Korti, Sudan, 1888
- Possiamo rischiare la traversata?
Sean McLean stava ritto sulla gobba del cammello e osservava l'arabo pochi metri più avanti. Zahli era seduto con le gambe incrociate sul lungo tappeto di stuoia che aveva disteso sulla sabbia fresca del mattino. Anche se l'uomo non aveva risposto subito alla sua domanda, Sean sapeva che stava meditando proprio per potergli dare una risposta precisa. Il mattino non aveva ancora strappato tutti i brandelli di oscurità dalle dune sabbiose del deserto e alle loro spalle la piccola città di Korti era solo un ammasso nero contro il lucore opaco del cielo. Il placido Nilo scorreva a un centinaio di passi sulla loro sinistra e Sean poteva sentire la brezza che soffiava docile attraverso i canneti che cingevano la riva del grande fiume: l'ultimo assaggio di vegetazione per decine di miglia.
Sean avrebbe preferito costeggiare la riva del grande Bahr el-gebel, così il Nilo era chiamato dalle popolazioni indigene, ma la battaglia che si svolgeva più a Sud tra gli uomini del Mahdi e gli inglesi rendeva quel percorso troppo pericoloso. Le ultime notizie parlavano di un esercito di rinforzo pronto a raggiungere Khartum, assediata dagli uomini del predicatore islamico, il Mahdi. Sean era un fiero appartenente del glorioso impero britannico, ma sicuramente incrociare l'esercito imperiale poteva creare qualche problema e il suo viaggio ne sarebbe risultato compromesso. Doveva muoversi con rapidità ed evitare il più possibile gli effetti di quella sanguinosa guerra. In quel frangente la rapidità si trasformava in oro sonante e non voleva rinunciare a nemmeno un grammo della ricompensa. Avrebbe sì raggiunto Khartum, ma seguendo la via della morte, attraverso il temibile serir, il deserto di sassi. Si sarebbe avvicinato alla città del Mahdi, Omdurman, per poi attraversare il Nilo solo all'ultimo istante.
- Sarà un viaggio difficile e mortale, mio signore - disse alla fine il saggio Zahli. Alzò la testa e puntò l
Era la prima volta che Todd andava al cimitero dopo la morte di suo nonno. Non che non fosse mai andato a trovare i suoi cari morti, ma il cimitero "Big Dig" era sempre stato un enigma per l'adolescente fino ad allora: tutti i parenti deceduti abitavano in un'altra città da dove abitava Todd. L'unico parente ( a parte i genitori) ad abitare col ragazzo era il buon vecchio nonno Tom.
Todd stava per andarsene dal cimitero, aveva appena lasciato un mazzo di fiori sulla tomba del nonno quando si imbatté in una figura inquietante: " ragazzo! Devi andare alla polizia! Sei la mia unica speranza! Digli di fare un salto qui entro stasera! Fallo ragazzo!", ma in quel momento arrivò il padre di Todd:
" oh salve signor Finnigan! Ha conosciuto mio figlio Todd. Ora dobbiamo rincasare mi scusi". Nel tragitto verso casa, il padre di Todd spiegò al ragazzo che quel tizio strano e sporco, non era nient' altro che il custode del cimitero: " gli manca qualche rotella. È da giorni che tormenta la gente e vuole che la polizia vada a controllare il cimitero. Poverino è ora che lo mettano in un ricovero".
Todd stava facendo i suoi compiti di matematica per il giorno seguente, non pensava più al signor Finnigan ormai da ore. Erano le 23: 02 e Todd si sentì stanco: decise di andare in bagno per poi andare a dormire.
Si stava lavando la faccia il ragazzo, la rialzò per asciugarsi... ebbe un sussulto. In quella frazione di secondo in cui appoggiò lo sguardo sul suo riflesso nello specchio, era quasi sicuro di non essere lui. Con cautela tolse la faccia dall'asciugamano e si posizionò in modo da riflettere il viso sullo specchio: "PICCOLO SCHIFOSO!!! TI AVEVO DETTO DI CHIAMARE LA POLIZIA!!!", Todd urlò terrorizzato, allo specchio era comparso il signor Finnigan decisamente incavolato. Il suo sguardo da 80enne era più stanco e scavato che mai, i capelli bianchi erano quasi completamente diradati, la pelle di uno sporco che non si riconosceva più la vera carna
Un giorno il mio amico è andato a pescare e io mi incammino lungo il sentiero dei campi sperando di incontrarlo da qualche parte.
L'aria è dolce e triste. Dopo le piogge di aprile il cielo appare come un velo d'argento. La primavera è una bellezza inconsapevole, come la giovinezza.
Grossi carri sfilano lentamente lasciando il profumo del fieno. Passo vicino a una casa gialla con enormi portici scuri. Qui tanto tempo fa abitavano otto sorelle.
Attraverso un ponticello sopra un piccolo fiume increspato di ondine che paiono migliaia di specchietti. L'acqua a tratti sembra argento fuso.
Oltre il ponte il frutteto è una festa di fiori. Cammino, e mi sembra di entrare in un mondo irreale fra alberi innevati di fiori rosa e bianchi.
Su una radura sorge un faggio secolare. Ha la corteccia incisa con iscrizioni d'amore e date, nomi. Provo a leggerne qualcuna. Ci sono sogni, ansie, desideri dietro queste brevi parole. Ci sono speranze, aspettative, illusioni...
Due cuori intrecciati con la scritta <<Paul e Diana 1950 per sempre>>. Avranno mantenuto la loro promessa d'amore? O non avranno voluto mantenerla? O non avranno potuto mantenerla?
Le parole <<Corinne ti amo>> e una data. É tutto quello che rimane a testimoniare storie d'amore meravigliose, ormai finite. Chissà se si saranno realizzate, probabilmente no.
A intervalli mi sembra di sentire un sospiro agitato fra risatine soffocate. Forse è solo il rumore del vento fra i rami.
L'amore, nella giovinezza, ha dimensioni smisurate. Poi col passare del tempo, quando questo bisogno d'amore si affievolisce diventiamo ottusi e non riusciamo più a ricordarlo, non riusciamo più a comprenderlo.
Lampi di luce, come riflessi di vetri, appaiono laggiù in mezzo ai fiori. Mi inoltro nel frutteto per scoprire di cosa si tratta ma non c'è proprio niente. Il sentiero si perde ondulando fino alla prossima curva chiusa dallo spumeggiare di soffice biancore.
La luce nel frutteto sembra aumentare di intensità forse a caus
FASCICOLO N. 23 ( PROGETTO BLUE BOOK)
FBI HEADQUARTER, WASHINGTON D. C.- 14 NOVEBRE 1988 Agente Spencer Rymer
Martedì 2 ottobre 1988, il sessantacinquenne Henry Miltz, scomparve misteriosamente mentre percorreva la statale A34, una strada periferica nei pressi di Bellefleur, nell'Oregon. La sua auto, una Ford Fiesta grigia, con la scritta NICE TO MEET YOU coreografata sul tettuccio di essa, venne trovata sul ciglio della strada dolcemente posteggiata vicino ad alcuni alberi. Al suo interno non venne rinvenuto nulla di anormale, e di strano c'era solamente la portiera del conducente aperta di pochi centimetri. Quel giorno, a testimoniare quella "improvvisa mancanza" del signor Miltz, c'era anche il mio collega, l'agente speciale Morris Colemann, che insieme a me rimase stupefatto di una così totale assenza di indizi che permettessero di trarre una prima ipotesi. A circa duecento metri dalla macchina, all'interno del bosco, e più precisamente in una radura chiamata DEEP GROVE, gli agenti di Bellefleur trovarono una sorte di macchia circolare che aveva letteralmente bruciato l'erba al suo interno.
Quando io e l'agente Colemann arrivammo sul posto, notammo anche noi la strana macchia su tre metri di diametro, e da subito, (in realtà la mattina seguente, poiché erano già le due di notte passate), allestimmo una zona di protezione, dove la scientifica del nostro dipartimento cercò chiarire una prima dinamica dell'accaduto. Una settimana dopo quello strano fatto, nessuno giunse ad una minima ipotesi che fosse in grado di spiegare la scomparsa di Henry Miltz, nemmeno grazie alle risposte che io e il mio collega ricevemmo dai parenti ed amici dell'uomo. Mailtz era stato un pluridecorato dalla marina, aveva lavorato come pilota collaudatore oltre che ad essere un esperto di missilistica. La sua residenza è stata verificata in Rusbery Road, Bellefleur, insieme alla moglie e ai due figli.
Il 4 novembre 1988, poco più di un mese dopo la scomparsa, un cicl
"Sorellina, non crederai mai a ciò che sto per dirti!" Max piombò nel piccolo salottino in preda all'euforia, facendola quasi sobbalzare per lo spavento.
"Che diavolo Max, vuoi farmi venire un accidente?" Lo rimproverò lei alzando gli occhi dal libro che aveva preso in mano da poco. Si trattava di Scheletri, una raccolta di racconti scritta dal suo autore preferito, Stephen King.
"Scusami tanto Vale, ma sono troppo contento." Non ci sarebbe neanche stato bisogno di dirlo, la ragazza lo notò dalla larghezza del suo sorriso e da una strana luce presente nelle sue iridi. "Ok, dimmi di che si tratta, ma che sia qualcosa di abbastanza serio da giustificare l'interruzione della mia lettura altrimenti per te saranno guai."
"Lo è sorellina, lo è. Stamattina il postino mi ha portato questa lettera," disse sventolandola per un attimo in aria. "L'ha scritta un notaio, il quale ci invita a raggiungerlo ad Aosta al più presto."
"Scusami un attimo, tutta questa euforia per un viaggio senza motivo ad Aosta? Ti ha dato di volta il cervello?"
"Fammi spiegare! Il motivo per cui dobbiamo andarci è semplice; un nostro zio è morto ed essendo noi gli unici parenti alla lontana rimasti, automaticamente siamo divenuti anche gli unici eredi."
L'atteggiamento di Valentina mutò completamente e anche a lei finalmente spuntò un sorriso che la rese incantevole. Non avevano un assoluto bisogno di soldi certo, ma un'eredità spuntata dal nulla era un sogno che avrebbe fatto gola a molti. La classica opportunità di dare la svolta ad una vita che, fino a quel momento non era stata per niente entusiasmante, soprattutto dopo la morte di entrambi i genitori in un incidente stradale.
"Davvero? Gli unici eredi?"
"Proprio così, dice che ha impiegato parecchio per scovarci nell'albero genealogico."
"Per caso accenna anche a cosa ci ha lasciato questo zio?"
"Non è molto specifico per quanto riguarda i soldi, ma lo è invece sulle proprietà."
"Avanti
“Shirley…tesoro, svegliati.. è ora di colazione”. Un raggio di sole entrò prepotentemente nella stanza centrandole in pieno il viso facendole perdere qualsiasi speranza di poter dormire un altro po’. La donna le carezzò amorevolmente la fronte e dopo averle dato un bacio, si avviò verso la cucina dalla quale proveniva un profumo paradisiaco che richiamava l’idea di una torta di mele.
Shirley si alzò e prima di avviarsi verso la cucina si voltò e guardò fuori dalla finestra quella che una volta era casa sua; erano passati diversi mesi da quella terribile notte e tuttavia con grande meraviglia di medici e psicologi, Shirley aveva superato molto velocemente lo shock di quella terribile ed inumana esperienza….. e si era affezionata molto rapidamente a questa donna che proprio quella notte l’aveva accolta in casa sua e che siccome viveva sola, aveva fatto richiesta di affidamento al tribunale dei minori, richiesta che era stata accettata. Quindi Shirley era ormai una figlia vera e propria per lei.
Arrivata l’ora di andare a scuola, Shirley prese la sua cartella e dopo aver dato un bacio alla sua “nuova mamma” uscì da casa e si diresse verso la fermata dell’autobus.
C’erano ad attenderlo assieme a lei una vecchina dall’aria mite, una donna probabilmente sulla quarantina e un ragazzo di colore. Come arrivò sotto la pensilina, la prima ed unica persona a salutarla fù proprio l’anziana signora. Shirley ricambiò senza però scomporsi più di tanto. In quel momento arrivò un autobus che però non era quello aspettato da loro, o meglio, non da tutti.
Difatti ci salì solo il ragazzo di colore e sotto la pensilina ci rimasero solo le tre donne. Una anziana, una giovane e una giovanissima.
Shirley sedeva proprio in mezzo. La vecchina la guardava con aria mite e dolce; quella bella ed innocente ragazzina aveva attirato parecchio la sua attenzione.
In quel mentre sopraggiunse un altro autobus, neanche stavolta quello atteso dalle
Eravamo una famiglia felice, eravamo, adesso non lo siamo più. Mio padre è morto quando avevo sei anni e da quel momento la mia vita è stata un incubo; adesso ho dieci anni ma le cose non sono cambiate. Mi presento, mi chiamo Justin e vivo con mia madre in un piccolo paesino.
Una sera stavo facendo i compiti nella mia stanza, sembrava tutto normale, ma ad un tratto sentii delle grida, corsi spaventato in cucina e vidi mia madre che piangendo veniva portata via dai poliziotti, uno di loro mi si avvicinò e mi disse: "andrai in un collegio, mi dispiace".
Salii in macchina ma solo dopo aver fatto i bagagli; presi la foto della mia famiglia e pensai " che bella famiglia che eravamo, adesso è tutto distrutto" mi scese una lacrima che andò a finire su di essa, proprio in quel momento nell'auto entrò un assistente sociale che prese la foto e me la strappò in mille pezzi mentre rideva ero infuriato ma non aprii bocca, forse per timore.
Dopo un ora di viaggio la macchina si fermò davanti ad un edificio immenso era in pietra, una pietra antica, con ben venti finestre divise in file da cinque, notai un piccolo particolare, le finestre erano chiuse con le sbarre, questo mi face molta paura e mi faceva pensare che in quelle stanze accadessero cose orribili! Mi incamminai verso l'entrata; li ad aspettarmi vi era un vecchio signore. Aveva la faccia sgorbia e gli mancava un occhio. Mi fece molta paura; tutto mi faceva paura. Il vecchio mi prese per il braccio e mi portò in una stanza dicendomi: " Questa è la tua schifosa stanza, stupido bambino ih ih ih... ci vediamo alle sette per la cena e vidi di essere puntuale e... stai attento ai fantasmi ih ih ih". Quella risata era aghiacciante e al solo sentire la parola fantasmi mi si gelò il sangue; mi girai e vidi dei bambini dietro di me a cui dissi: " fa-fa-fa fantasmi? Qui ci sono i fantasmi?" uno di loro mi rispose: " si! certo come no, qui è pieno di fantasmi. Buu!!" Io saltai sul letto dallo spavento e tutti si mise
Questa sezione contiene storie dell'orrore, racconti horror e sulla paura