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Racconti del mistero

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Due adolescenti e la potente berlina blu.

Bella scintillante e graziosa scendi dall’autobus quando torni dal liceo, io sono li su quella potente berlina ad aspettarti, hai solo quindici anni, ed esci pazza per me che mi vedi giungere a tutto gas verso di te.
Papà non si arrabbierà per qualche sgommata e mezzo serbatoio meno solo per farti emozionare, a diciotto anni  questo ed altro ho dovuto farmi perdonare.
Ma il bello è vederti salire sulla potente berlina, ed i sedili di pelle un po’  freddi ti fanno diventare la pelle d’oca, e mentre ti guardo le calze un po’  rigate rubate alla mamma, che indossavi per sentirti più donna, aumento il volume dell’autoradio mentre già sfreccio in terza lungo il viale che conduce a casa tua. Stringendoti la mano, guido mantengo il controllo, tra il volante il variolux e la leva del cambio, mentre tu ti abbracci a poco a poco, e appoggi il tuo viso alla mia spalla.
In quel preciso istante, una lunga e sibilante scia lungo la mia schiena di adrenalina mi sale su da per tutto come se seguisse l’aprirsi del turbocompressore sempre al massimo della pressione.
Ridi  e non hai paura delle lunghe accelerate, e dei sorpassi un po’azzardati lungo il viale,  ti piace perché ti stringi forte a me, mentre svolto da un incrocio all’altro.
Qualche volta abbassi il parasole per specchiarti, un po’, ti metti il lucidalabbra, ti pettini un po’  mentre la mia mano scivola sulle tue gambe, rigandoti ancora di più le calze,  all’improvviso ti giri e socchiudi un po’  le labbra, e non potendo fare a meno di baciarti, con una manovra elegante decelero dolcemente, e passando davanti una vetrina, si rispecchia quella potente berlina blu, che si abbassa sotto l’effetto della frenata, e di noi che prima ancora di fermarci avevamo già dato inizio al lungo bacio. Col motore ancora acceso, mentre suona l’autoradio quel raggiante gruppo degli anni ottanta mi batte forte il cuore, ti stringo a me, eravamo già nei pressi di casa tua.
Tutta un po’ str

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   2 commenti     di: Luca Calabrese


Krestos III

TERZA LUNA.
Si dice che nell'attimo prima di abbandonare questo mondo, la vita intera sfili dinnanzi ai tuoi occhi. Rivedi le menzogne da attore consumato, le comparse nelle esistenze di chi ti sta accanto. Le manie di protagonismo, gli applausi, le espressioni di scherno o biasimo.
E miliardi di istanti compressi e dilatati sulla soglia dell'assurdo. "È impossibile che tu stia morendo davvero", sembra sussurrare basita la tua mente. Poi, eccolo, quell'insistente senso di vuoto che ti attanaglia il petto ti dilania sino a perderti nell'aria.
Quanto tutto ciò fosse vero, il pretuncolo lo imparò quella notte. Nel momento stesso in cui fissò i suoi occhi in quelle iridi ardenti nel buio, capì che il suo soggiorno sulla terra era giunto al termine.
"Dio, perdona i miei peccati..."
La morsa sulla gola si fece meno opprimente. Solo allora il prelato si accorse che qualcosa bloccava le sue labbra tremanti. E che, tuttavia, respirava ancora.
- Zitto.
Parlò una voce nuda e gelida come il duro terreno d'inverno. Un brivido gli si irradiò fino al capo.
Se Dio c'era, se Dio lo amava, che almeno finisse subito. Che non lo lasciasse, lì, a tremare come un agnello senza religione. O che mandasse qualcuno dei suoi arcangeli a liberarlo, a bruciare col fuoco della santità quell'aborto di natura.
E i suoi desideri furono esauditi.
Improvvisamente, una fiammella guizzò nell'oscurità. Ballando, descrisse un ampio raggio di luce, sole nella notte pregna di morte. Rivelò le pareti blande e i mobili spartani, lo scrittoio vuoto e il rosario.
Si posò sull'aborto di natura, sui suoi lunghissimi capelli corvini, sul volto del biancore della neve.
Doveva esserci senz'altro qualcosa di sbagliato. Quello non era un aborto di natura. Era il viso di una giovane donna, di una giovane donna dagli occhi stranamente cangianti.
- Zitto. - ripeté. Gli sollevò una mano dalla bocca, l'altra dalla gola.
Il pretuncolo si tirò su massaggiandosi la gola.
- Chi... - comin

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   1 commenti     di: myatyc myatyc


Sonnambulismo

Che dolore!
Con anticipo sulgli altri sensi, sento contusioni acciacchi che il sonno aveva anestetizzato.
Apro gli occhi a fatica vincendo con coraggio la luce del giorno che irrompe nella stanza che non riconosco.
Il mal di testa mi rende difficile riordinare i pensieri e i ricordi.
Alzo con grande sforzo il capo dal cuscino.
Una sottile inquetudine si fa strada nelle mie interiora.
Non ho memoria!
Indosso la tunica nera tenendomi in piedi a fatica.
Guardo con maggiore attenzione la stanza.
Ne ricavo una impressione deprimente.
Raggiungo il bagno.
Dio mio! Che pallore.
Dannazione! A parte qualche sensazione, non recupero la memoria.
Che strano!? Un vasto silenzio al di là delle finestre.
Una porta nera in fondo al corridoio.
Un sorriso cattivo modifica la mia espressione.
Non ne capisco la ragione.
Darei un tesoro per ricordare.
Le mie mani! Lunghe con le dita sottili... inquietanti.
Ritorno agli specchi antichi del bagno... i miei occhi!
Grandi e neri senza iride... mostruosi.
Chi diavolo sono? Che cavolo faccio?
Perchè questo silenzio?
Una rosa in un vaso attira la mia attenzione. La accarezzo.
... maledizione!
La rosa ora è cenere.
Mi viene il sospetto che questa mia condizione sia inusuale... che la mia natura è nella notte, sono estraneo al giorno.
Trovo il coraggio e apro una finestra.
Un odore acre, putrido... di Morte.
Ora ricordo!
Un sorriso convinto e cattivo devasta il mio muso ossuto.
Ho avuto il solito attacco di sonnambulismo.
Tutta colpa del troppo lavoro...



Le voci

Paolo esce di casa. Invia un sms alla segretaria : oggi marrone. Lei avrebbe capito.
Il giovane avvocato lascia con rammarico il suo guscio. La sua casa: ogni stanza un colore unico. Cucina grigia, camera nera, salotto rosso... e gli accessori: rettangoli perfetti, si notano appena nella monotonia del colore.
Gli amici non sopportano la sua mania e lo deridono definendolo "avvocato affetto da ossessione compulsiva ".
Perfino i clienti sono tenuti ad informarsi sul colore del giorno per non ricevere un rifiuto ad entrare nel suo studio.
L'eredità dell'educazione materna è diventata la sua peculiarità.
È venerdì e come tutti i venerdì Paolo indossa il completo di cachemire, camicia di seta, scarpe all'inglese e biancheria intima del colore della terra bagnata. Vana la ricerca di un elemento di diversa tonalità.
Sì, perché la caratteristica dell'omogeneità si è insinuata anche nell'abbigliamento che varia ogni giorno della settimana.
Paolo entrando nel suo studio al mattino sospira sollevato: ha lasciato all'esterno l'irritante arcobaleno della gente comune.
Lo studio di Paolo pare un prato innevato: tutto l'arredamento è candido.
La segretaria Rosa assunta da alcuni giorni lo raggiunge:
-Buongiorno, avvocato. La solita tazza di caffé nero?
Paolo la osserva compiaciuto. La ragazza indossa tailleur pantalone, maglia a collo alto e mocassini: tutto color marronglacé.
Lui è soddisfatto. "Raggiungo sempre il mio obiettivo. Solo con mia moglie non ci sono riuscito, chissà perché? "pensa.
- Certo cara e complimenti per la scelta dell'abito.-le risponde.
Rosa lo sa che è un sacrificio assecondare le manie del suo capo, ma lo fa volentieri. Proviene da un ambiente povero dove però l'obbedienza è ancora un valore. Molte ragazze più facoltose di lei hanno rifiutato quel ruolo, proprio per non assecondare le manie dello strano avvocato.
Paolo si avvicina alla finestra dello studio e fa scendere le tende bianche a pannello.
- Ch

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La Mosca

Il destino, a volte, riserva amare sorprese e vuoti incolmabili.
Una bella casa, un buon reddito e interessi condivisi con la moglie, che definire santa donna, è riduttivo. La zuppetta mattutina con crepes suzette fatte con le sue manine, vera leccornia da far leccare i baffi. No, non voglio annoiarvi, parlandovi delle sue virtù culinarie e vado ai fatti, anche per contribuire ad ampliare le vostre conoscenze.

Rientrando in salone, la vidi accasciata sulla sua poltrona preferita. Era morta, fulminata da un insulto cardiaco, così come reciterà il referto medico. Le ore che seguirono, le ho vissute come in trance. Confortato dal pianto delle vicine, annotavo mentalmente il via vai delle persone. Persone, specialmente vecchiette, che non avendo di meglio da fare, si mettevano in fila per farmi le condoglianze e per caricarmi di baci. Altre portavano caffè e pasterelle, come se invece di un funerale si trattasse di una festicciola. "Coraggio, lei ti proteggerà dall'alto dei cieli." "Che disgrazia, l'ho vista ieri sera e stava bene." "Blà blà blà... ""Povero amico mio, conta su di me e mia moglie che per quello che possiamo siamo a tua completa disposizione." Brava persona, Gianni, era rimasto vedovo sei mesi prima e poi s'era risposato. Aveva dato un calcio alla fortuna, che non si meritava.

Lunga la notte, lunghi i Paternoster e lunghe le Avemaria. Un paio di ore di sonno e la mattina dopo, altre generose dosi di condoglianze, baci, abbracci e tante belle parole. In Chiesa, le parole di conforto, di speranza e la benedizione del Prete, fecero versare fiumi di lacrime, anche agli estranei. Non riesco ancora a spiegarmi gli applausi che ci accolsero all'uscita. Mi sa che stava cambiando la liturgia di questi tristi eventi. Come il buon Dio volle, la sera, quasi distrutto, pensavo alla mia nuova condizione umana. Tante idee e tanti programmi nella testa e anche un pensierino per chi aveva percorso un trentennio di vita fianco a fianco. Già, la vita! È

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   3 commenti     di: oissela


Odor di color ciclamino

Mi guardo allo specchio, mentre rivivo gli ultimi istanti che volgono alla fine, scendono le lacrime calde come lava incandescente lungo la folta barba, cresciuta in questi lunghissimi mesi che sembrano non passare mai, vecchie macchie ingiallite di lacrime su quelle pagine del libro di matematica. Una matita che giace a terra in un angolo, un foglio un po’ stropicciato fermo sulla scrivania, qualche data, qualche appunto, un disegno.
Il mio viso segnato dal tempo, la barba brizzolata, gli occhi che non sono quelli di quel ragazzo che sfrecciava a bordo di quella potente berlina blu.
Scesi in garage, dopo così tanti anni la ritrovai li, ferma impolverata, le ruote sgonfie (le mia gambe tremano di rabbia), il colore opacizzato (i miei occhi che non brillavano più), i cerchioni ingialliti, ( il mio viso stanco).
Sparsi qua e la, quei cd di quella musica degli anni ottanta, mi specchiai sul finestrino e rividi me, mentre sfrecciavo lungo il viale di quella città.
Mi siedo e immagino, rivivo un sogno, mentre si alza lo stesso vento di quella sera di tanti anni fa.
Apro gli occhi, qualcosa si materializza dentro il garage, sembra una sfera, si avvicina verso di me, scura al centro più chiara lungo il bordo, emette dei raggi luminosi rossi.
Si avvicina: è un fulmine globulare, mi alzai, lo vedo avvicinarsi verso la potente berlina.
All’improvviso una luce quasi accecante parte insistente dal centro di quella sfera, irradia il mio corpo, la mia barba brilla, i miei occhi si illuminano, vidi brillare i cerchioni di quella potente berlina. Chiusi gli occhi, sento un forte calore invadere il mio corpo, sento rombare improvvisamente quella potente berlina, il calore aumentare, all’improvviso la luce si attenuò, il fulmine globulare iniziò ad dividersi in tante altre piccole sfere, mentre rividi brillare quella potente berlina. Scappai impaurito, mentre le sfere mi seguivano lungo le scale. Mi chiusi in bagno, ma attraversarono la porta come se non c

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   2 commenti     di: Luca Calabrese


La mia Luna (Cap. I - L' Appuntamento)

L’sms con il quale era stato avvisato del suo arrivo, gli era stato inviato la sera, ma solo accendendo il cellulare la mattina seguente si rese conto di poter essere in ritardo a quello che sarebbe stato il loro primo incontro.
Una telefonata al suo socio in affari, avrebbe risolto l’imprevista indisponibilità nel presenziare la giornata lavorativa, del resto non avrebbe potuto mancare a quell’ appuntamento tanto aspettato per nulla al mondo.
Rilesse bene ciò che era visualizzato sul suo telefonino.
“Arrivo a Malpensa previsto per le 09. 35, ti aspetto  TA ”
In quel preciso momento il suo Locman da polso segnava le 06. 20, il tempo era dalla sua parte.
Scese dal letto e si apprestò a farsi una doccia, mentre l’idromassaggio lo risvegliava dalle poche ore passate a dormire iniziava a farsi prendere dall’idea di vedere quella donna per la prima volta.
Fino ad ora si erano sentiti solo per telefono, ma la voce associata ad alcune sue fotografie, raccontavano di una persona estremamente affascinante, il sorriso sulla carta stampata era di quelli contagiosi e la pelle giovane era tinta solo di una prima abbronzatura.
Thomas abbandonò immediatamente quel pensiero che già lo stava risvegliando oltre il necessario e dopo essersi frizionato energicamente il corpo se lo cosparse con olio profumato, l’occasione glielo imponeva.
Si soffermò anche a guardarsi allo specchio, i suoi 40 anni iniziavano a lasciare segni visibili  sulla pelle, ed tra i capelli di un colore castano scuro si notavano sempre di più quei fili argentati che evidenziavano l’incombenza del secondo tempo della sua vita.
Tralasciò per un istante questi pensieri ed andò a prepararsi un caffè.
Jeans e camicia bianca di lino, lasciata volutamente fuori dai pantaloni ne facevano il suo abbigliamento preferito e scelse questo, per quella giornata che non avrebbe mai più dimenticato.
Controllò nuovamente l’ora, erano quasi le sette del mattino quando uscì con la propri

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