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Racconti del mistero

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L'invito

L’invito



La signora * penetrò nello studiolo, dove sapeva avrebbe sorpreso il marito posatamente inten-to ai suoi disbrighi?" che richiedevano un raccoglimento e un’operosa inerzia più volte rogati e nondi-meno mai (pressoché) incontrastati?" con la medesima intrepida arditezza che la “Pucelle d’Orleans” a-vrebbe profuso nello sguardo rivolto ai fortilizi da prendere d’assalto:
?" Per venerdì prossimo (non questo, ma quell’altro ancora), siamo stati invitati a una festa in campagna. Il signor *, che nel corso degli anni aveva imparato ad opporre il più misurato sangue freddo alle traversie che la sorte recapita, lasciò smottare giù in caduta libera le palpebre, sopraffatte da un peso improvviso, e se in apparenza appoggiò quieto la schiena alla poltroncina, in realtà si abbatté sullo schienale, folgorato nella psiche.
?" Io, per me, una festa in campagna la preferisco?" incalzò l’aggreditrice?" : c’è più cordialità, si sta più rilassati senza troppe formalità, c’è un senso maggiore dell’ospitalità, meno bisogno di fare ele-ganza… non credi? ?" ma l’interrogativo, lungi dall’essere retorico soltanto, nascondeva?" eccome! ?" un’inflessibile asserto, comparabile a quello di quel gran sardo: “… e chi non beve con me… peste lo côlga!”
Il signor * accolse l’ambasceria con genuina apprensione, poiché provava un’istintiva ripulsa per i ricevimenti in genere, e con la più giocosa amara ironia che seppe trarre, debolmente si difese:
?" Chissà che non ci troveremo pure quella simpatica signora che conosce impareggiabilmente tutte le storie delle famiglie e non si lascia sfuggire la benché minima occasione di riversare il suo sapere nelle orecchie del più vicino ascoltatore... Era in effetti un’apologia scarsotta, dalla moglie facilmente dispersa replicando che no, la donna era fuori sede, a trovare la figlia maritata con un ufficiale medico della Marina, provveduto di baffi

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La strada del Nord

Mentre le autostrade sono lingue d'asfalto scintillanti, informazioni su display elettronici che danno la situazione traffico in tempo reale, la superstrada a nord di M. è un residuato bellico.
Un'antica opera caduta in rovina.
Abbandonata, inizia a coprirsi di rampicanti, e il cemento lascia spazio al verde, fino a quando non si nota più traccia dell'antica pietra grigia.

Attraversavo tutti i giorni la città divisa in due da quella lunga striscia nera. Come una crepa che si estendeva infinita verso l'orizzonte dopo un terremoto.

Solitamente, nelle ore più trafficate del giorno, un serpentone infinito di luci rosse davanti a me. Quella sera invece si era fatto tardi, la strada era sgombra.

A destra e sinistra troneggiavano enormi caseggiati. Alcuni, costruzioni risalenti agli anni cinquanta, in mattoni. Migliaia di mattoni che si innalzavano per decine di piani. Altri, più recenti, completamente grigi. Abbandonati o affollati che fossero, ostruivano completamente l'orizzonte.

I palazzi e la strada erano separati da un tratto di sterpaglie, che scendeva dalle abitazioni verso l'asfalto. Quella strada sembrava non svuotarsi mai, se non la sera, quando orami tutti erano tornati dal lavoro e il cielo terso si colorava di arancione.

Era davvero curioso osservare le sterpaglie, i rovi, l'erba cresciuta a dismisura: avevano occupato completamente la breve discesa. Quel verde così disordinato, cresciuto spontaneamente dal nulla divideva la vita frenetica dei palazzi e il traffico infinito della strada.
Alcuni avamposti di verde si sporgevano oltre il guard-rail, altri si attorcigliavano sui cartelli stradali. Alcuni ancora coprivano quasi completamente vecchi cartelloni pubblicitari.

La natura che si riappropria della terra.

Esistono posti - riflettevo - che sembrano inaccessibili.
Punti inesplorati del pianeta.

Sembrano.
Il profondo di una foresta, un punto infinitamente lontano tra le montagne. Posti dove mai nessuno si sognerebbe

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   1 commenti     di: paolo molteni


Incognita

Quell'attesa che ti fermenta il cuore,
quell'ansia che ti fa fermare il cuore,
i pensieri che volano su fino all'universo,
quelle paure di cosa ti dirà.
Preme è arriva il momento decisivo,
come quella verità del tuo istinto,
che tu credevi che era solo...
al suo pensiero di quell'ombra, di quell'anima,
quell'incognita della l'attesa di cosa ti dirà.
All'improvviso arriva quel travolgente abbraccio così forte che ti toglie l'aria,
da togliere tutta quell'attesa per far sparire,
liberare immensità di un piacere che hai sempre desiderato.
Inizio di una vera amicizia.

   4 commenti     di: vania antenucci


Gli animali

gli animali hanno la stessa nostra vita nel senso mangiamo, beviamo, dormiamo, moriamo e forse di come ci sentiamo tutto questo serve per crescere fino che si può crescere e vivere fino quando si potrà vivere.

Ma ce una cosa che cambia tra noi persone e animali e la parola la parola non ce l'hanno gli gli animali tranne che il pappagallo ma lasciamolo fuori mettiamo dentro in fatto tutti gli altri animali come mai li manca la parola?

Non si dovrebbe rispondere anche se si e intelligenti "sono animali e gli animali non hanno le parole" invece se siamo veramente intelligenti si dovrebbe scoprire il vero perchè gli animali non hanno parole...!

verso di noi perchè tra di loro si capiscono, parlano solo che noi non capiamo cosa dicono. Ad esempio un uccellino fischia ma possiamo fischiare anche noi... ma mai come lui... il vero perche e che a noi sembra che fischino invece tra di loro parlano.

Oppure vorrebbe dire qualcosa, lasciarci un messaggio a noi ma non riusciamo capire cosa cosi' liu cosi' noi. Ci sono tantissime cose nel mondo che non conosciamo ancora e che conosceremo ancora non dobbiamo dire una cosa senza
sapere bene il perchè. senza capire bene. Senza dire la storia perche una storia vera e sempre lunga.

   6 commenti     di: mower rell


Milano, periferia nord

Uno di quei sabati mattina di inizio febbraio, grigi e freddi, di quelli in cui si fa fatica ad uscire di casa.

Periferia di Milano, lungo la strada che da nord entrava in città: superata una grande rotonda in mezzo a campi di rovi abbandonati e centri commerciali ancora semi vuoti, come di colpo iniziavano le abitazioni. Sulla sinistra un gruppo di concessionarie, sulla destra si innalzava, d'un rosso spento, un'immensa schiera di palazzoni costruiti ormai decine di anni fa, all'epoca del boom economico.

Parcheggiato di fianco ad un concessionario. Doppie frecce. I bimbi sui sedili posteriori. Tutti in attesa di A. che era scesa di corsa per una commissione.

I secondi passavano: mi guardavo intorno. Macchine dall'aspetto dimesso che passavano lente in tutte le direzioni. Qualcuno entrava e usciva nel bar di fronte. Alzando lo sguardo, la parete di un palazzo. Contai i piani, uno due tre quattro... nove.
-nemmeno l'onore di arrivare a dieci -

Lo sguardo perso in quella moltitudine di finestre: molte tapparelle erano ancora abbassate. Dalle altre finestre le classiche tende bianche nascondevano l'interno.

Ad un certo punto - sarà stato al quarto quinto piano - si aprì una porta: qualcuno era uscito sul balcone.
Uno di quei piccoli terrazzini protetti da una ringhiera incerta. Adesso le fanno più alte.
Un signore sulla settantina, golfino nero per proteggersi dal gelo e pantaloni azzurrini del pigiama. Un foulard bianco faceva da sciarpa, arrotolato fino a coprire il naso.

Armato di scopa, iniziò a pulire la parte superiore di un armadietto di plastica che spuntava sulla destra del balcone. I bimbi trovavano la cosa divertente, e iniziammo a ridere! Con la scopa si pulisce il pavimento, no?

L'apoteosi arrivò quando dalla tasca del pigiama tirò fuori un fazzoletto e iniziò, con cura certosina, a pulire ogni parte della ringhiera. Impiegò almeno cinque minuti, impegnandosi a fondo su ogni particolare. Poi rientrò in casa: pareva ch

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   5 commenti     di: lorenzo


L'UOMO CHE SORRIDE

Se ne stava seduto sul penultimo pilone dell’unico pontile di Rouge-du-mer.
Chiunque fosse passato sulla sponda di pietra ornata di culi di cannoni lo avrebbe visto in quella posa.

(con l’avvento delle navi con cannoni a torretta, dette “monitor” , le obsolete bocche da fuoco ad avancarica avevano trovato una nuova utilità come bitte d’attracco)

Lo sguardo rivolto all’orizzonte del mare, la pipa lunga e bianca di spuma tra le labbra e il gomito appoggiato sul ginocchio.

La luce bigia novembrina rendeva di piombo liquido freddo l’acqua del mare, alcune vele temerarie in affanno sulle creste spumose, la giù sulla gradazione resa più scura dalla distanza.
La magia imprevista di un raggio di sole filtrato, non si sa come, oltre la barriera metallica delle nuvole, avvolse la figura dell’uomo.
Il suo volto tradusse i suoi pensieri in pieghe d’espressione, finchè si stabilizzarono in un sorriso convinto ed aperto.
Aspirò una calma boccata di fumo.
Infilò la mano nella tasca sinistra della capottella da marinaio.
Stretta nel pugno una corta denninger a due colpi.

A lui ne bastò solo uno!



Lei

Eppur lei aprì gli occhi ad un nuovo giorno, ma non sorrise, non gioì. S'accorse, in quell' istante che destò lo sguardo, di non vivere, ma di attendere i giorni e minuti, fin anche a programmare l'ultimo secondo di un'esistenza calcolata.
E poi lei s'accorse d'esser morta ieri, e il giorno prima ancora, capì, sorridendo appena, che avrebbe continuato a morire in eterno, e avvolta nella seta delle sue lenzuola, intuì che gli uomini vivono mille volte nella vita, e che in una di queste, sono a loro decidere quando e come morire.

   3 commenti     di: Anthony Black



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