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Racconti horror

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Tombe

Una volta al mese, per ordine di una vecchia zia, vado a pulire la tomba di famiglia nel piccolo cimitero di Rover.
È una giornata di settembre mentre percorro la stradina di campagna che porta al cimitero. Due vecchi intabarrati procedono lentamente. I gatti si scaldano al sole ormai basso. Lungo i fossi oscillano grandi fiori gialli.
Arrivato sulla tomba butto via i fiori secchi, cambio l'acqua e con uno strofinaccio incomincio a pulire le lastre di marmo.
Un tizio con la penna in mano sta davanti alla tomba vicina. È vestito di scuro e porta grossi occhiali da miope.
Spinto dalla curiosità, prima di andare via gli chiedo:
" Ha i suoi morti sepolti lì?"
"No, non ho nessuno. Io vengo qui solo per imparare..."
"Imparare che cosa? La brevità della vita?"
"Sì, ma non solo questo. Qui siamo vicini al mistero della morte..."
Fa una pausa prima di continuare: "Lei non si è mai chiesto dove va a finire la personalità dell'individuo: tutte le sue esperienze, le conoscenze, le emozioni, le sensazioni..."
"Finiscono tutte con la morte del corpo."
"In natura nulla si distrugge e tutto si trasforma. Il corpo fisico durante la vita si trasforma in corpo psichico. Quando il corpo fisico muore il corpo psichico sopravvive..."
Poi l'uomo si sposta davanti a un'altra tomba e io vado via.
Il mese dopo, in ottobre, percorro la stradina tortuosa del cimitero. Una nebbia grigia ristagna sotto i pioppeti ingialliti.
Il cimitero ispira desolazione. Ci sono vasi rovesciati, fosse allagate da cui proviene l'odore della terra marcita. Davanti al casotto del becchino c'è una vanga interrata e uno scopino per il cesso; alla sinistra un cartello pubblicitario della luce votiva.
L'uomo con gli occhiali sta guardando la foto ovale di una ragazza col viso triste e gli occhi grandi. Mi fermo per salutarlo e lui commenta:
"Guardi questa ragazza. Sembra troppo fragile per affrontare le durezze della vita."
"È vero. Chissà che storia dolorosa c'è dietro!"
"Nessuno ha mai

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   3 commenti     di: sergio bissoli


La mia storia maledetta

Non crederete alla mia storia e io non pretendo che lo facciate, e se qualcuno di voi vi crederà, verrà sicuramente preso per uno sciocco e ingenuo.
Ho deciso di scrivere solo per lasciare su un foglio le tracce della mia inutile, disprezzante esistenza; solo per mettere su iscritto la mia storia maledetta, ma soprattutto per mettervi in guardia, mettervi in guardia da qualcosa di orrendo e terribilmente pericoloso, qualcosa che non vi augurerò mai di incontrare nella vostra vita.
Spesso mi guardo allo specchio, e non vedo altro che un animale, posso sembrare una persona come le altre, alto un metro e ottantacinque, folta barba che non mi decido mai a togliere, lineamenti pronunciati e fisico inspiegabilmente forte e robusto per un uomo della mia età; ho settantacinque anni e mi chiamo jack lee.
I miei genitori sono entrambi originari del Maine, quando si sono conosciuti erano una coppia davvero felice, si amavano molto e decisero di avere un figlio; mesi dopo nacqui io ma mia madre non si sarebbe mai immaginata che mettendomi al mondo avrebbe fatto lo sbaglio più grande della sua vita.
In effetti nella sua vita non ha fatto altro che sbagliare, sposando mio padre ad esempio;dopo il matrimonio lui divenne un’altra persona, divenne un alcolizzato e cominciò a picchiare me e mia madre.
La situazione nella mia famiglia andò avanti così per molto tempo, finche io non ebbi diciassette anni.
Fu in uno dei tanti giorni di freddo, pioggia e nebbia che mio padre ebbe ciò che si meritava ormai da molto tempo.
Mia madre era uscita a procurare un po’ di legna da ardere ed io ero a più di una centinaia di metri da lei; non seppi neanche io come ma riuscii inspiegabilmente a sentire l’odore di mio padre, un odore forte e disgustoso, non si lavava da giorni ed era ubriaco fradicio. Qualcosa dentro di me mi disse che doveva farla finita una volta per tutte, fino ad allora non avevo mai avuto il coraggio, neanche di alzargli la voce, ma adesso avevo sopportato

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Il Primo Giorno

I due uomini sono seduti uno di fronte all'altro; una scrivania di robusto legno di noce avida di decorazioni intarsiate a dividerli.
Il padrone della scrivania è intento a leggere minuziosamente ogni dettaglio del fascicolo che ha fra le mani mentre l'altro uomo, molto più giovane, lo guarda continuamente nella speranza che dica qualcosa... qualunque cosa che metta fine all'agitazione che lo tormenta e che risulterebbe ben chiara anche agli occhi di un cieco. Del resto gli indizi non mancano, anzi: basta guardare la gamba destra che sta vibrando in continuazione sulla punta del piede da quando si è messo seduto, le mani che si sfregano vigorosamente ad intervalli quasi regolari e le gocce di sudore, non copioso certo, che regalano un'insolita lucentezza alla fronte e che minacciano di afflosciare quel ciuffo così ben fatto.
Il pesante aroma di sigaro che impregna l'ambiente di quella pur spaziosa stanza lo costringe a trattenere il fiato per alcuni istanti prima di riprendere a respirare con qualche difficoltà... ed il bruciore alla gola non può davvero migliorare la situazione... mai sopportato l'odore di un sigaro. Ed eccolo lì quel maledetto!
Comodamente adagiato sulla tacca del posacenere in marmo che svetta proprio davanti a lui, con quella colonnina irregolare ed opaca che sprigiona una delle estremità e che si spande man mano che sale fino ad invadere tutta l'aria respirabile. Almeno si potesse aprire un momento la finestra... ma chiaramente non può chiederlo al suo anfitrione, ancora costantemente impegnato nella lettura. E non può nemmeno sfogare la sua frustrazione con qualche vigoroso colpo di tosse; equivarrebbe a spezzare molto malamente il religioso silenzio che si è arrivato a creare già da parecchi minuti.
Quel piccolo, arrogante pezzo di tabacco e foglie di piante cubane essiccate! Pare quasi che lo osservi divertito ed orgoglioso di procurargli tale fastidio. Come se il nervosismo e l'ansia del responso non fossero sufficienti.
Il

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La tomba viaggiante

Quando era in vita la vecchia Athra è sempre stata una donna irrequieta, e lo è anche adesso, da morta. Cioè, voglio dire, la sua tomba è irrequieta.
Da un anno ormai sono abituato a vederla mentre percorro il cimitero nelle mie consuete visite. Sono abituato a vedere la sua foto con la faccia spigolosa, incavata da vecchia strega; proprio come la ricordo da viva. La gente in paese diceva che era una strega, ma non ho mai voluto dare ascolto alle chiacchiere dei buontemponi.
E questo pomeriggio, mentre percorro il vialetto del cimitero, vedo che manca la sua tomba. No! Non ho bevuto e possiedo una mente logica e razionale.
Quando arrivo in fondo al cimitero senza vedere la tomba sono costretto ad ammettere che l'ho oltrepassata senza notarla. Allora mi intestardisco e ritorno indietro, nonostante sia fastidioso camminare sotto il sole.
Pazientemente ripercorro il vialetto all'indietro guardando con attenzione. C'è la tomba in marmo nero, poi quella con l'anfora, quella con l'angelo, quella con la balaustra a semicerchio. Poi ci sono quattro tombe grigie; poi quella con la lampada in ferro, quella con la botola e l'anello; la tomba a forma di sarcofago, a forma di libro.
No, la tomba della vecchia Athra non c'è, non c'è più!
A questo punto l'edificio logico della mia mente crolla come un castello di carte. Tutte le certezze adesso se ne vanno. Il mondo non mi appare più né solido, né materiale. Il mondo è solamente un riflesso colorato sopra una bolla di sapone.
Perché non solo manca la tomba, ma manca anche il posto vuoto!
Voglio dire che le lapidi sono allineate una vicina all'altra, con continuità, senza interruzioni. Tutto sarebbe normale e come al solito, se non mancasse quella dannata tomba.
Vedendo questo io comincio a sudare e imprecare sottovoce. Là in fondo alcune signore inginocchiate si voltano per guardarmi.
Scosso e avvilito esco fuori dal cimitero quasi di corsa.
Per la strada incontro il mio vecchio amico Billy. Egli è u

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   2 commenti     di: sergio bissoli


Ondine e salamandre

Di sera come al solito percorro le vie della città vecchia. Un vento autunnale spazza a raffiche le strade semideserte portando polvere e foglie ingiallite.
Facciate di case silenziose, porte sbarrate, muri pieni di sporgenze che sfioro nel tentativo di evitare le pozzanghere.
Mi infilo nei portici umidi e bui di via degli antiquari, malrischiarati da una lanterna appesa alle travi tarlate del soffitto. A volte arriva fin qui il rumore possente del fiume in piena.
Oltrepasso una antica scultura pagana che sporge da un edificio. Rari e frettolosi passanti si tengono ben alto il bavero, una donna col corpo morbido lascia un profumo di violette dietro di sé.
Oltre il deposito dei vetri rotti cammino in uno stretto viottolo deserto affiancato da alti muri oltre i quali stormiscono alberi frondosi. Mulinelli di foglie turbinano negli angoli portate dal freddo vento autunnale.
La sera allunga le ombre di una piazza acciottolata tra due file di lampioni ancora spenti. La chiesa gotica erge i suoi contrafforti di mattoni e ringhiere dentate di ferro accanto a me.
Salgo alcuni gradini rabbrividendo. Sciacqui d'acqua segnalano la presenza delle latrine.
Profumo di baccalà arriva a volte nell'aria. Alzo gli occhi prima di attraversare la piazza e allora rivedo il vecchietto.
C'è una vetrina alta con specialità gastronomiche. Vasi pieni di lumache, prosciutto cotto nel pane, funghi col sugo e il giallo scintillìo delle bottiglie di liquori. Il vecchietto fa contrasto mentre accudisce il camino gigantesco dove arde una catasta di legna dietro una griglia verticale.
É estremamente vecchio e decrepito, ridicolo quasi con il suo camiciotto bianco. Saltella letteralmente da un punto all'altro fra i cibi e il camino. Gira gli spiedi, aggiunge olio, attizza la legna, regola il tiraggio... É eccessivamente svelto per la sua età, e molto, troppo sorridente. Al calar delle umide sere autunnali egli appare accanto al camino come un folletto indaffarato.
Vi è anche un p

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   1 commenti     di: sergio bissoli


Incubo

... manca l'aria, sento il peso dell'anidride carbonica che mi sfonda il petto.
Il terrore imbottito, funi d'acciaio m'immobilizzano. E poi l'oscurità, matassa impenetrabile distorta dal suono affannato dei miei respiri convulsi. Sempre più rapidi, come la raffica singhiozzante di una mitragliatrice asmatica.
Provo a muovere la testa, a guadagnare qualche millimetro, ma sono del tutto immobile, rigido come un blocco di carne ghiacciata.
Avverto l'odore di terra bagnata. Percepisco un leggero spiffero d'aria che non riesco a respirare.
Per me solo esalazioni venefiche di legno marcio.
E il buio, sempre e solo buio. Tiranno inflessibile che non ammette opposizione di luce.
Prigioniero del mio corpo, del terrore, dell'orrore tra tutti gli orrori, prigioniero...

... è questo il mio incubo di sempre. Il delirio che da anni mi tormenta.
Sognato tre, quattro, mille volte a notte.
Un lungo ciclo infinito. Un'assoluta ripetizione dell'eterno uguale.
Ogni notte, da quando ho memoria. La prima volta avevo sei anni e ricordo che crollai giù dal letto vittima di una crisi isterica senza precedenti nella storia del mondo.
Mia madre riuscì a calmarmi solo molte ore dopo, quando il sole aveva cominciato a fare capolino dalle colline intorno a casa.
Non andai a scuola per una settimana, tanto era spaventato. Le prime notti furono le peggiori, quando, vivendo quell'assenza onirica di luce e movimento, credevo che si trattasse della più cruda realtà e che non ci fosse via di scampo. Che fossi imprigionato per l'eternità.
Poi, giorno dopo giorno, divenne chiaro che era solo un brutto sogno e che, anche se mi svegliavo con il cuore prossimo all'esplosione, non c'era nessun pericolo. Che ero al sicuro in camera mia. Che i miei genitori erano a pochi metri da me, pronti a proteggermi da ogni minaccia che avesse aggredito la mia vita.
Dopo una quindicina di giorni, il sonno non era più fonte di terrore e ben presto il sogno divenne qualcosa che cominciai ad accetta

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Gelidi morsi[parte IV]

Sono già le 22 e non ho ancora deciso se mettere la camicia blu notte o quella nera! Che palle! Ma perchè non sono nato gay?!? Cavolo odio quando sono così nervoso! Mi sento davvero impacciato e mi fa incazzare da morire sentirmi così.
Chissà chi cavolo è il suo fidanzato. Chissà come sarà. Sicuramente biondo! Biondo e laccato! già ho proprio la sensazione che ad Annah piacciano quei tipo di ragazzi;sì quelli che sembrano premurosi e molto intelligenti, con quel loro fare gentile, quei sorrisi così caldi ecc ecc.
Certo, il mio aspetto di ragazzo misterioso e tenebroso piace di gran lunga di più! Il problema è che dal tipo di ragazzo che posso sembrare io non ci si aspetta mica una storia lunga o comunque non è certo il ragazzo che si pensa di poter portare alla cena del Ringraziamento a conoscere tutta la famiglia! E Annah non mi sembra affatto il tipo di ragazza a cui possa piacere un tipo di ragazzo così... Un tipo poco affidabile, un tipo che piace e sa di piacere e che non si fa problemi a fare il filo alle altre o a promettere la luna in cambio di una notte, o nel mio caso, in cambio di un piccolo assaggio del loro sangue...
Oh cazzo Lucas piantala! Inizi a diventare paranoico! Sei in questo mondo da troppo tempo per credere a cazzate come il grande amore o peggio l'amore eterno o cazzate del genere. Esiste il sesso, l'attrazione, la passione, la complicità.. Eh sì magari anche l'amore ma di certo non quel tipo di amore che resiste a tutto, che sopravvive a tutto.
È ora. Devo uscire altrimenti farò tardi e sembrerò ancora di più uno stronzo.
Che mi interessi davvero darle una buona impressione? Mi interessa davvero cosa possa pensare lei di me? Che Annah mi piaccia davvero? Cavolo no! Non può essere! Sono passati troppi anni per credere di poter ancora credere che certi sentimenti possano essere reali. Quante ragazze, quante donne, quante bellissime e dolci; quante così intelligenti e di successo ci sono state eh? Tante, forse a

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   2 commenti     di: Flowers night



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