La gallina del diavolo! La gallina del diavolo..." grida la donna entrando di corsa dalla cucina.
L'oste suo marito da dietro il bancone indaffarato a riempire i gotti di vino, cerca di minimizzare la faccenda:
"Macché diavolo, ma stai a vedere che dovremo far venire il prete adesso, solamente per una gallina..."
Ma la moglie, una grassona tutta agitata e sudata, non dà segno di volersi calmare:
"É indemoniata ti dico, Alan, non è una gallina come tutte le altre; ha fatto scappare il nostro cane, non è neppure una gallina quella..."
Il marito anche lui grasso e in più calvo seguita a brontolare sottovoce per calmarla:
"Ma che razza di discorsi vai a tirar fuori, sono assurdità, sciocchezze... Tu e i tuoi ragionamenti strampalati..."
L'osteria è piena di uomini tutti mezzi ubriachi che giocano a carte e discutono tra di loro, e nessuno, credo, fa attenzione a questo dialogo.
Io sono da poco entrato in questo locale basso e incatramato dal fumo delle lucerne e delle pipe. Mi faccio largo fra un gruppo di vecchi avventori avvicinandomi al grosso banco con il ripiano in granito.
La donna sta cuocendo i cotechini. Il camino ha poco tiraggio poiché c'è un gran vapore che si spande dall'acqua in ebollizione. Portacandele, sale e un macinino del caffè stanno sulla mensola.
"Che cosa ha di tanto strano, eh, questa gallina?" incomincio con tono rassicurante.
La donna si volta di scatto. É ancora sotto l'effetto di uno spavento subìto, lo si nota bene.
"Misericordia signore, c'è la gallina del diavolo nel nostro pollaio!"
"Ma cos'ha di tanto diverso dalle altre?" insisto a chiedere.
"Ha gli occhi rossi, come il fuoco. É cattiva. Non è né maschio né femmina, e aggredisce il nostro cane che ha paura."
"Oh questa poi! Non mi sembra possibile" dico per stimolarla a parlare.
"Le assicuro che è così signore, è proprio così. C'è il demonio le dico..."
E alla mia espressione di curiosità mista a incertezza prosegue: "Anzi, venga a vedere, venga
Sara continuò a singhiozzare. Sola, nell’oscurità, si rannichiò nel suo lettino con le sbarre di legno; era ancora piccola e sarebbe potuta cadere dormendo. Suo padre l’aveva spinta nel corridoio, facendo stridere le rotelline di plastica montate quello stesso sabato pomeriggio, dichiarando che lui e mamma volevano stare un po’ soli. Ma Sara non aveva inteso ragioni; aveva cominciato a piangere e i suoi avevano dato poca importanza alla cosa, prendendo quelle lacrime per degli stupidi capricci. E così, quella sera stessa, era stata messa nel corridoio, nonostante le sue proteste; era troppo piccola per poter esprimere il suo senso di angoscia e di terrore se non piangendo a dirotto. Come avrebbe potuto spiegare altrimenti, che, quando si resta da soli al buio, accadono cose spaventose, cose orrende e che, se non ci sono i tuoi genitori a proteggerti, possono farti del male, strisciando silenziosamente nell’oscurità e avvicinandosi sempre di più...
Stringendo il suo peluche bagnato dal pianto, Sara si addormentò. Si svegliò poco dopo, gli occhi ancora umidi, spalancati in un’espressione di sorpresa : da sotto la porta dell’ingresso filtrava un filo di luce bianca; dapprima tenue, poi sempre più intenso, fino ad illuminare il freddo pavimento di marmo. La piccola ora tremava, non riuscendo a fare altro che gemere sommessamente, mentre la porta si apriva con un sinistro cigolio: una luce abbagliante e poi più nulla.
Il mattino dopo i genitori di Sara, aprendo la porta della camera da letto, trovarono il lettino vuoto e il peluche sul pavimento; la porta era chiusa a doppia mandata e le chiavi erano sul tavolino dell’ingresso. Sconvolti, si precipitarono al telefono per chiamare la polizia, non notando neppure le screziature corvine, che si diramavano da sotto la porta, allungandosi verso il lettino come le nere braccia della morte.
IL CARILLON
Ero da solo, faceva freddo, fuori nevicava.
Guardavo fuori dalla finestra ed osservavo ogni singolo fiocco di neve che si posava silenziosamente sul davanzale.
Da più di un'ora fissavo inorridito ed allo stesso tempo terrorizzato il vecchio edificio che si ergeva quasi maestosamente sulla cima della collina Ackler.
Non avevo mai neanche pensato di volere varcare la soglia di quell'orrendo posto, il vecchio manicomio di St. Patrick; ricordo spiacevolmente gli eventi che mi avevano portato ad odiare questo edificio, che aveva anch'esso una parte nei miei tristi ricordi d'infanzia.
Io, Jhon Smith, vi narrerò come la follia può traumatizzare i deboli mentali, anche al punto di indurli a compiere azioni che nemmeno il peggiore dei diavoli penserebbe di fare.
2
Nacqui in una mattina buia e piovosa, il 13 febbraio di trent'anni fa.
Ovviamente la gente che mi stava attorno si accorse subito della mia enorme intelligenza, ma nessuno mai mi lodò, dovetti pensare a me stesso ed alla mia istruzione da solo. Tutti erano sempre occupati a lodare ed elogiare il mio fratello gemello, Markus, per il quale nutrivo profonda indifferenza, se non odio.
Markus nacque instabile mentalmente, soffriva di una lieve forma di schizofrenia.
Peggiorò quando avevamo circa 6 anni, i continui litigi tra i miei genitori turbavano la sua fragile mente, lasciando naturalmente indifferente me.
Ricordo ancora come se fosse ieri il giorno in cui i miei genitori vennero a mancare.
Era il giorno di Natale, Markus era molto estasiato e contento del regalo che aveva ricevuto, un carillon fatto interamente in legno di abete.
Mio fratello giocò per tutto il giorno con quell'affare che io trovavo orrendamente inutile, credevo fosse ridicolo che un ragazzo, ormai adolescente, giocasse ancora con aggeggi così infantili.
Si fece sera ed il cielo era più buio che mai, io e mio fratello andammo a letto dopo cena, come avveniva usualmente;l'idea di non dover sentire il suono de
(Un anno dopo)
Jacob e Siria erano seduti sul bordo del letto di Alys. La bambina dormiva, pareva quieta. Troppo quieta quella notte. Una delle tante. Una delle soliti notti dentro la quale i due genitori vegliavano sulla figlia. Alys aveva quasi 10 anni; il suo fisico era dimagrito di parecchi chili. C'erano state volte nelle quali tutto sembrava perduto.
Compresa la vita della loro amata bambina. Alys aveva passato gran parte di quell'anno tra un ospedale ed un altro. Silenziosa. Timida. Quasi rassegnata. O forse consapevole che il suo male davvero derivasse da altro ancora. Ed ancora. Ed ancora. Ed ancora.
Le palpebre di Jacob si abbassarono un attimo; poi un lieve sussulto della bambina riacutizzò la paura e le pupille del uomo si dilatarono. Siria le ascoltò la fronte con il palmo della mano. Alys scottava come ogni sera. Nessuna medicina era mai stata in grado di abbassare quella febbre. Giungeva rapida in pochi secondi; quasi sempre quando dormiva. Andava via improvvisamente come in un lampo, come era venuta. Come una battaglia che cessa di esistere; dopo il grande impeto iniziale; ed il campo dove si è combattuto adesso, aveva solo vittime da raccogliere.
Nel caso di Alys la vittima era il suo fragile corpo. Sempre più martoriato da ferite che apparivano improvvisamente per poi scomparire nello stesso modo.
Alys fu visitata dai migliori specialisti della zona. Sia dal punto di vista fisiologico che da quello presunto spirituale. Due preti pratici di esorcismo;
un vescovo, moltissimi dottori, psicologi, psichiatri; ma mai nessuno dopo il loro incontro con la bambina;seppe capire di che male si trattasse.
Jacob e sua moglie erano convinti che la possessione era da escludere.
Primo non credevano a certe cose anche se i fatti; le situazioni per come accadevano avevano un no so che di assurdo. Una notte Alys sputò del sangue sulla parete della cameretta. Siria osservò inorridita come quel sangue colando per la parete disegnò forme sconosciute e
In un pomeriggio grigio di autunno, passo in bicicletta vicino alla fattoria del mio amico Ambrose. Il muro di cinta della fattoria è basso e inclinato. Alcuni mattoni a mezzaluna sono caduti dalla cima. Poiché ho tempo, decido di fermarmi un poco per salutare il proprietario. Entro dal portone.
La casa è quattrocentesca, grande e tetra. Ha la porta ad arco di pietra, le inferriate panciute e un piccolo campanile lassù sul tetto.
Come entro in cucina incontro il signor Ambrose, massiccio come una quercia e altrettanto legnoso.
"Ehi signor Ambrose, passavo da queste parti e sono entrato per salutarla. Come sta?"
"Ah, i miei reumatismi. Non sono più quello di una volta! Adesso faccio fatica a salire le scale. A proposito, ho un favore da chiederti. Ecco. Prendi una candela e va giù in cantina a prendere quattro fiaschi di vino."
Per arrivare alla cantina bisogna attraversare alcune stanze magazzino rischiarate dalla luce grigia di alte finestre a nord. Ci sono sacchetti rotti di zolfo e un soffietto là per terra. Scansie con file di cipolle e aglio. Mucchi di spine tarlate, di tappi di sughero. Una ghiacciaia, un torchio per la pasta, macinino per caffè... Tutto sotto strati di polvere e ragnatele.
Arrivo a una scala con gradini di pietra e scendo fino a una pesante porta di legno con due catenacci. Tiro i catenacci e spingo mezza porta. Poi accendo la candela ed entro in cantina.
La cantina è oscura e tetra con il soffitto a volta di mattoni ammuffiti. Un po' di luce pallida cade giù da due finestrini a livello del suolo, oscurati da inferriate, grate e ragnatele.
Tenendo alta la candela accesa metto i piedi sul pavimento di terra, allagato al centro. Su bassi piedistalli lungo la parete c'è una fila di enormi tini. Per terra ammassate in disordine ci sono decine di botti, alcune sfasciate, e damigiane.
Mi avvicino a una scansia di legno con file di bottiglie e fiaschi. Tiro giù i fiaschi, due alla volta e li poso sul pavimento. Nel voltarmi ved
Era giovedì, per la precisione il terzo giovedì del mese e il cielo non prometteva nulla di buono. Dalla finestra vedevo brutti nuvoloni e cominciava anche a fare freddo, specialmente al mattino, fuori dal letto, e tutto ad un tratto, proprio in quel momento, mi sembrò che l'inverno fosse già arrivato, malgrado fosse da poco passata la metà di Settembre.
Seduto su una poltrona in pelle nera, decisamente comoda devo dire, guardavo fuori chiedendomi che cosa facessi in quel posto. Cercavo forse una giustificazione? Oppure una ragione da pescare nel mio passato di bambino per dare una spiegazione a certe cose?
"Vada pure avanti quando crede, signor Martino"
Proseguii il mio racconto con la vana speranza che forse questa volta avrei cavato un ragno dal buco, come si dice, cioè avrei capito forse qualcosa in più su di me, su come funzionasse (o non funzionasse) la mia testa.
"Eravamo arrivati al portico, era domenica e suo padre se ne stava."
" comodamente a leggere il giornale.." Continuai.
"C'è un bambino vero? È lei, è il piccolo Martino, o Marti, come di solito la chiamava sua mamma"
Non risposi.
Guardai fuori, attraverso la finestra e in un momento tutto fu avvolto da un bagliore giallognolo, mentre la voce del mio psicanalista mi arrivava attutita, stranamente ovattata, come ricoperta da un manto di neve.
"Allora lo vedi quel bambino? Non lo riconosci?"
Mi sembrò di tornare indietro negli anni, quando ogni tanto mio padre mi faceva vedere i filmini in bianco e nero che faceva a me o alla mamma. Adesso era come allora, immagini sbiadite su un lenzuolo che oscilla lentamente.
"Che cosa sta facendo?" Mi chiese a voce bassa.
Non riuscii ad aprir bocca, letteralmente incantato da quella visione. Percepivo solo la sua voce lontana come un eco.
"Secondo me è un bambino molto felice, non credi? Guarda come corre allegro nell'erba, con il sorriso sulle labbra e i capelli al vento. È una bella giornata, splende il sole e il cielo è azzur
Devo dirti una cosa Carlo, tu e la tua mania di comprare surgelati pronti in cinque minuti, non mi convince, è contro ogni regola su qualsiasi dieta da mantenere a tavola. Ma cosa dici cara, sono comodi, non hai il pensiero di star li ore in cucina eh... ma cosa ti lampeggia sulla fronte... Sulla fronte? Oddio che sarà mai!
Armida corre in bagno e lancia un urlo, ogni parte del suo corpo è lampeggiante, appaiono e scompaiono come degli strani piccoli tatuaggi, come piccoli led, con tanto di scritta e colori. Anche Aldo comincia a lampeggiare, è domenica chiamo subito la guardia medica. Pronto? Mia moglie è svenuta e io non mi sento bene..
. Si calmi signore, da dove chiama, bene, quali sintomi? Tatuaggi lampeggianti? Me ne può descrivere uno? No, non si preoccupi, mi dica, si... apare una scritta luminosa con il prodotto che avete mangiato ieri sera... si è una nuova sorta di campagna mediatica, se cambiate tipo di dieta, senza comprare surgelati, tutto passerà nel giro di un giorno.
Bevete molta acqua e riposo. Sicuri di non aver acquistato altri tipi di prodotti? Nel caso siano quelli della SIAMFRITTUS, allora vi suggeriso di andare al primo prontosoccorso a Voi vicino. Si per quelli ci vuole flebo... sono più invasivi... denunciarli?
Se legge bene sulla confezione sotto il codice a barrepiù piccoolino del numero sotto, c'è scritto: contiene tatuaggi lampeganti commestibili, non dannosi per la salute... tutto chiaro? Buona giornata. Armida trasformata in un peperone gigante, staccò con un morso la testa di Carlo. Altro che SIAMFRITTUS, avevan combrato la marca CANNIBALIS, a prezzo più conveniente.
Questa sezione contiene storie dell'orrore, racconti horror e sulla paura