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Racconti del mistero

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La meta erano le Nuove

La meta erano le Nuove. Le carceri più antiche di Torino, imponenti e scure, ora deserte e per questo fascinose: un luogo di detenzione vuoto che accoglie l’uomo libero che le esplora, ne conosce gli anditi misteriosi, nascosti ai più.
La data era il 25 aprile, festa della Liberazione e per onorarla bisognava andare ancora una volta e con piacere ad assistere allo spettacolo di Mauro Il crocevia del Sempione. Proprio lì dove nelle celle più profonde e umide morirono i martiri di quei giorni.
Le spettatrici sarebbero state Lia e Marella, amiche dai banchi di scuola, dai primi amori, dai primi dolori, amiche da sempre, da prima del prima.
Il problema però era la benzina: il tragitto con la macchina di Lia, da casa sua alle carceri e ritorno, non avrebbe permesso di stare tranquille con il serbatoio in riserva. Quindi era necessario un distributore. Quello di corso Regina angolo corso Farini faceva al caso loro, ma era festa appunto, e il distributore era solo “self service”.
< Tu sei a capace a fare benzina da sola? > domandò Marella con il tono di quella che chiede una cosa superflua, che pone quelle domande cui gli inglesi rispondono < Yes, of course > o < Yes, I do >. E così fu la risposta di Lia: < Si certo >. Anche un po’ stizzita dalla possibilità che l’amica mettesse in dubbio la sua familiarità con le pompe di raffinato. Senza avvertire in quell’interrogativo la reale preoccupazione di Marella, la quale sapeva invece con certezza di non esserne capace.
In ogni caso si appostarono accanto al distributore, compiendo un veloce controllo delle tappe da seguire: 1) inserire la banconota desiderata, 2) selezionare il numero della pompa erogatrice 3) erogare.
Dopo che Lia ebbe inserito 10 euro, Marella già aveva in mano una pompa a caso, ma la disposizione della macchina e quella della pistola erano tali che la “copula” tra i due elementi non avrebbe mai potuto compiersi.
Lia allora, atta a risolvere prontamente problemi di caratter

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Missione mortale

Aveva un sorriso raggiante. Capelli castani mossi e occhi scuri giganti.
Lo incontravo tutti i pomeriggi alla fermata del pullman.
Se ne stava lì con la sua tracolla, e il giornale del Politecnico in mano. Ecco, quella era l'unica informazione che possedevo: sapevo che con molta probabilità era uno studente del Politecnico di Torino.
Quel giorno sembrava agitato. Continuava a fissare l'orologio e a guardarsi in giro.
Avrei voluto avere il coraggio di farmi avanti, ma non ero mai stata intraprendente.
Una volta sull'autobus, presi posto in uno dei sedili davanti; guardai fuori del finestrino. Ero intenta a fissare quel cielo così grigio che prometteva pioggia e conciliava il sonno, quando mi sentii toccare una spalla.
“Scusa? ”
Mi voltai: era lui.
“Sì? ”
“Scusa, puoi dirmi che ore sono? ”
Risi sotto i baffi: ok, era un tipo che ci stava provando. L'orologio ce l'aveva, avevo visto che leggeva l'ora pochi minuti prima di salire sul pullman.
Risposi: “Sono le cinque e mezza. ”
“Grazie. ”
Io sorrisi e di rimando indicai il suo polso: “Cos'ha il tuo che non va? ”
Lui balbettò qualcosa d'incomprensibile. Poi mi tese la mano e si presentò: “Massimo. ”
“Caterina”
“Non vorrei che tu pensassi che sono uno che abborda le ragazze sui pullman... ”
“Oh no! Perché dovrei? ”
Si toccò il capo e commentò. “Ho fatto una figuraccia, vero? ”
Anche se ero maledettamente diffidente, lì per lì mi venne da ridere.
“Non fa niente, tranquillo! ”
Quella fermata caricò un numeroso tot di anziani e di conseguenza mi alzai per lasciargli il posto. Sì, perché se poi non lo fai, s'incazzano e ti guardano male. Tanto vale...
Mi spostai e Massimo mi seguì.
Non so dove trovai il coraggio per domandargli: “Vai al Politecnico? ”
Lui inclinò il viso e socchiuse gli occhi: “Come lo sai? ”
Indicai il giornale che teneva in mano.
Lui seguì il mio sguardo e sorrise.
“Sì, sono un assistente di un

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   6 commenti     di: Roberta P.


Il mio ricordo più bello

Ricordo ancora come se fosse ieri il giorno in cui sei entrato a far parte della mia vita.
All’epoca non ero altro che una giovane ragazza di 16 anni a cui non interessava altro che leggere, era così che passavo ogni minuto libero della mia intensa giornata da studente. Poi sei arrivato tu, di quattro anni più vecchio, bello, intelligente e spigliato, mi hai subito rapito il cuore e la mente.
Ricordo quel giorno con nostalgia. Eri venuto a casa nostra per lavorare ad un progetto universitario con mio fratello. Io ero rinchiusa nella mia stanza a leggere l’ennesimo libro, m’infastidiva avere degli estranei per casa. Ero talmente immersa nella mia lettura che non mi accorsi nemmeno che qualcuno aveva aperto la porta e mi stava osservando. Mi ero seduta a terra, come facevo spesso, e tu mi fissavi senza dire una parola. Fu la voce di mio fratello che ti chiamava che mi fece alzare gli occhi e guardare verso di te.
Eri li, i capelli castani scompigliati e gli occhiali malamente appoggiati a metà naso. Indossavi dei jeans sdruciti e una polo. Lessi nei tuoi occhi interesse e stupore, come se stessi guardando un essere strano, come se per te fossi una sorta di alieno. Mi persi subito nei tuoi meravigliosi occhi verdi, così intensi e vivaci.
Dopo un lungo minuto di silenzio finalmente mi decisi a parlare
“Ciao” dissi bruscamente, non so perché infastidita dal fatto che non avevi bussato o per il turbamento che sentivo guardandoti “A casa tua non si bussa mai prima di entrare nelle stanze degli altri?”
Il tuo sguardo mutò velocemente e da stupito divenne cupo “Scusa” mi dicesti con tono seccato “Pensavo che questo fosse il bagno”.
In quel momento, quasi a voler salvare la situazione arrivò mio fratello che t’intimò di non darmi retta e ti mostro dov’era il bagno. Nel chiudere la porta potei ascoltare qualche stralcio della vostra conversazione, mio fratello che ti diceva “Non devi farci caso a mia sorella, vedi lei è come la

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Lordak ^dracula

Tutto e iniziato cinque mesi fa, premetto che chatto da parecchio tempo in vari canali, ma senza mai allontanrmi troppo dallla stanza che frecuento da ormai quattro lunghissimi anni e che per ovvie raggioni non posso mensionare. Molte erano state le mie delusioni inerenti alle avventure amorose su questo canale, e proprio quella sera, avevo avuto una batosta colossale, una di quelle delusioni
che ti avviliscono in modo esemplare. Premetto che essendo una ragazza molto religiosa e praticante non mi avventuravo mai in qui canali che ritenevo pericolosi.
Ma quella sera dopo l'ennesima pugnalata al cuore, decisi di trasgredire, e piena di collera e risentimento mi misi a girare tra i nomi delle stanze per cercare la piu sinistra e particolare
nella quale entrare. Ad un tratto mi fermai, era una stanza di vampiri, e immediatamente dopo decisi di entrarvi. Appena fui dentro salutai  tutti per educazione e cominciai a chiaccherare con loro, ad un tratto vedo un saluto rivolto a me da un certo nik dracula e non so perche' ma mi fu subito simpatico(molto piu degli altri). Ad un tratto una di loro mi offese pesantemente e io mi difesi in modo educato, al contrario di lei che invece infieriva su me in modo scurrile, e periferico. Ad un tratto mi disse qualcosa che mi urto molto
anche perchè ero gia incavolata di mio e li gli risposi per le rime: poi dracula si intromise dandoci delle pazze e mi chiamo' in privato come per proteggermi da lei dicendo:
< faresti meglio a non entrare piu qui non e un posto per te:> e io gli risposi:< allora vieni tu da me nella mia stanza quando vuoi:> lui accettò e dopo avergli detto il nome della chat me ne andai (intanto mentre uscivo di li avevo letto alcune bestemmie contro il sacro cosi decisi di non entravi mai piu). Tornai immediatamente al mio canale per vedere se dracula sarebbe davvero venuto da me e poco dopo infatti venne.
E inutile dirvi che piu i gorni passavano piu prendevo una cotta tremenda per lui, mi piaceva il suo modo

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   6 commenti     di: Maty' Sessa


L'amore cieco.

Scende le scale e si guarda intorno, senza capire dove sia finito. Brutta bestia, l’alcol. Il mondo si trastulla coi suoi passatempi, e intanto lui non sa più dove si trova. Illusione di solitudine, spazi indefiniti che sembrano immensi, un cielo stellato da togliere il respiro. Dove sono andati tutti? Possibile che sia rimasto solo? No. Non può nemmeno pensarci, qualcuno deve pur esserci. Uomo animale egoista, ma che si nutre di compagnia. Cammina per qualche metro, scegliendo di vedere solo ciò che gli va. I dettagli che possono aiutarlo a ricordare se ne stanno lì sfuocati, come avvolti da una nebbia misteriosa sbucata da chissà dove. Cammina ancora, faccia stranita, occhi bassi, OFF, pensieri spenti e cervello disattivato.
Poi si sveglia. Chissà come ha fatto a tornare a casa. Fuori un’alba banale, uguale a chissà quante altre. Mal di testa, fotogrammi di eventi vissuti e recenti ricordi. La festa, l’alcol, le risate, la paura di morire. Classica sbronza, niente di male, anche per lui che è un uomo onesto e benvoluto da tutti. Acqua fredda, caffè forte e via, un colpo di spugna su una serata un po’ ardita. L’uomo mediocre mette in soffitta gli eccessi.
Lavoro, giornata come le altre. Cena da solo, TV, scatola magica per imbrogliare chi è solo, solo da troppo, solo nel letto, solo dovunque. Mattina, lavoro, giornata come le altre, costellata da minime differenze che non cambiano il risultato. Altra cena per uno, illuminata dalla luce di plastica della scatola magica. Troppo spazio nel letto.
Poi, lei. La vede passare, le parla, la invita a cena. Cena. In due, illuminati dalla luce fioca&romantica di un’abat-jour. Sperando magari di non essere solo nel letto. Lui comincia a innamorarsi. Altra cena e la linea che sale verso l’amore più folle. Quello vero, quello crudo, viscerale e pazzesco. Mai provato. Quello per cui fai tutto, quello per cui superi le prove.
-È lui. Fallo sparire. Non lo amo più da anni, forse non l’h

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Gli esposti

Il cuore le batteva all'impazzata e il fiato le mancava. Lungo la strada continuava a correre e a guardarsi indietro, con il timore che qualcuno la stesse seguendo. Sembrava un malvivente intento a non farsi scoprire e così rasentava i muri, e si riparava nel buio dei portoni dei palazzi per assicurarsi di essere sola.
"Loro sapranno cosa fare", si ripeteva a voce bassissima, quasi in un sussurro. Il rimorso era grande, ma ancora più grande il dolore e la miseria. Procedeva spaventata; ed ogni benché minimo rumore la faceva sobbalzare e il cuore le batteva più forte, ma la via era deserta.
La notte era gelida e lo scialle logoro che avvolgeva la sua esile figura, ben poco la proteggeva dal freddo. Strinse più forte il fagotto che portava tra le braccia ed accelerò il passo; le sembrava che il suo peso aumentasse strada facendo.
Finalmente giunse alla chiesa. Così come le avevano raccontato, non esisteva un portone d'ingresso, e le scale davano direttamente in una sorta di piccolo cortile. Si precipitò su per i gradini in una corsa frenetica e non conoscendo il posto, si guardò intorno. Alla sua sinistra scorse l'entrata della chiesa, mentre guardando dall'altra parte trovò "la ruota". Malferma sulle gambe tremolanti, procedette in quella direzione. Stavolta il passo era lento, come chi, dopo un lungo peregrinare ha raggiunto la meta tanto sofferta. Girò la ruota dal lato concavo; il cuore le batteva ancora più forte di prima. Con delicatezza vi depose la coperta con il suo contenuto, poi si trasse dal petto un pezzo di carta e lo infilò tra le pieghe del fagotto. Si soffermò per qualche istante, quindi, fece nuovamente girare la ruota, tanto da vederne la parte convessa. Per la prima volta, dopo la morte della figlia, avvertì nettamente il vuoto che la circondava. Quell'atto recideva anche l'ultimo legame che aveva con lei. Con le lacrime che copiose le rigavano il viso, e tutto il peso del suo gesto disperato sulle spalle, si lasciò mollemente ca

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   1 commenti     di: Assunta Mango


SPERDUTI - L'isola non ha finito con te

SPERDUTI
L'isola non ha finito con te...


INTRODUZIONE

Molto tempo fa, l'uomo era alla costante ricerca della verità, proprio come tuttora in fondo. A volte però, alcune risposte forse è meglio non conoscerle, per evitare così certe conseguenze spiacevoli. Nel mezzo dell'oceano, in costante movimento nel tempo, c'era un'isola tropicale. Era bellissima ed ospitava immense foreste ricche di frutta, diverse specie di animali, tra i quali alcuni estinti da anni, e immense montagne e vallate, tutte ricoperte di verde. Era un'isola sconosciuta e irraggiungibile dall'uomo, proprio per il fatto che si muoveva nello spazio temporale cambiando spesso posizione. Infatti nessuno ci aveva mai messo piede, profanando, così, forse l'unico luogo al mondo dove la natura non veniva modificata e rovinata dalle costruzioni artificiali. Nel corso dei secoli, solo il protettore dell'isola ci viveva sopra. Ciò che veniva protetto da generazioni, non era altro che una luce intensissima, proveniente dal centro di quest'isola e contenuta a sua volta sotto ad una grotta. Un giorno però, degli uomini arrivarono sull'isola e trovarono quella luce, cercandone un uso personale per poter abbandonare quel luogo maledetto e pieno di misteri, visto che era impossibile andarsene a causa del suo continuo movimento nel tempo. Alcuni riuscirono nell'intento, e raggiungendo tale luce, fecero sì che il tempo divenisse controllabile e manipolabile dalla mano dell'uomo. I danni furono irreversibili. Jackob, ora aveva bisogno di altre persone per proteggere quel posto, così si intromise nella vita privata di alcuni, secondo lui, candidati per tale ruolo, e li condusse con l'inganno sull'isola. Sceglieva persone sole, come lui, prive di uno scopo, e le convinceva a trovarne uno nuovo, più grande e più importante di qualsiasi altra cosa al mondo. Jakcob però aveva un fratello gemello. Era la reincarnazione del male. Quando vennero dati alla luce, alcuni secoli prima, la loro madre, ovvero

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   1 commenti     di: Mirko Raccardi



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