cucchiaia si presentano in servizio. Quindi il cuoco tutto contento, può cominciare la sua opera con uno squillo di tromba.
Dà un' occhiata al tutto, ma vedendo la solita fiaschetta e il calice attaccato, non si far pregare nemmeno un poco, e uno ne tracanna. Voi dite di che? DEl solito bicchiere di vino rosso fatto da mani esperte. Anche in Slovacchia infatti, si produce dell'ottimo vino, sia rosso che bianco, ma non voglio su questo argomento dilungarmi per rispetto del cuoco e la sua arte. Il quale più brillo di prima, ma sempre bravo si mette all'opera.
Dimenticavo, sapete un po' distratto, nella pentola bollivano già delle patate, che essendo ben cotte venivano schiacciate.
Il cuoco allora ci fece entrare i crauti, al suon di tromba seguirono le salsicce, i funghi porcini, il cumino, timidamente, quasi per non guastare il tutto, un piccolissimo pizzico di sale, alcuni grani di pepe, prepotenti le foglie di alloro con un po' di peperoncino. Lasciando la pentola brontolare per ore ed ore sul fuoco del fornello a bassa voce.
Era rimasta una salsiccia fuori gioco, al cuoco la cosa spiacque un poco.

- Ma tu da dove salti

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Labbra di stelle (Fiaba dedicata a Cinzia Gargiulo)

Una volta la donna dalle labbra sottili,
aveva labbra bellissime come il bocciolo
di una rosa damascata.
Un incantesimo le aveva ridotto
lo spessore, ma non la bellezza.
La donna dalle labbra sottili
davanti ai bei tramonti sognava:
se labbra sincere mi baciassero
l’incantesimo svanirebbe,
i miei occhi si accenderebbero
come falò sulla spiaggia buia,
e il mio cuore pulserebbe
come un assolo di batteria.
Ma un giorno una strana brezza
sospinse l’incantesimo fino ad una stella
nella lontana costellazione dello zodiaco.
La resistenza dell’incantesimo entrò
in attrito con forza della gravitazione
ne scaturirono delle esplosioni
e tanta polvere di stelle si disperse.
La Mano che muove l’Universo
raccolse quella polvere che
una volta impastata
presero forma un paio di labbra speciali.
Nella cornice della notte di San Lorenzo
mentre la donna dalle labbra sottili
sognava i suoi sogni felici,
labbra di stelle la baciarono.
E l’incantesimo fu spezzato.

   8 commenti     di: Fabio Mancini


Sogni Usati...

C’era una volta… un vecchietto che con il suo carretto andava in giro a vendere sogni usati, era suo solito arrivare al parco verso sera in quanto i sogni che vendeva potevano essere usati la notte che presto arrivava subito dopo il tramonto. Il buon vecchietto vendeva i sogni usati dentro a dei barattolini di vetro soffiato, il barattolino non andava aperto per nessun motivo, andava appoggiato sul comodino e aperto solo quando tutto intorno era buio e appena prossimi ad addormentarsi. Se qualcuno, preso da forte curiosità, apriva anzitempo il barattolino il sogno evaporava nel nulla sotto forma di vapore o nebbia dando così la sensazione di vedere una piccola nuvoletta che si dissolveva nel vuoto. I sogni del saggio vecchietto erano davvero di prima scelta e chi non riusciva a sognare la notte li comprava di buon grado. Il vecchietto aveva sempre clienti e andava via solo quando finiva di vendere tutti i sogni, il che accadeva nel giro di tre ore, proprio quando il sole donava al parco gli ultimi raggi di oro fino. Aspettava a venderli tutti per non portarne indietro, i sogni, se di prima scelta, erano carichi di forti emozioni, colori, profumi e immagini persistenti da poter essere ricordati anche la mattina, non avrebbe mai venduto sogni del giorno prima in quanto perdevano la loro forza e il loro vigore e chi li avrebbe comprati li avrebbe presto dimenticati prima dell’ alba. Il vecchietto donava allegria e buon umore a tutto il paese, la gente lo voleva davvero bene e tutti lo rispettavano ed era persino grande amico di tutti i bambini, che durante la sua permanenza al parco raccontava loro delle fiabe. Un giorno come tanti altri il vecchio era al parco con il suo carretto, una fanciulla di dodici anni gli si accostò e si sedette accanto, il vecchietto e la fanciulla si conoscevano da tanto tempo che la fanciulla aveva imparato a chiamarlo nonno. La gente che passava continuava a salutare il vecchietto e a fargli i complimenti per gli ottimi sogni che

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   3 commenti     di: Paolo Magnoni


Pel di lupo e la carriola

Pel di lupo e la carriola




(Romanza triste e cinica un po’:

andantino, andante moderato, allegretto, larghetto, allegro moderato, allegro con brio)







Atto primo




(Andantino)




Il mattino ha l’oro in bocca!

L’oro in bocca c’ha il mattino? Che espressione assai curiosa!

Ma sarà poi vero ciò?

Par di sì. Almeno a dirla secondando l’impressione di color, che?" mica pochi! ?" una tal formulazione utilizzano per darsi indennizzo quotidiano (di sospetta compiacenza) d’apprestar se stessi e gli altri, con le prime luci già, alle pene d’ogni dì.

Per talaltri, invece questo spicchio di giornata può (: è tutt’altro appagamento), sorvolato esser da lungi, con le pari ali del sonnellin ristoratore, che gradito strappa via un gustoso pegno lieto?" riciclabile a piacere?" alle grevi strapazzate delle ore ancora da subentrare e poi svanir.

San codesti, normalmente, che il castigo rimandato non sarà, per questo stesso, amnistiato, annichilito; tuttavia, la voluttà di scacciar per breve tratto?" se non altro, perlomeno?" la grigiastra realtà (cosiddetta) “vera” e dura, in favor di quella piena (e policroma vieppiù) del più serio cosmo ideale?" quel nei sogni confinato?" è per essi, un sensual bacio, rubacchiato?" ad abundantiam?" alle labbra confortanti d’Amaltea divin nutrice. 1

Tali labbra affatturanti?" si dirà, per farla breve?" eran premio ricorrente cui s’aggraticciava saldo, e con gusto prelibato, il Signor Pietro Ditrè, che abituato a disertare il talàmo2 coniugale una mezza ma abbondante (invidiabile) dozzina di nottate a settimana, predisposto avea quel furbo una vecchia sua carriola?" rimorchiata a viva forza di bicipiti e tricipiti (non da meno i quadricì ) da un devoto amico caro?" a esercizio d’ingegnoso mezzo di trasporto proprio, del qual mai volle privarsi, con lo scopo dignitoso di portare indietro a casa il suo corpo provvisorio, mentr

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La Fiaba della Foresta del Tempo

Colei che viene dal non luogo cerca nel luogo il senso.
Ha incontrato molti viandanti nella foresta del tempo.
Tutti l'amarono, ma non ne compresero la fonte e fuggirono per altri sentieri, senza rendersi conto che sarebbero poi tornati in quella foresta. Ma la foresta è così grande che non riuscirono a trovare mai più colei che viene dal non luogo.
Un giorno un viaggiatore speciale disse a colei che viene dal non luogo il senso di questo suo passaggio e la guardò nel suo vero volto. Si amarono nell'uno e nell'altro mondo, in tutti i modi sconosciuti e inesplorati.
Lui chiese a Lei di muovere il cielo e Lei lo mosse, chiese a Lei di muovere la terra e Lei la mosse, chiese a Lei di muovere l'universo intero e anche questo fece.
Ma quando vide che tutto muoveva, ebbe paura che l'Amore avrebbe potuto muovere anche Lui e lasciò la foresta del tempo.
Colei che viene dal non luogo continua a camminare nella foresta del tempo, perchè nel comprendere il senso, ora deve accettare il non senso.

   5 commenti     di: ANGELA VERARD0


La Fiaba dell'Aquila e del Delfino

C'era una volta un tempo in cui mare e cielo erano luoghi separati da un confine invisibile che, a pelo della superficie dell'oceano, era stato tracciato, per dividere l'aria dall'acqua.
In quel tempo, i delfini del mare guardavano le aquile in volo e le aquile in volo guardavano i delfini del mare, senza potersi mai incontrare.
Spesso si invaghivano gli uni delle altre e viceversa, ma non trovavano il modo di poter vivere questo sentimento, perchè la separazione dei mondi ne impediva l'incontro e la diversità dei corpi non consentiva agli uni di entrare nel mondo delle altre.
Qualcuno di loro osava superare i limiti dei mondi e dei corpi: le aquile talvolta si tuffavano in mare, ma appena giunte in acqua rischiavano di affogare, così ritornavano in volo e restavano ad asciugare le loro piume sulle nuvole, piangendo; i delfini a volte balzavano così in alto che sembrava loro di poter raggiungere le nuvole, ma appena sfiorate, si ritrovavano a precipitare violentemente tra le onde del mare e rimanevano negli abissi a curare le loro ferite.
Si dovevano entrambi arrendere, perché cambiare il loro essere o superare i confini dei loro mondi non era la strada dell'Amore.
Questo fino a quando venne un giorno speciale, un giorno in cui un Aquila vide un Delfino balzare leggiadro a pelo d'acqua e il Delfino rimase incantato nel mirare l'Aquila volare nell'alto del cielo. Fu uno sguardo magnetico e fulmineo, senza proferire respiro né quesito nei loro cuori. Senza neppure rendersene conto, si sentirono molto vicini l'uno all'altro, uniti nel loro sentire, senza avvicinare i loro corpi.
Il Delfino riusciva a percepire la brezza del vento che spira al di sopra delle nuvole e l'Aquila riusciva a sentire la freschezza delle acque come se fosse tra le onde del mare. Ne furono rapiti, senza paura e senza muovere una cellula del loro corpo, si ritrovarono amanti e compagni nel mondo di mezzo, quel non luogo sopeso tra il cielo e il mare.
Quest

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   13 commenti     di: ANGELA VERARD0


La Fanciulla che sapeva volare

C'era una volta una bambina di cui non ricordo il nome e neppure il momento della sua nascita, ma ricordo che era bella e aveva gli occhi profondi come un lago disteso nella notte. Quando iniziò a parlare, tutti rimasero stupiti, perchè nel suo farfugliare di bimba, diceva cose del mondo che non poteva sapere e, quando nessuno la guardava, si alzava in volo per un attimo, per poi tornare a terra. Col tempo, imparò a dimenticare e smise di volare.
Quando divenne fanciulla sentì il bisogno di fare un viaggio, per ricordare.
Iniziò a scalare un'impervia montagna, gradino per gradino e con le mani sanguinanti giunse fino alla vetta coperta di neve. Rimase stremata sulla cima della Montagna per molti giorni, fino a quando la Montagna le disse: "Fanciulla che cosa fai qui? Devi scendere a valle, non puoi rimanere"
La Fanciulla rispose: "Pensavo tu fossi la mia casa, per questo mi sono fermata"
La Montagna stupita disse alla Fanciulla: "Tu sei bella e buona, ma io sono già abbastanza affaticata, non vedi quanta Neve porto sul capo e lungo i fianchi, quanto vorrei che portassi via un po' di questa Neve"
"E che cosa dovrei dire io" interruppe la Neve "che il Sole mi trafigge giorno per giorno trasformandomi in acqua? Portami via Fanciulla dove non c'è il Sole"
La Fanciulla, allora, si alzò e disse: "Ho compreso, cercherò la mia dimora altrove. Ma non posso portarti via Neve, devi restare proprio qui, per alimentare lentamente il Fiume, quello giù a valle. E tu Montagna sei importante perchè consenti alla Neve di raggiungere il suo scopo"
La Fanciulla iniziò a scendere per il pendio, salutando la Montagna e la Neve.
Ma da quel giorno la Montagna si fece culla di magnifici ghiacciai e la Neve iniziò a brillare come una cascata di diamanti.
Arrivata a valle, la Fanciulla vide un Albero. Decise di arrampicarsi e sedersi su un ramo fiorito. Appena posata, sentì un Fiore brontolare: "Ma chi sei? Che cosa vuoi? Non puoi rest

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   4 commenti     di: ANGELA VERARD0



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FiabeQuesta sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici

Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia