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Racconti horror

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Il funerale

Il funerale



Si chiamava Giorgio, a quei tempi aveva circa diciassette anni e da tre lavorava in una di quelle ditte dove ci si deve abituare a fare di tutto.
Fu così che un pomeriggio di dicembre il suo principale lo informò che verso le tre si doveva recare al cimitero per chiudere la tomba di un anziano signore, che morto in un paese lontano ma desiderava essere sepolto vicino ai suoi genitori, proprio nel cimitero comunale del paese.
Quello era un compito che sarebbe spettato a muratori esperti, ma purtroppo non ce n'era nessuno che volesse portare a termine quell'ingrato lavoro.
Lasciavano intendere che sarebbe imbarazzante lavorare mentre i parenti del defunto piangevano.
E così il suo datore di lavoro, per quel genere d'incombenze, ripiegava sempre sui giovani. Quella volta fu il suo turno.
Erano le due e trenta del pomeriggio quando prese il piccolo carretto (da trascinare rigorosamente a mano) e, dopo averlo caricato di malta e mattoni, si avviò verso il cimitero.
Vi giunse dopo circa dieci minuti, già stanco per aver trascinato quel peso su una strada sterrata per più di un chilometro.
Nel cimitero incontrò il vecchio custode, che subito attaccò bottone raccontandogli che dopo pochi giorni sarebbe andato in pensione; poi, visto che il carro funebre tardava ad arrivare, cominciò come al solito a raccontargli le sue avventure, a partire da quando era stato mandato da Mussolini in terra d'Africa per combattere contro le truppe dell'allora imperatore dell'Abissinia, che lui ricordava con il nome di Negus.
Gli raccontò a lungo di quelle sue avventure - che non gli interessavano poi molto, data la sua giovane età... - poi finalmente, verso le quattro del pomeriggio, vide arrivare il carro funebre.
Nel mese di dicembre dove abitava, un piccolo paese della bassa bresciana, c'era sempre una fastidiosa nebbia e il buio arrivava assai presto.
Dopo che il parroco die

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   2 commenti     di: Giuseppe Loda


La casa della strega

"La vecchia Kostia è morta. Era una strega e noi andremo a visitare la sua casa."
Con queste parole il mio amico George mi accoglie nel suo studio in un pomeriggio di agosto.
"Ma non sarà rischioso? Se qualcuno ci scopre?" obietto io.
"I proprietari abitano lontano, gli eredi non ci sono. Non c'è pericolo. Nessuno può venirci a disturbare."
Sono seduto con un bicchiere in mano ad ascoltare il mio amico, scapolo, studioso di occultismo.
"Da alcuni anni sto studiando la psicocinesi, cioè la capacità della mente umana di influenzare la materia. Scriverò una relazione per la Società delle Ricerche Psichiche."
Sullo scaffale ci sono strani apparecchi: un gancio con un filo e una pallina di sughero in fondo. Una lamina orizzontale infilata al centro di uno spillo, per poter ruotare...
"Servono per studiare la psicocinesi. É una energia debole all'inizio" spiega il mio amico.
"E cosa c'entra questo con la nostra esplorazione in quella casa?"
"Là ha abitato la vecchia Kostia che ha praticato la stregoneria fino all'età di 96 anni. Ora la stregoneria fa uso della psicocinesi per i suoi scopi benevoli... o malefici..."
Mi mostra alcune foto infilzate di spilli, tagliuzzate con le lamette.
"Alcune ragazze fanno così quando sono state abbandonate dal fidanzato..."
Poi mette sul tavolo una bambolina formata da un pezzo di stoffa arrotolata come un sigaro. C'è disegnata una faccia stilizzata: due punti per gli occhi, una linea verticale per il naso e una V rovesciata per la bocca. C'è disegnato un cuore e un sesso maschile. La bambola è strangolata da un nastro nero e trafitta da uno spillone. Sulla schiena c'è un nome e cognome.
Vedo l'odio cristallizzato in questo pezzo di stoffa; l'odio reso visibile, reso materiale!
"Che cosa speri di scoprire dentro quella casa?"
"Tutto. E niente. La stregoneria ha radici profonde nelle nostre campagne. É una tradizione oscura tramandata dalle vecchie alle figlie, nel corso dei millenni. Una tradizione segreta

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   2 commenti     di: sergio bissoli


La Presenza

Fu quasi istantaneo, il pensiero attraversò la sua mente come un lampo. Eppure in quel momento, in quel fuggevole attimo di luce, Damien seppe. Percepì la certezza assoluta che non era solo in quel momento, benché fosse altrettanto certo che nessun altro poteva esserci. Aveva un lavoro di assistente informatico in remoto, ed era appunto rimasto solo a lavorare a casa sul suo notebook perennemente collegato in rete tutto il pomeriggio; sicuramente la porta di ingresso - che dalla sua postazione di lavoro vedeva benissimo - non si era mai aperta. Nessun animale era potuto entrare dalla finestra alle sue spalle, per il semplice fatto che era sicura di averla chiusa a chiave la mattina stessa. Eppure Damien era certo che insieme a lui ci fosse qualcun altro, ne sentiva la spiacevole presenza osservarlo ed impregnare l'aria. Provava la stessa sensazione come di un ragno che salisse lento lungo la schiena, un brivido freddo e irrazionale... Sentiva le palme delle mani fredde e percepì che in qualche istante che il suo cervello conscio non aveva registrato il suo cuore aveva raddoppiato i battiti. Sentiva perfino dolore al petto tanto batteva all'impazzata.
Realizzò di non avere assolutamente il coraggio di voltarsi, era come se il più recondito dei suoi terrori fosse salito dal profondo a tormentarlo... Non ricuciva ad affrontare il problema, e dire che lui per lavoro i problemi cercava di risolverli agli altri!
Senza muoversi e respirando piano piano, il che gli costava uno sforzo che non contribuiva a rallentare il battito cardiaco, ruotò lentamente gli occhi a destra. La stanza gli appariva perfettamente normale: l'armadio accostato alla parete, chiuso, il letto sullo sfondo, rifatto, le lampade ricercate che erano sempre state una sua passione, esattamente come se le ricordava, o quasi. Gli parve di intravedere una leggera depressione sul materasso... No quella probabilmente c'era già prima. Era l'ombra sul pavimento che sembrava diversa, ma soprattutto

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   3 commenti     di: Piero Malermo


La preda

1

05: 24 A. M.
Mike Ostin stava seduto sul duro lettino a strisce bianco/blu, nella cella n°123 del penitenziario di Teodosio; Virginia. Rinchiuso nel braccio della morte aspettava paziente l’esecuzione. La sua colpa? Essere un serial killer, di quelli sadici, cattivi, che alle sue vittime faceva tanti giochini lunghi e dolorosi prima di lasciarli morire dissanguati. Aveva iniziato da bambino, allora si divertiva a scuoiare vive le lucertole che catturava, le legava ben bene, poi le affettava, striscia dopo striscia; un lavoro da certosino. Ovviamente alla mamma questo passatempo non piaceva, ciò che gli piaceva invece era punirlo, percuoterlo a sangue, sino allo sfinimento, ogni scusa era buona per soddisfare questa sua perversità. Povera mamma, in fin dei conti non sbagliava, era davvero cattivo e lei fu la prima ad essere fatta a pezzi!
Gli occhi azzurri di Ostin vagarono frenetici nel vuoto della cella, soffermandosi, sui muri spogli mentre i pensieri correvano, correvano, correvano. Sentiva nuovamente il bisogno che alimenta il piacere, nel rimembrare tutte le sue gloriose esecuzioni. Era stato fermato a dodici, tutte donne bionde, dalla candida pelle bianca, ma molto presto avrebbe ripreso la sua opera. Non potevano trattenerlo, figuriamoci giustiziarlo, nessuno poteva costringerlo a restare in un posto per più di quanto volesse e ora si era stancato. Era giunta l’ora di uscire, così come aveva fatto le altre volte. Lo sguardo cadde sulla Bibbia che teneva sulle ginocchia, con la mano accarezzò la copertina di cuoio nero, liscia e lucida, gli ricordava la pelle di una ragazza nera che aveva scuoiato alcuni anni fa, solo che questa non urlava ogni volta che la toccava. Don Ambrogio, il prete del carcere, affermava che il sacro testo lo avrebbe aiutato nei momenti di sconforto, tanto più che l’esecuzione era fissata per la sera stessa; 19: 00 P. M. Quella sì che era una cosa davvero cattiva! Rise, aprì la Bibbia a pagina 24, versetto 17.
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   2 commenti     di: Mauro Bianco


Una nuotata nell'acqua cristallina

Harris si svegliò lentamente, con i raggi del sole che filtravano dalla finestra. Uscì e siccome il mare hawaiano sembrava bellissimo, decise di farsi una nuotata. L'acqua era tiepida e cristallina. La sabbia era finissima. Harris cominciò a camminarci ( l'acqua gli arrivava al petto). Pensò di restare fermo così, senza neanche sforzarsi di nuotare. Ma poi decise di farsi comunque una nuotatina leggera. Cominciò a fare bracciate sempre con maggiore intensità. Dopo qualche minuto si girò e cominciò a tornare verso riva. All'improvviso apparve un pesce. A Harris sembrò il più bel pesce che avesse mai visto nella sua vita. Non era di dimensioni notevoli, neanche una decina di chili, ma aveva dei colori stupendi. Ed era anche aggrazziato nei movimenti che faceva intorno all'uomo. "Non ho mai visto un pesce così. Di che specie può essere?" Mentre si poneva questa domanda, il pesce fece un movimento brusco e si allontanò da Harris, che decise di seguire quella meraviglia. Dopo una decina di minuti, però, si rese conto di essere piuttosto stanco. Il pesce nuotava velocemente e ad un certo punto l'uomo lo perse. Prima di potersi girare, qualcosa lo morse e lo feri' gravemente al petto. Poi nuovi morsi alle gambe. Harris provò a nuotare, ma l'ultima cosa che sentì furono le punte dei denti di un grosso pesce conficcarsi nella sua testa.
L'assassino cominciò a mangiare quando vide un pesce dalle squame colorate. Esso si avvicinò, tirò fuori i denti e cominciò anche lui a mangiare la sua parte del bottino

   0 commenti     di: Dario


Nell'oscurità

La mosca ronzava nel piccolo studio dell'avvocato Gorgi, un uomo corpulento e ormai senza capelli; con un fazzoletto si tergeva il capo sbuffando per l'afa opprimente di quell'estate. Gorgi non si distingueva per le sue vittorie nel Foro, come i suoi colleghi, ma per essere l'esecutore testamentario delle persone più abbienti della società, e quel pomeriggio lo aspettava questo lavoro.
Sentì bussare alla porta dello studio <<avanti>> disse l'avvocato con la sua voce rauca.
<<Salve, mi ha convocato per la morte di mio zio?>> chiese l'uomo attraversando la porta: aveva un aspetto alquanto eccentrico, un vestito formale di Armani e dei mocassini ben lustrati in contrasto con i capelli lunghi raccolti in una coda e una barba poco rasata.
<<Entri pure signor Deveni>> disse l'avvocato alzandosi il meno goffamente possibile per la sua mole.
<<Mi chiami pure Marco>> disse il nuovo venuto allungando la mano.
<<È un piacere>> rispose Gorgi <<se si accomoda iniziamo subito>> continuò indicando la sedia davanti alla scrivania. Questi, accomodandosi, incrociò la mani in attesa.
L'avvocato iniziò <<Come lei saprà sono l'esecutore testamentario di suo zio, il deceduto signor Enzio Deveni. Secondo le sue ultime volontà, essendo lei l'unico parente ancora in vita, sarà beneficiario di tutto il patrimonio finanziario e di tutte le proprietà.>>
L'avvocato prese una busta voluminosa dalla scrivania e la porse a Marco <<Qui ci sono gli atti di proprietà e le istruzioni riguardo il personale. Inoltre troverà tutti i dati bancari. Un ultimo desiderio di suo zio era che lei ricevesse personalmente questo>> disse mentre apriva un cassetto estraendo una busta da lettera e un piccolo disco in vinile <<disse che lei sarebbe riuscito a realizzare il suo desiderio>>
Marco prese la busta e il vinile sconcertato per poi fissare l'avvocato <<Nient'altro? Non ha dato istruzioni più chiare?>>
L'avvocato facendo spallucce rispose <<Suo zio era un tipo eccentrico e

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Un fuoco nel bosco

Il Sole stava calando sul cielo d'estate, screziato qui e là di nuvole bianche e soffici, cui i giochi di luce conferivano un colorito bluastro, mentre lassù, in alto, i primi astri avevano iniziato a brillare, come a volere delimitare il confine tra la notte ed il dì.
Lo scenario era quello di un bosco di abeti, percorso da un sentiero a zig-zag che si protraeva per una decina di chilometri circa, separando il piccolo paesino di Loggiano dalla cittadella locale.
Giuseppe ed Antonio, due contadini di un paese poco distante, avevano appena lasciato Loggiano tra le lacrime e l'amarezza d'una persona cara appena perduta: avevano, infatti, assistito al funerale di un loro vecchio amico, Lorenzo, residente proprio in centro di Loggiano.
A nessuno era stato consentito di vedere la salma del defunto: a quanto pareva, era una misura cautelare per evitare d'infondere il panico tra i presenti.
Stando alle dicerie della moglie e della stretta cerchia di testimoni, Lorenzo era stato ritrovato ai margini della boscaglia, probabilmente di ritorno da una battuta di caccia, orrendamente mutilato.
Gli esperti avevano avanzato l'ipotesi dell'aggressione d'un orso, sebbene in quei paraggi non se ne vedessero più da decenni, oramai; fatto stava che, secondo le testimonianze, lo sventurato era morto dissanguato, probabilmente a causa delle numerose ferite che aveva riportato su tutto il corpo, mentre le ossa, quasi per uno strano scherzo del destino, sembravano essere state tutte rotte, come a volere certificare che, in agonia del dolore, l'uomo non avrebbe in alcun modo potuto raggiungere qualsiasi rudimentale forma di soccorso.
E, per altro aspetto, come altrimenti avrebbe potuto fare? Le gambe, infatti, gli erano state strappate di netto, con una furia sovraumana: per questo l'ipotesi più plausibile era stata, oltre ai vari segni identificativi di morsi e contusioni, quella dell'attacco d'un orso.
Ad ogni modo, Giuseppe ed Antonio ancora non riuscivano a credere alla sfor

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   0 commenti     di: Michele



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