c' era un tempo in cui
la legge era uguale per tutti...
niente si poteva considerare ingiusto, davanti
agli uomini e re.
un giorno in una foresta lontana in un castello dove regnava
una famiglia di otto persone
accadde una cosa strana anzi stranissima.
era sbocciata una rosa di color smeraldo nella stanza più oscura.
tanta la gente che accorse a osservare l' evento.
a ciò parteciparono anche poveri e mendicanti.
solo un uomo: Pino era deciso a studiare il fenomeno.
questi infatti aveva chiesto in passato la mano di una principessa che era scomparsa.
accadde però che il giovane studioso trovò una spiegazione a quella rosa.
egli non sapeva il nome della sua amata, ma capi' che ella soffriva tanto.
questi prese la rosa e parti...
durante il viaggio conobbe sette servi che lo aiutarono a cercare la bella principessa.
Pino scoprì che questa era stata rapita e chiese di riottenerla in libertà
dopo varie prove fatte per riaverla con sè,
Pino vide il fiore appassire.
quello che rappresentava quell' oggetto?
la speranza di rivedere la sua bella.
dopo mesi Pino decise di arrendersi, anzi, di sparire dal mondo,
ma una fata le apparve in sogno incoraggiandolo a non arrendersi.
In un antico borgo, in provincia di Veracruz, là dove si perde il tempo, e un confine sembra non esserci tra la realtà e il sogno, sorgeva una piccola casa fatta di pietra e mattoni, recinta da un ampio orto di cedri e di limoni, ai pie' dei quali era tanto trifoglio e margherite di vari colori; dai rovi, invece, nascevano le rose, alcune di colore rosa antico, altre di un color rosso rubino. Nella casa abitava una famiglia: una coppia di sposi con due figlie: Stellina ed Arianna, entrambe molto belle e in età da marito. Le due sorelle hanno in questa storia un ruolo importante: Stellina, la maggiore, era sognante e i suoi capelli lunghi eran castani con riflessi di oro e pur di rame e gli occhi, del medesimo colore erano luminosi, con la mitezza e la malinconia dei frutti dell'autunno.
Arianna, invece, come lei affermava, aveva il senso della realtà; le chiome erano bionde, color paglia e gli occhi glauchi, come un verde lago.
Stellina ed Arianna, volentieri, aiutavano la mamma nei lavori di casa, ma eran fra loro molto diverse: la prima, per spazzare usava la saggina, l'altra la scopa elettrica. La prima, per lavare andava alla fontana; l'altra metteva tutto in lavatrice. Infine, nell'impasto per preparare il pane, Stellina si fermava cominciando a sognare. Un giorno i genitori dissero alle figliole: "Noi andiamo a Veracruz per comprare le stuole ai cavalli: avete un desiderio che possiamo realizzare?" Arianna, rispose risoluta: "Miei cari genitori, vorrei una lavatrice che lava e dopo asciuga: la porterò con me, quando mi sposo." Stellina, disse: "Miei cari babbo e mamma, anch'io come Arianna, ho un grande desiderio: ho visto da un'amica un quadro antico c'è nello sfondo una bella bambina, dagli occhi color cielo: da un promontorio guarda la marina, la dolce azzurrità... Vorrei che per favore, me lo portaste in dono."
Rispondevano entrambi i genitori: "Care figlie, vedremo di accontentarvi..." I genitori con le borse per la spesa, si avviarono v
In un bel giardino campagnolo, s' ergeva severa ed imponente una bellissima Magnolia, con fiori che parevano fiocchi di neve e stelle del firmamento messe insieme.
L' abitavano e ne facevano parte due spiritelli:
Fierino, che somigliava ad un farfallino, con la faccetta di bambino, dignitoso assai e carino.
Costantino, ancora più severo, anche se ad egli somigliante, ma non affatto carino nella sua perseveranza e cocciutaggine.
Nel guardare quei fiori, ognuno s' incantava, e qui, fra i due spiritelli, comincia la rivalità di chi è il merito di sì tal bellezza.
Fierino:
- Grazie a me, che ne ho avuto molta cura, che quei fiori oggi sono così bianchi e portentosi.
Costantino:
- Ma che dici! Tu che non hai mai pazienza, le dai un po' d' acqua o che so io, e subito scappi dalla tua amichetta qui vicino.
Fierino:
- Non mi piace il tuo atteggiamento, se tutti l' ammirano e grazie a me che la ispiro.
Costantino:
- Ma non farmi ridere! In che cosa tu la ispiri poi?
Fierino:
- Sono bello e leggiadro da un visetto bianchino con le guance belle rosee, ispirandosi a me, si sforza d' esser uguale e ci riesce.
Costantino:
- Ma guarda che sei un bel vanitoso e testardo!
Fierino:
- E no, il testardo sei tu.
L'intervento della Magnolia stessa, detta anche stellata, fa un po' azzittire questi due spiritelli:
- Su via, voi due fatela finita, siete entrambi della mia linfa e di tutto ciò che sono. Eppoi voi non mi date niente, nemmeno l' acqua, perché se non me la manda il cielo, con le sue nuvole nere e minacciose, c' è un buon cristiano in casa, che con un sistema moderno m' innaffia ogno volta che ho bisogno. Pelandroni! Vergognatevi tutti e due.
Hai trovato proprio Costantino a far dietro front, comincia con la sua stessa madre piante, e dice:
- Cara mia, io sono lo spiritello della tua bisnonna, non hai nulla quindi da insegnarmi.
La Magnolia:
- Ma sei veramente un grande maleducato. Non vedi come ci gu
Tanto tempo fa, un uomo onesto e di buona fede, fu ingiustamente condannato a morte. Poi non si sa per quale miracolo, la pena gli fu tramutata ad ergastolo a vita. Proprio ad un centinaio di chilometri dove io abito personalmente, scontò gran parte di essa. C' era nella sua cella un piccolo finestrino, tanto da far passar qualche fascio di luce, e non confondere con questo il giorno dalla notte. Su questo piccolo ed insignificante davanzale comincia la nostra storia.
C' era un formicaio, costituito da formiche operaie e laboriose, e capi che si facevano rispettare, come a loro volta rispettavano ed onoravano la loro Regina. Una tale disciplina raramente la si può vedere.
Questo osservava giornalmente, senza mai stancarsi il nostro amato prigioniero. Se non che un giorno si sentì chiamare, si voltò indietro ma non c' era nessuno, guardò di nuovo queste piccolissime creature, e con una forte lente e con occhi ben spalancati, si accorse che proprio una di loro gli rivolgeva la parola.
Lo stupore fu tale, che per qualche istante chiuse gli occhi, poi riaprendolo, quella piccola formica ancora con lui parlava e gesticolava al prigioniero.
- Dici a me?
La formica:
- Si, proprio a te.
Il prigioniero:
- E cosa vuole la formichina da me?
La formica:
- Potevamo esser altrove, ma siam qui a farti compagnia. Sappiamo che sei buono e lo meriti.
Il prigioniero:
- Grazie mille, formichina mia bella,
Da quel giorno e per moltissimi ancora, fra il formicaio e il prigioniero si stabilì un vero rapporto di amicizia sincera e duratura.
Ogni giorno i soliti convenevoli, addirittura il povero prigioniero s'inchinava alla regina formica, la quale arrogante rispondeva con un gesto insignificante di zampetta. Ma la solita formichina operaia, e veramente operosa, infatti sgobbando a non finir, gli dedicava tutto il tempo che poteva. Anche se per questo sant'uomo spesso, era sufficiente guardarle nel loro serio operato. Un due, un due, senza mai sgarrare.
Venne u
"Fai quel che vuoi, ma stai attento!"
Babbo Natale era proprio ingordo e avido e così lo avevo avvertito di stare attento, ma... m'avesse dato retta!
Era stato un autunno duro. Come per magia il caldo aveva sconfinato l'estate, proseguendo oltre ottobre e novembre: la natura aveva rinunciato ai vestiti più belli e una serie di sconvolgimenti aveva modificato per sempre il ciclo delle stagioni.
Io gli avevo detto di stare attento: in dicembre non era già normale mangiare albicocche, tantomeno se queste albicocche sbocciavano dalle piante di fragole. Non era poi tanto normale assaggiare, a dicembre, le susine e le prugne che, per quanto buone, avevano color del cielo. Non era normale camminare e poi, d'un tratto, trovarsi sospesi a mezz'aria. Non era normale poter bere acqua da un arcobaleno che bucava una casa.
Io gli avevo detto, chiaramente, che avrebbe dovuto smettere. Ero certo che non avesse compreso ancora.
Dopo aver terminato l'abbuffata, fece con me un giro nei dintorni e, vedendo spuntare da un cancello una rosa, chiamò il propietario della casa e se la fece inviare per posta. Una rosa in dicembre?
Io gli sconsigliai di farlo. Inutile: poco dopo ci salutammo e ognuno tornò ai suoi affari.
Avevo fatto del mio meglio. Lo avevo ben consigliato.
E purtroppo sapevo che sarebbe accaduto.
Non passò molto tempo. Solo un giorno.
Ci fu un urlo fortissimo, uno strillo che eccheggiò ovunque.
Si udì veramente ovunque.
Sapete che era accaduto?
La Befana, moglie di Babbo Natale, aveva ricevuto in dono la rosa e si era punta un dito. Così aveva subito lanciato un urlo tremendo, perchè lei non conosceva le rose e le loro spine: dormiva tutto l'anno e si svegliava solo durante l'inverno.
Ma non era quello l'urlo uditosi.
Babbo natale le aveva raccontato degli sconvolgimenti che erano avvenuti sulla terra, della strana frutta mangiata e come avesse bevuto persino da un arcobaleno.
La befana allora aveva lanciato l'urlo.
Que
La solita cucina, sul tavolo da lavoro c' è già tutto preparato. La cipolla e l'aglio ben tritati con un attrezzo di cucina, che si chiama mezzaluna, molto probabilmente oggi in disuso, ma qui ancora utilizzato, molto probabilmente dai tempi di Francesco Giuseppe; crauti acidi; bei tocchi di carne bovina; sale, pepe e peperoncino forte; peperone rosso in polvere; cumino; olio di girasole. Sembra che ci sia proprio tutto.
Vicino ad una caldaia di rame con il fondo nero come il carbone ed un cucchiaione di legno, c' è Katjuscia, la nipotina di quattro anni del nostro cuoco.
Parlando con la signora caldaia ed il cucchiaione viene a scoprire che sono coniugi e proprio oggi hanno l'anniversario del matrimonio.
- Eh piccina mia!
Esclamò la caldaia, e continuando:
- Io e mio marito, qui presente, abbiamo fatto dei piatti gustosi e prelibati, chiaramente il merito spetta anche e soprattutto alla maestria del tuo nonnino, cuoco d'eccezione.
Katjuscia si divertiva molto a sentirla e non capiva perché quel pezzo di baccalà del marito stava zitto.
Ma ad un tratto anche il cucchiaione prese la parola:
- che vuoi che ti dico piccina mia; il mio ruolo è molto più modesto, e non sono di rame, e vecchio ormai come sono, ho il tempo contato.
Katjuscia:
- vecchietto mio, non ti devi vergognare, se il tuo ruolo è solo quello di mescolare, e questo con l'aiuto del mio nonnino. Tu pensa a vivere ancora e non ti avvilire; so che il mio nonnino non ti cambierebbe mai.
Così stavano le cose, quando il cuoco, a noi ormai ben noto, con la fiaschetta sotto il braccio e un po' barcollando di qua e di là si avvicina al tavolo di lavoro e ai fornelli.
Nonostante tutto non dimentica di dare un affettuosissimo bacetto alla nipotina prediletta, ma non dimentica nemmeno il calice che gli giace a fianco, lo riempie quindi di buon vino rosso e se lo tracanna in un sorso solo.
Con un solo sguardo poi si rende conto che c' è tutto ciò che gli serve, anzi la calda
C'era una volta un tempo in cui mare e cielo erano luoghi separati da un confine invisibile che, a pelo della superficie dell'oceano, era stato tracciato, per dividere l'aria dall'acqua.
In quel tempo, i delfini del mare guardavano le aquile in volo e le aquile in volo guardavano i delfini del mare, senza potersi mai incontrare.
Spesso si invaghivano gli uni delle altre e viceversa, ma non trovavano il modo di poter vivere questo sentimento, perchè la separazione dei mondi ne impediva l'incontro e la diversità dei corpi non consentiva agli uni di entrare nel mondo delle altre.
Qualcuno di loro osava superare i limiti dei mondi e dei corpi: le aquile talvolta si tuffavano in mare, ma appena giunte in acqua rischiavano di affogare, così ritornavano in volo e restavano ad asciugare le loro piume sulle nuvole, piangendo; i delfini a volte balzavano così in alto che sembrava loro di poter raggiungere le nuvole, ma appena sfiorate, si ritrovavano a precipitare violentemente tra le onde del mare e rimanevano negli abissi a curare le loro ferite.
Si dovevano entrambi arrendere, perché cambiare il loro essere o superare i confini dei loro mondi non era la strada dell'Amore.
Questo fino a quando venne un giorno speciale, un giorno in cui un Aquila vide un Delfino balzare leggiadro a pelo d'acqua e il Delfino rimase incantato nel mirare l'Aquila volare nell'alto del cielo. Fu uno sguardo magnetico e fulmineo, senza proferire respiro né quesito nei loro cuori. Senza neppure rendersene conto, si sentirono molto vicini l'uno all'altro, uniti nel loro sentire, senza avvicinare i loro corpi.
Il Delfino riusciva a percepire la brezza del vento che spira al di sopra delle nuvole e l'Aquila riusciva a sentire la freschezza delle acque come se fosse tra le onde del mare. Ne furono rapiti, senza paura e senza muovere una cellula del loro corpo, si ritrovarono amanti e compagni nel mondo di mezzo, quel non luogo sopeso tra il cielo e il mare.
Quest
Questa sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici
Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia