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Racconti e storie sul Natale

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Natale 2011 - Ore 12:00

" Scendete dal cavallo della vostra ragione! ".
Mi sto interrogando su questa frase di Benedetto XVI.
La razionalità non è dunque cosa buona?
Scendi dal cavallo! Non essere cavaliere! Vai a piedi?
Ma che vuoi dire Benedetto?
Porgete la vostra mano, come i bambini fanno con i genitori, a questa mano più grande che viene dall'alto.
La risposta data da Dio all'uomo con la nascita di Gesù detto il Cristo è ben superiore ad ogni aspettativa umana rispetto alla domanda inoltrata da noi nel corso dei secoli.
Vogliamo tutti realizzarci. Dio, realizzato in se stesso, esce da se stesso per realizzare noi.
" Scendete dal cavallo della vostra ragione! ".
Che dobbiamo fare?
C'è chi ha ascoltato, non temete!
C'è chi ha ascoltato le nostre lacrime ed i nostri pianti, le nostre lagne ed i nostri lamenti.
C'è chi ha ascoltato!



Un Natale di quelli buoni

Non ci sono mai stati grandi santi nella mia famiglia, gente comune si andava alla messa, si pregava prima di dormire, ci si alzava in piedi quando il Papa dava la benedizione e non si parlava, una nonna ora pro nobis e un'altra ballerina. Per questo si festeggiavano i santi principali, cominciava novembre la sua litania e proseguiva dicembre infiocchettato di auguri, dopo Santa Maria arrivava lei che si chiamava come mia sorella gemella alla quale erano riservati gli auguri, forse perché è sempre stata un po' più santa di me, forse perché anche lei ha avuto due gemelli e quattro figli maschi, forse perché conosce santa pazienza, forse perché non sta sul pc, forse perché di laura ce ne sono tante ma io sono una sola, il tredici dicembre arrivava... auguri santa Lucia! L'altra parte di me...
E poi i preparativi partivano dal muschio umido nelle scarpate e le scarpe sporche di fango, ma per quello mia madre ci perdonava, pulisciti i piedi prima di entrare! Così tutto era pronto per incominciare, l'albero finto giù in cantina e quelle scatole che ogni volta mi sembravano un cilindro magico da cui appariva natale nel suo splendore! La magia di sentirlo forte forte, da fare male e mia nonna che con la sua valigia verde di velluto ci raggiungeva per il periodo di Natale. E fuggivano tutte le mie paure del buio, perché lei dormiva con noi e ci faceva ridere prima di addormentarci dopo l'angelo custode, con mia madre che diceva a lei, mamma smettila di raccontare barzellette, mettetevi a dormire... e sognare la notte più bella dell'anno quella in cui tornavano tutti, un miracolo sentirsi buoni, il panettone sopra la vetrina e mio padre che l'affettava, l'affetto sopra tutti, l'amore, che profumo, che calore!
la tombola e il torrone e quella capanna con poche luci ma sempre accese
E si mio babbo natale che vivi nei cieli, come vorrei che ci fosse ancora un natale così, di quelli buoni, quando mio padre mi insegnava a costruire gli aquiloni...
Una valigia verd

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   0 commenti     di: laura marchetti


La cassetta dei pomodori

"Cavolo, di nuovo il Natale", pensava Christian ogni anno, quando si avvicinavano le feste. "Deve venire per forza tutti gli anni?"
Ogni volta, verso Dicembre, chiudeva gli occhi e sperava che qualcuno gli comunicasse che erano sospesi tutti i festeggiamenti natalizi. Niente regali, niente letterine a Babbo Natale. Tanto per lui era inutile.
Erano ormai tre anni, da quando aveva imparato a scrivere, che chiedeva a quel vecchio signore con la barba bianca un regalo speciale, la cosa più importante del mondo: una mamma. Non ne aveva mai avuto una. Quella che lo aveva partorito, lo aveva abbandonato vicino ad un ospedale, disteso in una cassetta, una di quelle per i pomodori. A volte pensava che sarebbe stato meglio per lui essere un pomodoro. Avrebbe allietato il pranzo di qualcuno, per poi sparire per sempre dopo la digestione.
Voleva una mamma, una vera, tutta per lui. Insieme agli altri bambini viveva bene, era felice. Erano tutti simpatici, giocavano insieme, facevano i compiti, si divertivano. Quella grande, bellissima famiglia, non gli faceva mancare niente. Eppure lui desiderava una mamma. Ogni volta che ci pensava, nel suo lettino azzurro, immaginava come sarebbe stata: alta, bassa, bionda, bruna. Poi si diceva che voleva semplicemente una che gli volesse bene, come una mamma vuole bene al suo bambino. Non gli importava l'altezza, il colore dei capelli, degli occhi.
In casa famiglia tutti gli volevano bene, ma l'amore di una mamma è speciale. Lui lo sapeva, anche se non l'aveva mai provato. Lo immaginava come un dolce profumo di fragole, che gli arrivava al naso ogni volta che sognava il giorno in cui sarebbe si sarebbe avverato il suo desiderio.
Anche quell'anno, inesorabile, il Natale era alle porte, e Christian aveva scritto la sua solita, densa, bellissima lettera piena di speranza. La mattina del 25, in casa famiglia, tutti i bambini correvano verso l'albero, alla ricerca del regalo richiesto. Quello di Christian era in una piccola scatol

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Elemosina

Se ci si siede nei tavoli del caffè Campari a Pavia si ha l'occasione di vedere un individuo singolare che fa la spola tra le macchine ferme davanti al semaforo
nei pressi dell'incrocio.
Indossa sempre un giubbotto impermeabile ed un cappellino di lana, si avvicina
ad ogni macchina fa un inchino ed apre le sue mani vuote nell'attesa che su di esse venga poggiata qualche monetina.
Nove volte su dieci viene ignorato mentre i conducenti approfittano della sosta per
smanettare con il telefonino.
Una fanciulla seduta in un tavolo accanto ha appena mandato a quel paese il suo moroso dicendogli a telefonino; "Vaffa..." questo è il nuovo linguaggio comunicativo esplicito e lapidario ghigliottinato negli sms ma efficace.
Una vita virtuale condotta da molti mentre quella vera scorre inesorabilmente
senza interruzioni ed alla quale, mi duole dirlo, tanti, tantissimi non partecipano.
Quel povero illuso seguita ad umiliarsi tra una macchina e l'altra, mentre agli
altri la sua figura è totalmente invisibile.
Mi chiedo che senso abbia, oggi, parlare di solidarietà e di condivisione e dei
valori della vita che vengono sempre più disattesi a favore di una virtualità
che ci sta divorando come il "nulla" della Storia infinita.
La vita quella vera latita e Diogene invano circolerebbe con la sua lanterna alla
ricerca dell'uomo "vero", un uomo capace di comprendere la sua natura di essere
finito e di condividerla con il suo prossimo.
Siamo in un momento in cui l'infinito è inteso come finito e viceversa.
Osservo ancora quell'omino dalla faccia contristata che, ogni tanto, guarda, traendoli dalla tasca i pochi spiccioli raccolti contandoli mentre dal suo volto
scende una lacrima.
Tra poco sarà Natale e mi chiedo come potranno celebrarlo coloro che vivono
nel virtuale che oggi, purtroppo, rappresentano la maggioranza.
Avranno il Babbo Natale o l'albero sullo sfondo del telefonino o dell'hi-phone o
del notebook, pochissimi si ricorderanno del Presepe.
Si

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Il natale

Oggi il Natale, si festeggia con
eccedenza di mangiare, regali ed é
diventata, una festa come tante!
Mi ricordo il Natale di una volta,
dove si metteva al primo posto, la
nascita di Gesù... C'era felicità nel
festeggiare però un avvenimento sentito.
Quando era mezzanotte, dicevamo tutti una
preghiera. E mia mamma metteva un piatto,
vuoto, che rappresentava che Gesù era con
noi. Tra le strade c'era amore e gentilezza.
E i poveri a casa dei ricchi, erano ben
accettati... Adesso invece c'é la gioia
dei regali, del mangiare, e non di stare
insieme in famiglia. E tra le strade non
c'é l'atmosfera del Natale vero. Mi
dispiace dirlo, ma si é perso il vero valore
di una festa dal quale, il significato stava
dentro di noi...

   0 commenti     di: Helenia


I qualunquisti

Come stormi di B-29 a riposo sulla Linea Rossa, le fusoliere lucide come specchi, nemmeno sfiorate dal tempo e dalle cassette di frutta da scaricare al supermercato. Le teste, fighissime come nelle cartoline di Hanoi, sorseggiano aperitivi analcolici nel bar della stazione. Si giocano a carte sogni che non conoscono e bevono lo stipendio nelle slot-machine.
Poi i velivoli scaldano i motori e le intermittenze e fanno a spintoni tra le nuvole. C'ero prima io, no vaffanculo, stavolta tocca a me, zitto stronzo tu l'hai già fatto la volta scorsa. E il sole non si vede più: Miller c'ha insegnato che a combattere all'ombra non si fa mica un bell'affare. Eppure al fischio dell'arbitro sono tutti in riga, le cloche allineate in fila per sette col resto di due. I muscoli ben tesi, i serbatoi pieni ed i corpi cavernosi idem.
Concerto per sibilo di bomba in caduta libera in Mi bemol, andante con brio.
E il silenzio non ci avvolge mai. Si potrebbe avere un po' di silenzio, per favore? Non è come scrivono in quelle testimonianze che poi tu ti commuovi e fai un casino di beneficenza e vai in culo a sanpietro ed entri in paradiso dalla porta di servizio. Le bombe cadono, urla, macerie e di nuovo urla. Non viene mai il momento in cui le foglie restano immobili e tu puoi raccogliere qualche bullone. O forse qualche brugola. Nemmeno io li ho mai saputi distinguere granchè bene.
Ma io lo voglio. Ne ho bisogno. Ne ho la necessità fisica. Vomito ed ho le allucinazioni coi bambini morti che camminano sul muro, quando non riesco ad averlo.
Solo dieci minuti. Giusto il tempo di fare un attimo l'inventario. Di valutare i crolli, i costi per le riparazioni. Per trovare una casa che abbia ancora un tetto dove poter trascorrere la notte.
E non me lo spiego. Avevo delle cuffie antirumore che erano la fine del mondo. Guarda che hai poggiato il culo su Little Boy. Eh? Cosa? Me lo dici un'altra volta, non ti sento proprio.
E per questa dipendenza non c'è metadone che tenga.



Io pecora

Spesso mi interrogo su chi realmente sono.
E le risposte che do' a me stesso sono assai diverse e variano dal momento emotivo che sto vivendo e dal contesto nel quale mi trovo.
Eppure la risposta dovrebbe essere univoca e non condizionata dalle mie emozioni, né tantomeno dal mio raffronto con gli altri, perché io sono quel che sono a prescindere.
Tempo di Natale e dunque tempo del presepe.
Fra i tanti personaggi della rappresentazione storica della nascita di nostro Signore ce n'è una che tende a farsi spazio, sto scoprendo la pecora che è in me.
Già perché tutto quello che sono e la fede che vanto di avere, non sono merito mio, ma di un pastore che mi ha condotto da Gesù.
Quel buon pastore è mia madre che sin nella tenera età mi portò nella casa di Dio a fare il ministrante, cioè il chierichetto e da allora non ho più abbandonato la Chiesa, eccetto per il periodo dell'adolescenza.
Dentro un presepe grande rilievo hanno i Re magi. Ecco mi sarebbe piaciuto essere uno di loro, purtroppo il mio sogno svanisce perché le mie conoscenze astrali sono piuttosto scarse, anzi inesistenti.
A questo punto l'alternativa sarebbe quella di interpretare il pastore. Che discesa! Ma anche in questo caso devo ammettere che se io mi fossi trovato al loro posto non sono certo che mi sarei mosso per andare fino a Betlemme, a causa della congenita pigrizia e insofferenza.
La pecora, invece è il personaggio che meglio mi si addice, perché se non c'è qualcuno che mi motiva, io non mi muovo. Sono anche pecora perché non sono in grado di comprendere i segni della provvidenza divina (la Cometa).
La mia povertà spirituale è più simile a quella di un animale, piuttosto che a quella di un uomo di fede. Così ogni tanto, accadono dei miracoli che Gesù adulto compie nella mia vita e che io non sono in grado di vedere o di riconoscere dopo aver a lungo chiesto.
Già, nella vita non so chi sono, ma nel presepe di Dio conosco il posto assegnatomi.
Viva le peco

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   12 commenti     di: Fabio Mancini



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Il Natale è la festività cristiana che ricorda la nascita di Gesù di Nazareth. Viene festeggiato il 25 dicembre (o il 7 gennaio nelle Chiese orientali). - Approfondimenti su Wikipedia