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Fiabe

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Il ritorno del cuoco

La cucina, che ben conosciamo è animata soltanto dagli utensili, ormai disoccupati. I piatti e le pentole sbuffano dalla noia. Il bel cucchiaione grattandosi la pancetta sbadiglia a tutte le ore. Il tavolo da lavoro è sgombro, solo un po' di farina annerita dal tempo.
Regna il buio ed il silenzio; quanto squallore per una cucina così festosa ed allegra ai tempi di Katjuscia, Alice ed il cuoco, sempre brillo ma non troppo.
Ad un certo punto si sente un giro di chiavi nella toppa della serratura, la maniglia interna, avvertita da quella esterna, grida a squarciagola:

- Il cuoco, il nostro cuoco è ritornato.

Gli astanti tutti:

- Evviva! Viva il nostro cuoco!

Il cucchiaione smettendo di sbadigliare e di grattarsi cominciò a cantare e danzare, a lui si unirono tutti gli altri. Il cuoco avvicinandosi al tavolo di lavoro li salutò alla maniera militare, richiamandoli all'ordine. Poi pulendo il tavolo ci mise sopra la spesa appena fatta. Sfilarono così come in un defilé: Sale , farina doppio zero, uova, pepe, noce moscata, carne macinata mista e cioè di suino e bovino, parmigiano, groviera, ricotta mista, passato di pomodoro, olio extra vergine d'oliva toscano. Tenendosi in mano quella famosa fiaschetta di vino rosso ed un calice appena comprato.
Il cuoco rivolgendosi a quelli che definiva suoi sudditi e servitori, soddisfatto disse:

- Signori miei, penso che per fare un po' di cannelloni casalinghi c' è davvero tutto, che ne dite?

Tutti annuirono e quindi aggiunse:

- Però devo prima lavarvi, visto che non siete stati usati per moltissimo tempo.

Ma prima di mettersi all'opera versa del vino nel calice, ma prima di portarlo alla bocca si rivolge al cucchiaione, che lo aveva guardato in un certo modo, dicendo:

- Eh si, caro cucchiaione mio, il medico mi ha detto che devo diventare astemio, se ci tengo alla vita, perché ho la cirrosi epatica.

Il cucchiaione:

- A principà, ma che si diventato arabo? Non ti capisco proprio, che

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Labbra di stelle (Fiaba dedicata a Cinzia Gargiulo)

Una volta la donna dalle labbra sottili,
aveva labbra bellissime come il bocciolo
di una rosa damascata.
Un incantesimo le aveva ridotto
lo spessore, ma non la bellezza.
La donna dalle labbra sottili
davanti ai bei tramonti sognava:
se labbra sincere mi baciassero
l’incantesimo svanirebbe,
i miei occhi si accenderebbero
come falò sulla spiaggia buia,
e il mio cuore pulserebbe
come un assolo di batteria.
Ma un giorno una strana brezza
sospinse l’incantesimo fino ad una stella
nella lontana costellazione dello zodiaco.
La resistenza dell’incantesimo entrò
in attrito con forza della gravitazione
ne scaturirono delle esplosioni
e tanta polvere di stelle si disperse.
La Mano che muove l’Universo
raccolse quella polvere che
una volta impastata
presero forma un paio di labbra speciali.
Nella cornice della notte di San Lorenzo
mentre la donna dalle labbra sottili
sognava i suoi sogni felici,
labbra di stelle la baciarono.
E l’incantesimo fu spezzato.

   8 commenti     di: Fabio Mancini


La coccinella

Juliette era una povera orfanella che vagabondava nei sogni, aveva dieci anni e portava una semplice gonna molto vecchia, con una camicetta anche lei molto consumata ed entrambe scucite. Le sue lunghe trecce bionde scivolavano sul suo cuore nella solitudine dell'amore che gli regalava solo il Signore.
Desiderava con tutto il cuore avere dei genitori che l'amavano per quello che era e dimenticare quelli che l'avevano abbandonata. Un giorno l'accolsero nell'orfanotrofio e dopo qualche anno, una coppia dolcemente e gentilmente la scelsero, così lei vide le stelle per la gioia che provava.
Andò a vivere in una splendida villa enorme con un giardino, la sua cameretta e i vestiti nuovi la rendevano felice. Dopo qualche giorno scoprì che i suoi genitori erano molto severi, non poteva fare nulla. Gli insegnavano ogni cosa, senza libertà di pensiero e senza permessi. Le vietavano di girare per la villa e andare nel giardino.
Lei non capiva la loro durezza ma crescendo percepì che faceva parte del loro carattere. Ormai aveva sedici anni e loro, oltre i problemi della vita, ne creavano altri erano pessimisti e ogni cosa la trasformavano in tragedia. Si preoccupavano per nulla e ogni momento le dicevano di stare attenta. Queste parole le affliggevano l'anima, le tormentavano la vita e la mente.
Dopo due anni la sua pazienza aveva superato ogni limite e decise di scappare, ormai era maggiorenne, ma aveva vissuto sempre fuori dal mondo così si sentiva dispersa. Vagabondava nella fantasia della vita, sperava di non essere più sola, ma trovare qualcuno che l'aiutasse. Passo dopo passo raggiunse un parco, il sole splendente le accendeva la gioia di libertà e si rifletteva nel piccolo stagno vicino alla panchina. Il prato verde era risaltato dai fiori colorati, semplici fiorellini come i piccoli insetti e gli uccellini che cinguettavano.
Decise di sedersi sulla panchina a riflettere sulla vita nella solitudine e nella libertà. Mentre pensava una coccinella si appog

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   9 commenti     di: sara zucchetti


Figlia della Primavera

In un paesino nascosto da vette sempre innevate e boschi impenetrabili, viveva un popolo dedito all'agricoltura. Nessuno conosceva la sua esistenza e gli abitanti del paese se ne guardavano bene dal farsi trovare. Conoscevano la crudeltà e l'indifferenza che regnava sulla terra.
Per questo si erano organizzati in modo da non aver bisogno del mondo esterno.
Il paese era formato da tante casette di mattoni rossi, ad un solo piano.
Ognuna di loro aveva giardino, orto e stalla. Le case erano calde ed accoglienti e nelle lunghe serate invernali si riunivano tutti nella casa del sindaco del paese, dove un enorme camino irradiava il caldo
dei ceppi che i boscaioli si procuravano tagliando gli alberi che ormai erano arrivati alla fine della loro lunga esistenza. In estate il popolo si riuniva sotto le fresche ombre delle secolari querce.
Passavano gli anni e tutto procedeva serenamente. Le mucche davano il latte, i campi il grano, le galline le uova.
I bambini crescevano sani e forti fin quando, un triste giorno, passò per il paese un viandante avvolto in un nero mantello, nessuno sapeva da dove venisse e nonostante il suo aspetto orripilante, lo accolsero con amore. Lo rifocillarono, lo fecero riposare e quando fu ora di ripartire gli regalarono cibo per il viaggio.
Lo accompagnarono alle porte del villaggio e nel salutarlo gli chiesero
-Come ti chiami viandante
Questi si girò verso loro, aprì il suo nero mantello, nel cielo apparvero nuvole nere che oscurarono il sole, il suo ghigno diventò ancora più orribile e dalle sue invisibili labbra uscì una voce stridula
-io sono crudeltà e invidia e da oggi il vostro paese conoscerà solo miseria e disperazione.
Poi scomparve.
Passarono gli anni e purtroppo la maledizione di quell'orribile essere si avverrò, molti animali morirono di misteriose malattie, i campi diedero raccolti miseri, il sole non riusciva più a perforare con i suoi caldi raggi la coltre di nuvole nere. Ma il fatto più inquietante era

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   0 commenti     di: cesare righi


Il calciatore vincente

C’era una volta Thomas, un giocatore di calcio molto bravo; un giorno arrivò un drago, brutto e cattivo.

Questo drago faceva molti dispetti a Thomas; per tale motivo la sua squadra perdeva sempre.
Un giorno arrivò, in suo aiuto, un X5, un robot che gli donò un telefono magico. Gli spiegò come usarlo e se ne andò.
Thomas usò il telefono e sconfisse il drago.


Thomas tutto contento ritornò allo stadio e la sua squadra vinse la partita nazionale.

   2 commenti     di: Andrea Raineri


Dicembrino, Gennarino e Februarino

Guardando dinanzi a noi vediamo un bel cielo azzurro e sulla terra un bel manto candido e vergine. Non mancano però dei pini dai rami e rametti ben vestiti di verde.
In uno di questi pini vivono tre folletti, creature a forma umana, ma così piccoli da poterli scorgere solo al microscopio, che sicuramente sapete cos'è.
Si chiamano Dicembrino, Gennarino, Februarino, ognuno rispetto all'altro più anziano di un mese.
Hanno la pretesa di definirsi figli di uno degli Horai, e precisamente dell'Inverno.
Comunque con il pino vanno molto d'accordo. Eh lo credo bene ci sono nati! Altro non conoscono. Anzi trovandosi in prossimità delle feste natalizie, temono e tremano per questo, che sia proprio il loro albero ad essere abbattuto, per entrare in una delle masserie del vicinato ed essere addobbato come la tradizione vuole.

Dicembrino:

- Ehi Gennarì, che dici ci abbattono proprio il nostro pino?

Gennarino:

- Ah Dicembrì, se non lo sai tu, che sei il più vecchio!

Dicembrino:

- E che sono un indovino io?

Februarino:

- La nostra sorte è nelle mani de lo Signore.

Dicembrino e Gennarino:

- Speriamo bene allora!

Il pino:

- Voi temete per la vostra casetta comoda e carina, ma io, che sono pur bello, dopo che m' avranno vestito da Babbà, aperti i doni, finita la pacchia e di conseguenza la festa, finisco bruciato sicuro in uno dei loro caminetti.

I tre folletti:

- Ci dispiace anche per te, quindi cosa facciamo? Preghiamo?

Pregando il Signore a mani giunte, un Astro passando di lì per caso, li udì e li esaudì.
Pensate che proprio in quel momento, il buon contadino della masseria a fianco, giungeva con la scure, fermo intenzionato ad abbattere proprio il nostro pino.

Guardò il pino, guardò l'Astro argentato, buttò la scure e disse:

- Va be', ma se non abbatto e porto questo pino a casa, cosa racconto ai miei tre figlioletti, che stanno già aspettando, e anche a mia moglie?

L'Astro argentato:

- In questo

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Una sorprendente natività

Era qualche giorno che giravo per i borghi maleodoranti di Betlemme: case di pietra e tanta polvere, ma gente accogliente e generosa anche verso di me.
Non avevo mete precise dove andare e così ciondolavo per le strade.
Una notte mi svegliò un gran trambusto di voci, di ragli d'asino e di belati lamentosi. Mi drizzai incuriosito e vidi che un gruppo di pastori d'ogni età e massaie scarmigliate s'incamminavano lungo un sentiero di ciottoli, illuminati dalla luce lattiginosa della luna.
Per essere notte fonda il cielo era di un blu chiaro e luminoso, punteggiato di stelle, le sagome delle persone si stagliavano nere all'orizzonte, solo qualche testa era illuminata dalle fiamme rosse delle torce.
Li seguii da lontano, non mi sono mai piaciute le processioni, ho sempre temuto di rimanere intrappolato.
La notte era davvero bella, una calda notte mediorientale, silenziosa e affascinante, quanto pericolosa.
Non mi accorsi che la processione si era fermata e tanto ero perso nei miei pensieri, che sbattei alla sottana di una contadina, la quale, presa com'era dal parlare con le altre comari, non ci fece caso. Era sicuramente più in là con gli anni, vedevo la pelle del collo piuttosto grinzosa, che inscenava una strana danza. Le altre donne, coperte dai scialli e dalle ombre della notte, non riuscii a distinguerle, ma credo ve ne fossero di giovani.
Mi fermai ad ascoltare, nascosto dalle sottane, complice il buio, cercando di capire cosa fosse successo di così importante.
"Ma quella ragazza è così giovane, ha partorito tutta sola? Ma la conoscete voi?" disse la contadina contro cui ero andato a sbattere. Subito una bella voce squillante rispose: "Io no, ma Sara l'ha vista stamattina che girava a dorso di un asino con quel pancione, il viso dolorante."
"Ma nemmeno su un letto di foglie, addirittura sul pagliericcio e da sola. Certo che roba, venire a partorire lontano da casa propria. Io proprio non le capisco queste ragazze moderne..." Si lasciò scappare la

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   2 commenti     di: silvia leuzzi



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FiabeQuesta sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici

Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia