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Racconti horror

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Rave dannato

Era mezzanotte passata e Luca era stanco di guidare in aperta campagna. Malediva Andrea di averlo convinto ad andare quel rave mentre lui voleva solo farsi una birra e poi tornare a casa.
La luna era piena e alta nel cielo ed illuminava la strada desolata.
<<Andre sei sicura che siamo nel posto giusto?>> chiese Luca alla ragazza sul sedile accanto.
<<Vai tranquillo so la strada>> rispose la ragazza.
Andrea era una ragazza piccola e bionda con l'abitudine di fare e assumere qualsiasi cosa fosse dannosa per se stessa.
Luca sbuffò e continuò a guidare pensando al letto che lo aspettava a casa, dalla campagna passarono al bosco. Era luglio, e anche se non si vedeva il colore nella notte, le chiome degli alberi erano molto fitte rendendo così oscuro il sottobosco.
<<ecco ora gira nella stradina laterale>> disse la ragazza ridendo.
<<Possibile che tu sia perennemente fatta?>> chiese retoricamente Luca ben sapendo che vedere l'amica lucida era un avvenimento raro negli ultimi mesi.
L'auto svoltò per entrare in una stradina sterrata, percorsero qualche centinaio di metri per ritrovarsi in una piccola radura piena di macchine, in lontananza si sentiva della musica.
Luca posteggio l'auto e i due ragazzi scesero per poi dirigersi verso quel suono.
<<Come hai saputo di questa festa Andre?>> chiese il ragazzo
<<Degli amici me ne hanno parlato e ci tenevano che io venissi>> rispose biascicando l'amica.
Luca aveva accettato perché non se la sentiva di lasciare sola l'amica soprattutto se ridotta in quello stato, è sempre stato così lui, la proteggeva e lei gli teneva compagnia nei sui momenti di depressione.
Camminarono per qualche minuto, il volume della musica era in continuo aumento e si iniziava a sentire delle voci. Quando i due amici uscirono dalla boscaglia videro una grande spiazzo illuminato da bidoni con del fuoco e molte persone che ballavano o bevevano al ritmo di una musica dai ritmi ripetitivi e quasi fastidiosi.
Le casse erano disposte in circo

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Il Babau

Le tre e quaranta... del mattino. Il sole sorgerà soltanto fra due ore... e sembreranno eterne, come al solito. Dannazione,è impossibile continuare in questo modo! Ormai sono ad un passo dalla più totale follia. Se avessi ancora voglia di fare dell'umorismo potrei dire che avrei una brillante carriera di guardiano notturno al museo di storia naturale... il fatto è che non ho più voglia di fare dell'ironia... nemmeno un po'... ultimamente non è di casa nella mia testa.
Dunque... la situazione ha quantomeno del curioso... chissà se ho ancora un briciolo di lucidità mentale per cercare di riordinare le idee e ricostruire gli avvenimenti. Come diavolo è iniziata questa storia? È imperativo raccogliere tutta la lucidità sparsa negli angoli del mio cervello angosciato ed usarla per tentare di spiegare quello che può sembrare in tutto e per tutto un episodio di Ai confini della realtà.
Quattro notti... quattro notti insonni e quattro giorni passati nel più totale rimbambimento e nella paura che tutto si potesse replicare... e così è stato fino ad ora; non seguendo le stesse modalità, certo... non con il medesimo modus operandi... ma è successo.
Come si presenterà questa notte?
Sussurri? Rumori strani? O staglierà la sua ombra sulla parete di fronte al letto come ha fatto ieri?
Ma soprattutto perchè sta succedendo a me? Ho passato l'infanzia da un pezzo e, mi secca dirlo, anche l'adolescenza; sono un uomo fatto già da qualche anno anche se non ho poi così tante rughe o capelli bianchi a riguardo... giusto per mettere in chiaro la cosa.
Insomma è una cosa che capita ai bambini... a quelli cattivi in special modo...è la minaccia che si sentono dire più spesso quando non vogliono rispettare il coprifuoco di casa:
“Se non vai subito a letto arriverà il Babau a prenderti e ti porterà nel buio dove rinchiude tutti i bambini cattivi che non obbediscono!”
“Dormi oppure il Babau arriverà e ti spaventerà tutte le notti...”
E così via.
A pensarci

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il Ragno

1

- Vieni su ad aiutarmi!
Giovanni levò lo sguardo dalla tavoletta di cioccolato che stava divorando con gusto alla finestra della mansarda. Da quel piccolo oblò la faccia di suo padre sporgeva in fuori seria e sudata; gli ricordava tanto la testa di uno dei cinghiali imbalsamato che aveva il nonno nella casa ad Aosta; gli venne da ridere ad un simile accostamento. 
- Allora, ti decidi a salire?
- Si, si. Papà, arrivo.
Si mise in bocca il restante pezzo di cioccolata ed entrò in casa sbuffando. Così come ogni anno erano iniziate le terribili grandi pulizie, suo padre da buon ex Marines del San Marco aveva preparato per bene il “piano di battaglia”; sveglia all’alba e sgobbare sino al tramonto. In compenso però i pasti erano ricchi e abbondanti. Salendo al piano di sopra si domandava com’era possibile ammassare in soffitta ogni sorta di cianfrusaglia, scatolame e ferrovecchio che il padre poteva ritenere utile per un futuro riutilizzo. Proposito che puntualmente ogni anno era smentito giacché tutta quella roba finiva inesorabilmente nel camion del vecchio Vannucci, soprannominato da tutti “Drehermen” per la sua passione per la birra, con destinazione la discarica comunale. Non era meglio buttare subito via quella roba inutile invece di ammassarla?
Ovviamente no, secondo la filosofia del padre “Tutto può essere utile!”; si, buonanotte!
A tali condizioni non poteva che fare come Garibaldi rivolgendosi al re: “Obbedisco!”.

2

Fasci di luce trasversali filtravano immobili dai lucernai aperti illuminando le nubi di polvere che vorticavano per aria, simile a microscopici coriandoli bianchi che precipitavano a terra. In quella luminescenza spiccano le impolverate superfici d’infinite scatole accatastate una sull’altra, vecchi mobili, e chissà che altro. I giochi chiaroscuri che rendono più tenebrosi gli angoli di buio e conferiscono argentei riflessi ai filamenti delle tante ragnatele. Giovanni le osservò immobile pens

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   2 commenti     di: Mauro Bianco


Il demone della siberia

Inverno siberiano, diario d'ufficio. 13 Dicembre 1932 ore 20:42.

Siamo bloccati nel deposito dell'aereoplano, la bufera di neve non ci ha consentito di andare avnti con le ricerche archeologiche. Ma ieri abbiamo fatto una scoperta sensazionale , tra i ghiacci abbiamo ritrovato dei vasi e un baule risalenti credo a più di 5 o 6 secoli prima.
Gli operai stanno sbrinando i reperti per poi studiarli atentamente, e datarne il periodo a cui risalgono e la provenienza. Sono molto eccitato nel voler scoprire anche il contenuto di quel baule.

13 Dicembre, ore 23:10.

Siamo riusciti a sbrinare il tutto, i reperti sembrano intatti.
I vasi hanno strani disegni ornamentali, all'apparenza sembrano segni Maya ma non ne siamo sicuri.
La nostra ricercatrice ALEXA addetta anche alle comunicazioni esterne con dei collaboratori sta tentando di decifrare quello che vi è sopra i vasi, aiutandosi con la libreria di ricerca.
Il baule ci ha rimasto di stucco. L'esterno si presenta in ottime condizioni, abbiamo dovuto forzarlo con cautela.
all'interno vi ernao strani oggetti composti da una lega metallica che non riusciamo a riconoscere all'apparenza sembrano statuette per riti funebri, quindi crediamo che possano essere ancora più antichi.
All'apertura del baule sono successe cose strane la nostra ricercatrice è svenuta, ed una delle statuette si è un po crepata. Credo che il tutto sia successo a causa del freddo.

14 Dicembre, ore 06:00.

Questa notte è successo un qualcosa di insolito, abbiamo udito uno strillo provenire vicino ai reperti che ha svegliato tutta la squadra.
Ci siamo recati di corsa nel vedere qunto accaduto abbiamo visto una scena raccapricciante, il cane ovvero la mascot della nostra squadra di ricercatori a terra in una pozza di sangue, sgozzato e agonizzante abbiamo dovuto prendere la decisione più difficile quella di abbatterlo. Povero cane, addio BOB.
Tutti a chiederci il perchè e cosa fosse successo, ma in primis chi avrebbe fatto una

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   1 commenti     di: gaetano


La lavatrice

Il piccolo Adam aveva sempre una scusa per non scendere di sotto perché quella che una volta era la vecchia cantina non era certo il posto della casa che preferiva. Gli strani rumori che provenivano da dietro la lavatrice lo inquietavano ogni volta che doveva portare di sotto i panni sporchi da lavare. Proprio come quella mattina.
Stava appoggiando la cesta a terra quando sentì chiudersi la porta in cima alle scale e i passi di sua madre che si allontanavano fino a scomparire.
"No mamma, aspetta sono quaggiù!"
Non ricevendo risposta corse in cima alle scale e provò ad aprire la porta ma la serratura era bloccata. In preda al panico scese alla base delle scale e si rannicchiò in un angolo fissando la lavatrice illuminata solo dalla piccola finestrina in alto vicino al soffitto.

Quando la sera suo padre tornò dal lavoro chiamò Adam ma lui non rispose. Salì al piano superiore ma non c'era nessuno. Pensò che il figlio fosse uscito a giocare o che fosse a far spesa con sua madre. Sul tavolo c'era un biglietto: Se torni a casa prima tu vedi se la lavatrice ha finito.
Aprì la porta per scendere nel seminterrato ed accese la luce. Arrivato a metà scala iniziò a notare del liquido sul pavimento che arrivava più o meno all'altezza del primo gradino
Pensò subito all'ennesima rottura del vecchio tubo della lavatrice, e così si affrettò a scendere gli ultimi gradini, ma una volta arrivato in fondo si rese conto che quella sul pavimento non era acqua. Era sangue! Un sangue denso e appiccicoso e al centro di quel piccolo lago, come un isola molliccia, emergeva quella che sembrava essere un brandello di materia cerebrale.
Poi vide la lavatrice. Era completamente ricoperta da schizzi rosso scuro e dal bordo dell'oblò penzolava un altro molle brandello della stesso colore e consistenza di quello che galleggiava vicino alle sue scarpe.
Fu in quel momento che sentì il suono di una voce provenire dal sottoscala e, in preda al terrore, riuscì a voltarsi e a

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   2 commenti     di: bruno


Seven Queens; le sette Regine

Parte 1:
Nessuno mi credeva. Nessuno riusciva a prendere sul serio quello che dicevo. Nessuno provava ad ascoltarmi. “Tutti uguali, ottusi del cavolo” pensavo mentre i miei genitori adottivi se ne stavano sdraiati sul divano a guardare il Grande Fratello. Bastava accendere la televisione e via, chi li portava più sulla Terra. Se in tv ti dicono che domani devi vestirti con le mutande sopra i pantaloni, a tutti sembra un’idea magnifica. Bizzarra forse, ma allo stesso tempo geniale e innovativa. Ma se un’ adolescente prova a spiegare una cosa soprannaturale, nessuno le crede, anzi le da addosso dicendo che guarda troppa “tv spazzatura”.
“Puttanate” mi dicevo in mente e speravo in un domani migliore, anche se, giorno dopo giorno, il domani sembrava sempre più buio e oscuro, senza via di uscita. Volevo scappare, documentarmi, capire cosa era successo il 17 Aprile 1998, quando, in circostanze misteriose, i miei genitori furono assassinati. Dire assassinati è limitativo rispetto a ciò che i miei poveri cari dovettero subire. Quando gli agenti della polizia entrarono nella loro camera, in molti corsero in bagno, in cucina per rimettere la loro colazione. “Questa non è opera umana, non è possibile” ripeteva il povero commissario, visibilmente scosso da quell’ osceno teatro.
Il caso fu archiviato dopo due soli mesi e io venni allontanata da Torino, dai miei nonni, dalla mia casa e rinchiusa tra quattro grigie mura a Milano, affidata a due estranei che non riuscivo a guardare in faccia. Non ero trattata da persona, nemmeno da cameriera, oserei dire da serva. Mi fecero lasciare la scuola a 15 anni per farmi andare a lavorare mentre loro poltrivano a casa come due orsi in letargo. Li detestavo. Lei, grassa e foruncolosa, emanava una miscela di aglio e Tavernello che avrebbe potuto stendere anche una puzzola. Lui, ubriacone e rozzo, mi picchiava perché non portavo abbastanza soldi a casa.
A 17 anni, decisi che quella non era vita. Scappai di cas

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   2 commenti     di: Darren Stevens


Il Sangue Malvagio di Praga

Non appena il Rabbi Josef cominciò ad attraversare il maestoso ponte Carlo, il sole, una grande sfera arancione bassa nel cielo, s'infranse contro l'imponente sagoma del castello. Josef non poteva vederlo perché in quel momento procedeva con il tramonto alle spalle, ma gettò lo sguardo alla sua sinistra e mantenendo un'andatura costante osservò lo strabiliante gioco di colori riflettersi nel letto placido della Moldava.
Non c'erano molte persone in giro a quell'ora, ma le poche che incrociava chinavano la testa in segno di saluto e rispetto. Josef rispondeva distrattamente, concentrato sul rito che avrebbe avuto luogo quella sera stessa. Quella notte la città di Praga era nelle sue mani, sebbene poche persone se ne rendessero conto. Il rito del sangue malvagio avrebbe placato la sete di vendetta del loro protettore.
Quel giorno ricorreva la morte del famoso Rabbi Löw, colui che per una vita si era battuto per il benessere e la sopravvivenza degli ebrei di quella città. Colui che per il bene di tutti aveva creato la vita dal nulla, dominando i quattro elementi e modellandoli in un uomo d'argilla.
Josef sorrise al pensiero che quell'essere conosciuto come il Golem un tempo si muoveva per il ghetto con il suo stesso nome: Golem Josef. E lui quella notte avrebbe saziato la sua sete.
Una volta superato il ponte svoltò a sinistra e seguendo il corso del grande fiume procedette verso il ghetto. Di solito non prendeva quelle strade, piuttosto avanzava fino alla torre dell'orologio per poi proseguire verso la sinagoga, ma quel giorno aveva bisogno di concentrarsi e scelse delle stradine secondarie, poco trafficate e buie.
Passò dietro il Bethchajim, il vecchio e sacro cimitero ebraico, e quando arrivò alla sinagoga Vecchia Nuova il cielo si era fatto scuro.
All'ingresso non c'era nessuno. Scese i gradini che portavano alla sala principale ed entrò nel luogo sacro più antico della città.
La sinagoga Vecchia Nuova aveva quasi mille anni di vita. La su

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   1 commenti     di: Andrea Franco



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