Jeanne si chiedeva se si potesse trovare in natura la dimensione della solitudine. Non indagava più in merito a che cosa l'avesse provocata. Aveva bisogno di un criterio di misura. La qual cosa non coincide con il silenzio. Per la persona sola il vero silenzio non esiste mai; essa ode e ascolta moltissimo, perché cerca un suono di richiamo, non un suono qualsiasi. Jeanne s'era posta davanti al mare, ma scoprì che il movimento non collima con la solitudine. La solitudine è immobile. Già l'imponenza di una montagna, con le sue rupi, i suoi ghiacciai, il sibilare dei venti, è vicina alla impenetrabilità della solitudine. Così Jeanne, a quasi sessant'anni, partì per un viaggio ed iniziò la sua ricerca. Un luogo nel mondo che potesse darle il " senso" visivo della solitudine interiore. Cercò molto e lo trovò. Il cuore della Barbagia è un luogo di solitudine assoluta, laddove segni fugaci di vita umana si scorgono, ma non c'è traccia apparente di uomini in movimento. Perché la solitudine è questo: un vasto luogo in cui l'uomo " è stato" , ha messo una radice, un suo segno e poi ha lasciato un abbandono. La solitudine è tale solo se preceduta da un lontano abbandono. Nessuno nasce solo, in origine. Lo sguardo di Jeanne scorreva su strade che si perdono contro costoni, greggi che vagano lenti, accompagnati dai cani; muretti a secco che serpeggiano come nervi della mano abbronzata di un vecchio e poche, pochissime case, lontane, simili a punti senza ragione. Boscaglie estese a macchia ruggine, avide anche del terreno vizzo che attende la pioggia da mesi. Le creste calcaree dei monti , con fessure percorse da licheni e muschi secchi. Nessuna voce, se non il lemme pendolìo dei campanacci che le pecore muovono all'unisono, come assieme chinano la testa a strappare erbe. E poi il vento, un forte maestrale che scorazza e dilata ogni pertugio, pronto a portare voci dal mare, magari q
[continua a leggere...]L'isola Margherita è lo specchio del mondo.
Qui le contraddizioni convivono, ora stridenti ora in simbiosi.
Angoli di paradiso, ove la natura si esalta protagonista assoluta ed incontaminata.
Cumuli di immondizia, sterpaglie, marciume e scheletri di pesci e conchiglie vomitati dal mare.
Nella laguna salata le mangrovie galleggiano su zattere di radici contorte sulle quali si avvinghiano bianche conchiglie di perle.
Dai rami pendono radici come proboscide, si immergono nell'acqua alla conquista di nuovi spazi.
I pellicani squarciano l'aria coi loro becchi maestosi e volteggiano leggeri tra i corridoi della laguna.
La percorriamo a bordo di barche logore, spinte da un motore nauseabondo e rumoroso.
La mia sembra che faccia fatica a tenersi a galla, che si inclini, ma l'acqua è placida e le mangrovie che ci sfiorano alleviano la paura.
A riva spazi aridi e polverosi, qualche povero chiosco con gente che si industria a vendere conchiglie e collane di perle di poco valore.
Cammini su un sentiero polveroso e all'improvviso ti appare, come fosse una visione sotto il sole cocente, una spiaggia immensa ove cammini su un tappeto di piccole conchiglie colorate a varie tinte.
Poi nuovamente terra, rossa ed arsa, trapunta di alberi di cactus spinosi e cespugli che non temono il sole opaco e cocente.
Il nastro d'asfalto corre irregolare e senza ripari per spazi sconfinati per un'isola, attraversa improvvise oasi di curati giardini ove il verde si esalta tra i fiori e l'acqua che zampilla.
Alberghi lussuosi ed edifici di cemento rompono l'aperto orizzonte, tra una corona di case basse e povere.
Ovunque bambini e ragazzi che con un sorriso insistente tendono le mani; auto d'epoca con i vetri affumicati e i sedili in pelle sgualciti; pullman senza porte con i vetri ricoperti di nastro adesivo.
Si respira a fatica un'aria acre, afosa e calda che sollecita le narici e brucia la pelle, mentre giri incuriosito tra vetrine variopinte e bancarelle consumate d
Valerio uscì dall'università con un gran mal di testa, sintomo della nausea per quel giorno raggiunta verso il lavoro, gli studi, gli incontri "diplomatici"; lo assaliva una gran voglia di correre, a respirare il profumo di primavera promesso da quella giornata, ancora lontana a tramontare.
Il suo amico Pietro lo attendeva, per cena, nel suo piccolo borgo di montagna.
Proveniendo da luoghi ed ambienti totalmente disparati, i due erano divenuti amici inseparabili, nella cittadina appenninica, tra le aule di quella facoltà universitaria tecnica.
Valerio veniva dalla grande città. In famiglia si gestiva un'impresa di costruzioni; avevano conseguito un rilevante appalto in questa zona : la realizzazione di infrastrutture, connesse al traforo che, tagliando il grande massiccio calcareo, ne aveva messo in comunicazione i due versanti. Opera ciclopica, di grande risonanza, che aveva consentito di avviare lavori paralleli e complementari : l'irregimentazione, per vari utilizzi, delle acque di falda scaturite dalla montagna; la realizzazione di nuove vie di comunicazione; la sistemazione di pendii e scarpate. L'entità delle opere da realizzare, aveva spinto Valerio alla decisione di conseguire la laurea proprio qui, nei pressi di questo immenso cantiere, ora prossimo alla conclusione.
Pietro viveva invece, ad una cinquantina di chilometri dall'università, nella minuscola frazione di un paesino, arrampicata ai piedi delle grandi catene. Una realtà di antiche casupole in pietra e muratura, fienili e porcili; un mondo di vacche e pecore, di leggende e superstizioni, confine tra gli estremi margini della civiltà e le brulle barriere montane. Culturalmente, Pietro, giunto alle soglie della laurea, si elevava di un baratro rispetto a tutti i compaesani. Eppure i suoi progetti per il futuro non si elevavano oltre quel piccolo mondo agricolo, a cui era abbarbicato come l'ostrica di Verga. Le sue ambizioni si limitavano ad un programma : fondare una comunità
Salve Genere Umano, per la prima volta da quando ho ricevuto il mio eterno incarico dal Creatore, mando un messaggio di avvertimento e di allarme nella speranza che venga accettato.
Io, che vedendoti così fragile al cospetto degli altri animali, ti ho affidato il dono dell’ingegno, del saper progredire imparando, in modo da darti un aiuto per sopravvivere di fronte alle tante avversità del mondo.
Tu, che dagli alti rami della giungla africana, hai avuto il coraggio di poggiare a terra le zampe e affrontare le fiere con astuzia e che hai iniziato a comprendere l’importanza della vita sociale e i mille modi per comunicare con i tuoi simili.
Egli, che ti ha concesso tutto il Suo amore e ti ha fatto evolvere, facendoti divenire diverso da ogni altro Essere presente sulla Terra, regalandoti intelligenza, sensazioni e stati d’animo che in precedenza solo il Divino possedeva.
Noi, che per migliaia di anni abbiamo vissuto in perfetta simbiosi, che ci siamo amati e rispettati nonostante la velocità e l’insistenza delle tue richieste di risorse naturali che aumentavano di secolo in secolo.
Voi, che, con la scoperta del benessere e con il vostro egoismo, vi siete sviluppati freneticamente, vi siete moltiplicati smisuratamente e avete dimenticato il legame primordiale che ci univa. Il deturpamento del mio regno, l’eliminazione della biodiversità e l’alterazione dei fenomeni naturali hanno creato in me una totale sfiducia verso chi si è elevato dal genere animale e ne ha perso il rispetto: voi.
Essi: gli animali, le piante, gli agenti atmosferici, le montagne, i mari…tutti loro, un giorno, cesseranno di subire l’irrispettosa convivenza con l’uomo che, in quel momento, capirà troppo tardi di aver commesso errori ormai incolmabili.
Non preoccupatevi, Esseri Umani: c’è sempre un rimedio anche in situazioni difficili, la corretta strada esiste…basta solo cercarla! Trovatela tra le verdi colline irlandesi, percorretela lungo le ampie distese della
Il banco era pieno zeppo di cibo e di vino, di grappe e di birra e qualsiasi cosa potesse cullare deliziare o far viaggiare la mente. Marco usava l’alcol per farsi infettare, era una specie di fecondazione dove lui era la donna che avrebbe dato alla luce qualcosa, brutto o bello non aveva così tanta importanza. L’arte per lui era qualcosa che lo avvicinava in maniera mostruosa a Dio, il poter creare come il perdurare nel tempo. Marco scriveva… e scriveva di tutto: racconti, storie, pezzi di sceneggiature e poesie ma il suo punto forte era il romanzo. Aveva pubblicato da poco, con una casa editrice minore il suo primo romanzo: “Se l’amore è una cosa inutile” in appena 500 copie e non senza doverne acquistare una settantina di copie che prontamente pensò di regale ad amici, e ad amici di amici e fidanzate di amici di amici.
Lentamente, con la sua nota camminata da poeta maledetto o malato mentale che si voglia, si avvicinò alla tavolata dove gli amici mezzi sopiti da un po’ ridevano e schiamazzavano. Senza dire nulla prese un bicchiere e lo riempì per tre quarti di morbido vino rosso, facendolo roteare con classe quasi fosse un intenditore. Guido s’alzò di scatto esclamando “eh no caro, tu non l’hai pagato” riferendosi a chi effettivamente aveva procurato e organizzato il banchetto. Ma Marco non se ne curò minimamente, bevve un sorso del vino plastico da supermercato e disse “il vino è dei pensatori o dei lavoratori”, qualcuno già sorrideva, continuò “io lavoro con il mio pensiero, dovrebbe pagarmelo lo Stato il vino” e i ragazzi allucinati scoppiarono in una risata liberatoria da tensione accumulata. Guido era a questo punto, più ubriaco di prima, si mise a sedere e diede una pacca sulla spalla all’amico e scoppiò anche lui a ridere.
Tutti ridevano e tutti bevevano la notte scura, ognuno cercava di eliminare ricordi che avevano fatto nidi in testa come maledetti ragni che non volevano andarsene più. Tutti ridevano e tut
Ogni consequenza, aristotelicamente parlando, è determinata da una causa. Rodi, Spallanzani e Pasteur, scienziati dei secoli scorsi, hanno infatti dimostrato che nulla, in natura, nasce dal niente, dal vuoto assoluto, dall'assenza di cause efficienti. Basta pensare alla bistecca di carne che Pasteur è riuscito a conservare dal 1800 fino ad oggi, posta in esposizione in un contenitore sterilizzato e senza aria. Infatti la bistecca, che lasciata indifesa alle insidie della natura, diviene prontamente substrato di nuova vita, isolata in un vuoto incausato ed incausante, è rimasta sterile ed intatta, non putrefatta e, soprattutto, senza vita. Cosi anche nel Cosmo. Deve esistere dunque necessariamente una fonte di "energheia" primaria, che si rende causa efficiente, ovvero creativa, e sussistente, cioè che tiene in atto, in vita, il Cosmo con le sue leggi. Dubitare dell'esistenza di questa causa primaria incausata, ovvero di questa fonte di "energheia" innata, artefice dell'atto creativo, è come dubitare dell'esistenza di ciò che passa sotto i nostri cinque sensi. Lo stesso Carnot, fisico del 1800, ha dimostrato che un sistema di energia tende col tempo ad affievolirsi. Infatti, possiamo notare che l'uomo è soggetto iniziale della legge dell'evoluzione, ma comunque inevitabilmente, anche a quello della disevoluzione. La mente umana pesa poco, ma consuma quasi un quinto dell'energia che serve all'intero organismo. Per questo, sostiene uno studio di Cambridge, ha smesso di crescere. Anzi, rischia perfino di regredire, in quanto le reti neuronali hanno esaurito le potenzialità mnemoniche ed elaborative.. Ci vorrebbero corpi più forti, e crani più larghi, per poter continuare ad evolversi, almeno per un altro po. Carnot e Cambridge testimoniano quanto detto... La causa prima incausata, efficiente e sussistente del creato, imprime in esso una certa energia. E gioco forza, questa energia, non avendo un accesso diretto alla fonte di energia primaria incaus
[continua a leggere...]Il suono di un nordico vento e il suo vociare tra gelide onde e candidi ciottoli... un brivido lungo la schiena a suggellare l’incontro con l’eterea natura che mi circonda. Chiudo gli occhi pensando al domani imminente, invadente, inevitabile sinonimo di buio e silenzio.
Il candore della spiaggia si perde nel setoso mare argenteo, l’atmosfera crepuscolare ne esalta lo splendore non riflesso: è luce propria, cristallina... spirituale. Tristi pensieri abbandonano i miei occhi, racchiusi nella lacrima che lentamente va perdendosi anch’essa nell’aria di dicembre.
Pura armonia, sulla via dell’estinzione. Si dissolve inosservata tra l’indifferenza della gente... la gente, nota stonata che imperterrita continua a stonare, noncurante, distruggendo l’armonia.
Etereo paesaggio, riflesso nei miei occhi... dimmi, per quanto ancora il nordico vento potrà accarezzarti e farti dono della sua purezza? Tu muori silenziosamente... verrai però un giorno a riprenderti la perfezione che dall’uomo ti fu tolta... nessuna nota stonata intaccherà allora la tua perfezione.
Questa sezione contiene racconti sulla natura, gli animali, piante e fiori