username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti gialli

Pagine: 1234... ultimatutte

Ne uccide più la penna

Qual'è l'arma più letale, più feroce, più tagliente su cui un assassino professionista potrebbe mai fare affidamento? C' era un detto giù a Borrow Town, "ne uccide più la penna della spada" diceva, e a ben vedersi, perchè più dei tormenti inflitti dalle lame, più delle ferite di cui è capace il ferro, si addentra ben più in profondità una stoccata di uncino bagnato di inchiostro, se le sue strofe, se le sue rime, sanno infilarsi nelle fessure lasciate scoperte dalle debolezze dell'animo umano.
Una penna può ferire in tanti modi, e talvolta lasciarci pure il morto, come nel caso dell'avvocato Withestone, che diede la vita come pegno della sua corrotta condotta, una volta che questa fu dimostrata per mano della china.
Ma in quanti modi una penna possa nuocere è enigma arduo da risolvere, come tanti sono i modi in cui essa può risanare gli animi afflitti.
Vi è però una storia, la storia di un tale proveniente dai quartieri popolari, un certo Jeremy Luciani che sapeva bene quanto la penna ne potesse uccidere più della spada, lo sapeva bene tanto che in tutta la città, da Notthing Hill a Southwark era conosciuto come "il notaio che uccideva con la penna". La spada è troppo ingombrante - diceva - e oltre che ormai fuori moda rischia di attirare l'attenzione dei gendarmi, mentre la penna la puoi infilare in un taschino mentre passeggi innocuamente tra le folle di Westminster Bridge. Ed era proprio così che a notte fonda, mentre eri immerso nel sonno, Jeremy entrava in casa tua grazie all'arte dello scassinamento appresa nei bassifondi dell'East London, quindi si avvicinava al tuo letto e con un gesto risoluto ti ficcava la sua Montblanc dal pennino fine nella parte superiore dell'addome, lì, dove la carne si fa più tenera, in modo tale da consentirti pochi secondi di lucidità per poter ringraziare il Signore prima di poter considerare saldato ogni conto lasciato sospeso con la gang dello Zoppo. È per questo che tutti in città lo chiamavano "il

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: Florian


Il killer d'inverno

Scesi dall'auto e un vento gelido sembrò prendere le sembianze di una lama intenta a tagliarmi la faccia. Mi strinsi maggiormente nel cappotto e camminai fino a raggiungere Lentini sul luogo del ritrovamento del cadavere.
Potevo rifiutarmi di vedere come era stata conciata la vittima, ma quando valutavo l'idea finivo sempre col pensare di mancargli di rispetto. Erano morti, ed era come se noi fossimo l'ultima occasione che avevano per ottenere giustizia. Avevano solo noi, ed io non potevo tirarmi indietro.
Quella in questione era la terza vittima di una serie sanguinosa. Seguivamo il suo caso da quando la madre era venuta da noi a sporgere denuncia dopo la scomparsa. Dopo due settimane di ricerche potevamo smettere di cercare e affibbiare l'omicidio al serial killer al quale stavamo dando la caccia da mesi. Ritrovata dentro ad una fossa ricoperta di neve nei pressi del Parco Ruffini, Maria poco più che ventenne, presentava tagli su braccia, polsi e gambe.
Stesso modus-operandi: strisce di sangue secco, quasi nero, le delimitavano gli arti inferiori e superiori. Ma quello che faceva maggiormente impressione erano i lividi presenti sul corpo: come le altre vittime, anche lei ne era ricoperta.
Socchiusi gli occhi, e ringraziai di indossare gli occhiali scuri.
"Posso chiederti perché porti gli occhiali da sole anche quando nevica?", mi chiese Lentini.
Sospirai e mi tirai in piedi. "No."
"Come non detto."
Io annuii. Poi mi guardai intorno ed osservai il paesaggio torinese imbiancato.
"Non ho mai visto niente del genere", dissi.
"Ma che dici? È ridotta male, proprio come tutte le vittime del killer d'inverno."
Feci una smorfia e tornai su di lui. "Sto parlando del tempo! Una bufera del genere non l'ho mai vista!", gridai per sovrastare il vento.
Lui annuì. "Gli esperti dicono che si placherà fra due, tre giorni", fece una pausa. "Cosa facciamo ora?"
"Assicurati che la Scientifica abbia la cortezza di controllare eventuali impronte nelle vi

[continua a leggere...]

   13 commenti     di: Roberta P.


La promessa

Mara entrò in casa tremante e a piccoli passi si diresse verso la cucina.
Fabiana e Asia asciugavano i piatti e intanto scherzavano ridendo. Mara rimase sulla porta.
Quando le due la videro si precipitarono su di lei.
Teneva le mani insanguinate strette fra loro come a proteggersi il cuore, macchiando l'impermeabile bianco che indossava.
"Dio mio, che ti è successo?"
Fabiana l'abbracciò e la sentì tremare, quindi la fece accomodare sul divano in salotto. Sul tavolino le due sorelle notarono un coltello insanguinato.
Dopo qualche minuto durante i quali cercarono di farla calmare, si fecero raccontare cosa le fosse accaduto.
"Aveva alzato la voce, e mi aveva picchiata di nuovo."
"Di nuovo?" domandò Fabiana.
Asia la fissò.
"Lasciala finire."
Mara riprese: "Ho preso la prima cosa che ho trovato e l'ho colpito."
Dopo una mezz'ora di racconto, Asia cercò di tranquillizzarla.
"Ascoltami, è stato un incidente, non volevi farlo."
"Tu lo sapevi?", domandò Fabiana con un pizzico di ribrezzo nella voce.
"Non è il momento", disse la sorella maggiore scandendo bene le parole.
Allora Fabiana si alzò, inclinò il viso e domandò: "E quando sarebbe il momento?"
"Non ora. Non vedi che è sconvolta?"
"Certo che lo è! La picchiava, tu lo sapevi e non hai fatto niente!"
"Basta!", esordì a voce alta Mara.
Le due sorelle la fissarono farsi piccola sul divano.
Sembrava stesse per scoppiare dalla collera, invece disse solo: "Dobbiamo andare alla polizia, e raccontare cos'è successo."
Asia non disse niente. Fabiana si sedette sul divano vicino alla sorella minore.
Le raccolse i capelli su una spalla, e disse: "Ora ascoltami: è di estrema importanza che quello che ci hai raccontato stasera non esca mai da questa casa."
Mara la fissò, gli occhi arrossati dal pianto.
"Non è possibile..."
"Lo so come ti senti, credimi, ma io non permetterò a nessuno di farti del male. Non doveva neanche azzardarsi a fare quello che ti ha fatto."
Mara p

[continua a leggere...]

   9 commenti     di: Roberta P.


Giallo d'Autore(prologo)

Oltre allo scrivere alcune cosucce, affidate alla generosità dei rari
lettori, amo gironzolare in cerca di pace.
All'Agenzia va tutto bene per merito di Mina, ed io, ogni tanto,
mi ritrovo al bar di Augusto in cerca di clienti.
Poi va detto che, cascasseil mondo, il caffè, servito dalla Mulatta,
giustifica l'interesse degli avventori. Già, La Mulatta! Che splendido
chicco di caffè! Proprio quella mattina, avvicinandomi,
e proprio in quel bar, vidi brutti ceffi in circolazione, per cui,
cambiai strada o perlomeno avrei voluto farlo, ed invece...?
Invece, mi ritrovai su una sedia, trascinatovi da un energumeno.
Di fronte a me, un vecchietto che, poi,
seppi chiamarsi Don Bernardino. Vestito fumo di Londra, occhi di ghiaccio e cappello calato sulla testa. "Dottore, scusate i nostri bruschi sistemi, ma dovevo parlarvi."" Bah, visto che la frittata è fatta, ditemi."Vi risparmio la sua lunga lagna sulla veneranda età e sul cancro che lo stava divorando di brutto. Amplio comunque le vostre conoscenze ed il vostro sapere, riferendo il nocciolo del suo dire."Sono stato informato che avete aperto un'agenzia di informazioni ed è forse la volta buona per scoprire il perché della morte di mio figlio che, venticinque anni fa, è stato ucciso con un solo colpo di pistola."Ditemi almeno il nome di vostro figlio e cercheremo di fare il possibile."" Saverio Baratieri e adesso a voi, non mi è sfuggito il vostro soprassalto e vi ripeto che non voglio sapere chi è stato, ma perché"? Per il soprassalto, Don Bernardino aveva ragione perché, pur non sapendo che fosse morto, avevo conosciuto suo figlio, venticinque anni prima."Saverio è stato a scuola con me al quarto anno delle superiori e mi sembra che avesse alcuni anni in più rispetto alla media della scolaresca.""Esatto, lo avevamo scritto a quella scuola per i nostri buoni motivi.""Posso sapere quali erano questi buoni motivi"?"No, scoprite perché è stato ammazzato." Don Bernardino era stato chiarissimo. La

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: oissela


Penny è volata dal tetto. (Cap 1)

Cap 1.
Fuori.
Freddo.
Cazzo se fa freddo ‘sta sera.
Le macchine passano con violenza. I semafori si colmano e si svuotano di bare metalliche piene di fretta, come clessidre continuamente rigirate.
Fari illuminano squarci di notte davanti alla stazione.
Cazzo se fa freddo.
Le strade sono invase da una nebbia squallida che sale dal fiume.
La via dello shopping di natale sbocca in faccia alla stazione. Coppie, a decine, arrivano, girano di boa cambiando marciapiede e ritornano verso il centro illuminato e festoso, concedendo un unico sguardo preoccupato alla stazione e alle ombre che si aggirano nei suoi pressi.
La stazione è una triste, bella dama, incappottata da impalcature metalliche e teloni, che pubblicizzano la nuova millaccessoriata utilitaria del momento, a guardarla sembra una ferrari, a guidarla probabilmente sembra una scatola d tonno col motore. La grande dama che inghiotte treni e sputa umani affrettati, spaesati, speranzosi, stanchi, è dal chirurgo per la ristrutturazione.
Verranno grandi eventi e la città deve mostrare il suo volto migliore.
Si pulirà la putrida fontana, si netteranno i vomiti dalle strade e le cacche di cane, si chiederà agli immigrati, clandestini e non, di andare a rattristare l’ambiente centro metri più in la, dove non saranno in vista.
Attraverso l’antro della stazione e via della disperazion, ed entro nella casba.
Devo aspettare Sandro davanti alla pizzeria rumena: pizza e polli arrosto. La pizza sa di pollo e il pollo sa di pizza. Meraviglia dell’integrazione etnica: proprietario italo rumeno, commessa slava, pizzaioli a turno: marocchino, rumeno, bielorusso.
Pizza in the world.
Gira in automatico il girarrosto, con lenta malinconia espone sulla pubblica via culi e cosce di polli crudi, appena rosolati, o croccantemente girarrostati.
“Fumo?”
“no grazie”
“Caramello?”
“no, grazie”
“zero zero? roba buona”
“no, grazie”.
I piccoli spacciatori ti ronzano attorno come mo

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: Umberto Briacco


Empatia

Il direttore dell'azienda condusse me ed il mio partner Aquilani fino alla stanza degli spogliatoi maschili, e spiegò: "L'hanno trovato qui due ragazzi verso le undici. Aveva finito il turno."
Abbassai gli occhi: il corpo se ne stava in terra coperto da una cerata gialla. C'era odore di disinfettante, segno che i ragazzi del coroner avevano ripulito il sangue.
Mi misi sulle ginocchia e scostai appena la cerata. Nel vedere i suoi occhi spalancati, mi ritrovai a pensare a quanto doveva aver sofferto a beccarsi dieci coltellate, e a sapere di star morendo. Socchiusi per un istante i miei, nel vano tentativo di scordarmi il suo volto straziato. Poi lo ricoprii e mi alzai.
Mi imposi con le mani sui fianchi, e osservai il posto: era uno stanzone stracolmo di armadietti, e poco illuminato.
"Chi ha accesso all'area riservata al personale?", domandai.
"Nessun altro. I dipendenti sono gli unici a poter entrare qua."
"Quanti ne conta più o meno questa azienda?"
Il direttore ci pensò su e consultò il collega.
"Circa trecento."
"Immagino che tutti disponiate di un passi o qualcosa del genere."
"Sì, naturalmente."
Il secondo uomo però obbiettò quasi subito.
"Beh, non è del tutto esatto. I tirocinanti e gli stagisti non ne possiedono."
"E per entrare o uscire come fanno?", chiesi io.
"Suonano il campanello, e gli addetti alla sicurezza aprono."
Annuii e feci qualche passo per ispezionare il posto.
Non sapevo bene il perché, ma quella stanza aveva qualcosa di familiare. Forse mi ricordava un po' i miei primi giorni all'accademia di polizia, quando passavo le mie pause immersa in stanzoni silenziosi alla ricerca della solitudine e della quiete.
Tornai alla realtà e mi rivolsi al direttore dell'azienda, e al suo vice.
"Gli agenti resteranno qui per recuperare più materiale possibile, il coroner porterà via il corpo. Verranno affissi i nastri gialli e fino a che non avremo terminato di ispezionare la zona, nessuno potrà

[continua a leggere...]

   15 commenti     di: Roberta P.


Un Particolare Degno di Nota

La vicenda si svolse molto velocemente.

Era la sera del 19 luglio. Tommaso aveva parcheggiato a pochi metri dalla ringhiera sul belvedere. Un panorama stupendo, il crepuscolo e la città ormai illuminata sotto di lui. Stava ammazzando il tempo, in vista dell'appuntamento che aveva un'ora dopo, alle dieci, in un locale del centro. Fermo dentro la macchina, sorseggiava una birra. Un cd dei Pink Floyd con le sue melodie maestose echeggiava nell'abitacolo; "Animals" - stava pensando - pur essendo poco considerato tra gli estimatori del gruppo, lo aveva sempre emozionato per quel senso di epica maliconia che emanava. D'estate era scelta obbligata.

Osservava dallo specchietto retrovisore i movimenti che avvenivano nella piazza. In realtà non c'era nessuno a quell'ora, era troppo presto per le passeggiate del dopocena e troppo tardi per gli aperitivi. Abbassò un attimo lo sguardo verso l'autoradio per mandare avanti di due canzoni, poi riprese le sue osservazioni. Finalmente un'anima viva, anzi, tre.

Erano due uomini, di spalle, e una ragazza, in mezzo. Parlavano in modo tranquillo. Dopo i fatti che accaddero quella sera i due furono fermati quasi subito, e Tommaso si ritrovò in un commissariato di polizia come testimone oculare di un omicidio.

Il verbale firmato da Tommaso e controfirmato parola per parola durante il processo riporta oggettivamente tutti gli eventi.

"Io Tommaso G., nato..., ero fermo in macchina quando vidi due uomini e una donna. Erano tutti e tre di spalle e camminavano tranquillamente discutendo in modo che a me sembrava sereno"

"Sa descrivere le tre persone?"

"Gli uomini erano di spalle, altezza media entrambi, vestivano di scuro, questo è quello che ricordo. La donna invece un vestito chiaro, capelli lunghi lisci"

"Cosa vide poi?"

"Parlavano, dicevo. D'un tratto, senza nessun indizio premonitore, l'uomo sulla destra sollevò la donna e la gettò giù dalla ringhiera. Sentii un urlo e poi un botto. In principio ebbi

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: paolo molteni



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

Racconti gialliQuesta sezione contiene storie e racconti gialli, racconti polizieschi, di indagini e di crimini