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Racconti horror

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Il cimitero

Il cimitero

Sento il bisogno di scrivere, di raccontare ciò che accadde quella tragica notte.
Questa non è una delle tante storielle dell’orrore, non è una delle tante storie di mostri e creature del male; questa è solo un breve ma terrificante capitolo della mia vita.
Qualcuno di voi leggerà tutto e non crederà a una sola delle mie parole; chi lo farà avrà fatto la scelta giusta.
Ma altri potrebbero credere, a questi ultimi non posso dire altro che dormiranno poco la notte; buona fortuna.
Per molto tempo ho tenuto tutto dentro, ho cercato di dimenticare e andare avanti, ho cercato di vivere come uno dei tanti ragazzi della mia età; adesso ho capito che quello che successe quella notte d’inverno rimarrà sempre come un ricordo del passato, molto vicino al presente, come un incubo incredibilmente lucido, che sconvolge il tuo modo di pensare, e nel mio caso, di vivere.
Io ho smesso di credere ai fantasmi e ai vampiri quando avevo tredici anni, ma quella notte capii che in questo mondo di cui sappiamo tutto e non sappiamo niente, esiste qualcosa di inspiegabile, qualcosa di invisibile, che si rivela ad alcune persone per motivi sconosciuti.
Quella notte non vidi nessun fantasma, nessun vampiro e neanche l’ombra di un licantropo; non vidi niente di ciò che voi potreste immaginare.
Ebbi la certezza che queste creature leggendarie sono, appunto, leggendarie; popolano solamente i racconti dell’orrore, le fiabe, e le menti di persone superstiziose e deboli di carattere.
Mia nonna era una di queste persone, come quasi tutte le anziane, era superstiziosa e io ammetto che la superstizione è solo il risultato di un misto di paura infondata e ignoranza.
C’è da dire però, che fin dall’antichità, la superstizione, la magia, e la paura di un qualcosa di superiore all’uomo, fragile ma allo stesso tempo, la più forte delle creature, ha caratterizzato la nostra esistenza.
Persone sospettate e accusate di essere streghe, di avere legami con il

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Ritorno a casa

"Proprio un bel film" dichiarò Paolo
"Ne ho visti di migliori" commentò di rimando Chiara
"Sei sempre polemica" disse, scherzando Paolo
"Dovresti saperlo, mi hai sposato!" ribatté Chiara, infilando le chiavi nella serratura della porta di casa.
L'abitazione dei coniugi era un prefabbricato di due piani con un giardinetto sul retro pronto ad accogliere un bambino che Paolo e Chiara non avevano mai avuto.
"Che freddo!" disse Chiara entrando nell'ingresso di casa "Non hai chiuso tutte le finestre?"
"Mi sembrava di averlo fatto" disse sorpreso Paolo "in ogni caso il freddo viene da sopra. Vado a controllare". Mentre si toglieva il cappotto, Paolo salì le scale dirigendosi al piano superiore alla ricerca dell'origine di quell'ondata di freddo che invadeva la casa simile ai corpi dei suoi clienti; il medico legale era pur sempre un lavoro ben retribuito.
Il freddo risultò provenire dalla finestra della camera da letto, Paolo doveva aver dimenticato di chiuderla nella fretta di uscire.
Chiusa la finestra Paolo si accorse che nella parte inferiore dello stipite si scorgevano dei segni come di graffi che non ricordava, ma non diede loro importanza: doveva essersi "fatto le unghie" il gatto dei vicini.



Chiara, aveva posto il bollitore dell'acqua sul fuoco per preparare una tisana come d'abitudine
"Deve essere entrato di nuovo il gatto dei vicini" dichiarò Paolo, scendendo le scale
"Lo cercheremo domani" rispose Chiara accendendo il televisore.
Alla televisione stavano reclamizzando una ditta di pompe funebri
"Avanti il prossimo" e Chiara preferì spegnere l'apparecchio per parlare con Paolo
"Non te l'ho chiesto a cena ma... come va il caso dei morti squartati?" chiese Chiara con dolcezza, per quanto se ne possa avere per un argomento del genere.
"Sappiamo che l'assassino usa soltanto coltelli lunghi 50 centimetri e che asporta gli organi dopo l'uccisione delle vittime" rispose Paolo con naturalezza
"... E avete una pista?" insistette la moglie

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Gli zombie del cimitero

Eravamo una famiglia felice, eravamo, adesso non lo siamo più. Mio padre è morto quando avevo sei anni e da quel momento la mia vita è stata un incubo; adesso ho dieci anni ma le cose non sono cambiate. Mi presento, mi chiamo Justin e vivo con mia madre in un piccolo paesino.
Una sera stavo facendo i compiti nella mia stanza, sembrava tutto normale, ma ad un tratto sentii delle grida, corsi spaventato in cucina e vidi mia madre che piangendo veniva portata via dai poliziotti, uno di loro mi si avvicinò e mi disse: "andrai in un collegio, mi dispiace".
Salii in macchina ma solo dopo aver fatto i bagagli; presi la foto della mia famiglia e pensai " che bella famiglia che eravamo, adesso è tutto distrutto" mi scese una lacrima che andò a finire su di essa, proprio in quel momento nell'auto entrò un assistente sociale che prese la foto e me la strappò in mille pezzi mentre rideva ero infuriato ma non aprii bocca, forse per timore.
Dopo un ora di viaggio la macchina si fermò davanti ad un edificio immenso era in pietra, una pietra antica, con ben venti finestre divise in file da cinque, notai un piccolo particolare, le finestre erano chiuse con le sbarre, questo mi face molta paura e mi faceva pensare che in quelle stanze accadessero cose orribili! Mi incamminai verso l'entrata; li ad aspettarmi vi era un vecchio signore. Aveva la faccia sgorbia e gli mancava un occhio. Mi fece molta paura; tutto mi faceva paura. Il vecchio mi prese per il braccio e mi portò in una stanza dicendomi: " Questa è la tua schifosa stanza, stupido bambino ih ih ih... ci vediamo alle sette per la cena e vidi di essere puntuale e... stai attento ai fantasmi ih ih ih". Quella risata era aghiacciante e al solo sentire la parola fantasmi mi si gelò il sangue; mi girai e vidi dei bambini dietro di me a cui dissi: " fa-fa-fa fantasmi? Qui ci sono i fantasmi?" uno di loro mi rispose: " si! certo come no, qui è pieno di fantasmi. Buu!!" Io saltai sul letto dallo spavento e tutti si mise

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   3 commenti     di: Eleonora


I vicini

Sono John, sono qui a scrivere perchè ormai mi è rimasto pochissimo tempo. Partiamo dal principio: io abito in una villetta a Roma, bel posto, molto accogliente se non fosse per i miei vicini di casa. Sento continuamente urla da casa loro ma la cosa più inquietante è che le sento sempre alla stessa ora.
Oggi ho sentito nuovamente quelle urla, quel chiasso, così decisi di andare a vedere dalla finestra senza dare nell'occhio; ciò che ho visto è un orrore.
Otto corpi mutilati, squarciati. Per lo shock non ho fatto in tempo a rientrare dentro e chiudermi in casa: mi hanno visto.
Ho chiamato immediatamente la polizia ma ormai non c'è più tempo. Vedo il loro riflesso dallo specchio dell'ingresso, mi stanno cercando... senti anche tu i loro passi?

   5 commenti     di: Chiara


Il diavolo corre nei campi

A volte la memoria ci inganna. Ricordiamo con esattezza un fatto avvenuto in una giornata di tanti anni fa. Ci sembra quasi di essere ancora li, ogni volta che ci torniamo col pensiero. Sentiamo gli stessi odori. Ricordiamo ogni particolare, ogni colore, ogni parola.
Poi, improvvisamente, alla nostra certezza, si affianca una domanda. Davvero è andata così? Davvero ero lì quel giorno? E quel giorno c'è mai stato? Sembra pazzesco se solo ci pensate. Eppure queste cose accadono in continuazione. E nella selva dei ricordi, talvolta non sappiamo darci una risposta neppure su quello che ci sembrava lampante.
A volte questa piccola consapevolezza ci spaventa. Possibile che dobbiamo perdere per strada pezzi interi della nostra vita? Possibile che un giorno non saremo sicuri neppure di quello che abbiamo fatto? Eppure, in alcune occasioni, sapere che qualcosa andrà perduto ci è di conforto. Perché non tutto è piacevole da ricordare e perché avere un dubbio circa alcune giornate di tanti anni fa ci aiuta a pensare che qualcosa che ricordiamo con chiarezza assoluta, potrebbe non essere mai accaduto.
Per me questa è la spiegazione. E per me è quanto basta per dormire quando mi capita di scavare troppo a fondo nei miei ricordi.
Andavamo alla casa dei miei zii due o tre volte all'anno.
I miei zii paterni, al contrario di tutto il resto della famiglia, avevano scelto di vivere in una casa in campagna a poco più di tre ore dalla città dove abitavo. Anche i miei genitori non dovevano trovare quella visita particolarmente eccitante dal momento che si limitavano a farla, sempre più raramente col trascorrere degli anni, soltanto nei giorni di festa più importanti e che il viaggio di andata, un interminabile discesa attraverso campagne desolate senza segnali di vita per chilometri e chilometri, si faceva nel più totale silenzio.
La loro tenuta (acquistata con una parte dell'eredità avuta alla morte di mio nonno) stava appollaiata su un enorme calanco che scen

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Il Babau

Le tre e quaranta... del mattino. Il sole sorgerà soltanto fra due ore... e sembreranno eterne, come al solito. Dannazione,è impossibile continuare in questo modo! Ormai sono ad un passo dalla più totale follia. Se avessi ancora voglia di fare dell'umorismo potrei dire che avrei una brillante carriera di guardiano notturno al museo di storia naturale... il fatto è che non ho più voglia di fare dell'ironia... nemmeno un po'... ultimamente non è di casa nella mia testa.
Dunque... la situazione ha quantomeno del curioso... chissà se ho ancora un briciolo di lucidità mentale per cercare di riordinare le idee e ricostruire gli avvenimenti. Come diavolo è iniziata questa storia? È imperativo raccogliere tutta la lucidità sparsa negli angoli del mio cervello angosciato ed usarla per tentare di spiegare quello che può sembrare in tutto e per tutto un episodio di Ai confini della realtà.
Quattro notti... quattro notti insonni e quattro giorni passati nel più totale rimbambimento e nella paura che tutto si potesse replicare... e così è stato fino ad ora; non seguendo le stesse modalità, certo... non con il medesimo modus operandi... ma è successo.
Come si presenterà questa notte?
Sussurri? Rumori strani? O staglierà la sua ombra sulla parete di fronte al letto come ha fatto ieri?
Ma soprattutto perchè sta succedendo a me? Ho passato l'infanzia da un pezzo e, mi secca dirlo, anche l'adolescenza; sono un uomo fatto già da qualche anno anche se non ho poi così tante rughe o capelli bianchi a riguardo... giusto per mettere in chiaro la cosa.
Insomma è una cosa che capita ai bambini... a quelli cattivi in special modo...è la minaccia che si sentono dire più spesso quando non vogliono rispettare il coprifuoco di casa:
“Se non vai subito a letto arriverà il Babau a prenderti e ti porterà nel buio dove rinchiude tutti i bambini cattivi che non obbediscono!”
“Dormi oppure il Babau arriverà e ti spaventerà tutte le notti...”
E così via.
A pensarci

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La donna del lago

"Le dirò la verità, non credo molto nella psicoanalisi se sono qui è perché ne ho provate tante. È una vita che tento di uscire da questo incubo, è diventato impossibile, se non risolvo..."
"Va bene, andiamo con calma. Da quello che ho capito questo disagio se lo porta dietro da molto tempo, quanto?"
Filippo Moroni era sdraiato sul divano dello psicanalista Carlo Sigismondo, un eletto nel settore, le sue sedute erano rinomate e la sua parcella era talmente elevata da incidere sul ripristino psico-salutare del paziente.
"La prima volta è successo a sei anni, anni di incubi persistenti che poi sono passati fino a sei mesi fa, quando sono ricominciati. Non voglio tornare nell'angoscia, nel tormento. Voglio uscirne. Questa volta dev'essere definitiva".
Lo psicanalista stava seduto alle sue spalle, le gambe incrociate e sopra un quadernino su cui segnava le parole che si ripetevano o che sembravano la chiave per aprire ambienti ormai stagnanti nella mente del paziente.
"Cominciamo dall'inizio, quando lei aveva sei anni. Cosa è successo?"
Filippo sospirò, la stanza era leggermente buia, chiuse gli occhi e con gli occhi della mente tornò nel lontano 1981, quando era un felice bambino di sei anni in visita dalla nonna.
"Quell'estate i miei genitori decisero di fare una crociera da soli e mi lasciarono nella villetta di mia nonna in campagna. Quella era la casa dove era cresciuto mio padre, poco lontano dal paese di Montespertoli; vicino c'è un grande lago dove puoi fare gite in barca. Amavo andare da mia nonna, avevo delle amicizie con i bambini delle case vicine, ero libero di giocare per la campagna senza essere sorvegliato e questo mi faceva sentire grande e autonomo. Ero contento di andare là."
"Un giorno fu organizzato un picnic insieme ad altre famiglie sulle rive del lago. La mattina tutti i bambini fecero il bagno, abbiamo giocato con la palla in acqua, io quell'inverno avevo fatto il corso di nuoto e mi sentivo importante perc

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   10 commenti     di: Paola B. R.



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