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Racconti gialli

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Nel nome del padre (Quinta parte)

La ragazza emise un mugolio. Cominciava a svegliarsi.
Goffredo controllò il proprio orologio, impaziente, e diede uno sguardo alla strada attraverso la finestra della camera da letto. Lentini doveva essere già lì, eppure non c'era. Che fosse stato trattenuto a lavoro da quella zelante collega? Possibile, invece, che il suo messaggio non fosse stato abbastanza invitante ed esplicito?
Quando l'aveva inviato si trovava già vicino a casa della giovane poliziotta, tuttavia si era affrettato temendo di non terminare per tempo il lavoro. Le aveva somministrato un anestetico e l'aveva portata a casa sorreggendola come se fosse ubriaca o stanca, per non dare troppo nell'occhio, poi era tornato alla piccola motonave per prendere quanto gli occorreva per punire l'ispettore e la vittima della sua lussuria.
Una volta in casa, l'aveva portata in bagno e denudata, poi aveva strappato la tenda della doccia e prelevato tutti gli anelli di metallo che la reggevano. Uno ad uno li aveva aperti, appuntiti con un trapano ed infilzati sotto la pelle candida e profumata della ragazza, facendone sprizzare sangue ogni volta, poi li aveva richiusi aiutandosi con una pinza. Lei non aveva emesso un suono né provato dolore, poiché l'anestetico era sufficiente a farla dormire fino all'arrivo di Lentini. Lui, intanto, aveva canticchiato, per tutto il tempo aveva intonato la filastrocca col nome della giovane senza mai smettere di sorridere.
Terminato il lavoro con gli anelli, aveva praticato due fori a distanza nel soffitto e due nel pavimento, poi nei fori aveva avvitato dei ganci robusti. Tagliata una cima in quattro spezzoni, aveva legato polsi e caviglie della vittima e l'aveva issata per assicurarla al soffitto, infine aveva agganciato gli altri due pezzi della cima ai ganci nel pavimento per tenderle le gambe.
Irritato per l'imprevisto ritardo del peccatore, Goffredo entrò in bagno per controllare ancora una volta la ragazza ed il meccanismo approntato. Mille rivoli di

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La morte allunga il passo. (prima parte)

Diffidate di chi si vanta
di saper leggere la mano.
Soprattutto se non rispetta
la punteggiatura.




Stava lì rilassato, seduto su una sedia basculante, piedi a formare una specie di vu, sulla vecchia e malandata scrivania. Fissava le macchie di precoce senilità sulle mani. Poi, percorrendo con lo sguardo le lunghe gambe, arrivò alle scarpe e si fermò, con un pizzico di vanità, ad ammirarle. Indossava un paio di Alden Diplomat nere che odoravano di cuoio. Pagate diciotto e cinquanta in un negozio della Quinta strada.

Mentre era tutto concentrato su quell'oggetto di desiderio ormai realizzato, una fitta pioggia scendeva sui vetri della grande finestra, seguendo percorsi imprevedibili.
Stette così per tre buoni quarti d'ora. Chi lo avesse visto spostare lentamente i piedi qua e là, scrutare ammirato ogni dettaglio delle calzature per tutto quel tempo, esibirsi in quel repertorio di espressioni con occhi, sopracciglia, naso e smorfie della bocca, sarebbe stato pienamente autorizzato a pensare si trattasse di un alienato di mente. Solo se avesse prestato attenzione alla targhetta sulla porta avrebbe potuto ricredersi: Ted Sullivan, Special Investigator. The best nose in town since 1940. Avrebbe afferrato il perché di quell'atteggiamento concentrato ad analizzare ogni più piccolo dettaglio. Che rivelava quella innata propensione ad aguzzare vista e olfatto, tipica dei segugi di razza.

Il rumore della pioggia svanì a poco a poco, cedendo il passo ad un silenzio che conciliava il sonno. Proprio quando stava per cedere, il gracchiante e insistente drin drin del telefono lo richiamò all'appello.

- Ted Sullivan?...-
- Little Italy Chronicle! Sono la segretaria del direttore... il signor Mulligan vorrebbe incontrarla.-
- Un momento che controllo l'agenda... vediamo...-
- No, guardi, vorrebbe vederla subito... la cosa è urgente!-
- Baciami il...-
- Come?!!-
- no, no è un intercalare... mi scusi... la forza dell'abitudine...-
- dovrei spo

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Chiavi & misteri

Questo racconto è nato per una nota manifestazione bresciana riguardante il giallo, e l'anno con cui ho partecipato al concorso per le scuole "A qualcuno piace giallo" i testi da presentare dovevano presentare i personaggi o stili del romanzo giallo tipico di Agatha Christie.

Io ho deciso di far vivere il mio racconto ai suoi 2 personaggi meno noti... i coniugi Beresford magari meno soprendenti di Ercule Poirot o Miss Marple ma ugualmente intelligenti ed interessanti, ora vi lascio alla lettura del mio:

CHIAVI & MISTERI

Personaggi:

Thomas (Tommy) e Prudence (Tuppence) Beresford:
Una simpatica coppia di coniugi investigatori inglesi.

Miss Helene Mahy:
Giornalista libera, residente a Toronto, da ormai 20 anni, negli ultimi mesi, si stava occupando di un articolo “scottante”.

Clarissa (Cle) Lake:
Psicologa d’origine irlandese, amica fidata di Miss Mahy e Mrs Beresford.

Ashley Lake:
Figlia adottiva di Clarissa Lake.

Lady e Miss Carson:
Madre e figlia.

Miss Mary Johnes:
Erpetologa francese, vicina di appartamento di Helene.

Mr. Jerome Dart:
Imprenditore

Mr. Jonathan (Jhonny) Dart:
Figlio di Jerome Dart.

Commissario Westall:
Un gigante buono, grande e grosso, dagli occhi di bambino.







C’è strana posta, oggi, per i coniugi Beresford.
Oltre alla solita posta, nella cassetta delle lettere, c’è una busta di carta azzurro-verde, con un non so che d’infantile. Sembra che faccia parte di uno di quei set che si regala ai bambini, di carta colorata, magari con qualche decoro o disegno, come alcune di quelle buste in cui si mettono le cartoline d’auguri…
La lettera viene da molto lontano. Ha attraversato l’Atlantico, per arrivare lì da loro. Viene da Toronto, in Canada, ed è indirizzata alla signora Beresford.
Albert, il domestico di famiglia, ha raccolto da poco la posta e ora la sta portando alla coppia. Andiamo a vedere cosa succederà…

I P

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Un amore che fa male

La mia vita è un film a lungometraggio, ogni giorno entro in scena con una nuova parte da recitare. Questo copione che mi ritrovo ha delle battute non sempre uguali, né veritiere, a volte finte a volte possono sembrare vere, tutte parti che devo imparare a recitare con convinzione, ma sarà poi così? Vediamo un po'.. Questa è una storia come tante, che può sembrare bella o brutta, oppure lasciare al lettore una dolce tenerezza o amaro fastidio. Non lo so. Ciò di cui sono certa è che si tratta di una storia la cui narrazione mi ha fatto scendere le lacrime... I protagonisti della storia immaginaria sono Ilaria, Oleandro ed i genitori colpevoli a loro volta della loro figlia.
In una città del sud d'Italia, viveva una ragazza di nome Irma, che come molte sue coetanee sogna di diventare qualcuno. La sua maggiore paura è quella di finire come una compagna di scuola che, a soli sedici anni, ha dovuto abbandonare gli studi per svolgere il ruolo della baby prostituta.. Sì avete letto bene baby prostituta. Il suo timore era anche dovuto dalla presenza del compagno della madre, che ogni volta che la guardava nei suoi occhi scorgeva sensazioni libidinose, spesso le guardava il seno o il sedere, con molta soddisfazione. Irma è una ragazza per bene amava studiare, tanto da desiderare di diventare in futuro un magistrato. Questa sua voglia la spinge a frequentare poco le sue coetanee e a dedicarsi molto allo studio. Tuttavia solo una persona riesce ad entrarle nel cuore, il suo compagno di banco Oleandro, il quale condivide lo stesso sogno di diventare magistrato . I due non solo si amavano ma entrambi si aiutavano negli studi. Oleandro era bravissimo in inglese ma pessimo nella matematica. Aiutava spesso nelle traduzioni d'inglese Irma visto che lei, aveva molte difficoltà nello scritto e nella pronuncia, viceversa lei aiutava lui nella matematica. Tra loro due c'era un intesa forte ed unica, un amore costruito e proiettato verso un futuro. Parl

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   4 commenti     di: Giulia Gabbia


Un Natale all'insegna del giallo

Era la mattina del giorno che precedeva il Natale e l’orologio posto sul campanile della chiesa batteva le dieci. Il paese era ricoperto da una coltre di neve e una fitta nevicata rendeva il paesaggio di un candido splendore. Tutto era pronto, in questo piccolo abitato del Trentino, per festeggiare al meglio la festività. Tutti erano indaffarati ad ultimare gli acquisti dei regali per parenti ed amici e per rifornirsi degli ingredienti mancanti per preparare il tradizionale pranzo.
Tullio, un uomo alto e magro dall’espressione sempre seria, si muoveva per le vie della zona con passo svelto, ma il suo sguardo investigativo non sorvolava un particolare di quella fredda mattina. Notò qualcosa di strano in Giorgio, il commesso della farmacia. Narcisa, la moglie del titolare del punto vendita in cui Giorgio stava entrando, osservava tutto e tutti e comprese immediatamente le intenzioni dell’investigatore. Lo fece entrare da un ingresso laterale e lo lasciò pedinare. Lui si avvicinò scaltro all’indiziato e lo seguì. Tullio era noto ai compaesani per la sua fama d’investigatore, dato che aveva avuto l’occasione di partecipare ad importanti indagini e per questo motivo, era invidiato ma anche rispettato dagli abitanti del posto.
Giorgio terminò gli acquisti, uscì e ricevette una telefonata da una guardia forestale. Il nostro protagonista riuscì ad origliare la conversazione e grazie a ciò che aveva udito, impostò le indagini. Tullio indossava una giacca a vento blu, un paio di pantaloni neri e calzava delle scarpe doposci. In quel momento, Giorgio si girò di scatto, ma il nostro investigatore, più furbo, si nascose con uno scatto felino sotto il portico della casa contigua, come un gatto che fugge da un feroce cane che lo rincorre. Intanto, iniziò a pensare sul da farsi per sventare l’omicidio che si sarebbe compiuto, da lì a poco, all’alba del giorno seguente sulla piccola pista sciistica di Andalo, questo era quello che aveva potuto sent

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Penny è volata dal tetto. (Cap 1)

Cap 1.
Fuori.
Freddo.
Cazzo se fa freddo ‘sta sera.
Le macchine passano con violenza. I semafori si colmano e si svuotano di bare metalliche piene di fretta, come clessidre continuamente rigirate.
Fari illuminano squarci di notte davanti alla stazione.
Cazzo se fa freddo.
Le strade sono invase da una nebbia squallida che sale dal fiume.
La via dello shopping di natale sbocca in faccia alla stazione. Coppie, a decine, arrivano, girano di boa cambiando marciapiede e ritornano verso il centro illuminato e festoso, concedendo un unico sguardo preoccupato alla stazione e alle ombre che si aggirano nei suoi pressi.
La stazione è una triste, bella dama, incappottata da impalcature metalliche e teloni, che pubblicizzano la nuova millaccessoriata utilitaria del momento, a guardarla sembra una ferrari, a guidarla probabilmente sembra una scatola d tonno col motore. La grande dama che inghiotte treni e sputa umani affrettati, spaesati, speranzosi, stanchi, è dal chirurgo per la ristrutturazione.
Verranno grandi eventi e la città deve mostrare il suo volto migliore.
Si pulirà la putrida fontana, si netteranno i vomiti dalle strade e le cacche di cane, si chiederà agli immigrati, clandestini e non, di andare a rattristare l’ambiente centro metri più in la, dove non saranno in vista.
Attraverso l’antro della stazione e via della disperazion, ed entro nella casba.
Devo aspettare Sandro davanti alla pizzeria rumena: pizza e polli arrosto. La pizza sa di pollo e il pollo sa di pizza. Meraviglia dell’integrazione etnica: proprietario italo rumeno, commessa slava, pizzaioli a turno: marocchino, rumeno, bielorusso.
Pizza in the world.
Gira in automatico il girarrosto, con lenta malinconia espone sulla pubblica via culi e cosce di polli crudi, appena rosolati, o croccantemente girarrostati.
“Fumo?”
“no grazie”
“Caramello?”
“no, grazie”
“zero zero? roba buona”
“no, grazie”.
I piccoli spacciatori ti ronzano attorno come mo

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   3 commenti     di: Umberto Briacco


Escursione fatale

In un paesino di poche anime e tante vacche, circondato da paesaggi da favola, la mattina le valli, erano immerse nella nebbia. Era una domenica di ottobre, quando io e i miei ragazzi decidemmo di trascorrere una settimana in montagna, nel periodo in cui, il bosco, stanco del suo verde, ama screziarsi tra il rosso e il giallo. Sulla cima dei monti la prima neve e in giro, creature impegnate a vivere. Mimetizzato il capanno, dove eravamo nascosti iniziammo a studiare la natura. Ad un tiro di schioppo, la grotta dell'orso. La natura incontaminata ci offriva scenari di inaudita bellezza e con calma olimpica, ne catturavo i colori che, simili a note dell'anima, sapevo disegnare sulla tela. L'aspra bellezza del posto e il silenzioso mormorio del ruscello mi davano una calma interiore e grande rilassatezza. Avevamo appena iniziato a dipingere lo spettacolare tramonto, quando udimmo uno sparo. Lasciammo tutto e siamo corsi fuori dal capanno. La brezza disegnò alcune strisce nel blu profondo del cielo notturno. Si sentivano gli animali tutti intorno ed era impossibile distinguerli l'uno dall'altro, ed era impossibile anche solo tentare di attribuire un verso ad una figura, ad una fisionomia. Rapiti dalla curiosità iniziammo a camminare lungo su quel sentiero buio per la vegetazione ed accidentato: soltanto qualche debole raggio di luce riusciva a trapelare fra la fitta macchia di lecci e corbezzoli. Sentimmo in lontananza un fruscio di passi. Avanzammo a passi lenti, immergendoci sempre più in una natura fiabesca e ancora vergine. Un piccolo mondo dove ogni cosa pareva disposta secondo l'ordine di un abile creatore: di là un grosso ragno tesseva pazientemente la sua tela fra gli arbusti, dall'alto di un tronco contorto una ghiandaia infrangeva il silenzio con dei rauchi richiami mentre una leggera brezza accarezzava le foglie sprigionando il profumo soave dell'autunno. Talvolta il bosco infonde un senso di libertà tale da farci desiderare di trascorrere il resto della

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   0 commenti     di: maurizio



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