la mamma ci ha lasciati più di vent'anni fa, ci ha lasciati perché aveva un impegno importante con il nostro amato padre celeste. Da allora periodicamente viene a trovarmi, ultimamente con mio sommo piacere viene sempre più spesso. la rivedo da giovane, indaffarate sempre, ma, mai stanca, sorridente con un sorriso velatamente triste, odo il suo amoroso dire muto, che rimbomba come un accurata richiesta, sento che vuole comunicarmi ma non capisco cosa, allora prego. Anche Filippo (seppur defunto) si è fatto vivo nei miei sogni, proprio l'altra notte, l'ho visto e parlato con lui per brevissimo tempo, intendevo acquistare una partita di frutta e piante, (pochissima cosa) e gli chiedevo di aprire la macchina per caricare la merce, cosa che lui faceva con un sorriso e asserendo di volermi assecondare. prossimamente spero di sognare anche Alfonsa e Maria, mi piacerebbe rivedere anche il babbo, chisà . i sogni miei con chi mi manca.
Sandro si trovò per l'ennesima volta dal medico, una lunga fila di anziani lo precedeva tanto che decise di andarsene quasi subito. Non ne poteva più di quei dolori però, andavano e venivano e man mano diventavano sempre più forti. Tornato a casa e dopo essersi sparato l'ultima dose di antinfiammatorio si rilassò sulla propria poltrona preferita tanto da addormentarsi. Alcune ore dopo si svegliò con i dolori al loro apice tanto da dover pensare a qualcosa di alternativo per lenire le proprie sofferenze. Andato distrattamente su un motore di ricerca in internet digitò "dolori colonna vertebrale" e nelle migliaia di risposte cliccò una a caso. Era un link sponsorizzato che pubblicizzava la casa di cura "New Lumbar" che si prometteva con tecniche alternative di affrontare in maniera diversa i problemi alla colonna vertebrale tanto da essere invogliato a proseguire. Migliorò la sua ricerca notando con interesse che una sede si trovava anche nella propria città. Non passò molto tempo e si decise di telefonare al numero che aveva trovato e, con un appuntamento in mano per il giorno successivo, se ne andò a letto felice.
Il mattino seguente si recò alla sede con un largo anticipo per studiare meglio il posto e farsi un idea se si trovasse di fronte all'ennesimo impostore o meno. il palazzo si trovava in periferia e ospitava gli ambulatori in mezzo ad un giardino incantevolmente immerso nel verde. Come entrò dalla porta principale fu accolto da un canto celestiale che veniva trasmesso da delle piccole casse d'alta qualità occultate alla vista. Fu ricevuto addirittura in anticipo e l'infermiera carina che lo accompagnò dallo specialista si poteva definire veramente educata e tranquilla, a differenza di quelle a cui era abituato negli ospedali pubblici.
Fu visitato da una dottoressa di mezza età ma ancora in gran forma che lo fece spogliare ed iniziò a tastargli le vertebre una ad una individuando i punti di maggior dolore segnandoli poi su di un block no
Dicembre di un qualsiasi anno.
Lei era bellissima…
Forse era la più bella tra tutte le ragazze che fino ad allora avevo incontrato.
Quel suo modo di mantenere la sigaretta tra le labbra, come farebbe un maschiaccio, mi aveva fin da subito rapito.
Non tutte le donne hanno classe.
Non tutte le donne che hanno classe, la conservano nel tenere tra le labbra una sigaretta.
Era capace, benché avesse delle labbra molto carnose, di non sporcarle col suo rossetto neanche un po’.
Per giorni e giorni… avevo passato il tempo a guardarla da lontano.
Avevo avuto il tempo di osservare ogni suo gesto, ogni suo movimento con le mani. Anche il più semplice, anche il più insignificante.
Lei non si era mai accorta di me.
Io avrei potuto perdermi nel blu dei suoi occhi.
Oppure rimanere per sempre avvinghiato ed intrappolato nella sua bellissima chioma bionda.
E avrei voluto mordere quelle labbra.
Ma non potevo.
Non dovevo.
E intanto continuavo ad osservarla.
Prima da lontano.
Poi da vicino, sempre più vicino.
Lei, invece, continuava a non accorgersi di me.
Lei era una ragazza solare e piena di vita.
Sempre sorridente, allegra… e con quella sigaretta perennemente sulle labbra… che le conferiva quell’aria da maschiaccio che quel bellissimo corpo e quel viso così delicato mai avrebbe potuto tradire.
Io invece ero sempre vestito di nero.
Occhiali neri. Cappello nero. Vestito e guanti neri.
Io non ero affatto bellissimo.
E comunque lei non si era mai accorta di me.
Eppure io trascorrevo a volte anche delle ore a guardarla. Ad osservarla.
Qualche volta ne ho anche seguito gli spostamenti.
Potrei descrivere perfettamente il percorso che fa ogni mattina quando si reca al lavoro. L’orario in cui esce da casa.
Le tappe che affronta.
Le persone che incontra.
A che ora torna a casa.
Potrei ossessivamente descrivere com’era vestita ieri, e ieri l’altro, ed il giorno prima, e quello prima ancora.
Conosco tutte le sue amiche. I suoi amici. Le p
Il barometro appeso al muro dell'agenzia di pompe funebri Alò, segnava pioggia. Giacinto Nervi, nel suo impeccabile completo scuro di lana foderata, osservava il cielo plumbeo. Se avesse potuto guardarsi dentro, avrebbe visto il medesimo colore.
Una mano si appoggiò delicata sulla sua spalla. Dita affusolate, unghie rosso lucido e ben curate.
─ Mi dispiace, mio padre è stato ingiusto. ─ Disse Chiara Alò.
─ No, non poteva fare altrimenti ─ ribatté Giacinto ─ la concorrenza in questo settore è davvero diventata spietata. Era giusto tagliare me piuttosto che uno dei suoi figli.
─ Non disperare ─ disse Chiara ─ secondo me troverai un altro lavoro, vedrai.
─ Ci conto poco. Ho cinquantaquattro anni ormai, chi mi vorrà più.
─ E poi, con i pochi contributi che ho versato, la mia pensione mi consentirà di sopravvivere appena. ─ Disse. ─ Resta comunque il problema che prima di allora mancano ancora troppi anni.
Giacinto sorrise. ─ Se mi vedrai con una tazza in mano fuori da un supermercato, sii generosa.
Chiara rise, spostando con la mano la sua frangetta corvina dalla fronte.
─ Sono uno che non si abbatte, ce la farò. Come sempre.
Una porta si aprì, apparve un ometto stempiato, con attorno alla bocca e sul mento una barbetta bianca e ispida. Giacinto non ebbe bisogno di girarsi per riconoscere il capo. Sentì il classico puzzo di sigaro da quattro soldi.
─ Chiara, c'è Masi al telefono. ─ Disse Alò con voce rauca. ─ Vieni nell'altro ufficio, Giacinto.
I due si sedettero l'uno di fronte all'altro, Alò decise di occupare una sedia di plastica invece di sedersi sulla sua poltrona di pelle.
─ Ho un ultimo viaggio da farti fare ─ diede un tiro al suo sigaro ─ conosci Donat Perreault?
Nell'aria si era sprigionato un gradevole aroma, Giacinto pensò che il suo capo dovesse aver finalmente cambiato la marca dei suoi orribili sigari.
─ Quello che correva in Formula Uno negli anni settanta?
─ Bravo, proprio lui.
Percorrendo l’Autostrada dei Fiori ad alta velocità, l’auto di Thomas raggiunse il cartello con l’indicazione per l’uscita di Spotorno.
Dall’alto del cavalcavia il contrasto tra l’azzurro del cielo ed il blu del mare alimentava la voglia di arrivare in fretta, quasi a concedersi la possibilità di una bracciata in quell’acqua limpida e tranquilla.
In passato il piccolo paese era un misero centro della riviera, conteso dai più rinomati Noli e Savona, ma con la fine della guerra il paesaggio iniziò a mutare notevolmente e con lui nacquero i primi stabilimenti balneari, i primi hotels e tutto quello che accompagna il turismo riuscendo però a mantenere sempre intatte le tradizioni, i sapori e le bellezze artistiche di un tempo.
Il passaggio sulla corsia riservata al Telepass consentì ai due di evitare la sosta al casello ed inanellare la serie di tornanti che scendendo dall’alto della verde collina, portavano fino al lungo mare.
Per tutto il tragitto non si erano scambiati una sola parola e l’unico nuovo particolare di cui era venuto a conoscenza Thomas era la marca di sigarette che la giovane donna fumava. Il pacchetto, era stato appoggiato sul cruscotto, fintamente dimenticato sul vano porta oggetti, ma ben in vista, quasi Cloe si fosse aspettata come segno di cortesia da parte dell’uomo l’invito per poterne fare uso.
Dal canto suo Thomas non fumava dai tempi della scuola, dove la voglia di farsi notare dalle ragazzine dell’istituto privato, lo portava sistematicamente a piegarsi in due dai violenti colpi di tosse e conati di vomito.
L’ora ormai volgeva verso la mezza, e mentre percorrevano a velocità ridotta le vie del centro, Thomas si rivolse in modo cortese ma con un tono di voce fin troppo deciso, alla bella addormentata nel bosco con l’intento di farla sobbalzare dal sedile in cui si era lasciata andare ad un sonno leggero.
<< La signora gradirebbe un boccone prima del nostro arrivo al castello? >>
Da dietro l
Sto piangendo, e per non fartene accorgere, affondo il viso nel tuo petto, però tu, sensibile come sempre, mi accarezzi il collo e la testa e mi sussurri tenerezze per cercare di consolarmi.
È ridicola questa inversione i ruoli, tu, la piccola, e tenera, e docile bambolina, che si prende cura del vecchio barbagianni.
Dovrei essere io la tua guida, il tuo faro, la tua sicurezza, e invece…..
Invece piango, e più sento il tuo amore incontaminato e più mi sento felice e sgomento allo stesso tempo.
Felice perché capisco che stai con me per amore, e non per patetica compassione.
Sgomento perché non so mantenere il ruolo di “duro” di “macho” di “pater familia” e piango, e ti stringo fino a farti male; sono debole e tu mi fai sentire forte, sono insicuro e tu mi dai certezze, sono avvilito dalla vita ma tu riesci a strapparmi un sorriso.
E non è forse, tutto questo, amore?
Grazie, piccolina, forse un giorno riuscirò a ripagare tutto questo. Forse un giorno tu, sarai orgogliosa dell’amore che mi hai così liberamente, saputo donare. Forse un giorno, quando ti lascerò, sola per sempre, custode del mio ricordo, ti sembrerò migliore di quel che sono, migliore di quel che sono stato, o che ho cercato di essere, e l’urna delle mie ceneri ti osserverà crescere, smisuratamente bella, incontenibilmente donna!
Addio piccolina, non saprò mai come sono riuscito a far entrare nel mio cuore, tutto l’amore che provo per te!
Addio piccolina! L.
( un mese dopo aver scritto questa lettera, L ci ha lasciato, uno dei miei alter ego, il migliore, direi, non c’è più, eppure nel mio ricordo, come il limo del Nilo, è presente anno dopo anno)
Su un lettino, composto di una branda quasi arrugginita, un materasso di vecchia lana da ricordare le Dolomiti, un paio di lenzuola di panno giallastro e una coperta di tipo militare, giace infermo Michelino.
Nella stanzetta generosi entrano pochi raggi di sole, da un finestrino, che non ha visto una pennellata dai tempi della bisnonna.
Michelino ha una chioma bionda e riccioluta, occhi vispi e azzurro mare, un visino pulito, con un nasino all'insù ed una boccuccia a petali di rosa; ha poco più di otto anni, soffre ma non lo mostra.
I genitori piangono per questo piccolo ed unico figliolo; sanno quel che sente, quel che prova, ma sotto a quei begli occhi non hanno mai visto spuntare una lacrima.
Michelino tutte le sere, a mani giunte prega Dio e San Michele Arcangelo, suo protettore, che forza gli danno per aprire gli occhi e sentirsi forte e sereno ad ogni spuntar del sole, seppure immobile.
Una mattina un passerotto, piccolo e carino, sul davanzale del finestrino, appena socchiuso, s'era posato; Michelino ha in mano un pezzo di pane e lo invita a colazione; un piccolo aprir di ali in lieve e dolce movimento, ed il volatile gli è già vicino a beccarsi le briciole; per ringraziarlo poi, si posa sul suo indice cinguettando qualcosa, che fuori viene come una deliziosa melodia.
Da questo dì Michelino ha un fedele amico, che compagnia gli fa ogni mattina.
Una notte, apparentemente non diversa dalle altre, qualcosa accade di veramente straordinario; un fascio di luce, che tutti i colori dell'iride comprende, entrando dal finestrino accarezza la bionda chioma dell'infermo; apre gli occhi e vede la fiammeggiante spada dell'Arcangelo Michele, spalancò del tutto quelle pupille stanche e lo vede tutto intero, proprio così com'è su quel Monte a lui dedicato. E così dice:
- Oh Michelino, Michelino!
- Sono qui Mio Signore.
Rispose egli senza dolore.
- Oh Michelino, Michelino!
La sublime apparizione replicò.
Michelino:
- Sono qui ad ub
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