Venerdì 25 febbraio ore 9, 00
Ho controllato il nostro casellario giudiziario e l’uomo denominato vittima numero due non risulta essere schedato. ?"affermò Gordon- Scoprirne l’identità non sarà semplice neanche per te caro Parker.”
“Può darsi che tu abbia ragione, ma potrebbe anche essere più facile di quanto tu possa credere.”
“Cosa intendi dire?”
“Vedi, mio buon amico, il fatto che quell’uomo sia stato trovato morto nel palazzo di Hunter, non indica necessariamente che l’autore del delitto debba essere il maestro, ma prova senz’altro che i due si conoscevano. Tuttavia se vuoi la mia opinione, credo che la cosiddetta vittima numero due sia la stessa persona vista dal custode salire da Hunter prima che quest’ultimo sparisse. Supponiamo che Hunter avesse un movente che lo avesse indotto ad ucciderlo, supponiamo anche che non vi era alcuna premeditazione. L’uomo si presenta senza preavviso a casa del maestro, entra nella sua casa e qualche minuto dopo scoppia un violento diverbio, Hunter perde il controllo e con il primo oggetto che gli capita sottomano sferra, senza misurarne la violenza, il colpo fatale. A questo punto, resosi conto di ciò che ha fatto, cade in una totale confusione, non vuole chiamare la polizia, forse non può. Inizia a fare cose senza senso. Per prima cerca di far sparire ogni traccia della visita dello sconosciuto pulendo le sue impronte sia dall’appartamento che dal ballatoio, poi cancella la stella che l’uomo, chissà perché, aveva disegnato sulla sua porta quindi indossa il mantello del malcapitato inclusi sciarpa cappello ed occhiali scuri. Esce dal palazzo e passando davanti alla guardiola saluta il custode che non si accorge del travestimento. Una volta in strada si libera del travestimento e si reca a teatro. Con insospettabile sangue freddo dirige la sua orchestra. Chi mai potrebbe sospettare che ha appena commesso un omicidio e che la vittima è chiusa nel suo appartamento? Du
La mia vita è un film a lungometraggio, ogni giorno entro in scena con una nuova parte da recitare. Questo copione che mi ritrovo ha delle battute non sempre uguali, né veritiere, a volte finte a volte possono sembrare vere, tutte parti che devo imparare a recitare con convinzione, ma sarà poi così? Vediamo un po'.. Questa è una storia come tante, che può sembrare bella o brutta, oppure lasciare al lettore una dolce tenerezza o amaro fastidio. Non lo so. Ciò di cui sono certa è che si tratta di una storia la cui narrazione mi ha fatto scendere le lacrime... I protagonisti della storia immaginaria sono Ilaria, Oleandro ed i genitori colpevoli a loro volta della loro figlia.
In una città del sud d'Italia, viveva una ragazza di nome Irma, che come molte sue coetanee sogna di diventare qualcuno. La sua maggiore paura è quella di finire come una compagna di scuola che, a soli sedici anni, ha dovuto abbandonare gli studi per svolgere il ruolo della baby prostituta.. Sì avete letto bene baby prostituta. Il suo timore era anche dovuto dalla presenza del compagno della madre, che ogni volta che la guardava nei suoi occhi scorgeva sensazioni libidinose, spesso le guardava il seno o il sedere, con molta soddisfazione. Irma è una ragazza per bene amava studiare, tanto da desiderare di diventare in futuro un magistrato. Questa sua voglia la spinge a frequentare poco le sue coetanee e a dedicarsi molto allo studio. Tuttavia solo una persona riesce ad entrarle nel cuore, il suo compagno di banco Oleandro, il quale condivide lo stesso sogno di diventare magistrato . I due non solo si amavano ma entrambi si aiutavano negli studi. Oleandro era bravissimo in inglese ma pessimo nella matematica. Aiutava spesso nelle traduzioni d'inglese Irma visto che lei, aveva molte difficoltà nello scritto e nella pronuncia, viceversa lei aiutava lui nella matematica. Tra loro due c'era un intesa forte ed unica, un amore costruito e proiettato verso un futuro. Parl
Mentre si dirigeva in bagno, vide una striscia rossa provenire da sotto la porta. La ragazza tremava e respirava a fatica. Non sapeva cosa fare, e decise di aprire. La finestra era spalancata.
Poi il suo sguardo si fissò sull'immagine del corpo di Marta riverso a terra, col cranio fratturato. Il pavimento era stracolmo di sangue. Avanzò ulteriormente, ma le mancò il fiato per gridare. Sgranò gli occhi e d'istinto le si fiondò vicino, si mise sulle ginocchia e l'attirò a sé, macchiandosi di sangue capelli e indumenti.
Poi udì una voce provenire dal fondo del corridoio.
"Leslie, Marta tesoro, dove siete?"
"A... aiuto. Ti prego..." sillabò.
Non riusciva a parlare. Era come se la gola le si fosse seccata d'un tratto e la voce fosse scomparsa.
La madre di Marta le stava chiamando. Quando arrivò sul ciglio della porta, cominciò ad urlare, e il grido le venne fuori dalla bocca come un suono stridulo e fastidioso.
Mi svegliai di soprassalto nel letto. Sudavo freddo e avevo difficoltà a respirare. Mi guardai in giro e mi assicurai del posto in cui mi trovavo. Feci mente locale pensando: "Sono Leslie Portato, ho trentacinque anni, sono nell'anno 2016, abito in Liguria, lavoro all'ufficio postale del paese."
Quando mi bastò per rendermi conto di essere al presente, socchiusi gli occhi e deglutii. Avevo ancora quegli incubi, non se n'erano andati, neanche dopo quindici anni. Probabilmente non se ne sarebbero mai andati.
Mi alzai e guardai il display del cellulare: erano le tre del mattino.
Andai in cucina e recuperai un bicchiere d'acqua. Poi mi chinai sul lavabo e mi tamponai la fronte e le gote. Dal bagno recuperai un panno e mi asciugai la vita e il collo sudati.
Infine mi rimisi nel letto cercando di riprendere sonno ed essere pronta per affrontare un viaggio che il giorno seguente mi avrebbe ricondotta, una seconda volta, nel mio incubo personale.
Chiusi gli occhi nel tentativo di pensare ad altro, ma l'unica cosa che riuscii a focalizzare, fu
Commissariato. Convocazione urgente. Presentarsi il prima possibile. Importanti comunicazioni. Cosa potevano mai volere da me i poliziotti? Da me, tranquilla casalinga vicina agli anta, la cui massima trasgressione è stata fumare un po' di erba ai tempi dell'università. Doveva esserci un errore, si, uno scambio di persona, un caso di omonimia. Dopotutto era comprensibile che gli impavidi paladini dell'ordine e della giustizia fossero alquanto confusi in quel periodo, con quella faccenda del serial killer, con tutta l'attenzione nazionale concentrata in una cittadina nella quale, fino a quel momento, i poliziotti non avevano dovuto fare molto di più che le multe alle auto parcheggiate in doppia fila. Eppure il diavolo sembrava aver scelto quell'ultimo angolo di paradiso come tenuta di caccia, e si stava dando anche parecchio da fare: in poco più di un anno aveva completamente distrutto tre famiglie, madre, padre, figli e nonni, quando ce n'erano. Quello che aveva colpito in quei delitti, oltre naturalmente alla loro particolare efferatezza (le vittime erano state fatte a pezzi con una grossa lama, forse un'ascia o un macete), era quello che il maniaco aveva fatto poi nelle case: abbassava tutte le tapparelle, dalla soffitta alla cantina e rompeva tutte le lampadine presenti nelle abitazioni. Eliminava tutte le possibili fonti di luce all'interno delle case. I rilievi della Polizia avevano assodato senza ombra di dubbio che svolgeva quelle operazioni dopo aver mietuto le sue vittime, e non prima, introducendosi nelle case durante la loro assenza per poi colpirli. Una volta trovò un lucernaio che dava su un sottotetto, naturalmente era privo di tapparelle, ed allora che cosa aveva fatto il mostro? Era sceso in cantina, aveva fatto a pezzi uno scatolone e con il cartone aveva coperto totalmente il vetro zigrinato, perdendo Dio solo sa quanto tempo nell'operazione, quando la cosa più sensata da fare sarebbe stata lasciare la casa al più presto. Il killer sembrava
[continua a leggere...]"Ho tralasciato il meglio." concluse piatto, nascondendo il suo volto incartapecorito dietro una piccola nube di fumo bluastro.
"Ma ti avevo pregato di essere esauriente e dettagliato." incalzò supplichevole Mara.
"Lo sono stato, Mara. Ma non puoi pretendere che ti si dica tutto, fin nei più turpi dettagli." rispose spazientito il dottor Miguel. Erano anni che si davano del tu, nonostante lo scomodo ruolo di analista lui, paziente lei. Ma c'era da aspettarselo. Una nevrotica con manie ossessivo-compulsive non badava alla diplomazia. In un pomeriggio di novembre l'aveva vista entrare nello studio vestita in modo impeccabile, cominciando a dialogare con termini che di solito non utilizzava. Un vocabolario forbito e totalmente privo di accento. Allora il dottor Miguel aveva capito. Non si trattava solo di una nevrotica, ma di una nevrotica con disturbo della personalità. Una doppia personalità.
Mara prese a torcersi le mani, respirando affannosamente. "Continui a mentirmi. Continui a farlo come se fossi una povera stupida!" gridò scagliandogli addosso un cuscino. Il dottor Miguel agguantò l'oggetto e lo ripose ai suoi piedi, senza scomporsi. "Se me ne dai la possibilità, Mara, ti dirò altro. Ma dovrai pazientare fino al prossimo incontro."
"Non voglio aspettare, lasciami dormire qui. A casa c'è troppo rumore." il tono di voce di Mara era sempre più patetico.
"Quale rumore? Non vivi da sola?" domandò il dottor Miguel cominciando ad annotare qualcosa sul suo taccuino nero.
"Li sento grattare con le loro unghie. Lo fanno sempre. Usano le unghie perché..." il respiro si spezzò. Mara alzò lo sguardo sbiadito su quello severo del dottore.
"Perché...? Avanti Mara. Se mi dirai tutto, io continuerò a raccontarti dell'accaduto" forse era quello che voleva. Forse era ancora abbastanza acuta da riscattare la propria curiosità.
"Non ho mangiato anche quelle, le ho strappate loro prima di mangiarli. Perciò possono usare solo quel
Ogni notte me lo sogno... ogni sacrosanta notte!
Mi chiamo Fabrizio Annunziata e ormai ho 30 anni... diciamo che sono giunto a metà della mia vita senza concludere nulla di buono... ora come ora mi guadagno da vivere facendo le pizze... non guadagno tantissimo ma nemmeno pochissimo... ma ciò mi basta visto che serve solo per me.
Sono solo... come sempre... come in tutta la mia vita lo sono sempre stato!
Ma da qualche giorno... ogni notte lo sogno... sogno di avere un figlio... ogni notte lo vedo vivere!
E credo che in questi sogni qualcosa di vero è nascosto. Devo capire cosa mi sta succedendo!
-Purtroppo nei miei sogni la sua faccia è oscurata... non riesco a vederla... comunque dal corpo è abbastanza cresciuto... infatti nei miei sogni sembra che viva in casa senza nessuno!-. Il mio psichiatra di fiducia mi guarda con una faccia strana... mi crede pazzo... eh... ma devo pur parlare con qualcuno non posso parlare sempre da solo come un idiota. So benissimo che non mi vuole sentire... ma io lo pago da anni... e deve fare il suo lavoro!!!
-Si rende conto che è solo un sogno?-
-Si che me ne rendo conto!!! Ma me lo sogno tutte le notti... qualcosa di vero ci deve essere!!! Io credo davvero di avere un figlio da qualche parte... io ogni notte lo vedo... anche se non riesco a vederlo in faccia... vedo quello che fa... come vive la sua vita... vedo che anche lui come me ha la passione di scrivere... vedo che come me anche lui scrive al pc miliardi di racconti! E chissà quante altre cose avremo in comune! Chissà se anche lui mi sogna! Chissà se anche lui ogni notte nei sogni mi vede vivere! Vede vivere suo padre!!! Devo capire dove sta mio figlio... io sono sicuro di averne uno... me lo sento... quei sogni sono troppo veri!-
Il dottor Rossini fa un sospirone...
-Ascolti Fabrizio... lei non può avere un figlio... se ne facci una ragione! Come lei stesso mi ha detto! Lei è vergine... e non solo quello... lei non ha mai baciato una donna in vita sua!!!
Prese con calma la mira, inquadrò bene l'obiettivo, poi spinse il dito.
La vittima si dibatté un attimo, poi cadde a terra rantolante.
L'uomo non tradiva nessuna emozione, o forse un senso di soddisfazione era lasciato trapelare dai suoi occhi, niente più di un guizzo, una luce rapida come il flash di un fotografo.
Si guardò intorno e riarmò.
Fra sé pensava e quasi si diceva "E ora la prossima. Niente di più facile. Un lavoro semplice, ma necessario. Una bella ripulita da questa marmaglia che ci assedia ogni giorno. Arrivano a centinaia, ma che dico, a migliaia, e nessuno fa niente per arrestare questo flusso. Il cittadino deve difendersi da sé, perché lo stato non se ne cura."
Un altro colpo, un'altra vittima.
"Quasi mi diverto, anche se ammetto che la soddisfazione scemerà presto, perché per oggi il problema è risolto, ma domani domani si ripresenterà.
E se non ci sono io che faccio qualche cosa, che do il buon esempio, tutto passerebbe nell'indifferenza. Si lamentano, sopportano, i pecoroni, ma non alzano un dito."
Riarmò, spinse il dito ed ecco un'altra dibattersi negli spasimi dell'agonia.
"A volte mi domando il perché di questo lassismo, questo sopportare e non cercare di rimediare. Sembra che tutti dicano: ci sono, altre ne arriveranno ancora, è impossibile porvi rimedio.
Questo modo di ragionare è tipico degli smidollati, gente senza nerbo, esseri amorfi, pronti a criticare, ma quando è il momento di agire preferiscono ritornare nell'ombra."
Un altro colpo, un'altra vittima.
"Certo che non fa piacere sporcarsi le mani, ma prima o poi bisogna pur farlo. Che civiltà è mai la nostra se subisce passivamente queste quotidiane aggressioni, questo ripetuto fastidio che avvelena l'animo?"
Si sposto all'altra finestra della stanza, scrutò i vetri: fuori c'era il massimo silenzio, come in casa, e le vittime ignare del loro destino continuavano la vita di tutti i giorni, come se nulla fosse accaduto.
Riarmò, un altro colp
Questa sezione contiene storie e racconti gialli, racconti polizieschi, di indagini e di crimini