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Fiabe

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Che fine ha fatto il lupo di Gubbio?

La storia la sapete tutti. Il lupo cattivo fu ammansito da S. Francesco e promise di non aggredire più nessuno. Se ne tornò ai suoi boschi, vivendo di caccia. Ma venne l'inverno e il lupo si ritrovò affamato. Scese a Gubbio e bussò alla prima porta che trovò. Gli abitanti di Gubbio si erano impegnati ad assicurargli cibo e rifugio in caso di necessità. Non ricordo se nel racconto si parla di questo patto, ma, secondo me, le cose andarono proprio così. Infatti la porta si aprì e una gentile signora fece entrare il lupo, lo fece accovacciare davanti al caminetto acceso e gli mise davanti una grossa ciotola di pasta e fagioli. Il lupo l'annusò e quello che il suo naso sentì non gli piacque per niente. Ma la fame è la fame. Trangugiò tutto e si addormentò.
Un bimbetto di due anni entrò in cucina, vide il lupo addormentato e, non sapendo niente della sua storia, lo scambiò per un cane. Gli si avvicinò e gli fece una carezza sul muso. Il lupo si svegliò di soprassalto e quello che vide davanti a sé fu un tenero bocconcino che poteva compensare la pasta e fagioli."Benedetto Francesco!... I patti sono patti -sospirò e chiuse gli occhi, sperando di riaddormentarsi. Ma il bambino aveva voglia di giocare: afferrò la coda del lupo e la tirò con tutta la sua forza. Il lupo s'infuriò. Il bambino lo aveva offeso nella sua dignità. "Questo non era nei patti!" - pensò. E si mise a rovesciare pentole, casseruole, posate e tutto quello che riuscivano ad afferrare le sue zampe, calcolando bene che non andassero a colpire il bambino perché "I patti sono patti!"
Il bambino rideva, rideva, divertendosi un mondo a veder volare, come per magia, tutti quegli oggetti. Il lupo era sempre più infuriato e, non potendo fare altro, emise un lungo ululato. "Bono, Bono" - disse il bambino- Hai bua?" Gli si avvicinò, prese una zampa nelle manine e la baciò. "Mo passa bua" e continuò ad accarezzare la zampa del lupo. Questo si intenerì. I bambini e gli animali trova

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Il Cavaliere Giullare

C'era una volta, tanto tempo fa, in un luogo che oggi non conosciamo più, un sontuosissimo castello; le sue stanze erano adornate con oro, argento e drappi di seta. La ricchezza e il lusso abbondavano dappertutto. In questo castello risiedeva un re, un re potente e maestoso. Egli regnava su un regno molto vasto e prosperoso. Era molto amato dal suo popolo e da tutti i suoi cavalieri. Il sovrano amava moltissimo, insieme alla sua adorata regina, intrattenersi nella sala del trono con giochi, balli, canzoni e spettacoli ai quali tutti i cortigiani erano invitati ad assistere, se lo volevano.

La felicità del re influenzava quella di tutto il castello e i contadini del reame. Quel regno, infatti, era conosciuto come il regno più felice del mondo; nessuno lì fu mai visto triste o di cattivo umore, né addirittura fu mai visto piangere. Perfino i bambini piccoli, quando cadevano o si facevano male, non piangevano, ma ridevano gioiosamente mentre si rialzavano. Le carceri del castello erano inutili, poiché se tutti sono felici, nessuno ha bisogno di rubare, così il re le aveva trasformate in magazzini per il cibo. La gente viveva molto a lungo, poiché il riso e il buon umore, si sa, allungano la vita. Per tutti questi motivi il regno portava il nome di Regno della Felicità.
Un triste giorno però, una strega malvagia e antipatica, che viveva molto lontano e che detestava l'allegria e la felicità, venuta a sapere di questo regno così felice e allegro, decise che ciò non poteva esistere e che avrebbe dovuto fare qualcosa. Prese dal suo antro tutto il necessario per fare un incantesimo molto potente e si mise in cammino verso il castello del regno della Felicità. Quando vi arrivò, si stupì di come chiunque, contadini o cavalieri, vecchi o bambini, nonostante lei fosse brutta e cattiva e avesse sempre destato odio nella gente, la accolsero calorosamente nel loro regno. Stupita, ma pur sempre determinata, si recò al castello del re, dove poté ent

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Marco e il nonno Ugo

Ieri Marco e il nonno Ugo, tifosi della Juventus, sono andati a vedere in uno stadio lontano da casa la partita Juventus - chievo Verona. All'andata hanno usato la cartina ma quando sono arrivati allo stadio l'avevano persa. La partita è finita 3 a 0 per la Juventus, con loro grande gioia. Però il ritorno a casa non è stato così facile. Aveva cercato di ricordare la strada del ritorno ma non c'erano riusciti. Migravano per molte strade senza trovare quella giusta. Marco infine ricordò che la loro casa era a nord e guardando la posizione del sole capì che stavano andando a sud, quindi facendo una inversione a u ritrovarono la strada d ritorno. Appena suonarono al citofono tutti si rallegrarono. Marco e il nonno Ugo felici di essere tornati a casa raccontarono agli altri come era finita la partita e tutti scesero come fulmini con una palla di gomma a giocare a calcio.

   3 commenti     di: Andrea Raineri


Il canto dell'elfo

C’era una volta, nell’arco di cielo che ancora oggi guarda l’Elba, una stella luminosa. Era talmente luccicante che la regina delle stelle le aveva dato il nome di Splendente.
Si mormorava nel firmamento che il suo brillare dipendesse dal fatto che fosse innamorata. Anche durante le ore del giorno, quando la luce del sole nascondeva ogni astro, Splendente fissava lo sguardo sull’Elba verso una chiazza verde al centro dell’isola. Proprio in quel punto, viveva l’ultimo degli elfi. Splendente con l’ espressione sognante lo osservava per ore quasi stregata dal suo canto melodioso e dalla sua gioia di vivere. L’ultimo elfo le pareva felice perché non faceva altro che saltellare e cantare tutto il giorno. Viveva da solo ormai da dieci anni e quando sua madre dovette lasciarlo lo fece a malincuore, sapendolo l’ultimo della specie, perché senza speranza, ma era stato un miracolo tanto inaspettato che non poterono fare a meno di chiamarlo Dono. Il padre di Dono era svanito, non nel senso di distratto, era proprio scomparso e a sua madre non rimase altro che seguirlo. Questo è il destino degli elfi e delle fate che si uniscono: per sempre!
Dono era cresciuto ascoltando le storie dei vecchi elfi tra ruscelli e prati in fiore e guardando nei loro occhi la bellezza trascorsa nei boschi.
I saggi, gli avevano insegnato ad ascoltare il canto dell’Elba al risveglio e raccontato della danza dei giovani elfi e delle giovani fate in amore. Gli dissero del suono del vento e del bisbigliare degli alberi prima della pioggia, del profumo del mare portato dagli uccelli e della gioia respirata tra i raggi del sole. A volte gli elfi scendevano a valle a spiare la vita degli uomini, così che al loro ritorno ci si raccoglieva a rivelare le nuove scoperte. Una volta videro gli uomini lanciare palle colorate addosso ad un pallino, pareva che la cosa li divertisse molto, non capirono bene il nome del gioco: mocce, gocce, docce, bocce, rocce, ma vollero provare co

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Tra le due barche

La primavera fiorì nel bosco incantato e gli animali si risvegliarono dal letargo. Sbocciavano i fiori e le piante si riempivano di foglie verdi.
Gli animali cercavano il cibo e sentivano nell’aria il profumo della natura, mentre il cinguettio degli uccelli faceva loro compagnia. All’alba si alzò sbadigliando il grande e grosso orso bruno Bob, capo della banda e attorno a lui c’era la lince Ren, che osservava con il suo fascino. Erano molto amici, anche se diversi, così come il piccolo ghiro Dav che giocherellava vivacemente e la perfida vipera Ena che gli altri troppo buoni perdonavano sempre.
Il piccolo scoiattolo Sazu era anche lui molto affezionato agli amici (tranne la vipera che accettava, ma non adorava per la sua arroganza) però sempre impaurito se ne stava nel suo nido dentro un buco dell’albero tranquillo e nascosto dal mondo reale.
Bob era il più vecchio di tutti, gli piaceva comandare e organizzare tutto. Dato che doveva andare a pesca per mangiare qualcosa propose a Ren, Dav ed Ena di accompagnarlo. Si avvicinarono al fiume e vi trovarono una barchetta dei pescatori che presero in prestito. Si accorsero che mancava Sazu, la scoiattolina timidina, così l’orso disse a Ena di andare a chiamarla ma lei rispose: “Quella è solo un peso, lo sai, possiamo anche farne a meno”. Chiese la stessa cosa a Dav, ma lui era un ghiro pigro e disse: “ Ha ragione Ena non ci serve. ”
Così Bob provò a sentire cosa ne pensava Ren e lei meno egoista dei compagni fece una corsa fino alla tana di Sazu per convincerla a uscire a fare un giro. La scoiattolina non era molto convinta, ma decise di seguirla. Anche se impaurita, aveva bisogno di essere riscaldata dal sole non bastavano più i delicati raggi che entravano nel buco. Salì anche lei sulla barca un po’ impaurita, gli altri la guardavano con occhi infastiditi e la giudicavano freddamente. Bob cominciò a remare, la corrente del fiume era molto forte e faceva fatica a controllare la barca, m

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   1 commenti     di: sara zucchetti


La fata bifisella

Lontano nell'Universo,
un mondo dal nostro tutto diverso,
viveva su una stella
la fata Bifisella.
Lei da lassù,
immersa nel profondo blu,
tutte le notti controllava,
ciò che ogni bimbo sognava.
Lei creava i sogni belli,
dove spesso erano presenti enormi castelli.
In essi vivevano audaci cavalieri
con i loro abili e bianchi destrieri.
E se un tenero bambino,
intento a dormire nel suo lettino,
stava facendo un sogno spaventoso,
davvero terribile e pauroso,
la fatina in un istante
cancellava l'immagine terrificante.
Bisogna quindi ricordarsi,
prima di addormentarsi,
di tanto ringraziare,
e con un bacino salutare,
la fata Bifisella
che vive lontano su una piccola stella.

   2 commenti     di: ELISA GALLO


Un giorno d' autunno

Era un bel giorno d' autunno, asciutto e mite, dai colori accesi, tipici di questa stagione.
In un vigneto non molto grande, il buon contadino, orgoglioso, osservava ogni sua vigna con i suoi bei grappoli d' uva; due file distese, a sinistra le vigne contenenti grappoli d' uva rosso rubino, a destra grappoli d' uva di un bel giallo dorato.
Ad ogni grappolo, prima di staccarlo chiedeva scusa.

- Ma non ti preoccupare amico mio, l' anno prossimo sarai qui di nuovo e chissà! Molto più bello.

Lui questo l' aveva solo pensato, ma con suo grande stupore si sentì rispondere:

- Lo spero bene!

Era quel grappolo d' uva pertinente, rosso rubino a replicare.

- Sappi amico mio, che tu sei nato per questo, e poi c' è tutto un processo che forse ti interesserà, vedrai quando diventerai vino!

Rispose il buon contadino e voleva andare oltre, ma nuovamente il solito grappolo aveva qualcosa da ridire:

- Non so proprio che volete fare di me, sono così bello. E poi cos'è questo vino.

Il buon contadino, che non era poi tanto ignorante ribadì:

- Devi sapere grappoletto mio bello, che tanti secoli fa, un dio greco Dioniso, conosciuto presso i romani come Bacco, inventò la viticultura.

Il grappoletto:

- Io non lo conosco questo Dioniso o Bacco, come dici tu. Ma racconta ancora, vai avanti.

Il contadino:

- I seguaci di Bacco si chiamavano baccani, e presto seppero apprezzare il buon vino, se non che nei baccanali, i giorni dedicati a questo dio, ne facevano uso eccessivo, ed essendo pur sempre alcool, dava alla testa e ne combinavano di tutti i colori, proprio come il nostro bel autunno.
Il grappoletto:

- Interessante, e poi?

Il contadino:

- Ti dico solo che, chi allora comandava fu costretto a vietare queste feste dedicate al dio ubriacone.

E il grappoletto:

- E perché?

Il contadino:

- Commettevano atti impuri ed insultavano chiunque. Oggi è diverso, i veri amanti di questo liquido, lo degustano, lo fanno danzare in

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FiabeQuesta sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici

Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia